PERIGLI, Angelo
PERIGLI, Angelo. – Nacque probabilmente a Perugia nell’ultimo scorcio del XIV secolo, ma luogo e data di nascita non sono rivelati da alcuna fonte e poco si conosce anche della famiglia di origine.
Risiedeva a Perugia, dove il padre Giovanni di Stefano, di cui non è nota la professione, possedeva proprietà immobiliari in comunione con il fratello Tommaso nel distretto cittadino di porta San Pietro. Ignoto è anche il nome della madre. Intraprendendo gli studi di diritto e la carriera giuridica, Angelo probabilmente inaugurò un nuovo corso, poi seguito anche dal figlio Baldo e dal nipote Periglio.
Il patrimonio immobiliare, che costituì un’importante sorgente di ricchezza per l’intera famiglia, rimase a lungo indiviso: nel 1438 Angelo abitava insieme al fratello Matteo in un grande casamento situato in posizione centralissima, sulla piazza del comune, ove s’era trasferito dal luogo della originaria residenza dei genitori. Le iscrizioni catastali, che segnalano questo spostamento, attestano anche un progressivo accrescimento delle sostanze, verosimilmente dovuto alle sue fortunate attività professionali, che alla docenza universitaria e alla consulenza videro presto sommarsi importanti incarichi pubblici.
La data del suo dottorato in diritto civile è incerta, come pure non sicuro è che il titolo sia stato conseguito a Perugia, benché si tratti dell’ipotesi più accreditata. Ciò avvenne comunque entro il 1420, giacché a quell’anno data il suo primo incarico di insegnamento nello Studio perugino: la lettura serale del Codice, remunerata con il modesto salario di 25 fiorini, elevato però a 30 già l’anno successivo.
In quella lettura Perigli sostituì probabilmente il giurista Roberto di Onofrio, che insegnò per l’ultima volta a Perugia nel 1420 per uno stipendio equiparabile (30 fiorini) e al cui nome quello di Perigli si trova associato nella matricola del Collegio dei giuristi di Perugia, aperta proprio il 25 febbraio 1420: qui il nome di Roberto di Onofrio risulta infatti depennato e sostituito dal suo, seguito da una nota a margine. La nota deve essere di molto posteriore, dato che il titolo di utriusque iuris doctor, con cui viene indicato, sarebbe stato acquisito da Perigli solo nel 1436, con il dottorato in diritto canonico. Prima di quell’anno i verbali del Collegio dei giuristi confermano che egli era legum doctor, ossia dottore in diritto civile.
La cronologia incerta dei suoi primi decenni di vita ha indotto a identificarlo con l’Angelus de Perusio decretorum doctor, presente, in qualità di auditor Rotae, al Concilio di Costanza nel 1415 (Vermiglioli, 1829, p. 184, che attinge da J.D. Mansi, Sacrorum conciliorum nova et amplissima collectio, XXVIII, rist. anast. Graz 1961, col. 632); ipotesi però da escludere, sia perché a quella data Perigli non era ancora laureato in diritto canonico, sia perché non risulta che egli abbia mai ricoperto l’ufficio di uditore della Rota Romana.
La docenza a Perugia, iniziata nel 1420, gli fu rinnovata per il biennio successivo (1421-22 e 1422-23). Una lacuna documentaria non consente di seguire il suo percorso di maestro fino al settembre 1430, quando è già sicuramente a Padova con la famiglia. Può darsi anche che negli anni che precedono il suo arrivo nella città veneta egli abbia interrotto l’insegnamento per favorire l’espletamento di incarichi pubblici di rilievo. Nel 1424 fu infatti inviato ambasciatore presso papa Martino V per negoziare il ritorno della città sotto il controllo pontificio, dopo la morte di Braccio Fortebracci e la fine della sua signoria. Nei due anni successivi fu nuovamente ambasciatore presso lo stesso papa, mentre nel 1427 il governatore, su indirizzo del pontefice, lo inviò presso Niccola Varana, vedova di Braccio, per convincerla a restituire le terre conquistate dal condottiero.
Nel 1430, dopo una discussa decisione, il Senato veneto decise di affidargli l’insegnamento del diritto civile nello Studio di Padova. La sua prima lectura fu quella straordinaria dell’Inforziato in concorrenza con Paolo di Castro, incaricato in quegli anni delle letture ordinarie di diritto civile ad anni alterni, «de mane» e «de sero», con Giovanni Francesco Capodilista.
Il 1° agosto 1432 fece istanza per un aumento di stipendio, fino allora di 280 ducati (a fronte degli 800 percepiti da Paolo di Castro) e per essere annoverato tra i numerari; ottenne l’uno e l’altro e poté così essere aggregato al Collegio dei giuristi padovani (Belloni, 1986, p. 125). In quell’anno accademico lesse forse in concorrenza con Francesco Capodilista, la cui partenza per il Concilio di Basilea, l’anno successivo, gli offrì la possibilità di leggere de sero. Dal 1435-36, anno in cui nello Studio padovano arrivò Angelo degli Ubaldi junior, tornò a leggere in concorrenza con Paolo di Castro. A Padova presenziò assiduamente gli esami di dottorato in qualità di promotore e scrisse numerosi consilia. Sempre a Padova, l’8 maggio 1436, conseguì la laurea in diritto canonico, promosso da Prosdocimo Conti (Acta graduum, a cura di C. Zonta - I. Brotto, 1970, n. 1121; Belloni, 1986, p. 125).
