MALABRANCA, Angelo
Nacque probabilmente tra il 1200 e il 1210; incerto è il posto da lui occupato nella genealogia dell'importante casato romano dei Malabranca, poiché non si conosce il nome del padre o di altri suoi ascendenti. Proprio quest'ultima circostanza e l'esiguità delle notizie sul M. non permettono di essere sempre sicuri che tutte le menzioni relative a un individuo denominato Angelus Malabrance che si incontrano nella documentazione fino agli anni Settanta-Ottanta del Duecento vadano attribuite a lui o se, invece, non siano da riferirsi a qualche suo omonimo.
I titoli che accompagnano il suo nome sono quelli di nobilis vir, dominus e Romanorum proconsul, che denotano senza alcun dubbio la sua elevata posizione sociale, rafforzata dal legame con il potente casato degli Orsini. Il M., infatti, sposò Mabilia, figlia di Matteo Rosso Orsini, e dal loro matrimonio nacquero almeno tre figli, Latino, Giovanni e Napoleone, padre di Egidia, che andò in sposa nel 1290 a Riccardo di Fortebraccio di Giacomo di Napoleone Orsini.
Che il M. non conoscesse il latino è testimoniato da un breve resoconto che narra di una lettera inviatagli dal pontefice Gregorio IX il 25 ag. 1235, quando ricopriva la carica di senatore di Roma, e che "quas litteras supradictas idem senator recipiens humiliter et devote tradidit legendas et interpretandas supradicto priori Sancte Sabine; et cum eas lectas et vulgariter interpretatas audissent [(] respondit" (Les registres de Grégoire IX, II, pp. 315 s. n. 3044).
Proprio in veste di supremo magistrato del Comune di Roma il M. fa la sua comparsa nelle fonti romane, quando, ancora molto giovane, aveva evidentemente già raggiunto un elevato grado di influenza politica e di notorietà nell'ambito della città. Nel maggio 1234 si verificò una rivolta antipapale tra le più gravi, animata dal senatore Luca Savelli; Gregorio IX aveva risposto con la scomunica comminata agli ufficiali cittadini e con la guerra aperta. Nella primavera dell'anno successivo si raggiunse un'intesa tra il pontefice e i Romani e fu sancita la pace. In tale situazione il M. fu chiamato a ricoprire la carica di senatore. Il suo senatorato del 1235 è indissolubilmente legato al trattato di pace tra la Chiesa e il Comune capitolino, e il suo nome ricorre spesso tra le carte relative agli Acta pacis inter Ecclesiam et Romanos initae, comprendenti un gran numero di atti, taluni dei quali di grande solennità, come il giuramento prestato dallo stesso Malabranca.
Per quanto fedele alla Chiesa e impegnato a difenderne gli interessi giurando il trattato di pace, durante il suo senatorato non mancò di sostenere le ragioni del Comune anche contro le richieste della Curia. Così avvenne nell'agosto 1235 circa il controllo del castello di Montalto, che il papa rivendicava alla Chiesa contro i diritti esercitati dal Comune romano; nell'occasione il M. fu categorico nel contestare le pretese del pontefice.
Relativamente a questo suo primo senatorato si ha notizia anche di un provvedimento preso a tutela dei pellegrini che si recavano alla basilica di S. Pietro, vessati in vario modo dagli abitanti della zona.
Nei primi mesi del 1238 l'imperatore Federico II di Svevia, tornato a cercare alleanza e sostegno nel popolo romano con una serie di iniziative, invitò (ma inutilmente) il Senato di Roma a inviare a corte quattro dei maggiori esponenti dell'élite cittadina romana (Romanorum proconsules), tra i quali il M. (gli altri tre erano Napoleone di Giovanni Gaetano Orsini, Giovanni dei conti di Poli e Ottone Frangipane) per conferire loro importanti incarichi. Si tratta di un ulteriore evidente segno del prestigio e del potere che il M. aveva raggiunto e del suo schieramento in favore dell'imperatore, che si mostrò ancor più evidentemente con la sua nomina a podestà di Firenze nel secondo semestre di quell'anno.
In tale veste dovette fronteggiare le agitazioni mosse dai Fiorentini contro di lui; riuscì a sedare la rivolta e ottenne un certo successo nella sua opera volta a una riconciliazione tra guelfi e ghibellini mantenendo la pace per qualche mese; tuttavia, verso la fine del mandato, al ritorno dei cavalieri che avevano combattuto a fianco dell'imperatore, la rivolta scoppiò nuovamente e più impetuosa, soprattutto in coincidenza con la designazione del suo successore. Del suo operato come podestà di Firenze si hanno alcune indicazioni relative all'attività giudiziaria.
Anche se sembra che l'invito di Federico II del 1238 fosse stato declinato, il M. dovette aver modo di incontrare l'imperatore almeno in un'altra occasione. Risulta, infatti, che nella prima estate del 1239 si trovava presso la corte imperiale in qualità di legato del Comune capitolino.
I suoi rapporti con l'Impero tornarono a palesarsi nel 1249, quando figura tra i quattro candidati designati da Siena tra i quali Federico II di Svevia doveva scegliere il podestà.
Il M. continuò a ricoprire ruoli importanti nell'ambito dell'amministrazione comunale romana. Nel 1242 compare tra gli oltre ottanta consiglieri comunali che, congiuntamente al senatore Matteo Rosso Orsini, giurarono un trattato di alleanza con il Comune di Perugia. Ricoprì anche l'ufficio di magister edificiorum Urbis.
Almeno dal marzo 1247 al febbraio dell'anno successivo ricoprì nuovamente l'incarico di senatore, insieme con Pietro Annibaldi. A parte un paio di testimonianze relative a provvedimenti di carattere giudiziario, dell'operato del M. e di Annibaldi si ricorda una vibrata protesta contro il Comune di Siena, reo, a loro dire, di aver tenuto in carcere un cittadino romano e, una volta liberatolo previa cauzione, di averlo lasciato in balia di alcuni senesi che lo avevano ucciso.
Non in veste di senatore, ma con tale titolo, nel gennaio del 1248 presenziò all'atto con il quale Giacomo di Napoleone Orsini donava propter nuptias a Mattia Annibaldi 200 libbre di provisini per le future nozze tra suo figlio Fortebraccio e Golizia, figlia di Mattia.
Non si conosce l'ubicazione della residenza romana del M.; è noto solo che la sua torre fu una di quelle conquistate dai populares nel corso dei durissimi combattimenti che il 24 apr. 1256 opposero nobiles et magnates al populus Romanus, a seguito di una violenta esplosione del malcontento popolare contro il senatore Emanuele de Madio da Brescia. Un atto del 2 agosto menziona alcuni individui che per essere indicati solamente con il nome di battesimo seguito dall'espressione "a domo Angeli Malbrance" potrebbero essere considerati come suoi domestici o familiares.
Il patrimonio fondiario extraurbano del M. fu certamente molto ingente, tuttavia non se ne hanno testimonianze dirette. Solamente un rogito notarile redatto il 27 nov. 1289, quando il M. già era morto, informa che egli era stato proprietario di un "casale", ovvero di una grande azienda agricola, nella Campagna romana, situato non lontano da Castel di Decima.
Le fonti tornano a menzionare il M. soltanto nel novembre 1267, quando, insieme con gli altri principali esponenti del partito guelfo romano, cadde vittima di un tranello teso loro dal senatore Enrico di Castiglia, fratello del re Alfonso di Castiglia, che, invitatili in Campidoglio, li fece imprigionare. Il pontefice Clemente IV sollevò indignate proteste per l'accaduto, ma non prese alcun provvedimento contro il senatore. Alcuni dei prigionieri furono presto rilasciati, altri furono condotti nel castello di Monticelli e poi a Saracinesco, e furono liberati solo dopo la battaglia di Tagliacozzo (23 ag. 1268); sul M. le fonti tacciono circa la durata della sua detenzione.
Di lui si torna a parlare nel 1271 in una lettera di Carlo I d'Angiò al suo vicario nella carica di senatore di Roma. In essa si rammenta come dopo aver concesso un mutuo di 600 libbre di provisini alla Camera Urbis, il M. aveva ottenuto in pegno dal Comune di Roma il castello di Rocca Romana, presso Monterosi, e ancora come, essendo questo castello sotto il diretto dominio del Comune, il M. aveva chiesto di sostituire il pegno con la concessione del diritto di riscossione di alcune gabelle comunali (lo ius statere Urbis); Carlo I d'Angiò avrebbe concesso tale diritto se non vi fossero stati impedimenti di sorta.
