GHIVIZZANO, Angelo
Nacque probabilmente intorno agli anni Settanta del secolo XV, in un luogo non noto, da Giacomo di Ghivizzano, probabilmente proveniente da una famiglia toscana della omonima località nel territorio di Lucca. Ben documentato è invece il suo impegno al servizio dei Gonzaga, marchesi di Mantova, profuso per oltre trent'anni in particolare con Francesco Gonzaga e sua moglie Isabella d'Este, e in seguito con il loro successore Federico. All'attività di amministratore, svolta in varie località del territorio, alternò incarichi diplomatici svolti per lo più come oratore speciale, principalmente in Francia, presso la corte di Luigi XII. La prima volta vi si recò nel marzo-aprile 1500, subito dopo la riconquista di Milano, fino allora occupata dai Francesi, da parte di Ludovico il Moro.
Francesco Gonzaga era combattuto tra l'impegno di fedeltà all'imperatore, che sosteneva il Moro, e una più conveniente alleanza con la Francia, il cui dominio in Italia sembrava allora incontrastato; il G. fu dunque inviato in Francia per assicurare a Luigi XII che Mantova non avrebbe sostenuto il Moro. Tale azione si rivelò lungimirante, giacché in aprile lo Sforza venne fatto prigioniero dai Francesi e condotto in Francia, dove morì nel 1508.
Analoga missione presso il re di Francia fu affidata al G. nell'aprile 1501, poco prima della caduta di Faenza nelle mani di Cesare Borgia, durante la campagna militare che questi, alleato dei Francesi, aveva intrapreso con l'obiettivo di impadronirsi della Romagna.
Nel luglio 1502 il G. accompagnò a Milano il marchese di Mantova per rendere omaggio a Luigi XII e per trattare con il re di Francia, in agosto, una condotta di cento lance. Tornato il Gonzaga a Mantova, il G. rimase presso la corte francese in Italia, inviando dispacci sul doppio gioco esercitato dai Francesi nei confronti del loro alleato Borgia; si trattava di rapporti puntuali e a Mantova giudicati piuttosto rassicuranti, dato che i Gonzaga ospitavano i fuorusciti romagnoli e marchigiani perseguitati dal Borgia. Nell'ottobre successivo il G. ritornò di nuovo al fianco del suo signore, quando questi si recò in Francia per assolvere agli obblighi presi con il sovrano francese. Il G., insieme con tutto il resto della missione mantovana, fece ritorno in Italia nel febbraio 1503.
Nel luglio 1505 il G. fu, con una certa premura, di nuovo inviato in missione in Francia per richiedere a Luigi XII l'approvazione della condotta offerta a Francesco Gonzaga dalla Repubblica di Firenze; la condotta prevedeva anche il comando delle milizie della città, ma era subordinata all'approvazione del re di Francia, da ottenere entro un mese dalla stipula dell'accordo con i Fiorentini. Il contratto infatti sfumò perché il G. giunse alla corte francese quando ormai il termine stabilito era già trascorso.
Nella primavera del 1509, durante le operazioni militari che videro fronteggiarsi nella pianura Padana gli eserciti di Luigi XII, dell'imperatore e del papa contro Venezia, il G. fece la spola tra il campo francese e il Gonzaga, impegnato anch'egli contro la Serenissima con le proprie milizie. In quel frangente avvenne la successiva missione.
Nella notte tra il 7 e l'8 ag. 1509 i Veneziani catturarono Francesco Gonzaga e lo tradussero in catene a Venezia. Isabella d'Este avviò immediatamente una febbrile attività volta a garantirsi i necessari sostegni per liberare il consorte. Una delle sue prime azioni fu l'invio del G. in territorio bresciano per avvisare il re di Francia dell'avvenuta cattura. La missione non ebbe esito favorevole, giacché Luigi XII si limitò a proporre l'invio a Mantova di un contingente di soldati francesi, con lo scopo ufficiale di garantire la sicurezza dello Stato mantovano, ma con il rischio per Isabella di subire un'occupazione militare. Francesco Gonzaga vide la libertà solamente il 14 luglio 1510, ma non per i buoni uffici dei Francesi, bensì per le trattative condotte da papa Giulio II con la Serenissima.
