Lavagnino, Angelo Francesco
Compositore, nato a Genova il 22 febbraio 1909 e morto a Gavi (Alessandria) il 21 agosto 1987. Dedicò buona parte della sua carriera di musicista al cinema, acquisendo ben presto quella tecnica sicura che gli avrebbe consentito di comporre un numero elevatissimo di colonne sonore per film di ogni genere. L'attenzione per la dimensione comunicativa e spettacolare della musica, unita alla curiosità verso gli aspetti tecnici della composizione per il cinema, lo portarono a ottenere risultati di notevole originalità, sia pure all'interno di una produzione codificata, incline a un sinfonismo di tipo tradizionale. Dal 1948 al 1963 insegnò musica per film all'Accademia musicale chigiana di Siena e si aggiudicò due volte il Nastro d'argento, nel 1955 con la colonna sonora di Continente perduto di Leonardo Bonzi, Mario Craveri, Enrico Gras e Giorgio Moser, e nel 1956 con le musiche di Vertigine bianca diretto da Giorgio Ferroni.Si diplomò in violino al Conservatorio G. Verdi di Milano, dove proseguì gli studi in composizione (con M. Barbieri, R. Bossi e V. Frazzi). Autore di musica sinfonica, da camera, didattica e di un'opera in tre atti, il Malafonte (1952), esordì nel cinema nel 1952, quando firmò, in collaborazione con Alberto Barberis, la colonna sonora di Othello (1955; Otello) di Orson Welles. A partire da Magia verde (1953), lungometraggio sul Brasile di Gian Gaspare Napolitano, in cui le musiche esaltano lo spettacolarismo delle immagini a colori, L. si specializzò nel commentare documentari di contenuto esotico, non limitandosi ad assemblare materiali folclorici, spesso attinti sul posto, all'interno di suoi brani originali, ma mirando a restituire la dimensione musicale e più generalmente sonora dei luoghi; attività che lo portò a sperimentare soluzioni tecniche di registrazione e riproduzione dei suoni decisamente innovative per l'epoca. In questo filone, inaugurato dal premiato Continente perduto, documentario girato in Indonesia con la partecipazione alle riprese dello stesso L., che in questo film sperimentò la stereofonia su quattro piste magnetiche, rientrano, tra le altre, le colonne sonore di Tam tam Mayumbe (1955) di Napolitano, L'ultimo paradiso (1957) di Folco Quilici e La muraglia cinese (1958) di Carlo Lizzani. In quel periodo L. iniziò ad allargare il campo della sua attività e, pur continuando a comporre per i documentari (La grande Olimpiade, 1961, di Romolo Marcellini; Concilio ecumenico Vaticano II, 1963, di Antonio Petrucci, ma vanno anche ricordati i film d'inchiesta di vago sapore erotico, come Odissea nuda, 1961, di Franco Rossi e, più tardi, Africa ama, 1971, di Alfredo e Angelo Castiglioni, Guido Guerrasio e Oreste Pellini), mise la sua tecnica al servizio di quasi tutti i generi cinematografici. Si segnalò in particolar modo nel campo della commedia all'italiana (Un americano a Roma, 1954, di Steno; Lo scapolo, 1955, di Antonio Pietrangeli; Tutti a casa, 1960, di Luigi Comencini, cui vanno aggiunti molti dei film interpretati da Totò), del peplum (El coloso de Rodas, 1961, noto anche come Il colosso di Rodi, di Sergio Leone; Ulisse contro Ercole, 1962, di Mario Caiano; Il colosso di Roma ‒ Muzio Scevola, 1964, di Giorgio Ferroni), del film di cappa e spada (Zorro, il ribelle, 1966, di Piero Pierotti) e di quello in costume (Beatrice Cenci, 1969, di Lucio Fulci); ma lasciò la sua particolare impronta anche nel western all'italiana (Johnny West, il mancino, 1965, di Gianfranco Parolini), nel film spionistico (Agente 077: missione Bloody Mary, 1965, di Sergio Grieco) e perfino nella fantascienza (I diafanoidi vengono da Marte e I criminali della galassia, entrambi risalenti al 1966 e diretti da Antonio Margheriti).Tra gli esiti migliori, maturati spesso in coproduzioni internazionali, la partitura di Legend of the lost (1957; Timbuctù) di Henry Hathaway, con melodie ariose affidate ad archi e a voci femminili, e quella di Policarpo "ufficiale di scrittura" (1959) di Mario Soldati, affettuosamente ispirata alla belle époque, la vibrante colonna sonora di Jovanka e le altre (1960), melodramma sulla Resistenza diretto da Martin Ritt, e quelle di Che gioia vivere! (1961) di René Clément e Madame Sans-Gêne (1962) di Christian-Jaque, ispirate all'opera buffa. Da ricordare anche Gorgo (1960), racconto di fantascienza diretto da Eugene Lorie, sul classico motivo del mostro dalle dimensioni gigantesche, che L. commentò con una melodia insolitamente dolce per il tipo di film, ma perfettamente consona all'anomalo finale (che non prevede l'uccisione delle due creature preistoriche), e la colonna sonora di I briganti italiani (1961) di Mario Camerini, in cui spicca soprattutto l'energica overture. Una menzione a parte spetta alla seconda e ultima colonna sonora che L. compose per Welles, quando riprese e ricreò musiche antiche per commentare Campanadas de medianoche, noto anche con il titolo Chimes at midnight (1966; Falstaff).