CORTENOVIS, Angelo Maria
Nacque a Bergamo il 1° marzo 1727 da nobile famiglia, primo di sette fratelli che tutti intrapresero la carriera ecclesiastica e tutti si distinsero nelle lettere o nelle arti.
I quattro più celebri entrarono nella Congregazione regolare dei barnabiti. Si tratta di Pietro Maria (1728-1794), archeologo e storico, Gherardo (1729-1780), docente di filosofia e teologia, poi missionario nelle isole Nicobare dove morì, Marcello (1732-1802), che si occupò con successo di storia naturale e fu quindi missionario in Birmania, Mario (1735-1798), che insegnò retorica, greco, filosofia, matematica e fu famoso architetto. Un quinto fratello, Filippo, si mise in luce anch'egli nell'Ordine dei barnabiti. L'unico ad entrare nel clero secolare fu Girolamo, valente letterato e membro dell'Accademia degli Eccitati di Bergamo.
Il C. entrò giovanissimo nella Congregazione regolare dei barnabiti e prese i voti a Monza il 20 nov. 1744. Passò a Macerata, dove insegnò retorica nel locale collegio barnabitico; a Pisa, dove insegnò umane lettere per un quinquennio, e infine a Milano, dove si trattenne un decennio e dove si segnalò fra i più valenti insegnanti del collegio di S, Alessandro. Durante il periodo milanese riordinò il ricco archivio del collegio di S. Barnaba, eseguendo ampi spogli dei manoscritti riguardanti il proprio e altri Ordini religiosi. Nell'agosto 1764 fu inviato a Udine in qualità di preposto della locale comunità barnabitica.
L'arrivo nella città friulana fu un momento di svolta nella vita dei Cortenovis. Egli vi giunse avendo già alle spalle una vasta erudizione nelle discipline più disparate (geografia, bibliografia, storia antica e medioevale, storia ecclesiastica, fisica, astronomia, archeologia) e una discreta notorietà, anche per aver collaborato con l'abate Quadrio nella stesura della sua opera sulla storia della Valtellina. Ma il clima straordinariamente vivace della città, in cui erano funzionanti ben tre accademie, e la importanza degli antichi resti di cui il Friuli si presentava ricchissimo, orientarono definitivamente il C. verso gli studi storico-archeologici. Il settore da lui prediletto fu l'epigrafia cristiana antica e, più in generale, la storia del tardo Impero e dell'alto Medioevo.
Frequenti furono le sue peregrinazioni nel Friuli e nelle regioni circostanti alla ricerca di antichi monumenti, spesso accompagnato dall'amico e collaboratore Girolamo Asquini. L'attrasse soprattutto la zona di Aquileia, tanto che l'abate Iacopo Pirona, dopo la morte del C., poté mettere insieme un volume manoscritto di sue aggiunte e correzioni alle Antichità d'Aquileja (Venezia 1739) del Bertoli. Nella Accademia di storia ecclesiastica di Udine il C. recitò nel 1777 la dissertazione Sopra un'iscrizione greca d'Aquileja, nella quale il Procopio monaco, di cui si parla in un epitaffio aquileiese viene fatto risalire al sec. VIII e identificato in s. Procopio decapolita. La dissertazione venne pubblicata a Bassano nel 1792 e dedicata al card. S. Borgia, che il C. aveva conosciuto a Roma nel 1785 e a cui inviò copia di numerose iscrizioni friulane e di altre regioni. Nel 1780 pubblicò a Udine Al chiarissimo sig. Spiridione Minotto lettera di N. N. sopra una tessera antica e due coni di monete romane trovati nel Friuli, nella quale identificava l'antico "Iulium Camicum" o "Carnorum Forum Iulium Colonia" nella località di Zuglio.
