MAJORANA, Angelo
Nacque a Catania il 4 dic. 1865 da Salvatore Majorana Calatabiano e Rosa Campisi; fu fratello di Giuseppe e Quirino. Studente precocissimo, a nove anni conseguì la licenza ginnasiale, a dodici quella liceale, e a poco più di sedici anni si laureò in giurisprudenza presso l'Università di Roma. Durante il soggiorno nella capitale, dove il padre ricopriva importanti incarichi ministeriali e parlamentari, prese parte alle attività politiche e culturali degli universitari romani, pronunciando un discorso commemorativo in occasione della morte di G. Garibaldi, iscrivendosi all'Associazione per lo studio della rappresentanza proporzionale, inviando corrispondenze ad alcuni giornali siciliani.
Nel 1884 ottenne la libera docenza in diritto costituzionale e nel 1886, dopo aver pubblicato i suoi primi lavori scientifici (La parola parlamento, Catania 1884; Del parlamentarismo: mali, cause, rimedii, Roma 1885; Teoria costituzionale delle entrate e delle spese dello Stato, ibid. 1886; Il principio sovrano nella costituzione degli Stati, ibid. 1886), vinse il concorso per professore straordinario bandito dall'Università di Catania. Si dedicò inoltre all'attività forense e fu iscritto nell'albo degli avvocati della Cassazione di Roma.
Brillante conferenziere e vivace polemista, fra il 1887 e il 1888 intervenne nella stampa nazionale su svariati argomenti: dal miglioramento degli studi filosofici alla difficile conciliazione fra socialismo e diritto privato, dalla riforma del Senato, di cui caldeggiava la trasformazione in una camera elettiva, ad alcuni problemi posti dalla nuova legge comunale. Né trascurò le questioni locali, prendendo le difese di due Comuni siciliani su aspetti censuari e relativi alla delimitazione delle rispettive circoscrizioni territoriali (Pro Palagonia, Catania 1888; Ragioni del Comune di Troina a favore del progetto di rettifica della attuale provvisoria ed anormale circoscrizione, Roma 1888).
Ben presto gli vennero anche i primi riconoscimenti pubblici: nel giugno 1888 fu nominato regio commissario presso l'istituto tecnico di Genova; nel luglio seguente delegato scolastico del mandamento di Catania, ufficio che gli venne confermato più volte; nell'ottobre 1888 membro della commissione governativa per la riforma delle facoltà di giurisprudenza. Nel 1889 il ministro della Pubblica Istruzione P. Boselli lo chiamò a far parte del proprio gabinetto, come consulente nella preparazione di vari disegni di legge e nella redazione del bilancio. Conservò tale incarico fino alla caduta del governo Crispi, nel gennaio 1891, distinguendosi fra l'altro per il contributo dato alla realizzazione del codice scolastico del 1891.
Nel 1889 pubblicò una nuova importante monografia, il Sistema dello stato giuridico, che, qualificandolo come uno dei migliori giuspubblicisti italiani, gli procurò notorietà anche all'estero e soprattutto gli valse la promozione a professore ordinario. Seguì la pubblicazione dei Primi principii di sociologia (Roma 1891), opera con la quale offrì una sintesi delle teorie relative a questa nuova branca scientifica. Più avanti egli ne avrebbe analizzato le implicazioni con il diritto, dando alle stampe una Teoria sociologica della costituzione politica, che, apparsa nel 1894 nella prestigiosa "Biblioteca di scienze sociali" della casa editrice Fratelli Bocca di Torino, rappresentò una delle sue opere più mature, emblematico crocevia dei suoi principali interessi di studio, che riguardavano appunto il diritto pubblico e la sociologia. Sia i Primi principii, sia la Teoria sociologica furono tradotti in varie lingue e fecero sì, tra l'altro, che il M. fosse chiamato a far parte dell'autorevole Istituto internazionale di sociologia di Parigi.
