QUAGLIA, Angelo
QUAGLIA, Angelo. – Nacque a Corneto (oggi Tarquinia) il 28 agosto 1802, primogenito del conte Giacomo e di Vittoria Bruschi di Aspra Sabina.
Ebbe un fratello, Giuseppe, ricoverato per infermità mentale nel manicomio di S. Margherita a Perugia dal dicembre 1840 fino alla morte, nel 1866, e una sorella, Maria Giustina, che nel 1835 sposò il conte Lucantonio Bruschi-Falgari da cui ebbe sei figli, tra i quali Francesco, nominato erede universale da Quaglia.
La famiglia era originaria di Gualdo di Visso, nella montagna maceratese; dedita alla pastorizia, fin dal XVII secolo si spostava stagionalmente nella Maremma laziale per esercitarvi la transumanza. Verso il 1740 il bisnonno di Angelo, Giacomo, fissò stabilmente la sua dimora a Corneto, dove ebbe dodici figli, di cui nove maschi; tra di essi vi fu Angelo Antonio, nonno di Angelo Quaglia.
Nel corso del Settecento i Quaglia acquisirono il profilo sociale dei ‘mercanti di campagna’, sviluppando un notevole spirito imprenditoriale. Dotati di un cospicuo patrimonio armentizio, approfittarono della vendita dei beni nazionali sotto la Repubblica Romana per cominciare ad acquisire proprietà fondiarie nel Lazio e nelle Marche. Il padre di Angelo concentrò nelle sue mani l’intero patrimonio familiare e coronò questa prepotente ascesa sociale ottenendo il titolo di patrizio sabino e poi quello di conte (13 marzo 1832).
Quaglia compì gli studi superiori nel seminario e collegio di Montefiascone, legandosi particolarmente a Girolamo De Angelis, professore di teologia dogmatica. Maturata la propria vocazione negli anni del collegio, fu ordinato sacerdote il 16 luglio 1826, a Corneto, dall’ordinario locale.
Nell’autunno del 1825 si trasferì a Roma per seguire i corsi di diritto alla Sapienza, frequentandoli regolarmente solo per tre anni accademici (1825-26, 1826-27 e 1828-29); conseguì la laurea dottorale in utroque iure nel 1835, con un evidente ritardo. È invece infondato che egli abbia frequentato l’Accademia romana dei nobili ecclesiastici (diversamente da quanto sostengono LeBlanc, 2007, p. 770, e Cerri, 2009, p. 1640, sulla scorta di Weber, 1978, II, p. 610).
Dal 1828 al 1831 Quaglia fu ammesso come praticante nello studio della congregazione del Concilio, diretto da Prospero Caterini; questo tirocinio giurisprudenziale gli permise di guadagnarsi la stima del segretario della congregazione Giuseppe Antonio Sala, del suo successore Paolo Polidori e di Caterini stesso, tutti e tre successivamente promossi al cardinalato.
Nel luglio del 1833, grazie alla rendita annua di 1500 scudi assegnatagli dal padre, Quaglia poté candidarsi per un posto di prelato referendario nel tribunale della Segnatura di grazia e di giustizia; riuscì a ottenerlo, sebbene non presentasse tutti i requisiti necessari, e prestò giuramento il 5 settembre 1833. Negli anni seguenti gli furono assegnati vari incarichi minori: prelato ponente della congregazione del Buon governo (5 febbraio 1834), prelato aggiunto della congregazione del Concilio (dal 28 gennaio 1835 al 1841), secondo assessore del tribunale del governatore di Roma (6 aprile 1835) e, infine, uditore del tribunale della Segnatura di giustizia (dal 6 gennaio 1836 al 1839).
Tappa particolarmente importante nella sua carriera fu la nomina al tribunale della Sacra Rota, il 12 agosto 1839: ammesso come uditore per Roma con pontificio motu proprio del 18 novembre 1839, sostenne la disputa pubblica il 24 aprile 1840, quella privata e il giuramento solenne l’8 maggio successivo e prese servizio il 15 dello stesso mese.
