GIACOMELLI, Angelo
Nacque a Trivignano Udinese il 19 apr. 1816. Nel 1823 il padre Luigi, imprenditore, si trasferì con la famiglia a Treviso, dove per il rilievo sociale raggiunto avrebbe rivestito l'incarico di podestà dal 1852 al 1866 e di presidente del Consiglio provinciale fino a poco prima della morte (1887).
Laureato in ingegneria al Politecnico di Vienna, il G. si occupò delle attività commerciali, agricole e industriali della famiglia, che nel 1857 acquistò le Officine meccaniche e fonderia di Santa Maria della Rovere, presso Treviso. Dal matrimonio con Maria Rosmini, parente del filosofo Antonio, nacque la figlia Antonietta, che fu nota scrittrice cattolica.
Tra la fine del 1847 e l'inizio del 1848 il G. fu tra i protagonisti del movimento mazziniano trevigiano. Recatosi a Vienna per affari nel gennaio 1848, prese parte alla rivolta di marzo che spinse Ferdinando I a concedere la costituzione, e subito dopo tornò a Treviso. Arruolato col grado di tenente nella guardia civica, il G. deprecò le divisioni ideologiche del movimento patriottico e criticò l'affrettata proclamazione da parte di D. Manin della Repubblica di Venezia, cui aderì anche il governo provvisorio di Treviso. Ufficiale volontario, nel 1848-49 fu impegnato contro gli Austriaci sulla linea del Piave e nella inutile difesa della sua città.
Nel novembre 1850 entrò nel comitato mazziniano veneto presieduto dal sacerdote E. Tazzoli, e guidò il sottocomitato di Treviso costituito insieme con E. Cazzaor, F. Fontebasso e L. Pastro. Un mandato di cattura austriaco lo costrinse, nel giugno 1851, a rifugiarsi a Torino, accolto dall'amico G. Modena, ma dopo alcune settimane si costituì, forse convinto dal padre, che aveva buoni rapporti con Vienna, della sicura archiviazione del suo caso. Rinchiuso nel carcere veneziano di S. Severo, fu condannato per alto tradimento a dieci anni di detenzione, subito ridotti a cinque e poi condonati dall'imperatore Francesco Giuseppe il 18 genn. 1852. Ma di lì a poco la ripresa della repressione poliziesca provocata dall'arresto del Tazzoli e dalla decifrazione delle sue carte riportò il G. a S. Severo e di qui a Mantova, dove divise la cella con F. Montanari e T. Speri; poi, il 19 marzo 1853, beneficiò del condono concesso dal governatore generale J.W. Radetzky dopo le esecuzioni di Belfiore e le altre condanne esemplari.
Tornato alla vita civile, nel 1858, da vicepresidente della giunta agraria di Treviso, il G. redasse il rapporto della commissione accademica incaricata di studiare il progetto di associazione agraria provinciale: pur essendo il maggiore industriale della città, egli vedeva infatti nell'agricoltura la "più grande sorgente di tutto il lavoro e di tutte le ricchezze" (Treviso, Biblioteca comunale, Fondo Ateneo trevigiano): un principio che ebbe presente quando, nel 1862, tradusse dal tedesco e pubblicò, a Venezia e poi nel 1864 a Treviso, un lavoro di C. Schneitler e J. Andrée su Le più recenti ed utili macchine e strumenti rurali, ribadendo nella prefazione l'importanza dello sviluppo agricolo attraverso l'ammodernamento delle macchine.
Nel 1862 il G. donò a G. Garibaldi un locomobile a vapore. Uomo di sinistra, incline a quella forma di cattolicesimo liberale che influenzò la formazione della figlia Antonietta, fu soprattutto dopo l'annessione del Veneto all'Italia nel 1866 che il G. divenne la figura più rappresentativa della politica trevigiana all'interno di quella Unione liberale monarchica che, costituitasi il 17 sett. 1866, raccoglieva moderati e progressisti e che inizialmente aveva visto prevalere i moderati di A. Caccianiga. Ben presto anche il G. e il suo sodale A. Mattei, garibaldino e mazziniano, "cominciarono a ricoprire importanti incarichi amministrativi, assumendo, senza grossi traumi, il ruolo di rassicuranti notabili di provincia" (Vanzetto - Brunetta, p. 62).