Poco dopo quest’evento fece ritorno a Perugia, dove è senz’altro nel 1437, su invito del pontefice Eugenio IV, che gli concesse le rendite di un importante appezzamento sito nei pressi del lago Trasimeno, gestito dalla Camera apostolica, purché e fintanto che fosse rimasto a leggere nello Studio di Perugia. Il salario pagato in quegli anni dal Comune di Perugia per le sue condotte nello Studio cittadino, che dai 30 fiorini del 1422-23 era giunto ai 140 fiorini del 1437-38, ne testimonia l’accresciuta fama.
Nel 1438 accese un catasto a nome suo e del fratello Matteo, chiedendo di essere allibrato in un dipartimento cittadino diverso da quello della famiglia d’origine; ciò denota la sua elevata posizione economica, frutto dei lucri dell’attività professionale e dei numerosi incarichi pubblici.
Dal suo secondo magistero a Perugia, attestato fino al 1443-44 – anno in cui il «famosissimus utriusque iuris doctor dominus Angelus de Periglis de Perusio» risulta «conductus ad lecturam iuris civilis de sero extraordinariam» per leggere, «in scolis suis consuetis», il titolo de verborum obligationibus del Digesto Nuovo (ASPg, Giudiziario antico, Iura diversa, b. 1 [1401-1450], fasc. 4; Nicolini, 1961, p. 147) –, trassero frutto numerosi e famosi scolari dello Studio perugino, tra cui Baldo Bartolini, Giovanni Battista Caccialupi, Ludovico Pontano e Pier Filippo della Cornia. Come già negli anni del primo periodo perugino, all’impegno universitario sommò importanti cariche pubbliche, sia nelle magistrature cittadine sia come ambasciatore e pubblico oratore. Nel 1440 fu a Firenze presso i Medici e nel 1442 celebrò con un’orazione Niccolò Piccinino, che assumeva la guida degli eserciti pontifici. Notevole fu pure l’impegno nella professione, testimoniato anche a Perugia da numerosi consilia, tuttora inediti. Secondo alcuni (Oldoini, 1678, p. 15) ebbe anche l’incarico di patrocinatore della Repubblica veneta, al quale dovette rinunciare per assumere quello di avvocato concistoriale.
Nel 1441 redasse un primo testamento, nel quale, oltre alle indicazioni per la sepoltura e a una serie di legati in favore di istituti religiosi e della moglie Benigna, figlia di Cola Bartolini, nominò erede universale l’allora unico figlio Baldo. Il 14 agosto 1446, a seguito del secondo matrimonio con Elena (Benigna era nel frattempo morta dopo avergli dato la figlia Girolama), fece un nuovo testamento, con cui confermò la nomina a erede di Baldo, all’epoca già utriusque iuris doctor, destinando una dote di 800 fiorini alla figlia Girolama e lasciti a favore degli eventuali figli postumi di secondo letto, che non avrà. Al figlio Baldo, oltre all’eredità, lasciò tutti i suoi libri di diritto canonico e civile, con l’onere, se i figli postumi avessero studiato diritto, di darli loro in prestito o commissionarne una copia. Entrambi i testamenti fanno presumere l’esistenza di un patrimonio ingente e testimoniano anche i forti legami da lui intrecciati con alcune istituzioni cittadine: con i serviti, nella cui chiesa volle essere sepolto; con i francescani osservanti; con la fraternita dell’Annunziata.
Oltre a consilia, mai raccolti a stampa (Belloni, 1986, p. 126; un suo consilium dato a Padova e conservato nella Biblioteca Classense di Ravenna è stato recentemente studiato e edito da Kirshner, 2008, pp. 194-202), Perigli ha scritto una serie di opere, esegetiche e trattati, alcune delle quali presto mandate in stampa. Particolare fortuna ebbe il breve trattato dedicato alle società, che trovò frequente collocazione in appendice ad altri testi: con il titolo De societate et soccida comparve all’interno di una raccolta di dispute, ripetizioni e trattati editi a Venezia da Vindelino da Spira nel 1472 (autore primo nominato Lanfranco da Oriano: Repetitiones disputationes necnon tractatus diversorum doctorum, Istc nr. il00057000); come Tractatus societatis pecuniae fu ripubblicato a Napoli (Sixtus Riessinger) l’anno seguente insieme a una repetitio di Pietro degli Ubaldi; nel 1493 uscì a Siena autonomo, per i tipi di Henricus de Harlem, come Tractatus in materia societatum. Scritto da Perigli già iuris utriusque doctor su committenza francescana, questo trattato, che affronta i profili civilistici e canonistici dei contratti associativi, venne in seguito «inserito», secondo Diplovatazio, da Pietro II degli Ubaldi (morto nel 1499) nel suo De duobus fratribus. Sotto il titolo De societatibus esso è stato nuovamente pubblicato sia in calce al Confessionale di Sant’Antonino da Firenze una prima volta nel 1500 e più volte in seguito, sia nei Tractatus universi iuris (Venezia 1584, VI, 1, cc. 130v-132v).