Rimasto dopo il 1840 amministratore unico dell’ingente patrimonio familiare, non lesinò cure per preservarlo e accrescerlo, tenendo personalmente i contatti con fattori e amministratori. Forse fu proprio per questo suo piglio pragmatico che il 7 novembre 1846 Pio IX lo inserì in una commissione consultiva incaricata di trovare soluzioni al problema dell’accattonaggio, le cui proposte furono approvate dal papa nell’ottobre del 1847. Nel maggio del 1850 Quaglia fu inoltre chiamato a far parte di una commissione del ministero delle Finanze per esaminare la questione dell’affrancazione dei canoni.
Di fronte al riformismo di Pio IX e alle turbolenze politiche del 1848-49 Quaglia evitò di esporsi. Nei primi mesi del 1849, nonostante la proclamazione della Repubblica Romana, rimase a Roma, sia per partecipare ai lavori della Sacra Rota sia per tenere sotto controllo i propri interessi economici. Solo nell’aprile del 1849, per obbedire a un non meglio precisato «superiore volere» (Romagnoli, 1872, p. 43), si risolse a raggiungere Pio IX in esilio, trascorrendo alcuni mesi a Napoli; alla fine di agosto era però già di ritorno a Roma. Negli anni seguenti si mostrò fautore di una restaurazione particolarmente retriva e conservatrice (come rivela l’episodio riportato in Giovagnoli, 1898, pp. 302 s.).
Proprio allora la sua carriera conobbe una svolta decisiva. Il 27 gennaio 1852 fu nominato reggente della Penitenzieria apostolica e due mesi dopo, il 18 marzo, segretario della congregazione del S. Concilio, al posto di Girolamo D’Andrea, promosso al cardinalato; l’incarico, con il quale cumulava le mansioni di segretario della congregazione speciale per la Revisione dei concili provinciali, interna a quella del S. Concilio, e della congregazione della Residenza dei vescovi, inseriva Quaglia, ormai cinquantenne, nel cuore di uno dei principali dicasteri della Curia, aprendogli di fatto, per una consolidata prassi interna, la via alla porpora cardinalizia. All’incirca nello stesso periodo fu nominato vicario della basilica di S. Maria Maggiore.
Il 27 settembre 1861 fu elevato al cardinalato con il titolo presbiteriale di Ss. Andrea e Gregorio al Monte Celio, e nell’ottobre seguente fu inserito nelle congregazioni dei Vescovi e regolari, del S. Concilio, dell’Immunità ecclesiastica e delle Indulgenze e sacre reliquie. Il 23 aprile 1863 Pio IX lo nominò prefetto delle congregazioni dei Vescovi e regolari e della Disciplina regolare, cariche che mantenne fino alla morte; contestualmente a queste nomine, fu ammesso nella congregazione sopra lo Stato dei regolari (De statu regularium ordinum). Infine, il 14 maggio 1869 divenne membro della congregazione speciale per la Revisione dei concili provinciali.
Tipico esempio di prelato venuto dalla carriera amministrativa, quasi mai uscito dai confini laziali e poco propenso a occuparsi di questioni astratte e speculative, si fece la nomea di uomo pratico ed efficiente, ma cavilloso e di visione limitata. Diversi Tableaux cardinalizi, redatti negli anni Sessanta da osservatori di diverso orientamento, lo dipingevano unanimemente come poco influente e scarsamente brillante; gli attribuivano inoltre un’eccessiva propensione all’accrescimento del suo patrimonio e una certa avarizia (cfr. Weber, 1978, II, pp. 611, 642 e 677).
