MORIGI, Angelo
MORIGI, Angelo. – Nacque a Rimini nel 1725.
Pur in assenza di precisi riscontri, si presume che appartenesse a una famiglia di musicisti e potrebbero esistere legami di parentela fra lui e altri musicisti coevi, perlopiù suoi conterranei: il castrato Pietro Morigi, che entrò al servizio della corte di San Pietroburgo nel 1734 e cantò a Londra e a Milano fino agli anni Settanta; il cantante e attore Andrea Morigi, attivo a Londra dal 1766 al 1793; il canonico Pancrazio Morigi, vissuto nella seconda metà del sec. XVIII e autore di musica sacra.
Morigi, che dovette studiare a Padova, fu presumibilmente allievo di Giuseppe Tartini per il violino, come risulterebbe dal frontespizio, oggi irreperibile, delle sue sei Sonate a violino e basso op. 2 (Londra 1753 circa; Eitner, p. 64), e di Francesco Antonio Vallotti per la composizione. Il 23 maggio 1751 si trovava a Londra, dove si esibì come solista in un concerto a beneficio della cantante Francesca Cuzzoni nella Hickford’s Great Room. Nell’annuncio del concerto il nome di Morigi viene dato con un certo risalto, essendo menzionato per primo con nome e cognome, contrariamente a quanto avviene per gli altri strumentisti. Nel programma Morigi eseguì un brano solistico nella prima parte e un suo concerto per violino in apertura della seconda. A Londra, sempre nel 1751, pubblicò l’opera prima, Six sonatas for two violins with a thorough bass for the harpsichord or violoncello, presso l’editoreWalsh, annunciata nel London Daily Advertiser il 12 ottobre di quell’anno.
L’ingresso del compositore al servizio della corte ducale di Parma, intorno al 1758, è stato posto in relazione con la dedica delle Sei sonate op. 4 per violino e basso (Parma, 1759) al duca Filippo di Borbone. Morigi trovò nell’ambiente parmense una situazione assai favorevole, dal momento che la corte di Filippo e, dal 1765, di suo figlio Ferdinando destinava alla musica somme considerevoli e, pur riservando particolare attenzione al teatro d’opera, manteneva un’eccellente orchestra stabile e importanti formazioni cameristiche. Fu nominato primo violino dell’orchestra il 1° aprile 1766 con uno stipendio di 6000 lire e una pensione di 2000 lire; fu inoltre promosso a «regolatore della musica istrumentale» (Pelicelli, 1934, p. 268), ovvero direttore dell’orchestra di corte, il 6 settembre 1773. L’11 novembre 1776 lo stipendio fu elevato a 8000 lire. Per il Carnevale 1777 si recò probabilmente a Mantova, come primo violino, per l’Ifigenia in Tauride di Tommaso Traetta al «Regio Ducal Teatro Vecchio», come risulta dalle parti orchestrali (Mantova, Biblioteca dell’Acc. naz. Virgiliana di scienze lettere ed arti, cart. 25).
Con decreto del 24 novembre 1781 fu dispensato dal suonare nelle recite teatrali, continuando però a essere attivo nelle «funzioni di chiesa» (Pelicelli, 1934, p.268). Gli spettava inoltre di sovrintendere alla severa selezione prevista da un decreto del 1778 per i musicisti che ambivano a far parte delle formazioni orchestrali parmensi.
Morì a Parma il 22 gennaio 1801.
Morigi fu molto stimato come violinista, docente e compositore di musica violinistica, oltre che come direttore d’orchestra. Gervasoni (1812, p. 192) lo definisce «gran suonatore e maestro di violino, direttore d’orchestra e bravissimo compositore di musica istrumentale», paragonando la sua scuola di violino a Parma a quelle di Gaetano Pugnani a Torino e di Pietro Nardini a Firenze. La fama postuma è invece principalmente legata alla recezione del suo trattato di contrappunto.
