MORELLI, Angelo
MORELLI, Angelo. – Nacque a Brandeglio, nei pressi di Bagni di Lucca, il 20 agosto 1608, da Domenico di Lorenzo.
Avviato agli studi dal parroco del suo paese, nel novembre 1624 fu accolto nella casa dei padri delle Scuole pie di Fanano, dove fece la professione di fede (1626) assumendo il nome di Angelo di S. Domenico.
Chiamato subito a Roma presso il Collegio interprovinciale di S. Pantaleo, vi compì gli studi di retorica con il latinista portoghese Andrea Baiano; l’anno dopo fu destinato alla comunità di Napoli fuori porta Reale, dove insegnava grammatica ai principianti. Richiamato a Roma nel 1630, fu tra i dieci chierici uditori alle lezioni di Tommaso Campanella, allora ospite della congregazione a Frascati. Nell’autunno 1632 Giuseppe Calasanzio lo inviò a Firenze presso la casa di S. Maria dei Ricci, tra i confratelli che Famiano Michelini reclamava per ampliare l’organico delle scuole, recentemente istituite. Benché ne manchino attestazioni esplicite, è ragionevole supporre che anche Morelli fosse membro del nucleo dei cosiddetti «scolopi galileiani» i quali, sulla scorta di Michelini, frequentarono abitualmente Galileo in arresto ad Arcetri, divenendone discepoli. Ben documentata è invece l’attività di sacrestano che Morelli svolse nella chiesa della Madonna de’ Ricci assegnata alla congregazione, dove era addetto all’ufficio delle funzioni e alla manutenzione della fabbrica. In questa veste, fu lui ad avviare la redazione di una raccolta di Ricordi relativi alla chiesa (Firenze, Archivio provinciale dei padri scolopi di Toscana, Reg. Dom. 465), composta sulla base delle memorie pregresse e dal quel momento da lui continuamente aggiornata.
Nell’agosto 1635 venne destinato da Calasanzio alla recente fondazione di Messina. Una seria malattia lo costrinse però cinque mesi a Napoli, dove era di passaggio. Per ragioni ignote (forse il suo atteggiamento di insubordinazione verso i superiori), il soggiorno messinese fu assai breve (terminato già nell’agosto 1636) e tuttavia importante, perché ad allora risale l’amicizia con Giovanni Alfonso Borelli.
All’inizio dell’anno scolastico 1636, Morelli era di nuovo a Firenze, sacrestano alla Madonna dei Ricci.
A questi anni risalgono la realizzazione del portico sulla facciata della chiesa e l’erezione del coro ligneo in comunicazione con il convento (finanziato da amici e benefattori, molti dei quali lucchesi), avvenuti entrambi sotto la sua direzione.
Evitato un trasferimento grazie a una potente e anonima protezione, nel novembre 1637 fu testimone delle baruffe tra padre Mario Sozzi e i confratelli della casa di Firenze seguite alla denuncia di Faustina Mainardi da parte di Sozzi. Malgrado il suo ruolo marginale nell’aggressione del confratello, nel febbraio 1641 anch’egli fu denunciato da Sozzi, per maltrattamenti, al tribunale inquisitoriale toscano e costretto pertanto a comparire davanti alla Congregazione romana del S. Uffizio. A questo scopo, fu detenuto a S. Pantaleo dai primi di marzo fino all’estate successiva, anche se in maggio il processo si era concluso a favore suo e degli altri confratelli. Libero, rimase comunque a Roma a disposizione di Calasanzio, nei mesi in cui la Congregazione del S. Uffizio esaminava (nel suo caso senza conseguenze) il memoriale di Sozzi, che lo denunciava per «errore filosofico», ossia per essere seguace di Galileo, insieme a Michelini, Ambrogio Ambrogi e Carlo Conti (più complicata la posizione di Clemente Settimi, accusato di errore teologico ma in conclusione anch’egli assolto).
Nell’estate 1642, facendo conto sui suoi rudimenti di architettura, Calasanzio lo inviò in Abruzzo per valutare la possibilità di nuovi insediamenti a Pescina e Chieti, da finanziare con cospicui lasciti privati.
