LACERENZA, Angelo Raffaele
Nacque a Barletta il 19 apr. 1811 da Antonio, discendente da una famiglia di origine greca, e da Maria Fiorella Mattia. Compiuti gli studi inferiori nella città natale, il L., spinto probabilmente dal clima di fiducia che caratterizzò i primi tempi del regno di Ferdinando II di Borbone, si arruolò volontario (giugno 1831) nel reggimento di fanteria "Regina", di stanza a Napoli, ottenendo ben presto la nomina a caporale. Approfittò inoltre della residenza nella capitale per accostarsi a quegli ambienti antiborbonici che, ripudiato il settarismo della vecchia carboneria, stavano faticosamente accostandosi agli ideali di libertà e nazionalità propugnati da G. Mazzini.
Coinvolto nella congiura ordita dal caporale C. Rosaroll e dal tenente F. Angelotti, dei cavalleggeri della Guardia, nella città di Penne degli Abruzzi (1833), il L. fu nel novembre 1834 degradato e rinchiuso alcuni mesi in un carcere militare. Ritenuto ancora complice nella cospirazione di Napoli, Vallo e Penne del 1837, venne sottoposto (settembre 1837) al giudizio della Commissione militare che però lo assolse per insufficienza di prove. Ormai prossimo alla conclusione del servizio militare, chiese e ottenne allora di essere aggregato all'ospedale di Cava de' Tirreni, per poter continuare gli studi di medicina, che aveva nel frattempo intrapreso.
Congedatosi dall'esercito e strettamente sorvegliato dalla polizia, il L. decise nel dicembre 1837 di lasciare il Regno e si trasferì dapprima a Corfù, poi ad Atene, infine a Smirne. Qui conobbe i fratelli A. ed E. Bandiera, ufficiali della marina austriaca, e nello stesso periodo scrisse a Mazzini per essere affiliato alla Giovine Italia, entrando così in corrispondenza diretta col patriota genovese.
In Turchia (ove si mantenne esercitando, come avrebbe fatto anche in seguito, la professione medica) restò fino al dicembre 1843: si trasferì quindi in Egitto, poi a Gedda, ad Aden, e a Bombay. Nell'aprile 1845 giunse infine a Madras, ove prese servizio come chirurgo militare. Nel febbraio 1846, dopo aver sostenuto un esame presso un consiglio medico, ebbe l'incarico di accompagnare da Madras a Londra 250 soldati invalidi. Nella capitale britannica il L. incontrò Mazzini, che lo incaricò di propagandare il nome di G. