GOTTARELLI, Angelo Michele
Nacque a Castel Bolognese, presso Ravenna, nel 1740. La data di nascita si deduce dalla fede di morte depositata nella chiesa imolese di S. Carlo il 15 ott. 1813 in cui il G. risultava avere 73 anni.
Le fonti locali ricordano come il G. avesse trascorso un breve periodo in seminario e come, dopo aver completato gli studi di filosofia e abbandonato l'abito talare, avesse intrapreso il mestiere di pittore entrando a Imola nella bottega di Andrea Valeriani.
Quest'ultimo, pittore dilettante dotato di una collezione di disegni, stampe e copie da dipinti di grandi maestri, svolse nell'ambiente provinciale la funzione di avviare all'arte i futuri interpreti della produzione artistica imolese, quali Giovanni Morini, Giuseppe Righini e Girolamo Contoli che, come il G., si trasferirono poi a Bologna per proseguire gli studi presso l'Accademia Clementina. Dell'inconsueto metodo di studio applicato da Valeriani, che si faceva lasciare "alla finestra" dagli allievi i disegni di studio, facendoli poi ritrovare corretti il giorno dopo, racconta con ironia Pietro Antonio Meloni nelle sue Memorie (1834), facendone menzione nella breve biografia di Giovanni Dal Fiume, allievo di Valeriani come il G., che era stato a sua volta maestro dello stesso Meloni (p. 32).
A questo primo periodo di apprendistato fece seguito per il G., fra il 1763 e il 1765, la frequentazione presso l'Accademia di belle arti di Bologna delle classi di disegno e pittura sotto la guida di Vittorio Maria Bigari.
La breve permanenza nel centro emiliano fu segnata da attestati ufficiali, fra cui il premio Fiori, destinato a dodici studenti che si fossero distinti per assiduità, e alcuni riconoscimenti d'avanzamento negli studi: nel 1764 ottenne il premio di seconda classe del concorso Aldrovandi con il disegno, ancora immaturo ma di sentimento classicheggiante, Gionata saetta Davide (Bologna, Accademia di belle arti). L'anno successivo presentò ancora al concorso Marsili, aggiudicandosi il premio di prima classe, la tela d'argomento storico-biblico Sansone accecato dai Filistei, anch'essa conservata nelle collezioni dell'Accademia.
La riforma del gusto in senso classico, auspicata nell'insegnamento accademico da Gian Pietro Zanotti negli Avvertimenti per lo incamminamento di un giovane alla pittura (Bologna 1756), avrebbe improntato a tratti la successiva produzione del G., una volta tornato a Imola. Ricordi bolognesi permangono per esempio nelle tele realizzate a distanza di qualche anno per l'oratorio di S. Rocco: nell'Adorazione dei magi, firmata e datata 1766, dove il G. si mostra vicino a Bigari, e nella Fuga in Egitto del 1771, in cui è dato di trovare eco dell'incontro con Ubaldo Gandolfi, che nel 1761 era direttore di figura dell'Accademia Clementina e che proprio nel 1771 aveva dipinto una tela - l'Ascensione di Maria (Imola, Museo diocesano) - per quello stesso oratorio.
Il ritorno del G. a Imola segnò la locale scuola di pittura perché portava da Bologna soprattutto l'esperienza della novità del metodo d'insegnamento accademico. Interessante a questo proposito fu la trasposizione in provincia di uno strumento didattico quale la scuola del nudo, che il G. aprì a Imola all'indomani del suo rientro da Bologna, dividendo il suo tempo fra l'attività didattica e la produzione di dipinti chiesastici per la committenza di Imola e dintorni.
Un'eco della riforma dell'insegnamento accademico, di cui si faceva interprete la scuola del nudo del G. si trova nel rilievo datole dalle fonti locali. Fra queste soprattutto il resoconto fornito da Meloni nella vita del maestro inserita nelle Memorie.
