PIETRASANTA, Angelo
– Nacque il 27 novembre 1834 a Codogno, all'epoca in provincia di Milano e oggi di Lodi, secondogenito di Luigi e di Margherita Gelmini.
La famiglia abitò insieme ai nonni paterni fino al 1841. Sia i Pietrasanta che i Gelmini erano piuttosto benestanti. Luigi una volta all’anno si recava a Parigi per tenersi aggiornato sulla letteratura, la musica e le arti.
Angelo ricevette il battesimo lo stesso giorno della sua nascita dallo zio sacerdote, Giovanni. Le sorelle Colomba, Celeste e Lucia tra il 1869 e il 1902 diedero vita a un collegio femminile a Codogno, chiamato appunto Pietrasanta; i fratelli, con l’eccezione di Ignazio, che morì garibaldino a Bezzecca (21 luglio 1866), si trasferirono a Milano: Francesco fu amministratore dei conti Tarsis, Pio e Biagio furono rispettivamente funzionario e impiegato delle ferrovie. Di Felice non si hanno notizie.
Sin dal 1850 Pietrasanta si iscrisse alla Scuola degli elementi di figura e a quella degli ornamenti presso l'Accademia di Belle arti di Brera, dove fu discepolo di Francesco Hayez. Nel 1852 passò allo studio delle statue e della prospettiva. Nel 1853 frequentò i corsi di anatomia, vincendo il terzo premio per il gruppo di disegno della Sala delle statue con l’elaborato Accademia (conservato presso la stessa Accademia). L’anno successivo frequentò le lezioni di nudo e vinse il secondo premio per la copia dai panneggiamenti a disegno con un Modello di panneggiamento a matita e biacca su carta, sempre a Brera. Sono perduti i registri relativi alle lezioni di pittura, ma si suppone che Pietrasanta li abbia frequentati. In quel periodo abitò nella contrada S. Paolo.
Del 1855 è il disegno a matita, non rintracciato, dell’Imelda de’ Lambertazzi trovata spirante sul cadavere di Bonifacio di cui Giuseppe Rovani rilevò l’energia sentimentale un po’ esagerata, da far pensare a una caricatura degli affetti (1855, p. 1).
Nel 1856 Pietrasanta vinse il primo premio per l’invenzione estemporanea della figura palliata con Modello con panneggiamenti come s. Paolo, e un premio per l’azione aggruppata in disegno con Due modelli nudi in azione, entrambi a matita e biacca su carta, conservati all’Accademia. Aveva anche esposto un olio con Testa di vecchio (Putti - Rebora, 2009, p. 75).
Nel 1857 partecipò, ma senza successo, al concorso per l’attribuzione del pensionato Oggioni. Tuttavia vinse il premio al concorso Rescalli con l’olio su tela rappresentante uno Studio di un s. Giovanni nudo (conservato all’Accademia di Brera). Oltre agli insegnamenti di Hayez, Pietrasanta tenne in grande considerazione le ricerche sul colore e il taglio storicista di Giuseppe Bertini, che in Accademia affiancò il più anziano collega. Nel 1858 Pietrasanta, oltre a dipingere un s. Luigi Gonzaga per la chiesa di S. Maria Assunta di Cles in Trentino, si ricandidò al concorso Oggioni, vincendo il premio con una tempera su carta raffigurante la Moltiplicazione dei pani e dei pesci (Accademia di Brera), che gli valse una medaglia d’oro, l’esonero dal servizio militare e la borsa di studio che gli consentì di recarsi a Firenze, a Roma, ma non a Venezia, ancora sotto il dominio austriaco. A questo periodo risale anche il suggestivo ritratto di Angelo Borsa (coll. privata), chiaramente ispirato all'Alessandro Manzoni di Hayez.
A Firenze Pietrasanta fu accolto nell’Accademia del nudo e si dedicò alla copiatura degli affreschi di Benozzo Gozzoli nel palazzo Medici Riccardi, nonché delle opere del Beato Angelico, del Ghirlandaio, di Masaccio e di Tiziano. Probabilmente aveva già soggiornato a Firenze qualche tempo prima dell'assegnazione del pensionato, e lì aveva stretto amicizia con molti colleghi, tra i quali Telemaco Signorini, tutti frequentanti il famoso caffè Michelangelo. Sempre grazie al pensionato, tra il 1860 e il 1861 Pietrasanta si recò a Roma, dividendo l’alloggio di via Porta Pinciana con lo scultore Odoardo Tabacchi. Nel 1861 espose a Brera la sua copia dell’Amor Sacro e Profano di Tiziano, da cui era profondamente affascinato, e Beatrice Portinari in atto di leggere le rime inviatele da Dante, non rinvenuta, recensita sulla rivista La Perseveranza da Filippo Filippi, che ne evidenziava il disegno castigato, alla maniera del Quattrocento italiano, e ancora da Giuseppe Rovani sulla Gazzetta Ufficiale, il quale ne lodava oltre al disegno, l’arioso colore e l’ambientazione consona al periodo in cui si era svolto l’episodio rappresentato (Filippi, 1861, p. 2; Rovani, 1861, p. 2). Di questo periodo è anche il ritratto di Dante Alighieri, donato alla Pinacoteca ambrosiana di Milano nel 1877 dai fratelli di Pietrasanta.