Le ultime notizie sul M., se a lui sono effettivamente riferibili, lo vedono ancora, benché molto avanti negli anni, sulla scena politica, come podestà di Anagni nel 1272, e di Sezze nel 1278. Dopo questa data il suo nome non ricorre più nelle fonti, se non come ormai defunto.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. stor. Capitolino, Arch. della famiglia Orsini, II.A.I, perg. 25 (già 24; 18 nov. 1242); II.A.I, perg. 32 (già 30; 26 genn. 1248); Ibid., Arch. del monastero di S. Maria Nova (oggi S. Francesca Romana), Tabulae iurium, II, perg. 126 (2 ag. 1256); B. Sajeva, I più antichi documenti dell'Archivio dell'Ospedale del S. Salvatore (secc. XI-XIV). Saggio d'edizione, tesi di laurea, facoltà di lettere, Università degli studi di Roma "La Sapienza", a.a. 1947-48, doc. 13 (27 nov. 1289; doc. deperdito, già in Arch. di Stato di Roma, Arch. dell'Ospedale del Salvatore ad Sancta Sanctorum, cass. 422, perg. 111); Epistulae saeculi XIII e regestis pontificum Romanorum selectae, I, a cura di K. Rodenberg, in Mon. Germ. Hist., Berolini 1883, pp. 520-530 n. 636; Saba Malaspina, Die Chronik, a cura di W. Koller - A. Nitschke, ibid., Scriptores, XXXV, Hannover 1999, p. 186; J.-L.-A. Huillard-Bréholles, Historia diplomatica Friderici secundi, V, 2, Paris 1859, pp. 760-762, 1225 s.; Les registres de Nicolas IV (1288-1292), a cura di E. Langlois, I, Paris 1887, pp. 551 s. n. 3572; J.F. Böhmer, Regesta Imperii, V, Innsbruck 1892, n. 13739; Les registres de Clément IV (1265-1268), a cura E. Jordan, Paris 1893-1945, p. 416 n. 1275; Documenti dei secoli XIII e XIV riguardanti il Comune di Roma conservati nel R. Archivio di Stato di Siena, in Miscellanea storica senese, III (1895), doc. 9, pp. 16 s.; Documenti dell'antica costituzione del Comune di Firenze, a cura di P. Santini, Firenze 1895, pp. LXV, 465; P. Savignoni, L'Archivio storico del Comune di Viterbo, in Arch. della Soc. romana di storia patria, XVIII (1895), doc. 115, p. 309; G. Salvadori - V. Federici, I sermoni d'occasione, le sequenze e i ritmi di Remigio Girolami fiorentino, in Scritti vari di filologia. A Ernesto Monaci per l'anno XXV del suo insegnamento, Roma 1901, pp. 488 s.; Les registres de Grégoire IX (1227-1241), a cura di L. Auvray, II, Paris 1906, pp. 288-316 (Acta pacis inter Ecclesiam et Romanos initae, 1235); F. Bartoloni, Codice diplomatico del Senato romano, I, in Fonti per la storia d'Italia [Medio Evo], LXXXVII, Roma 1948, pp. 130-145 nn. 81-86, 163-166 n. 99, 183-190 nn. 114-116; I registri della Cancelleria angioina ricostruiti da Riccardo Filangeri con la collaborazione degli archivisti napoletani, VI, Napoli 1954, p. 285 n. 1521; Codice diplomatico del Comune di Perugia. Periodo consolare e podestarile (1139-1254), a cura di A. Bartoli Langeli, II, Perugia 1985, pp. 417-420 n. 193; M.T. Caciorgna, Le pergamene di Sezze (1181-1347), I, Roma 1989, pp. 75 s. doc. 25, 79-81, doc. 27, 86-88 doc. 31; R. Davidsohn, Forschungen zur Geschichte von Florenz, II, Berlin 1900, pp. 30-32 nn. 194, 204, 205; IV, ibid. 1908, p. 96; A. De Boüard, Le régime politique et les institutions de Rome au Moyen-Âge. 1252-1347, Paris 1920, pp. 34, 178, 222; F. Bartoloni, Per la storia del Senato romano nei secoli XII e XIII, in Bull. dell'Istituto stor. italiano per il Medio Evo e Archivio Muratoriano, LX (1946), pp. 73, 90, 93, 96; P. Brezzi, Roma e l'Impero medioevale (774-1252), Bologna 1947, pp. 421, 423 s., 434, 448, 459; E. Duprè Theseider, Roma dal Comune di Popolo alla signoria pontificia (1252-1377), Bologna 1952, pp. 154-156, 203, 239; R. Davidsohn, Storia di Firenze, II, Firenze 1956, pp. 336 s.; III, ibid. 1957, p. 215; G. Marchetti Longhi, I Boveschi e gli Orsini, Roma 1960, tav. gen. I; R. Brentano, Rome before Avignone. A social history of thirteenth-century Rome, New York [1974], pp. 54 s., 95, 97, 107, 114, 116, 120, 134 s., 204, 286; G. Falco, Studi sulla storia del Lazio nel Medioevo, Roma 1988, pp. 497, 528; C. Carbonetti Vendittelli, La curia dei magistri edificiorum Urbis nei secoli XIII e XIV e la sua documentazione, in Roma nei secoli XIII e XIV. Cinque saggi, a cura di é. Hubert, Roma 1993, p. 41; M. Thumser, Rom und der römische Adel in der späten Stauferzeit, Tübingen 1995, pp. 35, 128 s., 271-275, 278-281, 293, 307, 326, 336, 362; F. Allegrezza, Organizzazione del potere e dinamiche familiari. Gli Orsini dal Duecento agli inizi del Quattrocento, Roma 1998, p. 39; A. Zorzi, I rettori di Firenze. Reclutamento, flussi, scambi (1193-1313), in I podestà dell'Italia comunale, I, Reclutamento e circolazione degli ufficiali forestieri (fine XII sec.-metà XIV sec.), a cura di J.-C. Maire Vigueur, Roma 2000, pp. 520, 522, 553; S. Carocci, Barone e podestà. L'aristocrazia romana e gli uffici comunali nel Due-Trecento, ibid., p. 853.