Di Morelli sono i rilievi del sito, il progetto e la direzione lavori della casa e della chiesa di Pescina (completati però solo dopo la sua morte); più controversa fu invece la realizzazione della casa e della chiesa di Chieti, a causa di divergenze con il fondatore in materia di estetica architettonica. Nel settembre 1642, infatti, la sua proposta di una chiesa a pianta ovale sul modello di quella romana di S. Giacomo degli incurabili venne censurata da Calasanzio a favore di un progetto ad aula con tre cappelle per lato (come a Moricone o a Frascati), più in linea con un’estetica pauperistica dichiaratamente antigesuitica. La costruzione della chiesa, consacrata a S. Anna, seguì le vicissitudini finanziarie della comunità e venne completata solo nel 1669.
Ebbe inizio dal 1642 lo spostamento continuo di Morelli tra Chieti e Roma, lì per seguire i cantieri, qui per le complesse vicende giudiziarie legate all’esecuzione dei lasciti testamentari. Era a Chieti in occasione della promulgazione del decreto innocenziano di riduzione dell’ordine, si trovava invece a S. Pantaleo alla morte di Calasanzio, nel 1648, e fu tra coloro che si adoperarono subito per la sua beatificazione. Durante l’agonia di Innocenzo XI, nel 1655, fu tra i sostenitori del ristabilimento della Congregazione. Tra i pochi sopravvissuti all’epidemia di peste che falcidiò la casa di Chieti, nella primavera del 1656 era insegnante presso il collegio Nazareno oltre che economo e procuratore particolare della casa di S. Pantaleo. Al soggiorno romano data l’episodio più rilevante dell’attività intellettuale di Morelli: la collaborazione con Borelli nell’edizione delle Coniche di Apollonio. Nell’estate del 1658 Borelli aveva intrapreso la traduzione di una versione araba delle Sezioni coniche in sette libri, completa cioè di tre dei quattro libri perduti nella versione greca di Eutocio Ascalonita, l’unica fino ad allora attestata (il manoscritto, redatto da Abul-Fath al Iṣfahānī [VI sec. d.C.], era già appartenuto alla Stamperia orientale Medicea). Entro la fine di settembre del 1658 la traduzione, condotta da Borelli a Roma insieme all’arabista Abramo Ecchellense, era completa quanto ai libri VVII, quelli del tutto inediti. Dovendo però tornare a Pisa per l’inizio dell’anno accademico (era allora lettore di matematica), Borelli dispose che la traduzione dei primi quattro libri venisse eseguita dall’Ecchellense con la consulenza matematica dell’amico Morelli.
L’andamento del lavoro è raccontato da 21 lettere di Borelli a Morelli, stese tra l’ottobre 1658 e il luglio 1659. Donate dalla Provincia toscana dell’ordine alla Biblioteca nazionale di Firenze, si trovano oggi tra i manoscritti galileiani (Giovannozzi, 1916; Guerrini, 1998). La collaborazione era stata organizzata in modo che traduttore e revisore lavorassero insieme in una stanza di palazzo Madama (dispensato Morelli dai suoi obblighi istituzionali su richiesta del principe), avvalendosi del guardarobiere del granduca come corriere con Pisa. Entro la fine di ottobre un abbozzo della traduzione Morelli-Ecchellense del primo libro era completa e a dicembre il lavoro già ultimato. Assai più lenta e laboriosa, invece, fu la revisione di Borelli, il quale lamentava l’indisciplina dei due nell’applicare la tavola concordata delle definizioni, l’ostinazione di Ecchellense nel tradurre letteralmente un testo già evidentemente molto rimaneggiato, la disattenzione di Morelli nel guidare il traduttore all’interpretazione del testo. È probabile che il compito eccedesse effettivamente le competenze di Morelli, ignaro allora delle precedenti versioni latine delle Coniche e impossibilitato a procurarsene a causa della sua povertà monastica. Illuminante, anzi, la biografia di Morelli sulla strutturale difficoltà di accesso ai libri da parte dei religiosi appartenenti all’ordine calasanziano e sulla ristrettezza della loro biblioteca matematica, perfino a Roma. Consapevole, forse, della situazione, Borelli individuò in Michelangelo Ricci – «Gentilhuomo ammirabile, e della nostra scuola» galileiana (Giovannozzi 1916) – la persona adatta per sopperire all’occorrenza alle carenze di Morelli in fatto di libri e di conoscenze matematiche. Nel gennaio 1659, infatti, Morelli