FACCIOTTO, Angelo Giuseppe Secondo
Figlio di Giovan Battista e di Lucia Maddi, entrambi contadini, nacque a Cavriana (Mantova) il 31 luglio 1904. Nel 1917 la famiglia si trasferì a Castiglione delle Stiviere (Mantova), dove il F. iniziò gli studi tecnici; qualche tempo dopo cominciò a frequentare lo studio del pittore U. Bignotti (Margonari, pp. 6-9). Ottenuto il diploma, il F. fu assunto come avventizio presso la Congregazione di Carità di Castiglione e contemporaneamente frequentò una scuola domenicale di disegno, eseguendo mappe e miniature su commissione. I suoi primi oli risalgono allo stesso periodo e risultano ancora piuttosto scolastici (Mia madre, 1922; le opere menzionate nel corso della voce sono illustrate nel catalogo della mostra G. F. Opere..., 1980). Di pochi anni più tardi è il primo dipinto ritenuto importante dalla critica, il Paesaggio con cipresso del 1926-1927, ancora assai vicino e quasi un omaggio ai modi di Bignotti, scomparso nel 1926.
Dall'unione del F. con Angela Panigalli nacquero le due figlie: Lidia nel 1927 e nel 1930 Gabriella. Nel 1930 ottenne l'incarico di economo presso l'ospedale psichiatrico di Mantova, sito nella frazione di Dosso del Corso, dove si trasferì nel 1932. Questo incarico fu confermato nel 1933 (11 luglio) e il F. poté dare avvio ad una serie di iniziative terapeutico-ricreative per i malati (un piccolo teatro, una falegnameria, una tipografia, una biblioteca, una colonia agricola), che fornirono altresì spunti di osservazione al pittore. Nel frattempo, anche attraverso le sue amicizie mantovane e castiglionesi, sviluppò un rapporto con il vero naturale, basato sulle esperienze fondamentali del chiarismo e della contemporanea pittura veneziana. Dal 1934 iniziò uno dei più ricchi periodi della sua produzione artistica e nello stesso anno partecipò a Mantova, a palazzo Aldegatti, alla III Mostra sindacale provinciale d'arte.
In questo periodo, come testimoniato anche dai suoi appunti (cfr. A. G. F. Scritture..., 1980, pp. 72-74), il F. iniziò a sviluppare una nuova visione del mondo esterno nel tentativo di elaborare uno stile teso a raggiungere una sorta di automatismo e spontaneità esecutiva. Tra il 1935 ed il 1937 il F. sperimentò altre possibilità espressive, come l'acquaforte e l'illustrazione libraria, ma soprattutto, con un gruppo di giovani artisti mantovani, cercò di rinnovare la tradizione pittorica locale, guardando a Milano, all'attività che ruotava intorno a E. Persico, e prestando attenzione ad A. Del Bon, R. Birolli, P. Semeghini, O. Rosai. Coltivò anche un rapporto d'amicizia con O. Marini, che gli fornì ulteriori spunti di riflessione.
Nel 1935 prese parte alla IV Mostra sindacale provinciale d'arte, tenuta a Mantova in palazzo Aldegatti, mentre l'anno successivo espose alla V Mostra sindacale provinciale d'arte (Mantova, palazzo ducale) e alla VII Mostra sindacale regionale d'arte, svoltasi al palazzo della Permanente di Milano. Ancora nel 1937 partecipò alla V Mostra sindacale provinciale d'arte (Mantova, palazzo Te), nonché alla VIII Mostra sindacale regionale d'arte (Milano, palazzo della Permanente). Alla fine del 1937 il F. trascorse un periodo di convalescenza dopo un intervento chirurgico a Garda, dove conobbe personalmente A. Del Bon, frequentò U. Lilloni e poté ispirarsi al paesaggio veronese. Si trasferì poi a Burano, dove entrò in contatto con il gruppo dei "buranesi"; tra tutti fu attratto soprattutto da P. Semeghini.