Lo scritto suscitò un'aspra polemica con quanti ritenevano più probabile l'individuazione dell'antica colonia in Cividale; diverse copie dell'opera furono addirittura distrutte dai suoi avversari. Nonostante questo episodio, il C. fu apprezzato e amato in tutta la regione.
A Udine fu superiore del collegio di S. Lorenzo Giustiniani a tre riprese, per complessivi diciotto anni, fino al 1799; fu membro dell'Accademia di storia ecclesiastica, dell'Accademia letteraria e della Società agraria, che nel 1788 lo elesse a proprio segretario perpetuo. Con l'attività svolta nell'ambito della Società agraria vanno ricollegate numerose dissertazioni, fra cui Della irrigazione del Friuli (Udine 1771), Di alcuni fenomeni di straordinaria fertilità in Friuli (in Nuovo Giornale di Italia [Venezia], 1790, pp. 179 s.), Memoria... sui combustibili e sulle acque del Friuli (ibid., II, [1791], pp. 11-16). Del resto le scienze naturali furono sempre coltivate dal C.: lo provano sia le numerose opere che vi dedicò, sia la collaborazione assidua a periodici come gli Annali di chimica e il Giornale fisico-medico di Pavia, nonché gli Opuscoli scelti sulle scienze e sulle arti di Milano. Anche a Udine continuò a lavorare intorno alla storia del proprio Ordine, mettendo insieme memorie riguardanti Lorenzo Davidico, Marcellino Pampuro, Alessandro Sauli e molti altri barnabiti. In particolare tra il 1789 e il 1794 ricercò attivamente documenti e pubblicazioni sulla vita del fondatore, s. Antonio M. Zaccaria. Il materiale relativo a tutte queste ricerche restò inedito (in parte conservato nell'Archivio generale dei barnabiti a Roma); fu poi variamente utilizzato, specie dal padre Ungarelli per la compilazione della sua Bibliotheca scriptorum clericorum regularium S.ti Pauli. Il C.pubblicò invece varie opere riguardanti confratelli a lui contemporanei, come l'Elogio del padre Giovenale Sacchi, barnabita (pubblicato nel 1790 nel Giornale letterario di Modena e poi dal Gobio, Elogio, pp. 385-391). Si dilettò a comporre versi, sia italiani sia latini, rimasti per la quasi totalità inediti: ma raramente seppe elevarsi al di sopra della poesia d'occasione. In generale, si può affermare che le opere edite sono soltanto una piccola parte di quelle che effettivamente scrisse. La circostanza si spiega con il grande zelo che egli metteva nell'adempimento dei propri uffici religiosi ed educativi; per lo stesso motivo parecchie opere, sebbene in molti casi già iniziate da tempo, furono completate e pubblicate solo dopo il 1790 (quando non uscirono addirittura postume). Alcune di queste, dedicate all'epigrafia o alla storia del cristianesimo, sono tra le sue cose migliori. Ricorderemo la Lettera... sopra l'opuscolo "De oratione dominica" di S. Cipriano, pubblicata nel Giornale ecclesiastico di Roma, IX (1794), pp. 163 s., in cui viene corretta una svista di Francesco Fontani che aveva attribuito l'opuscolo a s. Agostino; la Lettera al Cardinale Stefano Borgia intorno alla famiglia Eusebia, Bassano 1796; Sopra un cippo sepalcrale, su un'epigrafe che un Onesimo riscotitore di dazi dell'Illirico pone a sé e alla moglie (in Memorie per servire alla storia letteraria, [Venezia], 1798, I, pp. 3 ss.); Sopra un bassorilievo di Costanzo e Giuliano (ibid., 1799, 13 pp. 3-15), conservato in una villa presso Aquileia. Le ultime due dissertazioni apparvero