Dopo la nomina cardinalizia Quaglia ottenne diversi titoli onorifici e accademici: protettore della Confraternita di S. Maria del Suffragio di Corneto (ottobre 1861) e dell’arciconfraternita di S. Maria dell’orazione e morte di Roma (16 dicembre 1861); ‘virtuoso d’onore’ della congregazione pontificia dei Virtuosi al Pantheon (5 dicembre 1861); membro dell’Accademia dei Quiriti (6 ottobre 1862) e di quella degli Arcadi, con il nome di Melisco Eratidico (16 agosto 1863).
Sulla questione romana Quaglia mantenne posizioni rigidamente conservatrici e temporaliste. Nonostante la sua volontà di tenere un basso profilo, fu implicato, suo malgrado o per sua imperizia, in alcune delle roventi polemiche di quegli anni. Pochi mesi prima di essere elevato alla porpora fu accusato di carrierismo e annoverato da Francesco Liverani (Il Papato, l’Impero e il Regno d’Italia, Firenze 1861) tra quei prelati, inetti e immeritevoli, che si erano accaparrati le principali cariche dello Stato e della Chiesa solo grazie alla loro fedeltà al cardinale Giacomo Antonelli, mentre tra il 1864 e il 1867 fu coinvolto nella controversia tra il cardinale D’Andrea e la Curia, venendo duramente attaccato dalla stampa favorevole al cardinale dissidente. Come prefetto dei Vescovi e regolari, Quaglia si fece interprete della linea intransigente voluta dalla S. Sede contro il clero liberale e passagliano, soprattutto nel Lombardo-Veneto.
La sua partecipazione al Concilio Vaticano I fu all’insegna della marginalità. Escluso dal novero dei cardinali ai quali Pio IX sottopose i primi progetti di concilio nel dicembre del 1864, non svolse alcun ruolo di rilievo durante la preparazione dell’assise ecumenica, pur risultando tra i firmatari della bolla di indizione (22 giugno 1868). Prese parte ai lavori conciliari, avvalendosi della collaborazione del consultore Isidoro Verga, senza distinguersi particolarmente né rivestire incarichi di sorta; secondo Vincenzo Tizzani, unico cronachista a dedicargli qualche cenno nel suo diario, si mostrò sempre rigidamente intransigente, pieno di scrupoli religiosi e contrario alla benché minima apertura (cfr. Tizzani, 1991-1992, ad indicem).
Dopo il 20 settembre 1870, Quaglia aderì al fronte cardinalizio «completamente intransigente», che rifiutava qualsiasi transazione con il governo italiano (Ciampani, 2004, pp. 64 s.), anche se il suo posizionamento fu più teorico che pratico, vista la sua sostanziale estraneità agli affari politici (Valente, 1999, p. 817). Dall’agosto 1871 al gennaio 1872 svolse le funzioni di camerlengo del Sacro Collegio.
Morì a Roma il 27 agosto 1872, di apoplessia.
I funerali si tennero a Roma, nella chiesa di S. Maria in Via Lata, la mattina del 30 agosto 1872, ma il corpo fu inumato nel cimitero comunale di Corneto; gli venne eretto un monumento funebre nella chiesa cittadina di S. Maria Addolorata, opera dell’architetto Virgilio Vespignani.