Le Six sonatas op. 1, contrariamente alle 12 Sonatas for two violins and a bass di Tartini – apparse a Londra l’anno precedente e articolate perlopiù in due movimenti – mantengono la più usuale ripartizione in tre movimenti, il primo lento e gli altri due veloci. I Six concertos in seven parts op. 3 (Londra 1756 e Amsterdam 1759, col titolo Sei concerti a quatro e cinque stromenti …) costituiscono una variante singolare nell’ambito delle nuove forme che si andavano affermando all’epoca. Essi rappresentano una forma intermedia fra concerto solistico e concerto grosso e paiono ispirati al modello degli ultimi concerti di Tartini, in particolare nella condotta melodica aggraziata, tipica del primo stile «galante», e nella scelta di un organico deliberatamente ridotto. Sotto il profilo morfologico, Morigi non adottò la combinazione, inaugurata da Tartini, fra forma bipartita e forma a ritornello: i suoi primi movimenti mantengono una netta forma a ritornello, senza cesura centrale. Nei movimenti lenti, assai espressivi, prevalgono le tonalità minori. L’edizione di Amsterdam presenta notevoli varianti: la parte del solista è arricchita da una copiosa ornamentazione, ma non è certo che sia di mano dell’autore.
L’interesse di Morigi per il contrappunto, evidente nelle opere teorico-didattiche, non traspare nei suoi concerti: solo una volta, nel corso dei 18 movimenti che li compongono, compare l’accenno a una scrittura imitativa (White, 1992, p. 118). Si tratta di un’incoerenza più fittizia che reale, il contrappunto costituendo comunque in quest’epoca il fondamento di qualsivoglia dottrina compositiva: Morigi peraltro se ne dimostra ben consapevole quando, scrivendo il 28 luglio 1772 a padre Giovanni Battista Martini, ostenta un certo qual fastidio determinato, a suo dire, dalla necessità di adeguarsi alle esigenze imposte dal nuovo stile brillante, unito a una specie di rassegnazione nel separare lo stile nel quale egli si vede costretto a comporre, «perché il secolo lo vuole», da quello che avrebbe prescelto se la sua preparazione e le circostanze glielo avessero permesso (Bologna, Museo internazionale e Biblioteca della musica, Epistolario martiniano, I.002.163).
Il Trattato di contrappunto fugato di Morigi – l’autografo, già segnalato nella Biblioteca comunale di Correggio con la data 1781, risulta oggi irreperibile – fu pubblicato postumo da Bonifazio Asioli a Milano nel 1815. Se confrontato con i trattati maggiori su questa materia appare oltremodo sobrio e sintetico, tanto che Fétis lo definì «un petit traité» e lo considerò «ouvrage de peu de valeur», asserendo che Asioli doveva averlo dato alle stampe solo per gratitudine verso la memoria del maestro (p. 200). Lo stesso Asioli, nondimeno, in prefazione al proprio Trattato d’armonia (1813), chiarisce che la singolare compenetrazione di perspicuità e concisione caratteristica dello scritto di Morigi era determinata dalla sua destinazione: si trattava infatti di «un picciolo trattato sulla fuga espressamente immaginato e disteso per me con tutta quella chiarezza che ben conveniva ad un allievo di dieci anni […] dal fu mio maestro veneratissimo Angelo Moriggi» (Bernardoni, 1994, p. 585). Nello stesso contesto emerge chiaramente che Asioli, in seguito a un’articolata disamina della recente letteratura teorica italiana e straniera intrapresa al fine di mettere a punto un nuovo metodo di insegnamento musicale, attribuiva al breve testo un particolare ed elevato valore pedagogico proprio perché vi si trovano «riunite le sode e buone regole della fuga esposte con somma precisione e chiarezza» (ibid.). L’opinione di Asioli sul trattato di Morigi era evidentemente condivisa dal filosofo e musicografo tedesco Christian Friedrich Michaelis, che nel 1816, a meno di un anno dall’edizione italiana, tradusse il lavoro per l’editore Breitkopf & Härtel (Abhandlung über den fugirten Contrapunct, Lipsia 1816), richiamando nuovamente l’attenzione su di esso in una recensione apparsa nel 1820 nell’edizione austriaca della Allgemeine musikalische Zeitung.