Nel frattempo cominciò in Sicilia il suo coinvolgimento nella vita pubblica, sia nell'ambito accademico, sia in quello politico-amministrativo. Già nel 1891 la facoltà di giurisprudenza di Catania inserì il M. nella terna proposta al governo per la scelta del preside, carica che poi effettivamente ricoprì dal 1894 al 1897. Sempre nel 1891 la facoltà lo delegò, inoltre, come suo rappresentante al congresso universitario di Venezia e a quello giuridico di Firenze. Nel 1892, in vista dei disegni di legge per la riforma universitaria fu incaricato di scrivere una relazione sulle condizioni dell'ateneo, del quale fu rettore dal novembre 1895 all'ottobre 1896 (cfr. Relazione sulla R. Università di Catania, indirizzata al governo del re ed al Parlamento nazionale, Catania 1892).
Divenne inoltre socio onorario o presidente di numerosi circoli e associazioni, come le Società operaie di Militello e di Caltagirone e la Società educatrice cooperativa fra gli insegnanti elementari di Catania. Presso tali sodalizi tenne conferenze e discorsi, nei quali manifestò i propri convincimenti liberali e progressisti, sempre incardinati peraltro in un quadro di conservazione degli equilibri politici e sociali esistenti. Di ciò dette prova nel 1893, quando, all'inizio del movimento dei Fasci dei lavoratori, si adoperò per tenere a freno le associazioni popolari del Catanese, sulle quali poteva esercitare maggiore influenza.
Il 1893 fu anche l'anno in cui venne eletto consigliere comunale a Catania ed entrò a far parte della giunta nella veste di assessore alle Finanze. Si trattò però di un'esperienza brevissima, che egli interruppe alla fine di quello stesso anno presentando le proprie dimissioni, motivate dalla necessità di attendere ai molteplici impegni professionali e scientifici. Tuttavia, riuscì a predisporre il progetto di bilancio per il 1894, con il quale intendeva avviare il risanamento delle disastrate finanze comunali (cfr. Le finanze del Municipio di Catania. Relazione al Consiglio comunale, Catania 1893). Subito dopo, insediatosi il nuovo governo Crispi, fu chiamato dal guardasigilli V. Calenda di Tavani a far parte della commissione ministeriale per i contratti agrari e di lavoro, il cui scopo principale, nel momento in cui si intensificavano le agitazioni dei lavoratori agricoli in varie parti d'Italia, risiedeva nello studio delle riforme da approntare per migliorare le condizioni di vita del mondo rurale.
In questa sede egli difese i diritti dei proprietari terrieri contro le proposte di riforma più radicali e rivelò un certo irrigidimento su posizioni più conservatrici, che tuttavia non gli impedì, di lì a qualche mese, in quella che fu una delle sue ultime opere scientifiche, Lo stato d'assedio (Catania 1894), di ergersi a fermo difensore dello stato di diritto contro l'incalzare della reazione. In questo studio, adottando una prospettiva comparata, il M. effettuò un'ampia disamina dei diritti dei cittadini e delle ragioni che ne giustificavano la sospensione eccezionale. E arrivò alla conclusione che lo stato d'assedio potesse proclamarsi solo in casi molto limitati e che mai comunque la sospensione delle guarentigie potesse avere effetto retroattivo.
Sconfitto per pochi voti nelle elezioni politiche del 1895, risultò eletto in quelle del 1897 nel collegio di Nicosia, che gli confermò il mandato anche nel 1900 e nel 1904. Nel 1909 fu invece eletto nel collegio di Ragusa, ma non poté prestare giuramento perché ormai affetto dalla grave malattia che pochi mesi dopo lo avrebbe condotto alla morte. Alla Camera sedette a sinistra, sullo stesso scanno che molti anni prima aveva occupato suo padre. Politicamente vicino a G. Giolitti, si mise in luce per la prima volta nel 1898, quando fu relatore della legge sul dazio consumo. Intervenne poi più volte nelle discussioni, specie quando si trattavano argomenti economici e finanziari, finché nel 1903 si segnalò come estensore della legge sulla municipalizzazione dei pubblici servizi, che venne subito dopo tradotta in inglese e in tedesco e riprodotta integralmente negli atti parlamentari francesi.
