GALIOTO (Galiotto), Angelo (Angelo da Sciacca)
Nacque a Sciacca (Agrigento) verso la metà del sec. XVI. Non si conosce il nome del padre, mentre sembra che la madre appartenesse alla famiglia Candela, con il cui cognome il G. viene anche indicato.
Entrato nell'Ordine dei minori osservanti, insegnò filosofia e teologia in diversi conventi siciliani. A Palermo strinse amicizia con Ludovico Foresta, esponente di una famiglia di origine inglese, che aveva messo radici anche in Sicilia. Proprio questo legame pare che abbia indotto il G. alla composizione dell'unico scritto che risulta pubblicato durante la sua vita: la Relatione dello scisma anglicano e del glorioso martirio del b. f. Giovanni Foresta francescano osservante e di altri santi martiri d'Inghilterra nella persecuzione d'Enrico Ottavo (Palermo, G.A. De Franceschi, 1597), che fu appunto dedicata al Foresta. Quest'ultimo era infatti parente del beato John Forest, il quale era stato il confessore della regina d'Inghilterra Caterina d'Aragona e aveva subito la prigionia e il martirio (1538) per aver disapprovato il sovrano nel suo disegno di divorzio.
L'opera, divisa in nove capitoli e preceduta dai versi laudativi di Stefano Foresta, fra' Lorenzo da Messina, fra' Serafino da Palermo, Cola Blasco, ha un carattere dichiaratamente partigiano, essendo stata scritta "per consolazione di persone cattoliche". E infatti, fin dal primo capitolo, la colpa dello scisma viene attribuita all'"ambitione di Tomaso Volsco" e alla "lascivia di Enrico Ottavo", colpevole di gravi nefandezze e di arbitrî giudiziari. Ma, nonostante l'intento apologetico, la Relatione, a torto creduta (Evola, p. 110) la prima trattazione in volgare su quest'argomento, presenta egualmente qualche interesse storiografico, sia pure nell'ambito dell'aneddotica spicciola e della notizia. Le vere finalità dell'opera sono comunque di carattere propagandistico-religioso; e questo si vede nello stesso percorso narrativo, che non si limita alla descrizione delle varie fasi dello scisma, ma si spinge - con pathos tutto controriformistico - fino alla rivincita cattolica della "principessa Maria" e alla reazione di Elisabetta. Questa disposizione agiografica raggiunge il suo culmine nella rievocazione dell'esperienza del padre Forest, con la quale il G. poteva celebrare una delle vittime più illustri della cattolicità perseguitata, ottenendo anche il non secondario obiettivo di spargere gloria sull'Ordine a cui appartenevano sia lui, sia il martire.
La grande devozione mostrata verso l'infelice regina Caterina d'Aragona dovette certamente procurare al G. le simpatie degli ambienti filospagnoli, tanto che Filippo II lo nominò regio storiografo e gli concesse una pensione annua di 40 onze, che egli destinò al restauro di un convento (Scaturro, p. 257). Non si conoscono altri particolari della sua vita, ma solo i titoli di altre sue opere rimaste inedite o definitivamente perdute. Di questa produzione si è infatti salvato solo uno scritto intitolato Il caso di Sciacca, una cronaca degli avvenimenti del 1529, anno in cui nella città natia scoppiò tra Sigismondo di Luna e Giacomo Perollo un violentissimo conflitto, che "non solo fu nominato per tutta la Sicilia e l'Italia, ma anco in molte parti dell'Europa".
Il G. dà all'inizio un rapido ragguaglio delle cause remote di questa sanguinosa faida familiare, cominciata, per ragioni matrimoniali, già nel 1399 ed esplosa in frequenti scontri nel corso del sec. XV. Ma il nucleo della narrazione si addensa attorno agli avvenimenti del luglio 1529, quando la guerra tra le due fazioni portò a un sanguinoso massacro e alla devastazione di una città allora fiorente. In circostanze diverse perirono i due maggiori contendenti, mentre l'intervento del viceré si risolse in una severa punizione di Sciacca, che fu dichiarata colpevole di lesa maestà e condannata al pagamento di una forte ammenda. Il G. ricostruisce queste turbinose vicende con qualche pretesa filologica, come dichiara all'inizio del suo lavoro, allorché afferma di aver "trovato molti scritti a penna e molte scritture autentiche", e di averle tra di loro confrontate. E con un certo orgoglio egli contrappone i risultati della sua indagine al silenzio di T. Fazello, il grande storico concittadino, che aveva taciuto del "caso" per non urtare la nobiltà locale, e soprattutto alla disinformazione di C.G. Buonfiglio, che nel rievocare quelle vicende si era reso responsabile di numerose inesattezze. Ma nonostante il tentativo di leggere il caso di Sciacca come un grande evento epocale, il G. mostra interessi prettamente municipalistici, che trovano peraltro conferma nel suo stesso progetto di storia delle famiglie cittadine, e soprattutto nei limiti di una scrittura rozza e poco coltivata.
Il G. morì dopo il 1624, come si desume da quest'ultima sua opera, dove viene ricordato Emanuele Filiberto di Savoia, che fu viceré di Sicilia tra il 1622 e il 1624.
Il caso di Sciacca è stato pubblicato da V. Di Giovanni, in Nuove Effemeridi siciliane, III (1875), 2, pp. 3-27, 129-151. R. Pirro, ripreso poi da altri eruditi, cita le seguenti opere perdute del G.: De universo orbe (in 4 voll.), De monarchia mundi, Delle antiche famiglie di Sicilia, Chorografia francescana.
Fonti e Bibl.: R. Pirro, Sicilia sacra, Lugduni Batavorum 1723, III, p. 788; L. Wadding, Scriptores Ordinis minorum, Romae 1650, p. 23; P. Tognoletto, Paradiso serafico del Regno di Sicilia, Palermo 1687, pp. 22, 35, 487; A. Mongitore, Bibliotheca Sicula, Panormi 1708, I, p. 35; F. Savasta, Il famoso caso di Sciacca (1726), in Delle cose di Sicilia, a cura di L. Sciascia, Palermo 1982, II, p. 469; V. Amico, Lexicon topographicum Siculum (1757), Palermo 1855, II, p. 467; V. Farina, Biografie di uomini illustri nati in Sciacca, Sciacca 1857, p. 205; F. Evola, Storia tipografico-letteraria del secolo XVI in Sicilia, Palermo 1873, pp. 110 ss.; G.M. Mira, Bibliografia siciliana, Palermo 1875, I, p. 386; I. Scaturro, Storia della città di Sciacca, Napoli 1926, II, pp. 257 ss.; G. Abbadessa, Il p. A. da Sciacca e la sua relazione dello scisma anglicano, in Arch. stor. sicil., n.s., LIV (1934), pp. 76-88; Diz. dei Siciliani illustri, Palermo 1939, p. 236.