Fra gli allievi di Morigi, oltre ad Asioli, va ricordato Gaetano Mattioli, dal 1774 attivo come primo violino e dal 1777 come concertatore d’orchestra alla corte dell’elettore di Colonia, a Bonn. Non è improbabile che le eccellenti capacità direttoriali riconosciute a Mattioli fossero dovute, almeno in parte, all’insegnamento di Morigi. Un suo quartetto, non a caso, è elencato nel repertorio strumentale della cappella di corte di Bonn nell’ultimo decennio della sua storia (1784-1794).
Opere: oltre a quelle citate, Six duo avec des variations pour un violon et un violoncel ou une flûte et un basson (Parigi 1774). Tra i manoscritti: Lezioni a violino e basso (1783; Venezia, Biblioteca del Conservatorio Benedetto Marcello, Fondo Correr, b.8.14); Trio Notturno a due violini e basso (b.81.4); Duetti a due violini (Bergamo, Biblioteca civica Angelo Mai, N.C.13.3); Suonata per violino solo [e basso] (Venezia, Biblioteca naz. Marciana, Canal, 11652); Sonata a violino solo, e basso (Roma, Bibliomediateca dell’Acc. naz. di S. Cecilia, A.Mss.245); Sonata 2 a due violini e basso (Manchester, Central Library, BRm630.2CR75); 2 Concertos per strumenti vari (Londra, British Library, Mss. Add., 71539); Sinfonia a 8, due violini, due flauti o oboi, due corni ad libitum, alto & basso (Donaueschingen, Fürstlich Fürstenbergische Hofbibliothek, Mus.Ms.1346); Quartetto (Dubrovnik, Samostan Male braće, 23/719); Elementi e regole di contrappunto (Ostiglia, Biblioteca musicale Opera Pia Greggiati, 2 copie, Mss.Teoria, A.11-12; un’ulteriore copia notificata nel Fondo musicale della Biblioteca Palatina di Parma risulta irreperibile).
Fonti e Bibl.: [C.G. Neefe],Nachricht von der churfürstlich-cöllnischen Hofkapelle zu Bonn und andern Tonkünstlern daselbst, in Magazin der Musik, a cura di C.F. Cramer, I (1783), pp. 377 s.; C. Gervasoni, Nuova teoria di musica, Parma 1812, pp. 40, 192; C.F. Becker, Systematischchronologische Darstellung der musikalischen Literatur, Leipzig 1836, p. 469; P. Lichtenthal, Diz. e bibl. della musica, Milano 1836, IV, p. 367; A. Moser, Geschichte des Violinspiels, Berlin 1923, p. 270; B. Harrison, A forgotten concert room, in The musical times, XLVII (1906), p. 604; N. Pelicelli, Musicisti in Parma nel sec. XVIII, in Note d’archivio per la storia musicale, XI (1934), pp. 267 s.; O.E. Deutsch, Handel. A documentary biography, London 1955, p. 710; Händel- Handbuch, a cura di W. Eisen - M. Eisen, Kassel 1985, IV, p. 452; C. White, From Vivaldi to Viotti. A history of the early classical violin concerto, Philadelphia 1992, pp. 116-118, 148; V. Bernardoni, Bonifazio Asioli e l’istruzione musicale nella Milano napoleonica, in Nuova riv. musicale italiana, XXVIII (1994), p. 585; J. Riepe, Eine neue Quelle zum Repertoire der Bonner Hofkapelle im späten 18. Jahrhundert, in Archiv für Musikwissenschaft, LX (2003), p. 102; S. McVeigh - J. Hirshberg, The Italian solo concerto, 1700- 1760. Rhetorical strategies and style history, Rochester 2005, p. 299; E.L. Gerber, Historischbiographisches Lexicon der Tonkünstler, Leipzig 1790, I, col. 972; F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens, VI, p. 200; R. Eitner, Quellen- Lexikon, VII, p. 64; The New Grove Dict. of music and musicians, XVII, 2001,p. 119; Die Musik in Geschichte und Gegenwart, Personenteil, XII, 2004, col. 473; Répertoire international des sources musicales, A/II, Manuscrits musicaux après 1600 (opac.rism.info/index.php); Catal. naz. dei mss. musicali redatti fino al 1900 (www.urfm. braidense.it/ cataloghi/catalogomss.php).