Nel novembre 1903, quando Giolitti formò il suo secondo governo, affidò al M. l'incarico di sottosegretario alle Finanze, che egli tenne fino al novembre 1904, allorché subentrò a L. Luzzatti nella titolarità del dicastero. Furono di quel periodo, fra le altre, la legge sui nuovi organici delle Finanze, quella sulle pensioni, la legge per la Basilicata e quella per la città di Napoli. Conservò la carica di ministro delle Finanze anche nel successivo governo Fortis, che si protrasse dal marzo al dicembre 1905, un breve periodo durante il quale egli presentò e condusse in porto la legge sul consolidamento dei canoni daziari e alcuni provvedimenti relativi ai tabacchi, agli spiriti, al dazio di consumo, all'enfiteusi e alle decime. Ma soprattutto egli si dedicò a un ampio progetto di riforma tributaria, che, dopo alcuni rinvii causati dai dissensi interni alla maggioranza, nell'agosto 1905 venne enunciato nelle sue grandi linee.
Essa contemplava l'abolizione totale della tassa di famiglia e della tassa sul valore locativo e una radicale trasformazione del dazio consumo. I comuni sarebbero stati indennizzati del mancato provento mediante l'istituzione di una nuova imposta generale sulle entrate con carattere moderatamente progressivo. Nella mente del M. la riforma, che restò peraltro sulla carta per la caduta nel dicembre 1905 del governo Fortis, doveva rappresentare il primo passo in vista di una netta distinzione dei proventi destinati allo Stato (l'imposta sull'entrata) da quelli per i Comuni (l'imposta fondiaria).
Il M. tornò al governo nel maggio 1906, quando Giolitti gli affidò il dicastero del Tesoro, che egli tenne fino al maggio 1907, allorché fu costretto a dimettersi per l'aggravarsi delle sue condizioni di salute. Dal 24 marzo al 19 apr. 1907 ebbe inoltre l'interim del dicastero delle Finanze. Il risultato più significativo di questa nuova esperienza governativa fu la conversione della rendita, di cui egli fu il principale artefice insieme con L. Luzzatti. Discussa e approvata dalle due Camere il 29 giugno 1906, prevedeva che i circa 8100 milioni di lire del debito perpetuo dello Stato italiano, pari al 55,6% del prodotto interno lordo, passassero immediatamente da un rendimento del 4% netto a uno del 3,75% e, a partire dal 1911, scendessero ulteriormente al 3,50%. Tale operazione - che, come riferì il M., si concluse molto positivamente e sancì a livello internazionale la ritrovata salute finanziaria dell'Italia (cfr. Relazione sulla conversione della rendita, presentata alla Presidenza del Senato del Regno il 12 sett. 1906, Roma 1906) - garantì all'Erario, per risparmi d'interesse, un beneficio annuo di 20 milioni di lire, che dal 1911 sarebbero divenuti 40 milioni. Il M. trascorse gli ultimi mesi al ministero del Tesoro respingendo le richieste di coloro che volevano destinare subito questi risparmi a una politica di alleggerimento della tassazione e rilanciando l'impegno per una più organica riforma tributaria. Solo nel marzo 1907 presentò un disegno di legge riguardante la riduzione del dazio sul petrolio. Due mesi dopo, ormai indebolito dalla malattia, annunciò le sue dimissioni da ministro e si ritirò in Sicilia, dove attese a un ultimo impegno letterario, L'arte di parlare in pubblico (Milano 1909).
Il M. morì a Catania il 9 febbr. 1910.
Opere. Oltre a quelle citate, si vedano: La tutela del diritto nel governo rappresentativo, Catania 1887; La moralità nel governo parlamentare, ibid. 1888; L'imperatore Guglielmo I e lo Stato costituzionale germanico, ibid. 1888; La Rivoluzione francese e la sua influenza costituzionale, ibid. 1889; Lo Stato nazionale e il governo rappresentativo, Bologna 1890; L'evoluzione storica dei rapporti fra legislazione e giurisdizione, ibid. 1890; Forze e forme politiche e loro valutazione gerarchica; La legge del bilancio ed i suoi effetti civili di fronte ai terzi, Catania 1891; Funzione sociale della monarchia, Torino 1891.
