MORICONI, Angelo
MORICONI, Angelo. – Nacque il 12 maggio 1932 a Fossato di Vico (Perugia) da Antonio, ferroviere, e da Rosa Gammaitoni, primo di tre figli (seguirono Luciano e Clara).
Dimostrò presto le sue attitudini artistiche: durante il triennio alla scuola di avviamento di Foligno, dove la famiglia si era trasferita dal 1945, venne definito «il poeta » dalla sua insegnante di italiano. Al termine di questo primo ciclo di studi il suo desiderio di iniziare a studiare pittura non fu preso in seria considerazione dai suoi genitori che, anteponendo il senso pratico, lo indirizzarono all’istituto tecnico industriale; dopo due anni però, il suo totale disinteresse verso questo tipo di studi e la sua ferma volontà di dedicarsi all’arte convinsero la madre a lasciargli seguire la sua passione e nel 1948 poté iscriversi all’istituto d’arte di Perugia, prendere in affitto a Foligno un piccolo locale per adibirlo ad atelier e iniziare a seguire lezioni di disegno e pittura presso uno stimato pittore locale, Ugo Scaramucci.
Allievo dotato e stimato dai suoi insegnanti, nel 1952, appena diplomato, fu introdotto da Ezio Lupattelli, suo professore di disegno ornamentale e figura, a Roma presso Giulio Turcato che lo apprezzò e gli permise, in quello stesso anno, di risiedere in uno dei suoi atelier a via Margutta. Da allora Moriconi fece della pittura la sua attività principale, anche se la vita a Roma, seppur stimolante dal punto di vista culturale, era molto difficile tanto che, periodicamente, fu costretto a ricorrere all’ospitalità di Turcato. Fino al 1954, anno in cui conobbe e divenne amico di Carl Timner, pittore tedesco che più tardi sposò sua sorella Clara, soggiornò spesso nella capitale frequentando l’entourage artistico di Turcato, Corrado Cagli, Carlo Levi, Renato Guttuso e Toti Scialoja; per mantenersi, insieme a Timner lavorò periodicamente come decoratore di scenografie a Cinecittà (le vicende umane e artistiche di Moriconi sono state ricostruite grazie all’impegno della sorella presso la quale sono conservati tutti i documenti relativi al pittore; cfr. A.M. nella pittura romana..., 2007).
Se dal punto di vista artistico Cagli fu per l’artista il primo punto di riferimento, gradualmente Moriconi se ne distaccò per orientarsi, come fecero anche alcuni suoi giovani colleghi (quali per esempio Gastone Novelli), verso una pittura di «finissimi segni e di delicate zone cromatiche, che rivelava una indiscutibile originalità» (Ponente, in A.M. nella pittura romana..., 2007, p. 141).
Nel gennaio 1954, con due oli su tela dal titolo Composizione, partecipò a Foligno alla Mostra di pittura, scultura e bianco nero, curata da Cagli ed Enrico Prampolini (quasi tutte le opere di Moriconi si trovano in collezioni private). In quello stesso anno vinse una borsa di studio alla Positano Art School (scuola americana d’arte fondata da Edna Lewis e diretta da Eugene Charlton che annoverava tra gli insegnanti artisti quali Ibrahim Kodra, Randall Morgan o Peter Thompson e costituiva polo d’attrazione soprattutto per gli artisti anglosassoni e americani dell’epoca). Nel settembre fu ospite dell’Art Workshop, durante l’esposizione annuale della scuola, dove iniziò a insegnare disegno e mosaico. Fino al 1955 risiedette tra Positano e Roma.
Nella capitale si stabilì in un villino fatiscente in via G. Mantellini, presso la via Appia, proprietà di Alberto Sartoris dove abitava anche Mario Molli. Il milieu culturale romano, nel quale Moriconi prese parte attiva, oltre che da Cagli, protagonista e promotore di eventi, era animato dal vivace ambiente artistico di piazza del Popolo, luogo di incontro di maestri dell’arte contemporanea quali Afro, Paolo Buggiani, Pietro Cascella, Piero Dorazio, Achille Perilli, Molli, Sartoris.
Nel febbraio 1955, subito dopo aver preso parte alla collettiva allestita alla Hacker Gallery di New York, venne inaugurata la prima personale di Moriconi alla galleria Schneider, situata nel cuore di Roma (al n. 10 della rampa Mignanelli presso piazza di Spagna) e specializzata in arte astratta e informale (l’artista collaborò assiduamente con la galleria Schneider fino al 1965). Sempre in quell’anno partecipò alla mostra I sette pittori sul Tevere e fu poi presente alla rassegna ideata da Cagli e Emilio Villa dal titolo Primo Salone d’estate, alla quale parteciparono i maggiori artisti dell’arte contemporanea quali, oltre allo stesso Cagli, Carla Accardi, Alberto Burri, Giuseppe Capogrossi, Ettore Colla, Dorazio, Bice Lazzari, Mirko, Nuvolo, Achille Perilli, Prampolini, Mimmo Rotella, Turcato, Giuseppe Uncini. Nel settembre espose nuovamente alla Positano Art School e, tra novembre e l’aprile dell’anno successivo, fu presente alla VII Quadriennale nazionale d’arte. Fino al 1957, durante le estati, tornò a insegnare a Positano e la suggestione del paesaggio costiero emerse in alcuni suoi piccoli dipinti: anche quando le tele sono senza titolo, composizioni serrate di archi, o rette perpendicolari sovrapposte a semicerchi dai toni caldi, evocano barche e architetture locali. Apprezzato da alcuni critici italiani quali Nello Ponente o Lionello Venturi, tra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta Moriconi era ormai del tutto inserito nel contesto artistico romano e partecipe della bohème capitolina ma, pur conducendo una vivace attività espositiva anche Oltreoceano, rimase «un artista solitario» (Ponente, in A.M. nella pittura romana..., 2007, p. 141). Nel 1957 prese parte alla collettiva Trends in watercolors today organizzata al Brooklyn Museum di New York e presentata da Venturi (in quell’occasione il Brooklyn Musem acquisì il suo acquerello Paese umbro, datato 1956); nello stesso anno a Roma la galleria Schneider organizzò la sua seconda personale. Tra il 1958 e il 1960 espose di nuovo a New York (dove soggiornò periodicamente fino al 1970 in occasione di eventi espositivi), e poi ancora a Roma, Monaco e Spoleto.