Pietrasanta si inseriva pienamente nel progetto dell’esaltazione dei personaggi di spicco della cultura e della storia italiana, a seguito della raggiunta unità nazionale. Nella prova finale del pensionato Oggioni, il dipinto con Cola di Rienzo nel punto che sente dal popolo gridarsi traditore, del 1862 (Pinacoteca di Brera), Pietrasanta affrontò nuovamente la tematica unitaria e anti papalina in sintonia con il libretto musicato dal compositore Achille Peri, scritto dal poeta Francesco Maria Piave e intitolato Rienzi, rappresentato durante il carnevale di quell’anno al Teatro alla Scala di Milano (Rovani, 1862, p. 2; Esposizione di Belle Arti nel palazzo di Brera, II, 1862, p. 2; Mongeri, 1964, p. 1). Pietrasanta dedicò a questo soggetto anche il modelletto con Cola di Rienzo e sua moglie Giulia Raselli (Codogno, Fondazione Lamberti), dove l’ambientazione storica e l’abbigliamento dei personaggi rivelano la sua attenzione per una restituzione verista della scena in accordo con il magistero di Bertini e con lo stile di Domenico Morelli, che nel 1861 aveva esposto a Firenze il Conte Lara (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna), divenuto punto di riferimento imprescindibile per la pittura di genere storico.
Dello stesso periodo è anche un altro bozzetto con la raffigurazione di un episodio storico non identificato (coll. privata; Putti - Rebora, 2009, p. 46 fig. 24). Entro il 1862 Pietrasanta realizzò il ritratto di un Uomo anziano seduto su una poltrona rivestita di velluto rosso, mentre sospende la lettura del Corriere, e quello di una Giovane donna borghese, ambedue in collezione privata (pp. 40 fig. 14, 42 fig. 17).
Nel 1863 Pietrasanta fu nominato socio onorario dell’Accademia di Brera, dove aveva insegnato per lungo tempo anche lo zio Luigi Bisi, immortalato più tardi in un ritratto, datato al 1870 circa, donato nel 1935 da Alice Vigo all’Ambrosiana. Sempre del 1863 è la tela con Alessandro Bertamini ripreso di profilo e a mezzo busto su uno sfondo neutro che esalta la carnagione dell’effigiato. Di poco posteriori sono i ritratti dei coniugi Tecla e Angelo Polaroli, fieri oppositori del regime austro-ungarico.
Il disegno accurato, l’impaginazione rigida caratterizza anche l’effigie di una Donna matura, che in assenza di documenti risulta difficile identificare in Antonia Bona (coll. privata), in cui Pietrasanta riesce a far emergere l’orgoglio del ceto borghese (p. 41 fig. 15). Molti altri nobili di Codogno furono immortalati dal pennello di Pietrasanta: i Cairo, i Cattaneo, i Folli, i Gattoni. I dipinti oggi si trovano nelle collezioni dei discendenti. Spiccano i due ovali, ma su supporto rettangolare per dare l’impressione del non finito, con Giulia Losi e Anna Biancardi Polenghi.
Del 1864 è la sua tela più famosa, Gli Orti Rucellai, presentata a Brera e acquistata da Vittorio Emanuele II per ornare i suoi appartamenti nel Palazzo reale di Milano, dove tutt’oggi si trova. L’opera riscosse l’attenzione della critica divisa tra apprezzamento per i ritratti storici di Lorenzo il Magnifico e della sua corte, e chi ne denigrava il disegno di alcune parti.
L’anno seguente presentò a Brera il ritratto, a grandezza naturale, di Vittorio Emanuele II re d’Italia, perduto, elogiato dai critici contemporanei per la posa naturale e l’esecuzione accurata. Risalgono al 1865 il ritratto di Serafino Biancardi e quelli di Angelo e Antonio Bono tutti in raccolte private (pp. 43 fig. 18, 45 figg. 21-22).
