EVERARDI (Eversen, Esseradts, Everardus), Angelo Maria (detto Fiamminghino)
Nacque a Brescia il 5 ag. 1647 da Joan, "maestro di ruote d'archibugio", originario di Sittard in Fiandra, e dalla sua seconda moglie Vittoria (Baroncelli, 1965, p. 16). Studiò pittura a Brescia dapprima presso la bottega di J. de Herdt originario di Anversa; quando, poi, tra il 1662 e il 1663 questi partì per Vienna per raggiungere il fratello, gioielliere di corte, l'E., a detta delle fonti, entrò nella bottega di Francesco Monti, detto il Brescianino delle Battaglie, del quale "portò via tutta la maniera e il colorito" (Orlandi, 1704) e di cui "non lasciò d'imitare finché visse lo stile" (Ticozzi, 1833). Tuttavia questa notizia è senza dubbio errata in quanto il Monti aveva solo un anno più dell'E. e quindi poteva essere suo condiscepolo, ma non maestro. Di certo tutti e due furono a Roma, allievi di Guillaume Courtois, il Borgognone (l'E. per due anni); alla sua scuola l'E. dovette diventare un abile battaglista ma, allo stato attuale delle ricerche, abbiamo solo un'opera certa firmata "Angelus Everardus".
Si tratta di un'incisione contenuta in un libretto devozionale intitolato Il glorioso martirio dei diecimila soldati crocefissi nel monte Ararat dell'Armenia, Brescia 1674; in questa incisione il segno agilissimo e vibrante anche se pesante dà un'impressione fortemente dinamica, le figure si muovono in uno spazio prospettico geometrico e atmosferico ed un cavaliere in primo piano in atto di impartire ordini può aiutarci ad immaginare come l'E. sapesse inventare scene concitate. Forse per la coincidenza del soggetto e per la vicinanza cronologica molti studiosi, a partire dal Brognoli (1826), attribuirono all'E. La crocifissione dei diecimila martiri nel secondo altare a destra della chiesa di S. Giovanni Evangelista di Brescia; ma M. A. Baroncelli (1965) notava nella pala un affollamento di nudi, una piattezza di segno. un impaccio compositivo specialmente nella zona inferiore, una freddezza e monotonia di colore che mal si conciliano con l'incisione sopracitata. Del resto nel 1700 l'Averoldo scriveva: "L'affetto del pittore, assorto nella devozione di venerarne il martirio, levò molto alla perizia della mano nell'ordinarne il disegno. Si vede bensì una grande idea, ed un bon colorito, ma per quello si ricerca alla proporzione delle membra ed alla degradazione da tenninarsi nel punto dell'orizzonte, non gli riuscì esseguire tutte le regole prescritte dalla pittura".
Documentato da un manoscritto del Paglia del 1686, ma oggi scomparso, è un S. Nicola che scaccia gli spiriti maligni da una donna (citato come di Angeletto Fiammenghino) nella cappella di S. Nicola in S. Barnaba di Brescia; risultano inoltre dell'E. da un inventario dell'Accademia Carrara di Bergamo, compilato dal Pinetti nel 1796, una Deposizione di Cristo su rame (n. 52, Fiamengino), e dalla guida di Paolo Brognoli del 1826 un Abate Maffei che suona l'organo, già allora malconservato nel cimitero di S. Giovanni Evangelista, oggi scomparso (è lo stesso Carolo Maffeis a cui è dedicata l'incisione dei Diecimila martiri).
In una mostra a Brescia del 1878 furono esposte coi nn. 156 e 172 due tele con Battaglie dei nobili Antonio Brunelli e Augusto Mignani attribuite all'E., per cui egli fu considerato intermediario tra l'arte bresciana e quella fiamminga. Indirettamente risulta che fu autore assai apprezzato di soggetti capricciosi alla Bosch e che, come bambocciante, fu maestro di Faustino Bocchi, il primo pittore che diffuse nel Norditalia il gusto per le figure deformate, per i nani e per gli animali ingigantiti.
L'E. morì a Brescia nel 1678.
Fonti e Bibl.: Brescia, Bibl. Queriniana, Ms. Di Rosa, n. 88 (1686), F. Paglia, Ilgiardino della pittura, f. 194; G. A. Averoldo, Le scelte pitture di Brescia additate al forestiero, Brescia 1700, p. 65; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Bologna 1704, p. 76; N. Mangeri, Notizie di pittori e di pitture bresciane [sec. XVIII], a cura di C. Boselli, in Commentari dell'Ateneo di Brescia, Supplemento, 1959, p. 113; L. Lanzi, Storia pittorica della Italia [1808], a cura di M. Capucci, II, Firenze 1970, p. 158; P. Brognoli, Guida di Brescia, Brescia 1826, pp. 157, 285; S. Ticozzi, Dizionario dei pittori, scultori, II, Milano 1833, p. 30; F. Sala, Pitture ed altri oggetti di belle arti di Brescia, Brescia 1834, pp. 92, 109; F. De Boni, Biografie di artisti, Venezia 1840, p. 86; F. Odorici, Guida di Brescia rapporto alle arti, e ai monumenti antichi, Brescia 1853, p. 142; F. Da Ponte, Esposizione della pittura bresciana (catal.), Brescia 1878, pp. 47, 49; S. Fenaroli, Dizionario degli artisti bresciani, Brescia 1887, p. 118; G. Nicodemi, Guida di Brescia, Brescia 1926, p. 33; P. Guerrini, La basilica di S. Giovanni, Brescia 1930, pp. 12 s.; E. Calabi, Pittura a Brescia nel Sei e Settecento (catal.), Brescia 1935, p. 39; Catalogo delle cose d'arte e di antichità d'Italia, A. Morassi, Brescia, Roma 1939, pp. 294 s.; B. Passamani, La pittura dei secc. XVII e XVIII, in Storia di Brescia, III, Brescia 1964, pp. 619 s.; M. A. Baroncelli, Jean de Herdt e le origini del Fiammenghino, in Saggi e memorie, IV (1965), pp. 9, 15-20; Id., F. Bocchi e Albricci pittori di bambocciate, Brescia 1965, pp. 25-30 e passim; G. Panazza, La Pinacoteca e i musei di Brescia, Bergamo 1968, p. 154; L. Vannini, Brescia nella storia e nell'arte, Brescia 1971, p. 169; G. Vezzoli, S. Giovanni in Brescia, Brescia 1975, pp. 74 s.; V. Guazzoni, in La pittura in Italia. Il Seicento, II, Milano 1988, p. 732 (con bibl.); U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 106; A. Fappani, Enc. bresciana, III, Brescia 1978, p. 335; R. Lonati, Diz. dei pittori bresciani, Brescia 1980, p. 222.