ricorse a Ricci per il riesame del primo libro già revisionato da Borelli e, dietro suggerimento di quest’ultimo, lo coinvolse nell’expertise di un manoscritto greco conservato presso la Biblioteca Vaticana che il bibliotecario Leone Allacci ed Ecchellense ipotizzavano essere la traduzione del codice mediceo. La supervisione di Ricci e i veementi rimproveri sulla conduzione del lavoro, che stizzirono molto Borrelli, non compromisero però in alcun modo la lunga amicizia né la reciproca fiducia. Dall’inverno 1659, languendo il lavoro di revisione per le molte occupazioni di Borelli, le relazioni tra i due si spostarono su un piano più personale e Morelli divenne la persona di fiducia di Borelli a Roma, nel gestire i suoi rapporti con librai e faccendieri, perfino riguardo alla corrispondenza riservata con Messina. Dalle lettere, Morelli appare particolarmente bene introdotto nell’ambiente romano dei matematici pratici: il famoso costruttore di lenti Eustachio Divini (con cui compì forse osservazioni sulle fasi di Venere nel gennaio 1659), un cappellaio dilettante di geometria, costruttore di strumenti scientifici. Esse, inoltre, confermano la proverbiale riservatezza di carattere che molte testimonianze attribuiscono a Morelli. La corrispondenza si interruppe nel luglio 1659, probabilmente in coincidenza con la sua partenza da Roma e con il suo disimpegno dal lavoro di traduzione.
La versione Morelli-Ecchellense dei primi quattro libri delle Coniche non vide mai la luce (una copia di mano di Morelli è conservata nel ms. Palatino 1118 della Biblioteca nazionale di Firenze). A causa dei problemi ecdotici sollevati dalla corruzione e interpolazione del testimone arabo, nel novembre 1659 si decise di pubblicare non la versione completa arabo-latina dell’opera ma la sola versione latina dei tre ultimi libri inediti, che uscì a Firenze nel gennaio 1661 a spese dei Medici.
Nel maggio 1660, intanto, Morelli era stato nominato rettore dello studentato interprovinciale di Chieti, vecchio progetto di Calasanzio finalmente realizzato dal neogenerale Camillo Scassellati. Morelli fu rettore dal 1659 al 1665 (anno in cui fu eletto assistente generale), e dal 1668 al 1685.
Grazie alla sua oculata opera, nell’amministrazione del cospicuo patrimonio e nella modulazione della ratio studiorum (un corso inferiore e medio articolato in 3-4 classi, più i lettorati di scienze maggiori, come filosofia e a tratti teologia, ed eccezionalmente il greco dal 1682, per iniziativa di Morelli che lo insegnò), lo studentato di Chieti, il primo istituito nella Provincia napoletana, crebbe come centro di eccellenza dell’ordine.
Gli interessi matematici di Morelli in questi anni sono finora poco documentati. Nel 1664 compiva osservazioni sulla cometa comparsa nel dicembre di quell’anno con l’aiuto di un globo celeste e ne chiedeva riscontro a Borelli. Agli anni abruzzesi (comunque dopo il 1656) risale anche la consulenza offerta nell’opera di consolidamento della roccaforte di Pescara sul mare Adriatico e di ripristino del corso del tratto di fiume Aterno che la circondava. Questi interventi in materia di idraulica e di architettura gli valsero, sembra, la nomina di ingegnere e architetto del Regno di Napoli.
Morì a Chieti il 17 gennaio 1685, decano dell’ordine. Del suo armamentario di strumenti scientifici (tra cui un barometro fabbricato da Borelli) non è rimasta traccia.
A Chieti aveva completato la sua formazione anche il padre Giovanni Carlo Pirroni, generale dal 1671 al 1685 e rifondatore della Congregazione. Allievo diretto di Morelli, Pirroni fu colui che invitò Borelli, vecchio e povero, a risiedere a S. Pantaleo, garantendo così all’ordine una scuola matematica di prim’ordine per i secoli a venire. La storiografia agiografica che vorrebbe accreditare le scuole pie come «ordine galileiano ab imis» (Bucciantini, 1989, p. 387) in base alla continuità del magistero Michelini-Morelli-Pirroni nel solco di Galileo e Borelli, è oggi in una fase di riesame. La qualità e la permeabilità del Collegio teatino alla scienza moderna restano tuttavia indiscussi: i saggi accademici di fine anno hanno evidenziato sul lungo periodo una linea culturale in continuità con la formazione galileiana di Morelli.