Nel settembre 1866 il G. fondò la Società operaia di mutuo soccorso G. Garibaldi; quindi fu più volte assessore comunale ai Lavori pubblici e presidente della Camera di commercio, che guidò, intorno al 1870, contemporaneamente al comizio agrario. La grave crisi che lo costrinse a vendere l'industria familiare non lo privò del ruolo guida nella politica e nell'economia locale tanto che nel 1872 fu nominato presidente del comitato organizzatore dell'Esposizione regionale veneta, poi facente funzioni di sindaco (agosto-settembre 1874) e infine fu eletto deputato nel collegio di Treviso, poi riconfermato nel 1876 e nel 1880.
Abolizione della tassa sul macinato, allargamento del suffragio, decentramento e politica estera pacifista furono i contenuti del suo programma elettorale del 1880, dettati, a suo dire, anche dalla necessità di togliere argomenti alla minacciosa propaganda socialista (Agli elettori del collegio di Treviso, Treviso 1880). In pratica, schierato a sinistra, il G. intervenne esclusivamente su argomenti legati al Veneto, in particolare sullo sviluppo della rete ferroviaria. Il 22 dic. 1881, "per motivi di famiglia", ma in realtà per le difficoltà economiche, si dimise.
Nel settembre 1882, alla vigilia delle prime elezioni con il suffragio allargato, A. Depretis, presidente del Consiglio e ministro dell'Interno, gli affidò la prefettura di Cremona, una provincia ritenuta difficile, in cui il partito moderato stava "tentando di avvicinarsi al progressista governativo" (Roma, Arch. centrale dello Stato, Rapporti dei prefetti, b. 8, f. 22, sottofasc. 1, primo semestre 1882). Prefetto di nomina politica a sessantasei anni, il G. seguì il Depretis nella politica trasformista e nei primi mesi del 1883 lavorò per consolidare localmente la nuova maggioranza uscita dalle elezioni del 1882, salutando con soddisfazione il voto del 19 maggio, con cui la Camera aveva riconfermato ampia fiducia al Depretis e provocato l'uscita dal governo di A. Baccarini e G. Zanardelli.
L'attenzione verso i problemi dell'agricoltura spinse spesso il G. a segnalare al governo l'aggravarsi dei rapporti fra proprietari e fittavoli e a sollecitare l'immediata approvazione della legge sulla perequazione dell'imposta fondiaria, di cui ribadì l'importanza pur quando, nel 1885, rivendicò l'opera di prevenzione che aveva impedito alle rivolte contadine del mantovano di espandersi nel Cremonese.
Il 16 giugno 1887 F. Crispi, da poco all'Interno, trasferì a Siena il G. che vi trovò un ambiente socialmente più stabile per l'effetto aggregante della presenza delle contrade: ben diversa fu la situazione che dovette fronteggiare quando, il 16 dic. 1888, lasciò la Toscana e assunse l'incarico di prefetto di Reggio di Calabria nell'imminenza delle prime elezioni amministrative dopo l'allargamento del voto del dicembre 1888, per effetto del quale l'elettorato era passato da 20.965 a 34.196 aventi diritto. Dopo una battaglia elettorale assai vivace, i numerosi ricorsi portarono all'annullamento delle elezioni nei comuni di Brancaleone, Palmi, Iatrinoli. Come ebbe a scrivere il G. nella relazione annuale del 1889, le nuove amministrazioni "mostrarono una insolita attività e in molti provvedimenti da esse presi si è visto lo spirito di rappresaglia, con danno della Comunale Amministrazione e con discredito delle istituzioni. Però da parte di questo ufficio, nonché dalla giunta provinciale amministrativa, non si è mancato di emettere i relativi provvedimenti, onde tutelare gli interessi di ognuno" (Roma, Arch. centrale dello Stato, Rapporti dei prefetti, b. 18, f. 53, sottofasc. 6).