Il bagaglio dell'esperienza bolognese, e in particolare la rilevanza data dal G. allo studio del nudo confluì nell'esperienza didattica per un'utenza di dilettanti locali e futuri pittori professionisti, assolvendo alla variegata richiesta artistica e culturale del ceto borghese e aristocratico del centro imolese, nonostante difficoltà organizzative ed economiche cui in parte venne incontro il conte Roberto Sassatelli, fornendo un locale adatto alla scuola. Presso la scuola del nudo si riunì un gruppo assai vario di frequentatori, fra cui monsignor Francesco Gallerati divenuto professore di teologia a Padova, l'avvocato Battista Scarabelli, Giuseppe Dal Monte, oltre al nominato Meloni e al copista Matteo Beltramini, che ebbe una certa risonanza locale per le sue copie da dipinti antichi. Della qualità didattica espressa nella scuola del nudo, in cui il maestro "ad ogni dubbio di professione, o schiarimento concernente alla Storia sacra, o profana rispondeva, istruiva, e persuadeva con tale chiarezza che non lasciava luogo alcuno a dubitarne", riferiva appunto Meloni (p. 56), che metteva in luce anche le difficoltà organizzative dello studio, ricordando come per lo svolgimento delle attività didattiche il G. cercasse di procurarsi copie dai maestri bolognesi su cui far esercitare i suoi allievi.
Accanto alle opere destinate al territorio imolese (Montecatone, Castel Bolognese e Medicina), gran parte della produzione del G. fu occupata a esaudire i desiderata della committenza chiesastica di Imola. Le fonti locali segnalano con larghezza di citazioni numerose tele del G. oggi andate disperse dopo le soppressioni napoleoniche (A. G., p. 14).
Fra le opere di Imola si possono menzionare le tele raffiguranti S. Marino diacono e S. Biagio (1774-79), che ab antiquo dovevano ornare l'altare della Confraternita di S. Sebastiano, soppressa sotto il governo francese (oggi nell'oratorio di S. Macario), e che sul retro recano l'indicazione del committente, Pietro Petrochi, il nome dell'artista e la data di esecuzione (1774); la tela del Martirio dei ss. Crispino e Crispiniano oggi nella chiesa del Carmine, ma eseguita nell'ultimo ventennio del Settecento per S. Giuseppe dei Gerolamini, in cui è ravvisabile un ricordo di Gandolfi; nonché l'Esaltazione della Croce del duomo, realizzata probabilmente intorno al 1782.
La sua tenuta di stile, non sempre costante nella cospicua produzione chiesastica, si rende invece interessante in alcune opere degli anni Ottanta commissionate tutte da Luigi Quartoli. Per lui, mentre era priore del convento del Carmine a Medicina, il G. realizzava tra il 1785 e il 1788 due episodi relativi a Elia (Elia vede la nuvola bianca, Elia dormiente); più tardi il G. fu chiamato al Carmine per lavorare nell'antico refettorio alle storie del profeta dipinte ad affresco nel corso dell'ultimo decennio in collaborazione con Alessandro Dalla Nave, autore dello sfondo paesaggistico.
Se si eccettua la produzione da cavalletto, fra cui il Ritratto di Francesco Alberghetti, medico, nominato nel 1796 rappresentante nell'Assemblea nazionale della Repubblica Cisalpina, e la Camilla de' Norbani (entrambi a Imola, Pinacoteca comunale), l'estesa attività del G. per chiese e conventi negli anni Ottanta e Novanta del secolo fu frammezzata dalla partecipazione alla grande decorazione di edifici pubblici e privati della città, che vide al lavoro una équipe locale di pittori composta dall'ornatista Antonio Villa, il quadraturista e paesaggista Alessandro Dalla Nave, il G., in veste di macchiettista, e alcuni suoi allievi (tempere del palazzo Alessandretti in collaborazione con Meloni e Villa, in particolare la Vittoria tra angeli del penultimo decennio del secolo). L'équipe ottenne anche la commissione per l'arco trionfale in onore di Pio VI "tutto colorito, e dipinto" da Dalla Nave e Villa, mentre "le statue e bassorilievi di figure e finto marmo furono lavoro di Angelo Gottarelli" (Meloni, p. 85).