Questo periodo, in cui il F. poté dedicarsi interamente alla pittura, fu sicuramente il più intenso della sua vita artistica: dipinse nature morte, paesaggi, ritratti e autoritratti, spesso realizzando più versioni dello stesso soggetto (vedute di Garda e di canali a Mazzorbo), in una attenta ricerca di perfezione formale. Partecipò a numerose mostre collettive: nel 1938 alla IX Mostra sindacale regionale d'arte (Milano, palazzo della Permanente); nel 1939, facendo parte del comitato ordinatore della sezione incisori, espose alla Mostra dei pittori, scultori e incisori mantovani dell'Ottocento e del Novecento (Mantova, palazzo Te); lo, stesso anno fu presente alla I Mostra nazionale del paesaggio italiano e bergamasco, aperta nel palazzo della Ragione di Bergamo; nel 1941 partecipò alla VIII Mostra sindacale provinciale d'arte, tenuta presso il teatro Sociale di Mantova, ma andò anche a Milano (palazzo dell'arte) alla III Mostra sindacale nazionale d'arte; nel 1942 espose alla IX Mostra sindacale provinciale d'arte (Mantova, ridotto del teatro Sociale) e anche alla I Mostra nazionale premio Verona (palazzo della Gran Guardia).
Nello stesso 1942 il F. partecipò anche ad una rassegna di disegni presso la galleria L'Annunciata di Milano; in quella sede, nel gennaio del successivo 1943, chiamato da alcuni pittori milanesi, organizzò una mostra personale, frutto dell'intensa produzione del quinquennio precedente; ancora nel 1943, in giugno, predispose un'altra personale alla galleria Cortina di Rovereto. Entrambe le esposizioni ebbero un notevole successo di pubblico, attirando anche l'interesse di critici e letterati amici, come A. Gatto e L. Borgese; negli scritti del F. si legge tuttavia della sua parziale insoddisfazione per l'esposizione milanese e della necessità economica che lo aveva portato all'organizzazione della mostra di Rovereto (A. G. F. Scritture..., 1980, p. 35). Sempre nel 1943 il F. prese parte alla II Mostra nazionale premio Verona (Verona, palazzo della Gran Guardia).
Dall'autunno del 1943, dopo i successi di Milano e Rovereto, il F. attraversò un periodo di autocritica, ricco di ripensamenti formali e di momenti alterni di produzione intensa e di inattività artistica; i soggetti delle sue opere virarono verso toni più personali e familiari. Durante il 1944 morirono entrambi i genitori del F. (la madre in maggio e il padre in novembre); il F. nell'agosto dello stesso anno fu colpito dal tifo e trascorse un lungo periodo di degenza in ospedale, dal 18 agosto fino al successivo 18 novembre; si riprese e tornò a disegnare e a dipingere, ma solo per alcuni mesi; morì infatti il 27 giugno 1945 a Mantova, in seguito ad un attacco di peritonite.
Dopo la prematura scomparsa sono state dedicate al F. alcune mostre retrospettive: 1946, Mantova, galleria Alle Concole (grafica); 1959, Mantova, palazzo Aldegatti; 1968, 1968, Mantova, galleria Greco (grafica); 1969, Rivalta sul Mincio (Mantova); 1980, Mantova, galleria Arcari (grafica e scritti); 1980, Mantova, palazzo del Te.
Il F. è sicuramente il più rappresentativo dei chiaristi mantovani e, più in generale, deve essere ritenuto il più interessante dei pittori mantovani degli anni Trenta e Quaranta del nostro secolo. La mancanza di fama tra i contemporanei non è legata solo alla sua prematura scomparsa, ma anche al suo carattere schivo, alla sua posizione controcorrente e all'incapacità, o meglio al disinteresse, di promuovere commercialmente la propria opera. In antitesi con le tematiche e la retorica dei contemporanei pittori di Novecento, il F. presenta i caratteri fondamentali del chiarismo, dalla trasparenza del colore alla spontaneità, all'incompiutezza della forma di ascendenza post-impressionista, alla serenità dei soggetti. I suoi referenti culturali sono tutti legati ai maestri del chiarismo e orientati verso Milano, pur con una attenzione per alcuni aspetti della pittura veneziana del gruppo di Burano.
Fonti e Bibl.: Mostra dei "Chiaristi" (catal.), Mantova-Castiglione delle Stiviere 1968, pp. n.n.; G. F. Mostra retrospettiva, Rivalta sul Mincio 1969; G. F. Opere: 1934-1945 (catal.), Mantova 1980 (con bibliografia precedente); A. G. F. Scritture (1943-1945), catal., Mantova 1980; R. Margonari, Dal Mincio al Naviglio e ritorno, Gazoldo degli Ippoliti 1983, pp. 6-9, 38-46; Id-R. Modesti, Il chiarismo lombardo (catal.), Milano 1986, p. 131; L. Ventura, G. F. Note bibliografiche e una mostra dimenticata, in Civiltà mantovana, XXIX (1994), 10 (con ulter. bibl.).