Il 1° sett. 1890 il G. fu trasferito a Piacenza, in una provincia ancora incredula per la fuga in febbraio del prefetto G. Gattelli - accusato dalla stampa di ruberie e malversazioni -, ma generosa di consensi per il partito governativo sia in campo politico sia in quello amministrativo. Non vi furono dunque problemi per il G. che il 16 dic. 1891, a settantacinque anni, era collocato a disposizione e due anni dopo dava alle stampe le Reminiscenze della mia vita politica negli anni 1848-1853 (Firenze 1893) in cui tornava sulle cause della sconfitta del '48 e sulle dure conseguenze dei processi di Venezia e di Mantova. Africanista, dopo la disfatta di Adua e la caduta di Crispi, il G. sostenne l'amico O. Baratieri, ex governatore dell'Eritrea, nella stesura delle Memorie d'Africa (Torino 1898).
Nell'aprile 1899, scaduto il tempo massimo di disponibilità, fu collocato a riposo "per ragione di servizio", formula con cui il ministero, considerando le sue "condizioni economiche poco buone", gli permise di aumentare di un terzo gli anni di servizio e di raggiungere una decorosa pensione.
Il G. morì a Treviso il 16 sett. 1907.
L'interesse del G. per la meccanizzazione dell'agricoltura maturò negli anni in cui il progresso della tecnologia in quel settore era penetrato anche in Italia, ma le particolari situazioni locali, condizionate soprattutto dalle caratteristiche orografiche del paese, non stimolavano la ricerca di nuove soluzioni tecniche che avrebbero potuto trovare applicazione solo su ristretti territori; ci si limitava pertanto a importare i modelli stranieri, specie anglosassoni, sui quali, al più, effettuare qualche adattamento.
Dell'impegno industriale rivolto all'agricoltura del G. sono testimonianza un Catalogo delle macchine e strumenti per gli usi agrari fabbricati nella fonderia ed officina meccanica dei Fratelli Giacomelli e C° in Treviso (Treviso 1860) e soprattutto la già menzionata traduzione dal tedesco di una voluminosa opera (edita a Lipsia nel 1861) di due tecnici germanici, C. Schneitler e J. Andrée: Le più recenti ed importanti macchine ed attrezzi agricoli - loro teoria, costruzione, azione ed impiego - Un manuale della meccanica di macchine ed attrezzi - per autodidatti ed insegnanti (Treviso 1864), opera particolarmente meritoria perché rendeva accessibile agli operatori italiani uno dei pochissimi trattati sulla meccanizzazione dell'agricoltura allora disponibili in Europa.
Mentre il catalogo descrive una quarantina di attrezzi, dagli aratri, per lo più tedeschi, belgi, inglesi, passando per i vari tipi di zappe a cavallo, di seminatoi, di sgranatoi, fino alle grosse locomobili e alla ben nota mietitrice McCormick, nella traduzione del trattato tedesco il G., dopo aver dichiarato la sua intenzione di contribuire al superamento dell'arretratezza dell'agricoltura italiana, seguiva fedelmente l'impostazione del testo originale, anche nella suddivisione degli argomenti in quindici capitoli (tralasciandone uno dedicato alla frantumazione dei panelli oleosi), riduceva il numero delle pagine da 512 a 408, eliminando i calcoli e le formule ingegneristiche, riportando però integralmente tutte le illustrazioni e sostituendo alcune argomentazioni di autori per lo più inglesi, con quelle di scrittori francesi e italiani, come C. Ridolfi, C. Berti-Pichat, G. Botter, più vicini alle condizioni in cui versava allora l'agricoltura italiana.
si era dedicata prevalentemente all'attività letteraria: nel 1889 aveva pubblicato a Milano il suo primo romanzo, Lungo la via, cui seguirono Sulla breccia (Firenze 1894) e, più tardi, a ricordo di nuove esperienze, A raccolta (Milano 1899).