Al 1792 risale l'incarico di affrescare la facciata (perduta) e la decorazione dei soffitti di cinque sale del piano nobile di palazzo Codronchi con figure mitologiche o allegoriche che, isolate, si librano in un cielo azzurro e all'interno delle quadrature di Villa. Un anno dopo, nel 1793, il G. fu coinvolto, ancora con Dalla Nave e Villa, nella decorazione del soffitto dell'anticamera delle udienze podestarili del palazzo comunale, dove fu raffigurata l'Allegoria della Religione e dell'Impero (Alberti, p. 10).
La riuscita collaborazione con Dalla Nave trovò un ulteriore banco di prova nella decorazione eseguita forse a partire dal 1792 per la farmacia dell'ospedale di S. Maria della Scaletta in occasione dei lavori di ammodernamento voluti dal futuro Pio VII, il cardinale Barnaba Chiaramonti, e conclusi nei primi di marzo del 1794 con un'inaugurazione di ampia risonanza locale.
Il tema del "Sacro tempio della salute" ideato dall'arcade imolese Emone Laodiceo (il medico Luigi Angeli), prevedeva ritratti dei fondatori della scienza medica e farmaceutica e di botanici frammisti a ornati con coralli, conchiglie e piante terapeutiche. Il tutto inquadrato dalla partitura decorativa dovuta a Dalla Nave, venne lodato da un inno descrittivo e da prose dell'abate Giuseppe Pasetti, Giulio Piani e Girolamo Papotti (Nell'aprirsi sui primi di marzo MDCCXCIV la grande spezieria dell'ospitale d'Imola superbamente ornata e dipinta, Imola 1794).
Il G. morì a Imola il 13 ott. 1813, qualche anno dopo aver licenziato per la chiesa di S. Caterina d'Alessandria la pala omonima, firmata e datata 1810 sul retro, ove si legge anche una lunga iscrizione "a memoria della cosa".
Il figlio Giuseppe, nato nel 1778, fu professore di disegno e ornato nel ginnasio di Imola e ricordato nella letteratura locale in particolare come miniaturista e copista di quadri antichi. Le fonti (Meloni, pp. 75 s.) citano una copia della Cleopatra di G. Cignaroli e una tratta da Guido Reni richiestagli dal cardinal Antonio Rusconi.
Fonti e Bibl.: Imola, Biblioteca comunale, ms. B 167: G. Villa, Cenni biografici sopra alcuni artefici imolesi (secc. XVI-XVIII), c. 43; P.A. Meloni, Memorie delli pittori, scultori ed architetti della città e diocesi d'Imola (1834), a cura dell'Associazione per Imola storico-artistica, Imola 1992, ad indicem; S. Zamboni, in L'arte del Settecento emiliano. La pittura. L'Accademia Clementina (catal.), a cura di A. Emiliani et al., Bologna 1979, p. 233; R. Fiorentini, Il Carmine di Imola in Borgo S. Giacomo, Imola 1981, p. 343; M.G. Alberti, Un singolare capitolo della cultura imolese nel secondo Settecento: la decorazione pittorica, in Il Carrobbio, VIII (1982), pp. 6, 9-13, 15; L. Samoggia, in La chiesa del Carmine di Medicina. Committenza, iconologia, artisti e maestranze nei secoli XVII-XVIII, Bologna 1983, pp. 184-187; D. Biagi Maino, La decorazione dell'oratorio di S. Rocco, in Il museo come programma. Restauri del patrimonio artistico della città e della diocesi di Imola (catal., Imola), a cura di G. Agostini - C. Pedrini, Bologna 1985, p. 110; A. Stanziani, in La Pinacoteca di Imola, a cura di C. Pedrini, Bologna s.d. (ma 1988), pp. 242 s.; C. Pedrini, La decorazione pittorica della farmacia dell'ospedale e l'ambiente artistico imolese, in C. Ravanelli Guidotti et al., Il corredo della farmacia dell'ospedale di Imola, Imola 1990, pp. 21-33; N. Roio, in Storia della pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1991, p. 740; A. G. (1740-1813): un protagonista della pittura imolese, a cura di V. Donati - R. Casadio, Imola 1995.