Fonti e Bibl.: Tarquinia, Archivio della Società tarquiniense d’arte e storia, Archivio Bruschi-Falgari-Quaglia, PD.21, PD.24-25, PR.14-16, PR.18-19, QC.158, QG.2, QT.81, S.673, S.676, S.706, S.710, S.750, S.807, S.835, S.897, S.902, S.909, S.913, S.924-925, S.933, S.940, S.951, S.964, S.968, S.1011; Manoscritto Cialdi (Notizie genealogiche della Famiglia Bruschi-Falgari dal 1592 al 1923 raccolte ed ordinate da Roberto Cialdi), pp. 17-20, 55-68; Archivio di Stato di Roma, Congregazione degli Studi, Università di Roma, b. 197, f. 990; Tribunale della Segnatura, voll. 727, n. 5; 731, c. 37; Archivio segreto Vaticano, Sacra Rota, Diaria, vol. 30, cc. 99r-157v, 149-150; ibid., Processus in admissione auditorum, vol. 8, n. 199; Segreteria di Stato, Protocolli, 16301, 34409, 34641, 19342, 19396, 20334, 26390, 27027, 27966, 54843; ibid., Spogli dei cardinali e degli ufficiali di Curia, Spoglio A. Q.; G. De Angelis, Tristia Hieronymi De Angelis, Pesaro 1835, pp. 219-221; Massime e norme con cui potrebbero erigersi nelle provincie, o ne’ comuni dello Stato pontificio gli stabilimenti per la educazione de’ giovani poveri ed abbandonati, Roma 1847; F. Liverani, Il Papato, l’Impero e il Regno d’Italia. Memoria, Firenze 1861, pp. 49 s., 94 s., 116, 319 s.; Sulla difesa del cardinale Girolamo d’Andrea nel Voto per la verità, Italia 1867, pp. 47, 51, 61; La vertenza tra la corte di Roma ed il cardinale d’Andrea, Italia 1867, p. 11; G. Spada, Storia della rivoluzione di Roma e della restaurazione del governo pontificio, I, Firenze 1868, p. 115; E. Cecconi, Storia del Concilio Ecumenico Vaticano scritta sui documenti originali, I, Roma 1872, Narrazione, p. 155, Documenti, pp. 69, 77; G. Romagnoli, Nelle solenni esequie celebrate in Corneto all’eminentissimo cardinale A. Q., Roma 1872; L. Dasti, Notizie storiche archeologiche di Tarquinia e Corneto, Roma 1878, pp. 183 s., 419 s., 497; V. Tizzani, Il Concilio Vaticano I: diario di Vincenzo Tizzani (1869-1870), a cura di L. Pásztor, Stuttgart 1991-1992, I, pp. 264, 288 s., 292 s., II, pp. 455 s.; R. Giovagnoli, Pellegrino Rossi e la rivoluzione romana su documenti nuovi, I, Roma 1898, pp. 302 s.; R. De Cesare, Roma e lo stato del papa dal ritorno di Pio IX al XX settembre, II, Roma 1907, p. 422; E. Cerchiari, Capellani papae et Apostolicae Sedis auditores causarum Sacri Palatii Apostolici…, II, Roma 1919, pp. 306 s.; A. Gambasin, Il clero padovano e la dominazione austriaca, 1859-1866, Roma 1967, ad ind.; C. Weber, Kardinäle und Prälaten in den letzten Jahrzehnten des Kirchenstaates, II, Stuttgart 1978, pp. 509, 610 s., 617, 619, 642, 677, 718; Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, VIII, Padova 1978, pp. 15 s., 46, 63; L. Balduini, La famiglia Q., in Il Campanone (Tarquinia), IV (1990), 9, pp. 5-7; M. Valente, Pio IX, il Sacro Collegio e il corpo diplomatico di fronte alla questione della partenza da Roma dopo la caduta del potere temporale, in Il Diritto ecclesiastico, CX (1999), p. 817; Ph. Boutry, Souverain et pontife. Recherches prosopographiques sur la curie romaine à l’âge de la restauration (1814-1846), Rome 2002, pp. 39, 41, 116, 174, 204, 209, 217, 619; A. Ciampani, Da Pio IX a Leone XIII: il dibattito nella Curia romana dopo l’Unità d’Italia, in La moralità dello storico. Indagine storica e libertà di ricerca, Soveria Mannelli 2004, pp. 64 s.; J. LeBlanc, Q., A., in Id., Dictionnaire biographique des cardinaux du XIXe siècle, Montréal 2007, pp. 770 s.; M.G. Cerri, Q., A., in Dizionario storico biografico del Lazio, III, Roma 2009, pp. 1640 s.