Fonti e Bibl.: Le carte del M. si conservano nell'Archivio della famiglia Majorana, custodito presso la Biblioteca regionale universitaria di Catania.
Sul M., oltre ai numerosi riferimenti contenuti nelle opere generali di storia economica e politica dell'Italia giolittiana, v. D. Bottalla, A. M. ministro delle Finanze, Palermo 1904; S. Licata, A. M.: discorso commemorativo pronunziato al teatro Comunale di Comiso il 9 marzo 1910, Catania 1910; V. Reforgiato, A. M. nella vita e nelle opere, Catania 1911; M. Siotto Pintor, La mente di A. M., Catania 1914; G. Giolitti, Memorie della mia vita, a cura di O. Malagodi, Milano 1922, I, pp. 190, 229, 231, 236; L. Einaudi, Cronache economiche e politiche di un trentennio (1893-1925), I-VIII, Torino 1959-65, ad ind.; Dalle carte di G. Giolitti. Quarant'anni di politica italiana, II, 1901-1909, a cura di G. Carocci, Milano 1962, pp. 338, 348, 358, 360, 392, 395, 398, 420; G. Murè, Funzione bancaria e collaborazione Luzzatti - M. nel 1906 per la conversione della rendita italiana, in Attualità di L. Luzzatti, a cura di F. Parrillo, Varese 1964, pp. 187-196; G. Pischel, La municipalizzazione in Italia. Ieri, oggi, domani, Roma 1965, pp. 99, 141, 148 s., 224; G. Carocci, Giolitti e l'età giolittiana, Torino 1971, pp. 40, 59 s., 86 s., 91; A. Papa, Classe politica e intervento pubblico nell'età giolittiana. La nazionalizzazione delle ferrovie, Napoli 1973, pp. 115, 128, 141, 146; P.L. Ballini, La destra mancata. Il gruppo rudiniano-luzzattiano fra ministerialismo e opposizione (1901-1908), Firenze 1984, ad ind.; G. Giarrizzo, Catania, Roma-Bari 1986, pp. 79, 82 s., 99, 121, 127, 129, 133, 136, 159, 163 s., 177; La municipalizzazione in area padana. Storia ed esperienze a confronto, a cura di A. Berselli - F. Della Peruta - A. Varni, Milano 1988, pp. 23, 36, 39, 62, 68, 119, 239, 253, 322, 444; L'Italia e il sistema finanziario internazionale, 1861-1914, a cura di M. De Cecco, Roma-Bari 1990, pp. 41, 535, 542, 564, 567, 575; I Majorana (catal.), a cura di G. Giarrizzo, Catania 1991; N. Antonetti, Gli invalidi della costituzione. Il Senato del Regno, 1848-1924, Roma-Bari 1992, pp. 154, 183; M.E. Lanciotti, La riforma impossibile. Idee, discussioni e progetti sulla modifica del Senato regio e vitalizio (1848-1922), Bologna 1993, pp. 132, 143, 197; L. Luzzatti e il suo tempo, a cura di P.L. Ballini - P. Pecorari, Venezia 1994, pp. 315, 321, 328, 334-336, 339, 423; Finanza e debito pubblico in Italia tra '800 e '900, a cura di P. Pecorari, Venezia 1995, pp. 160, 166, 169, 196, 199, 210-212, 215, 226-228, 230 s., 234 s, 242; R. Romanelli, Centralismo e autonomie, in Storia dello Stato italiano dall'Unità a oggi, a cura di R. Romanelli, Roma 1995, pp. 150, 153 s.; G. Majorana, Il grand tour: lettere alla famiglia, 1890, a cura di A.M. Palazzolo, Palermo 2000, ad ind.; Enc. biografica e bibliografica "Italiana", A. Malatesta, Ministri, deputati e senatori d'Italia dal 1848 al 1922, II, pp. 132 s.; Enc. di Catania, sub voce.