MOSSO, Angelo
– Nacque a Torino il 30 maggio 1846, da Felice, falegname, e da Margherita Contessa, sarta.
Dalla prima infanzia abitò a Chieri, luogo di origine della famiglia, «privo d’ogni mezzo di fortuna», come scrisse diciottenne in un Memoriale al sindaco del paese per ottenere la sua protezione in vista di un concorso e da questi trasmesso al provveditore agli studi della Provincia di Torino nel marzo 1864 (Arch. centrale dello Stato, Ministero Pubblica Istruzione, Personale 1860-1880, b. 1438, f. Mosso, Angelo, sf. non numerato). A Chieri avviò il suo percorso scolastico, in modo non proprio lineare. Dopo essere stato espulso da scuola, per qualche tempo lavorò presso la bottega del padre finché le suppliche della madre gli valsero la riammissione a scuola e incoraggianti risultati lo portarono, negli anni culminanti del Risorgimento, al ginnasio, ove ebbe fra i suoi docenti anche Angelo De Gubernatis. Grazie a borse e sussidi poté accedere ai collegi e frequentare i licei di Asti e di Cuneo. Fresco di licenza, fu coinvolto negli scontri del settembre 1864 a Torino, dove si era trasferito. Non riuscì a ottenere una nuova borsa di studio, ma si iscrisse comunque alla facoltà di medicina, vivendo in una soffitta e dedicandosi all’insegnamento scolastico per integrare le magre risorse di famiglia. In seguito fu allievo interno all’ospedale Mauriziano, condividendo la camera con Luigi Pagliani, che fu il tramite per la conoscenza di Jacob Moleschott, docente di fisiologia. Gli appunti conservati fra le sue carte testimoniano che fu assiduo alle lezioni di Moleschott, il quale divenne, anche sul piano del materialismo filosofico, il suo principale riferimento, come avrebbe ricordato commemorandolo (Discorso del prof. Angelo Mosso, in In memoria di Jacopo Moleschott, Torino 1894, pp. 103-127). Negli anni universitari entrò in contatto con i migliori esponenti della scienza ‘positiva’ subalpina, quali Filippo De Filippi, Giuseppe Giacinto Moris, Giulio Bizzozero e Michele Lessona (del quale raccolse, le Lezioni di zoologia [Torino s.d., ma 1866]). Frequentò anche gli ambienti della scapigliatura piemontese, così come in futuro avrebbe stretto intensi rapporti con altri letterati, da Edmondo De Amicis a Gabriele D’Annunzio.
Si laureò in medicina nel 1870 con una tesi poi data alle stampe (Saggio di alcune ricerche fatte intorno all’accrescimento delle ossa, Napoli 1870). Gli obblighi di leva gli impedirono di divenire assistente di Moleschott; sostenne così l’esame per diventare ufficiale medico e prestare servizio militare come medico di battaglione, sperando di essere destinato a Torino e venendo invece inviato prima in Campania, poi in Calabria e Sicilia. Nel 1871 si trasferì a Firenze per un biennio di perfezionamento sotto la guida di Moritz Schiff all’Istituto di studi superiori, durante il quale studiò l’irritabilità dei tessuti. Dal 1873 un’altra borsa di studio gli consentì di proseguire il perfezionamento a Lipsia, presso il prestigioso laboratorio di Carl Ludwig (un ricordo in Carl Ludwig, in Nuova Antologia, 1895, vol. 56, pp. 667-677). In Germania acquisì definitiva dimestichezza con il ‘metodo grafico’, la misurazione diretta dei fenomeni fisiologici per mezzo di strumenti sempre più raffinati, che applicò ai meccanismi della visione e allo studio delle emozioni. Nonostante le offerte di alcune università tedesche, scelse di rientrare in Italia, ma prima volle frequentare le cliniche e i laboratori parigini, entrando in contatto, fra gli altri, con Jean-Martin Charcot, Claude Bernard, Charles-Édouard Brown-Séquard e con un altro maestro dell’‘autografia’ fisiologica, Étienne-Jules Marey.