Fonti e Bibl.: La maggior parte delle lettere di Morelli conosciute è edita. Il carteggio con Calasanzio è in: Epistolario di S. Giuseppe Calasanzio, a cura di L. Picanyol, Roma 1952- 1955, 9 voll., ad ind.; P.G. Santha, Epistulae ad S. Josephum Calasanctium ex Hispania et Italia. 1616-1648, 3 voll., Roma 1972, ad ind.; P.G. Santha - P.C. Vila Pala, Epistolarium coetaneorum S. Josephi Calasanctii 1600-1648, 7 voll., Roma 1977-1982, ad indicem. Per la corrispondenza con Borelli: G. Giovannozzi, Lettere inedite di Gio. Alfonso Borelli al p. Angelo di S. Domenico sulla versione di Apollonio, Firenze 1916; E. Knowles Middleton, Some unpublished correspondance of Giovanni Alfonso Borelli, in Annali dell’Istituto e Museo di Storia della scienza, IX (1984), pp. 103 s. Il carteggio con il generale Pirroni, solo parzialmente edito da o. Tosti, si trova invece nell’Archivio generale delle Scuole pie a Roma, nei manoscritti Reg. Gen. 132-133, passim. Resta tuttora irreperita una lettera di Morelli a Leopoldo de’ Medici dell’ottobre 1658. Promettenti indicazioni di ricerca si trovano inoltre nel fondo notarile dell’Archivio di Stato di Chieti e nell’ufficio brevetti dell’Archivio di Stato di Napoli. Sulla sua figura in particolare, si vedano soprattutto: M. Perez, Corona Calasancia, I, Madrid 1865, p. 128; E. Llanas, Escolapios insignes, II, Madrid 1899, p. 378; M. Cioni, I documenti galileiani del S. Uffizio di Firenze, Firenze 1908, pp. 47-52, 55-60, 62 s.; G. Giovannozzi, La versione borelliana di Apollonio, in Memorie della Pontificia Accademia Romana dei Nuovi Lincei, s. 2, II (1916), pp. 1-31; Id., Scolopi galileiani, Firenze 1917, passim; L. Picanyol, Scuole pie e Galileo Galilei, in Rassegna di storia e bibliografia scolopica, XI-XII (1942), pp. 100-106 e passim; Diccionario Enciclopedico Escolapio, II, Salamanca 1983, ad vocem; V. Berro, Annotazioni, a cura di o. Tosti, in Archivum scholarum piarum, 1987, nn. 21-22; 1988, 23-24; M. Bucciantini, Eredità galileiana e politica culturale medicea, in Studi storici, XXX (1989), pp. 379-399; o. Tosti, P. Angelo Morelli, ibid., XL (1996), pp. 24-93 (con ampia bibliografia e rassegna delle fonti); L. Guerrini, Matematica ed erudizione. Giovanni Alfonso Borelli e l’edizione fiorentina dei libri V, VI e VII delle Coniche di Apollonio di Perga, in Nuncius, XIV (1999), 2, pp. 509 s.; L’architettura delle Scuole pie nei disegni dell’Archivio della Casa Generalizia, Roma 1999, a cura di N. De Mari - M.R. Nobile - S. Pascucci, ad ind.; A. Tanturri, Gli scolopi nel Mezzogiorno d’Italia in età moderna, in Archivum Scholarum Piarum, XXV (2001), numero monografico, pp. 90-92, 168-188; Id., Episcopato, clero e società a Chieti in età moderna, Villamagna 2004, pp. 146 s.; K. Liebreich, Intrighi e scandali in Vaticano. L’ordine cattolico decaduto (2004), Roma 2005, ad ind.; H. Bellosta - B. Heyberger, Abraham Ecchellensis et les Coniques d’Apollonius: les enjeux d’une tradition, in Orientalisme, science et controverse: Abraham Ecchellensis (1605-1664), a cura di B. Heyberger, Turnhout 2010, pp. 31, 98 s.