Le tre opere, scritte in forma quasi diaristica, univano alla finalità prevalentemente pedagogica (quella di educare le nuove generazioni femminili alla fede) la volontà di promuovere e diffondere un'idea cristiana di giustizia economica quale, in quegli anni, andava diffondendosi in Europa. Tale prospettiva indusse la G. a una valutazione molto critica dei metodi e dei contenuti educativi che, all'inizio del secolo, egemonizzavano la famiglia cristiana e gli ambienti della pedagogia cattolica.
Le questioni inerenti la giustizia sociale e la promozione culturale e religiosa della donna furono, di fatto, fra gli obiettivi fondamentali e costanti dell'azione della G. in ambito culturale e sociale e da queste finalità derivò, nel gennaio 1895, dopo che fu entrata in contatto con P. Desjardins e G. Salvadori, la fondazione dell'Unione per il bene.
Fonti e Bibl.: Bassano del Grappa, Bibl. civica, Carte Parolini, mss. 646-647 (due lettere, 1842 e 1845); trentasette lettere, dal 1897 al 1899, del G. a O. Baratieri in Museo storico di Trento, Arch. Baratieri, b. 1, f. 4; è di scarsa consistenza il fascicolo personale in Roma, Arch. centrale dello Stato, Ministero dell'Interno, Direz. Affari generali e Personale, Personale fuori servizio, serie I, b. 35, f. 95795. Per la sua attività di prefetto: Ibid., Gabinetto, Rapporti dei prefetti (1882-1894), b. 8, f. 53, Cremona; b. 17, f. 48, Piacenza; b. 18, f. 53, ReggioCalabria; b. 20, f. 59, Siena; Ibid., F. Crispi-Roma, b. 9, f. 225, sottofasc. II (Prefetti del Regno, biografie; ora in I prefetti dell'unificazione amministrativa nelle biografie dell'archivio di Francesco Crispi, a cura di E. Gustapane, in Riv. trimestrale di diritto pubblico, XXXIV [1984], n. 4, pp. 1086 s.); sottofasc. III (Schede contenenti note di carattere riservato sui prefetti). Per il G. deputato, Atti parlamentari, Camera dei deputati, Discussioni, leg. XIV, 1° sess., p. 8194; A. Giacomelli, A. G. e Maria Giacomelli Rosmini, Trento 1929; Id., A mio padre, Treviso 1906. Sull'industria meccanica dei Giacomelli, A. Errera, Storia e statistica delle industrie venete e accenni al loro avvenire, Venezia 1870, pp. 394-397, e S. De Faveri, Le nostre industrie, Treviso 1877, pp. 38-40; B. Caizzi, Storia dell'industria italiana, Torino 1965, ad indicem; A. Saltini, L'età della macchina a vapore e dei concimi industriali, in Id., Storia delle scienze agrarie, IV, Bologna 1989, ad indicem. Sull'Esposizione del 1872, Atti dell'Esposizione regionale tenutasi in Treviso nel 1872, Treviso 1874, pp. 137, 147. Ricchi di notizie sul G., A.A. Michieli, Storia di Treviso, Treviso 1988, pp. 285 s., 300, 409, e soprattutto Storia di Treviso, a cura di E. Brunetta, IV, Padova 1993, pp. 61-63, 70-74, 76 s., 79, 110, 129 s., 133, 235. Per i risultati elettorali, Indice generale degli Atti parlamentari. Storia dei collegi elettorali, Roma 1898, p. 672. Vedi inoltre: T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Terni 1890, p. 511; Enc. biogr. e bibliogr. "Italiana", A. Malatesta, Ministri, deputati, senatori dal 1848 al 1922, II, Milano 1940, s.v.; M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato, alti magistrati e prefetti del Regno d'Italia, Roma 1989, ad indicem.
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