Al ritorno a Torino, inaugurò una frenetica attività sperimentale sui rapporti fra movimento, circolazione sanguigna e fenomeni psichici, resa innovativa dall’assunzione dell’interpretazione fisico-chimica dei processi vitali e dall’assemblaggio di nuovi strumenti (come il pletismografo, lo sfigmomanometro, l’ergografo e il ponometro), che consentivano di sperimentare direttamente sull’uomo. Si rivolse, in particolare, al tema cruciale del rapporto fra pensiero, emozioni e afflusso sanguigno al cervello. Libero docente e incaricato dal 1875 di diversi insegnamenti presso la facoltà torinese di medicina, dedicò la prolusione a La farmacologia sperimentale(Torino 1875). Alla fine del 1876 fu nominato professore straordinario di materia medica e fondò il primo laboratorio sperimentale di farmacologia. Il trasferimento di Moleschott a Roma gli aprì la strada per l’ordinariato. Dopo aver ottenuto un premio dai Lincei per la memoria, presentata da Hermann von Helmholtz, Sulla circolazione del sangue nel cervello dell’uomo (Roma 1879), ebbe nel 1879 la cattedra di fisiologia e con essa la direzione dell’Istituto. Nella nuova prolusione, Psicologia e fisiologia sperimentale, si riallacciò ancora una volta al programma di ricerca di Moleschott e caldeggiò, contro metafisiche e spiritualismi, l’indagine fisica dei fenomeni psichici. Forte della posizione raggiunta, nel 1882 fondò la rivista Archives italiennes de biologie e nello stesso anno inaugurò, con il primo di una serie di interventi sui Nuovi studi di fisiologia sperimentale, una durevole collaborazione alla Nuova Antologia. Già segretario dell’Accademia di medicina di Torino, nel giro di pochi anni divenne membro dell’Accademia delle scienze di Torino (1881) e dell’Accademia dei Lincei (1882). Nel 1885 entrò a far parte del Consiglio superiore della Pubblica Istruzione e nel 1897 dell’Accademia nazionale delle scienze.
Nel 1884, avviando la collaborazione con l’importante casa editrice milanese Fratelli Treves, diede alle stampe La paura, in cui, partendo dai recenti studi di Darwin sull’espressione delle emozioni, si spingeva ancor oltre e riconduceva i moti dell’animo direttamente alla fisiologia dell’organismo. L’opera venne più volte riedita (fino all’ultima anastatica, Torino 2010) e tradotta in sei lingue (francese, russo, tedesco, spagnolo, inglese e polacco). Il successo lo incoraggiò alla scrittura per un pubblico più largo, a partire da Una ascensione d’inverno al Monte Rosa (1885), in cui descrisse una scalata in compagnia di Alessandro Sella, figlio dell’amico Quintino. Il volumetto era dedicato a Maria Treves, che sposò nel 1886. Dal matrimonio fra l’affermato scienziato e la figlia di uno dei più importanti editori italiani, nacquero tre figli: Emilio (1886) e Laura (1889), morti entrambi in tenera età, ed Emilia, detta Mimì (1890).
La scuola torinese di Mosso e dei suoi allievi divenne un punto di riferimento per la nascente scienza del lavoro umano. Nelle pagine de La fatica (Milano 1891), Mosso fece il punto sulle sue ricerche sul lavoro e sull’affaticamento, fisico e psichico, e il libro suscitò un interesse generale fra gli scienziati e gli intellettuali, ma anche presso una cerchia più ampia di lettori (come testimoniano i prestiti delle biblioteche popolari), sia in Italia (ove fu più volte ristampato, fino all’ultima riedizione, Firenze 2001) sia all’estero (fu tradotto in tedesco, russo, spagnolo, francese, inglese e portoghese). L’interesse per la salute dei lavoratori trovò applicazione anche ne La respirazione nelle gallerie e l’azione dell’ossido di carbonio (Milano 1900), un lavoro di ricerca promosso dal ministero dei Lavori Pubblici per studiare l’asfissia fra i ferrovieri.
Nel 1892 la Royal Society affidò a Mosso l’annuale Croonian lecture, stampata con il titolo Les phénomènes psychiques et la température du cerveau (London 1892), su un tema al quale avrebbe poi dedicato il volume La temperatura del cervello (Milano 1894; tradotto in tedesco), punto d’arrivo delle sue indagini sui rapporti fra fisiologia e fenomeni psichici. Ampia eco ebbe il discorso con il quale il 4 novembre 1895 aprì l’anno accademico torinese, sottraendo il lavoro di ricerca scientifica – in risposta alle provocazioni di Ferdinand Brunetière sulla «bancarotta della scienza» (cfr. Après un visite au Vatican, in Revue des deux-mondes, LXV, 1895, vol. 127, pp. 97-118) –, agli interrogativi filosofici sulla natura ultima dei fenomeni, responsabili delle periodiche oscillazioni ideologiche fra Materialismo e misticismo (Torino 1895). Da allora ribadì a più riprese la sua fiducia nel progresso della scienza e nel carattere unitario ed evolutivo della natura, ma anche la necessità di prudenza di fronte alle grandi questioni e persino l’incapacità della mente umana di risolverle (Herbert Spencer nella sua autobiografia, in Nuova Antologia, 1904, vol. 196, pp. 577-586).