Nel 1866 Pietrasanta dipinse un Pastore della campagna romana esposto a Torino alla Società Promotrice di Belle arti e la Vergine con il Bambino in mostra a Brera ma destinata alla chiesa parrocchiale di Cologno al Serio, vicino Bergamo. Due anni dopo eseguì il pendant con la Beata Vergine ed angeli. Nel 1867, alla XVI esposizione di Belle arti a Torino esibì una Contadina della campagna romana (p. 75). Nel 1868, ancora a Brera, Pietrasanta presentò la copia della Venere di Urbino di Tiziano, dimostrando ancora una volta il suo interesse nei confronti del colore della fase matura del maestro veneto. Nello stesso anno espose il bozzetto d’insieme, donato dai suoi fratelli alla Pinacoteca ambrosiana di Milano, relativo alla decorazione della Galleria intitolata a Vittorio Emanuele II a Milano, impresa in cui fu coinvolto dietro la supervisione di Eleuterio Pagliano con la realizzazione della personificazione dell’Europa, di cui esiste anche uno studio al vero di una testa femminile (Milano, Galleria d’arte moderna), ma un tempo appartenuto al collezionista e imprenditore Francesco Ponti, e dell’allegoria della Scienza per una delle vele dell’arco di accesso alla Galleria su via Berchet. La difettosa preparazione degli affreschi ne causò il deterioramento, tanto che nel 1911 si ricostruirono i cartoni per la sostituzione dei dipinti con mosaici.
Ancora nel 1868 dipinse l’Angelo del dolore, allegoria in memoria di Felice Boschetti per la quadreria dell’Ospedale maggiore di Milano, oggi Fondazione dell’Ospedale maggiore policlinico Mangiagalli e Regina Elena, di cui Boschetti era benefattore, e la lunetta ad affresco su marmo sovrastante l’ingresso all’edicola funeraria della famiglia Biancardi nel cimitero di Codogno con le allegorie della Giustizia e della Carità, di cui esiste un bozzetto ad acquarello in collezione privata (Putti - Rebora, 2009, pp. 53 fig. 31, 55 figg. 33-34). Dello stesso anno sono due olii su tela di formato ovale con Madonne oranti, una in collezione privata e l’altra nella raccolta Lamberti di Codogno, pervenuta per donazione da parte di Franco e Sergio Pietrasanta nel 2002 (p. 52 figg. 29-30).
Nel 1869 Pietrasanta espose, prima a Brera e poi a Parma, un dipinto con i Borgia in collezione Lamberti a Codogno, preceduto da una tela, ora in collezione privata, incentrata sulla sola figura di Lucrezia, in cui il tema storico, entrato lentamente in crisi, viene rinvigorito da un linguaggio che risente delle innovazioni di Tranquillo Cremona e Federico Faruffini e, ancora una volta, del robusto colorito desunto da Tiziano (Marubbi,1992, pp. 44 s.). Nello stesso anno licenziò la Vanitosa, in collezione privata. Nel 1870 alla mostra italiana di Belle Arti di Parma presentò la tela con Lucrezia Borgia, d’accordo col fratello duca Valentino, avvelena l’anfora preparata dal marito, duca d’Aragona (coll. privata; Putti - Rebora, 2009, pp. 57 fig. 36, 75).
Del 1870 è il disegno a matita su cartone con il ritratto di Alessandro Manzoni, appartenuto ad Angela Vigo che ne fece dono, nel 1935, alla Pinacoteca ambrosiana di Milano. Sono da aggiungere i ritratti dei parenti, del padre e della sorella (rispettivamente Luigi e Colomba, in collezioni private), di Ignazio, donato dai fratelli alla Cassa del basso Lodigiano, e di Pietro e Pagano Pietrasanta e Cristina Pietrasanta Bisi, tutti nella Pinacoteca ambrosiana di Milano, databili al 1870-1871. Di questi anni sono pure due figure femminili, una nel museo civico di Lodi, l’altra in una raccolta privata, dove si nota un frantumarsi della forma e del colore (p. 62 figg. 42-43).
Nel 1872 Pietrasanta partecipò alla decorazione della sala della musica dell’appartamento dell’industriale milanese Antonio Cavazzi, in via Palestro, insieme a Eleuterio Pagliano, autore de la Musica popolare, Bartolomeo Giuliano, artefice della Musica seria e Francesco Valaperta della Musica buffa. Il ciclo è andato perduto. Resta la fotografia de la Musica sacra di Pietrasanta, che aveva raffigurato una monaca nell’atto di leggere la musica, composizione giudicata dal critico Filippo Filippi bella ma algida, come il soggetto ascetico richiedeva.
Nel 1873 immortalò in un ritratto Emilio Folli, in cui l’impaginazione e il verismo dell’immagine si rivelano ancora debitori dell’insegnamento di Giuseppe Bertini.
A Firenze nel 1873 Pietrasanta partecipò all’impresa di decorazione della villa del barone Gustav Oppenheim, oggi divenuta Grand Hotel villa Cora.