Nel 1960 sposò Virginia Frantz Hathaway, agiata borghese di New York conosciuta tre anni prima a Positano e si stabilì con la moglie nella capitale. Nel 1963, profondamente colpito dalla nascita prematura e dalla morte del figlio, realizzò una serie di quadri dedicati al piccolo eroe americano dei cartoons, il ‘povero Charlie Brown’; tra questi è il dipinto Dal libro della fanciullezza (A.M. nella pittura romana..., 2007, pp. 11, 57, 108), dove, in una scacchiera organizzata sui colori primari (blu, giallo e rosso su fondo bianco), rapidi segni fanno apparire piccole teste, il tutto elaborato con uno stile che evoca alcune composizioni di Paul Klee. Sempre nel 1963 espose con Buggiani e Sartoris alla Bianchini Gallery di New York nella collettiva Micro. In questi anni d’intensa attività espositiva (della quale si ricordano la mostra itinerante dal titolo 27 Artists from Rome – Columbia, Chapell Hill, Charleston, Charlotte & Chicago – e L’art actuelle en Italie, organizzata dalla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma a Cannes in collaborazione con il casinò municipale della città, 1965-1966), l’artista si dedicò anche all’attività incisoria: tra il 1965 e il 1976 con il gruppo Perilli, Turcato, Dorazio, collaborò con la stamperia Romero.
All’Istituto nazionale per la grafica a Roma si conservano diversi disegni, bozzetti, lastre e stampe: acqueforti e acquetinte a tecnica mista, tra cui Magic window e Indiana, entrambe del 1973; alla Galleria nazionale di Roma si trova invece l’acquatinta a 5 colori Magic One del 1973 (ripr. in Di Castro, 1989, pp. 124-126; 193). Inoltre un’opera su carta a pastello e tecnica mista Senza titolo, 1965, è conservata alla Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino.
Il 1966 fu per l’artista un anno fondamentale: inserito con ColomboManuelli, Umberto Raponi, Pasquale Santoro e Ettore Sordini nel novero dei giovani artisti capaci di contribuire in modo originale agli sviluppi dell’arte italiana contemporanea, espose alla mostra Cinque artisti per la Biennale, presentata da Ponente alla galleria Il Segno di Roma e, nello stello anno, partecipò alla XXXIII Biennale di Venezia con tre tempere, a proposito delle quali Ponente segnalò la precisa attenzione al procedimento tecnico, connotato dal segno «geometrico» come base strutturale di ricerca in cui si ravvisava una componente psicologica e narrativa che rimandava a Klee (Paesaggio 0, Paesaggio 1-2 e Paesaggio 3-4; ripr. in A.M. nella pittura romana..., 2007, pp. 65 s.).
Per due anni, dal 1966 al 1968, insegnò disegno nel liceo artistico di Frosinone, poi la moglie lo spinse a lasciare l’insegnamento per dedicarsi esclusivamente all’arte. Nel 1969 affittò uno studio al n. 30 di via del Banco di S. Spirito a Roma e partecipò, a Torino, alla Prima Rassegna del gioiello d’arte firmato presentando tre spille in oro. Dal 1970 al 1976 riprese l’attività didattica insegnando nei corsi estivi organizzati dalla University of Georgia a Cortona e continuò l’attività espositiva in Italia e all’estero, con una personale a Roma, alla galleria Romero (1970), e una serie di collettive (a Haifa nel 1971; a Södertälje in Svezia, a Francoforte e a Colonia nel 1972; a Roma nel 1972, 1973 e 1974; a San Francisco nel 1973-1974). Nel 1976 tenne la sua ultima personale alla galleria Triangolo a Roma.
Morì tra il 30 e il 31 agosto del 1977 nell’ospedale S. Camillo di Roma per le conseguenze di un intervento chirurgico.
Fonti e Bibl.: Necr.: N. Ponente, Paese sera, 4 settembre 1977. F. Di Castro, La linea astratta dell’incisione italiana. Stamperia Romero 1960- 1986, Roma 1989, pp.124-126, 193; G. Celant, Roma-New York 1948-1964, Milano 1993, pp. 13-40; Arte da camera – Pittura scultura e architettura nelle collezioni della Camera di commercio di Perugia, a cura di M. Duranti - M. Pisani - A.C. Ponti, Perugia, 2001, pp. 104 s.; Umbria. Terra di maestri. Artisti umbri del Novecento. IV. 1969-1980 (catal., Spello), a cura di A.C. Ponti - F. Boco, Perugia 2005, pp. 224, 325; Umbria. Terra di maestri. Artisti umbri del Novecento. V. 1969-1980 (catal., Spello), a cura di A.C. Ponti - F. Boco, Perugia 2006, pp. 262 s., 325; A. M. nella pittura romana dal 1954 al 1977, a cura di I. Tomassoni - B. Toscano, Perugia 2007 (con bibliografia); N. Ponente, ibid, p. 141.