nelle Memorie per servire alla storia letteraria e civile, il nuovo periodico edito in Venezia dall'Aglietti, cui il C. collaborò assiduamente negli ultimi anni di vita, e che pubblicò altre due dissertazioni epistolari postume, la Lettera sulle antichità di Sesto, diretta al conte Lazzara, e la Lettera sopra varie sculture antiche del Friuli, all'abate Mauro Boni (1800, II, 1, pp. 107-113). Purtroppo la fama che il C. si acquistò con queste opere fu sminuita dalla convinzione, in lui saldamente radicata, che gli antichi avessero raggiunto risultati avanzati almeno quanto i suoi contemporanei nel campo della scienza e della tecnica. Ne nacquero opere assai deboli, che non possono non indurre a un netto ridimensionamento della figura dell'autore. Nella dissertazione Che la platina americana era un metallo conosciuto dagli antichi, Venezia 1790. il C. identificava l'electrum o auricalchum degli antichi con il platino, sostenendo che questo materiale fu comunemente usato fino al tempo d'Augusto; poi se ne perse traccia e il vocabolo electrum passò a indicare la nota lega di oro e argento. Ma ben oltre andò in alcuni articoli pubblicati nelle Memorie per servire alla storia letteraria e civile fra il 1799 e il 1800, vale a dire Il mausoleo di Porsena (1799, 131, pp. 3-56), Dell'elettricismo conosciuto dagli antichi (1799, I, 1, pp. 32-39; 1, 2, pp. 3-13; 1, 3, pp. 22-30) e Del volo degli uomini conosciuto dagli antichi (1800, I, 33 pp. 39-45) in cui si sforzò di dimostrare che in epoca antica era conosciuto, almeno dai dotti, l'uso del parafulmine, della elettricità e addirittura dei palloni aerostatici.
Il C. morì a Udine il 26 febbr. 1801.
Fonti e Bibl.: L. Lanzi, Elogio del P. D. A. M. C., Udine 1801; Sebastiano [Freschi], Il trionfo della religione innalzato sull'elogio del padre A. M. C., Udine 1801; Lettere inedite d'illustri friulani del sec. XVIII, Udine 1826, pp. 249-260; Lettere ined. d'illustri italiani, Milano 1835, pp. 141-147; E. De Tipaldo, Biogr. d. Italiani illustri, IV, Venezia 1837, pp. 376-379; E. A. Cicogna, A monsignore ... G. Trevisanato arcivescovo di Udine. Narrazione, Venezia 1853, pp. 7 s., 15 s.; G. Valentinelli, Bibliografia del Friuli, Venezia 1861, pp. 79 s., 84, 99, 142, 159, 328, 404; [I. Gobio], Elogio e lettere famigliari del Padre A. M. C., Milano 1864; A. Fiammazzo, Preziose lettere ined., in Pagine friulane, II (1889), pp. 31 s.; Id., Lettere friulane nella Biblioteca di Bergamo, ibid., IX (1896), p. 70; G. Biasutti, La corrisp. epistolare di A. M. C. con lo storico G. G. Liruti intorno alle "Notizie delle cose del Friuli", ibid., XI (1898), pp. 65-70; G. Occioni Bonaffons, Bibliogr. stor. friulana, Udine 1883-1899, I, p. 179; II, pp. 3 s.; III, p. 49; G. Bragato, Friulani d'elezione. Il P. A. M. C., in Pagine friulane, XV (1903), pp. 67-69; C. Cassi, Le fantasie aviatorie di un barnabita, in Gazzetta di Venezia, 7 genn. 1922; O. M. Premoli, Storia dei barnabiti dal 1700 al 1825, Roma 1925, ad Indicem;L. M. Levati-P. M. De Candia, Menologio dei barnabiti, II, Genova 1933, pp. 242-247; G. Boffito, Scrittori barnabiti o della Congregaz. dei chierici regolari di San Paolo (1533-1933), Firenze 1933-1937, I, pp. 517-530; IV, p. 363; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, V, Bergamo 1959, p. 126; G. Mazzatinti, Inv. dei mss. delle Bibl. d'Italia,III, p. 200.