Agli inizi del 1511 fu affidato al G. un nuovo incarico presso il campo francese, di nuovo impegnato nella pianura Padana per difendere l'alleata Ferrara, questa volta contro il papa. Interrottosi nel maggio 1511, il conflitto riprese con maggior vigore a dicembre, quando le truppe pontificie, insieme con quelle spagnole, si diressero verso Ferrara e Bologna, validamente difese dai Francesi; questi ultimi, tuttavia, il 5 febbr. 1512 dovettero cedere Brescia ai Veneziani. Il 19 febbraio Gaston de Foix riconquistò Brescia per conto del re di Francia; due giorni dopo il G., oltre a recare le congratulazioni del marchese di Mantova, veniva incaricato di ricordare al generale francese il decisivo contributo offerto dal Gonzaga per il positivo esito delle operazioni. Durante la sua permanenza presso il campo francese il G. garantì verbalmente che il marchese si sarebbe messo completamente al servizio del re di Francia, ma che avrebbe potuto farlo solo dopo quattro mesi, durante i quali Francesco Gonzaga era ancora sottoposto ai suoi obblighi di gonfaloniere verso Giulio II; del resto il papa tratteneva come ostaggio il giovane Federico Gonzaga, figlio di Francesco. Sollecitato successivamente da Luigi XII a porre per iscritto le sue promesse, il Gonzaga addusse come scusante una non meglio precisata infermità che lo colpiva alle mani.
L'attività di funzionario dei Gonzaga durò per il G. molto più di quella diplomatica: si protrasse infatti dal 1498 al 1526. Durante quegli anni ebbe modo di inviare a corte oltre 500 missive aventi come oggetto non solo argomenti di carattere amministrativo, ma anche interessanti note di costume. Il carteggio iniziò l'11 ott. 1498 con la sua nomina a vicario e commissario di Marcaria, dove rimase fino al 1509. Dal 1517 al 1519 il G. ricoprì l'incarico di podestà di Canneto sull'Oglio. Dal giugno all'ottobre 1519 fu a Mantova come massaro generale straordinario della città e l'anno successivo assunse la carica di podestà di Viadana, ove rimase fino al 1526.
Il 12 genn. 1528 il marchese Federico Gonzaga concesse, a lui e ai suoi discendenti, la cittadinanza di Mantova, come riconoscimento per il lungo e fedele servizio; il documento testimonia con certezza l'origine non mantovana della sua famiglia. Il testamento del G. è di poco posteriore, essendo stato redatto il 19 nov. 1528: ne risulta che aveva sposato una donna di nome Giovanna, ancora vivente a quella data, dalla quale aveva avuto due figli, Francesca e Pirrolo.
Morì probabilmente non molto tempo dopo, essendo già malato quando trasmise le sue ultime volontà.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, bb. 625, 629, 630, 745, 758, 1634, 1635, 1638, 2452, 2454, 2455, 2457, 2459, 2461, 2463, 2465, 2467, 2470, 2472, 2476, 2483, 2484, 2489, 2496-2499, 2501, 2502, 2504, 2505, 2507, 2508, 2915-2918, 2927; Ibid., Libri delle patenti, b. 4; Ibid., Libri dei decreti, bb. 37, 38; Ibid., Libri dei mandati, bb. 5, 7, 8, 13, 18; Ibid., Autografi Volta, b. 2; Ibid., Registrazioni notarili, anno 1528, n. 230; A. Luzio, Isabella d'Este di fronte a Giulio II negli ultimi tre anni del suo pontificato, in Arch. stor. lombardo, XXXIX (1912), t. I, pp. 65 s., 71 s.; Id., Isabella d'Este e i Borgia, ibid., XLI (1914), t. I, pp. 678, 680, 682-685, 687; Mantova. La storia, II, Mantova 1961, ad indicem.