Dopo aver traslocato l’Istituto di fisiologia nel 1893 nella nuova, più ampia sede collocata a ridosso del parco del Valentino e dotata di laboratori moderni, per seguire gli interessi suscitati dalla passione alpinistica, già al centro di una memoria (La respirazione dell’uomo sulle alte montagne, Torino 1884), nel 1895 Mosso fondò anche una stazione scientifica sul Monte Rosa (Capanna Regina Margherita), alla quale fece seguito un vero e proprio istituto al Col d’Olen, inaugurato nel 1907. Nel frattempo aveva pubblicato le pionieristiche ricerche della Fisiologia dell’uomo sulle Alpi (Torino 1897, tradotto in inglese e tedesco, riedizione anastatica, Milano 1993), che inaugurarono lo studio della fisiologia ad alta quota e avviarono la medicina di montagna e aeronautica.
I timori di fenomeni degenerativi indotti nella popolazione dall’urbanizzazione, dal lavoro industriale e dall’esaurimento nervoso portarono Mosso a un intenso impegno a favore dell’educazione fisica, ponendosi al centro di numerose iniziative nazionali, commissioni ministeriali, comitati e congressi, in un movimento che seppe influenzare i programmi della scuola elementare. Presidente della R. Società di ginnastica di Torino dal 1896, nel corso di un decennio diede alle stampe quattro volumi che fecero di lui un riferimento a livello europeo (L’educazione fisica della donna, Milano 1892; L’educazione fisica della gioventù, ibid. 1894, tradotto in tedesco, spagnolo, francese, polacco, serbocroato e ceco; La riforma dell’educazione, ibid. 1898; Mens sana in corpore sano, ibid. 1903, tradotto in francese).
Incontrò sensibilità diffuse la sua capacità di unire prospettiva scientifica ed etica nazionalista e produttivista, nella proposta di una centralità sociale dell’educazione fisica e di una nuova cultura del corpo, che giungevano a includere anche le donne. Propugnò un’igiene del corpo intesa anche come contributo al rafforzamento militare del Regno, di interesse statale, ma da coltivarsi senza rigidità, soprattutto in ambito scolastico. Costante fu la polemica contro gli esercizi e la ginnastica tedesca, per un’educazione fisica centrata sui giochi all’aria aperta, in ossequio al modello inglese degli sport, considerato un ritorno alle origini romane e rinascimentali. Quello che è ritenuto il primo campionato italiano di calcio si tenne nel corso del congresso nazionale di educazione fisica organizzato da Mosso a Torino nel 1898.
Invitato a tenere qualche lezione, nel 1899 soggiornò negli Stati Uniti e visitò anche il Canada, esperienza che gli ispirò una serie di riflessioni sulla vita americana (La democrazia nella religione e nella scienza, Milano 1901). Al rientro in Italia fu nominato rettore dell’Università di Torino, carica che mantenne solo fino al 1900. Nel 1904 ebbe la nomina a senatore. Nello stesso anno, durante un congresso scientifico a Bruxelles, fu colto dalle avvisaglie dell’ingresso nella fase terziaria della sifilide. Nella speranza di migliorare le sue condizioni di salute decise di cedere la cattedra e di trasferirsi a Roma. Qui partecipò attivamente ai lavori parlamentari, facendo delle discussioni sul tiro a segno l’ennesima occasione per rilanciare l’allarme sociale e militare sulla decadenza corporea degli italiani e sulla necessità di un’educazione fisica di massa (La difesa della patria e il tiro a segno, Milano 1905; Il tiro a segno e la preparazione della gioventù al servizio militare, Roma 1905; Il tiro a segno e l’educazione fisica del popolo italiano, ibid. 1907).