Il rapporto tra colono e proprietario terriero è invece al centro del trattato De paleis et olivis, composto intorno al 1441 (secondo quanto risulta da un’edizione manoscritta conservata in un codice della Biblioteca Capitolare Feliniana di Lucca) ed edito la prima volta a Urbino, nel 1493, in calce alla Summa quaestionum di Tancredi da Corneto. Uscì nuovamente nel 1550 a Rimini. Nel 1494 a Siena ancora Henricus de Harlem pubblicò la Repetitio legis In suis ff. de liberis et posthumis (D. 28, 2, 11; si legge anche nelle Repetitiones seu commentaria in varia iurisconsultorum responsa, Lione 1553, III, cc. 205r-220v), raccolta nel primo anno del suo insegnamento padovano (19 aprile 1431), quando leggeva in concorrenza con Paolo di Castro. Da questa repetitio originò il Tractatus suitatis, rifluito anch’esso nei Tractatus universi iuris (VIII, 2, cc. 138v-153r). L’edizione della sua Lectura super secunda parte Infortiati, risalente anch’essa all’insegnamento padovano concorrente con quello di Paolo di Castro, fu curata nel 1500 a Perugia dal figlio Baldo e dal nipote Periglio. Nel presentare il volume, che contiene anche due repetitiones (a D. 30, 11 e a D. 30, 64), l’editore Francesco Cartolari annunciava l’intenzione di pubblicare anche le sue letture alla prima parte dell’Inforziato e alla prima e seconda parte del Digesto Nuovo. Di questi libri non restano testimoni, ma nel 1510 lo stesso editore pubblicò una raccolta di Repetitiones alla seconda parte dell’Inforziato e al Digesto Nuovo (tra cui la repetitio a D. 45, 1, 4, 1, edita anche fra le già citate Repetitiones seu commentaria, VI, cc. 262v-266v). Il manoscritto di una Repetitio in C. de obligationibus et actionibus (C. 4, 10) è conservato a Londra (British Library, Arundel 424; Belloni, 1986, p. 126). Restano dubbi sui trattati De sequestris, De testibus e sulle Additiones in materia testium, alternativamente attribuiti a lui e ad Angelo degli Ubaldi.
Morì improvvisamente il 27 agosto 1447, appena dopo aver assunto la carica di priore. Sulla data della morte i biografi non sono concordi, collocandola alcuni addirittura venti anni più tardi (così Diplovatazio, 1969, p. 369; ma v. invece già Pellini, 1664, p. 565). Che sia morto in quella data è però reso chiaro da una nota lasciata dal notaio in margine al suo secondo testamento.
Le cause del decesso, legate alla sua pinguedine, sono riportate nella Cronaca del Graziani, ove si fa anche cenno a un’autopsia a cui fu sottoposto il corpo («morì [...] de grasezza, et fo sparato dai medici, et trovarono che erano arcoperte li argnioni de grasso»). Il dato assume rilievo in rapporto al suo monumento sepolcrale: una lastra marmorea, che in bassorilievo riproduce un’aula gremita di studenti intenti ad ascoltare la lezione di un maestro, raffigurato di mole spropositatamente più grande.
La lastra, oggi infissa in una parete della sede dell’ateneo perugino, è stata a lungo considerata la copertura della tomba di Baldo Bartolini, che fu suo allievo e cognato (avendone Perigli sposato la sorella Benigna; una leggenda ha voluto persino Perigli padre illegittimo di Baldo Bartolini) e che morì decenni dopo (1490). L’analisi stilistica del manufatto lo colloca invece negli anni mediani del Quattrocento, concordanti con la data della morte. La confusione tra i due giuristi è dovuta al fatto che le tombe di entrambi si trovavano, una accanto all’altra, nella medesima chiesa dei serviti di Perugia, eletta nel Quattrocento a luogo di culto privilegiato da docenti e studenti. Nel 1540 la chiesa fu demolita, insieme a una porzione di città, per ordine di Paolo III. Quanto rimase dei monumenti che ospitava venne riposizionato nella nuova chiesa in cui i frati si trasferirono, ma la perdita di alcune loro parti ha reso sino a oggi difficile l’identificazione dei due sepolcri.
Fonti e Bibl.: Perugia, Archivio storico dell’Università, P.IA1: Matricola del Collegio dei giuristi 1407/1420-159, c. 4r; Archivio di Stato di Perugia, Giudiziario antico, Iura diversa, b. 1 (1401-50), fasc. 1; Notarile, Protocolli, 133, cc. 1r-2v, 52r-54r (1441), 70v-72v (1446), 72bis.
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