Mentre negli ovali a olio con i ritratti delle madame La Vallière, Fontanage, Montespan, Maintenon, Pompadour, Marion de Lorme, Ninon de Lenclos, Dubarry, Pietrasanta dimostra, ancora una volta, uno stile corposo e sciolto, nel medaglione che campeggia sulla volta del salone centrale con Amore e Psiche, manifesta di essere influenzato dalla pittura ariosa di Tiepolo, in quegli anni particolarmente studiato e preso come punto di riferimento dai pittori frescanti. Esistono due modelletti a olio su tela di questa composizione, considerata il capolavoro di Pietrasanta, uno presso la Pinacoteca di Brera e un altro, relativo al solo abbraccio tra i due amanti, nel museo Vela di Ligornetto nel Canton Ticino.
Nel 1873 licenziò la Lettrice e il Ritratto di una donna in costume settecentesco nella Fondazione Lamberti di Codogno, in cui l’effetto della luce sui volumi provoca quella sensazione di dissoluzione dei contorni tipica di Mosè Bianchi e di Tranquillo Cremona.
Nel 1875, ancora con Pagliano, Pietrasanta eseguì l’affresco con l’Allegoria della Pittura per il salone della Società artisti e patriottica di Milano e contemporaneamente dipinse il Ritratto di donna in costume settecentesco, nella Fondazione Lamberti, seguito da una Giovinetta, già nella raccolta Dondi di Novara e oggi dispersa, e dalla Servetta, perduta ma documentata da una fotografia (p. 15), condizionate dalla moda dell’epoca ispirata alla pittura settecentesca. Seguendo questa direzione Pietrasanta eseguì anche numerosi acquerelli rappresentanti donne in costume ciociaro, brianzolo o giapponese, conservati all’Ambrosiana di Milano o nella collezione Lamberti di Codogno, soddisfacendo una larga fetta di mercato (pp. 68 s.).
Pietrasanta morì prematuramente, di nefrite, il 4 giugno 1876 a Lodi, mentre preparava i cartoni per la decorazione ad affresco nella chiesa dell’Incoronata (i cartoni sono conservati presso il locale museo civico).
Venne sepolto nel cimitero monumentale di Milano, dove è ricordato con un busto commissionato allo scultore Odoardo Tabacchi dagli amici pittori. Nel centenario della nascita, il Comune di Codogno gli ha dedicato una mostra, in cui sono stati esposti circa quaranta suoi dipinti.
Fonti e Bibl.: G. Rovani, Esposizione di Belle Arti nelle sale del palazzo di Brera, IV, in Gazzetta Ufficiale di Milano, 1° ottobre 1855, p. 1; F. Filippi, Esposizione di Belle Arti nel palazzo di Brera, I, in La Perseveranza, 18 dicembre 1861, p. 2; G. Rovani, Esposizione di Belle Arti nelle sale del palazzo di Brera, IV, in Gazzetta Ufficiale di Milano, 16 dicembre 1861, p. 2; ibid., 12 settembre 1862, p. 2; F. Filippi, Esposizione di Belle Arti nel palazzo di Brera, II, in La Perseveranza, 19 settembre 1862, p. 2; C. Mongeri, Esposizione di Belle Arti nel palazzo di Brera, III, ibid., 9 settembre 1964, p. 1; J. Cosmate, La mostra di Belle Arti nel palazzo di Brera, III, in il Pungolo, 20 settembre 1864, p. 2; Mostra di pitture di A. P. nel centenario della nascita 1834-1934 (catal.), Codogno 1934; La donna nell’arte da Hayez a Modigliani (catal. Milano, Società per le Belle Arti ed Esposizione permanente, aprile-giugno 1953), Milano 1953, pp. 36-49; A. Novasconi, Alcuni artisti di Lodi e del lodigiano dell’800 e del primo ‘900, Lodi 1980, pp. 29-31; A. P. nel 150º anniversario della nascita (catal., Codogno, Palazzo comunale, 23 dicembre 1984 - 2 gennaio 1985), Codogno 1984; S. Rebora, A. P. in La pittura in Italia. Il Settecento, II, Milano 1989, p. 966; E. Susani, Incoronata di Lodi. Interventi ottocenteschi, in Archivio Storico Lodigiano, 1991, n. 109, pp. 19, 24, 54; M. Marubbi, La raccolta d’arte Lamberti di Codogno, Cinisello Balsamo 1992, pp. 44 s.; B. Agosti, A. P., in Pinacoteca di Brera. Dipinti dell’Ottocento e del Novecento. Collezioni della Pinacoteca e dell’Accademia, Milano 1994, pp. 549-551; A. P. pittore codognese, 1834-1876, Bergamo 1966; G. Cinex - S. Rebora, Imprenditori e cultura. Raccolte d’arte in Lombardia, 1829-1926, Cinisello Balsamo 1996, pp. 80-85; L. Putti - S. Rebora, A. P.: un protagonista della pittura lombarda del secondo Ottocento, Cinisello Balsamo 2009.