Libero da impegni accademici, intensificò l’attività pubblicistica, come testimonia la raccolta di saggi Vita moderna degli italiani (Milano 1906), ove l’equilibrio degli anni precedenti fra riformismo sociale, magistero scientifico e paternalismo politico conobbe un irrigidimento in senso antisocialista e conservatore, indotto anche dalla consapevolezza dell’accentuarsi della competizione fra Stati nazionali nell’età dell’imperialismo. Nel frattempo, spinto da interrogativi sulle differenze fisiche fra antichi e moderni e da inquietudini sul destino della razza italiana, Mosso si era dato a nuovi interessi antropologico-archeologici. Non pago di studiare monumenti e documenti, intraprese campagne di scavi in Sicilia, nel Mezzogiorno e a Creta, oggi rivalutate per l’uso di metodi innovativi. Ai frequenti resoconti su riviste scientifiche, si affiancarono due volumi di più ampia diffusione (Escursioni nel Mediterraneo e gli scavi di Creta, Milano 1907, e Le origini della civiltà mediterranea, ibid. 1910, entrambi tradotti in inglese), nei quali, fra l’altro, criticava con decisione le tesi ‘indogermaniche’ sulle origini ‘ariane’ delle antiche civiltà: all’idea di una serie di invasioni alle radici della civiltà europea oppose, con Giuseppe Sergi, l’idea di un’evoluzione mediterranea.
Morì a Torino nelle prime ore del 24 novembre 1910. Le sue condizioni avevano subito un drastico peggioramento due settimane prima, quando aveva assistito alle dimostrazioni aviatorie di Louis Blériot.
La salma fu sepolta a fianco di quelle di Luigi Rolando e di Cesare Lombroso nell’Arco dei benemeriti del cimitero monumentale di Torino.
Fonti e Bibl.: M. Grillandi nella biografia di Emilio Treves (Milano 1977, p. 655) menziona l’esistenza di carte personali a Milano, presso gli eredi; un ricco Fondo Angelo Mosso fa parte dell’Archivio storico dell’Istituto di fisiologia dell’Università di Torino; per il percorso universitario sono importanti i fascicoli personali conservati a Roma presso l’Archivio centrale dello Stato (Ministero della Pubblica Istruzione, Personale 1860-1880, b. 1438 e Direzione generale istruzione superiore, Fascicoli personale insegnante, II versamento - 1a serie, b. 103); oltre che nei fondi citati, e in molti altri, lettere di Mosso sono rinvenibili presso la Biblioteca comunale dell’Archiginnasio di Bologna (archivio Moleschott e altri), la Biblioteca nazionale centrale di Firenze (fondo Protonotari e altri), il Museo nazionale del Risorgimento di Torino (fondo Gazzetta del Popolo), la Biblioteca civica centrale di Torino (fondo Faldella), il Museo nazionale di antropologia e di etnologia di Firenze (carte Mantegazza), la Columbia University di New York (carte Ferrero). Fra le commemorazioni si vedano: A. Herlitzka, A. M., Torino 1911; P. Foà, A. M., Torino 1911; V. Aducco, Commemorazione del socio A. M., Roma 1911; M.L. Patrizi, A. M., Torino 1912 (tutte corredate da bibliografie degli scritti); altre testimonianze e ricordi si trovano in appendice ad A. Mosso, L’educazione fisica della gioventù, della donna, Milano 1911; conviene soprattutto rifarsi all’ampia raccolta voluta da E. Treves, A.M. La sua vita e le sue opere. In memoriam novembre 1912, Milano 1912; alla figlia Mimì si deve la più tarda biografia Un cercatore d’ignoto, Milano 1935. Si vedano inoltre: S. Lanaro, Nazione e lavoro, Venezia 1979, pp. 1 s., 59-63, 153 s.; G. Cosmacini, Problemi medico-biologici e concezione materialistica nella seconda metà dell’Ottocento, in Storia d’Italia. Annali, 3, Scienza e tecnica nella cultura e nella società dal Rinascimento a oggi, a cura di G. Micheli, Torino 1980, pp. 847-855; C. Pogliano, Inquietudini della scienza positiva, in Giornale critico della filosofia italiana, 5 s., II (1982), 2, pp. 207-221; L. Mangoni, Una crisi fine secolo, Torino 1985, pp. 70, 202 e passim; G. Bonetta, Corpo e nazione, Milano 1990, pp. 65-70 e passim; A. Rabinbach, The human motor. Energy, fatigue, and the origins of modernity, Berkeley 1992, pp. 120-145 e passim; M. Nani, Fisiologia sociale e politica della razza latina, in Studi sul razzismo italiano, a cura di A. Burgio - L. Casali, Bologna 1996, pp. 29-60; M. Sinatra, La psicofisiologia a Torino, Lecce 2000, pp. 19-254; M. Nani, Introduzionea A.M., La fatica, Firenze 2001, pp. 5-66.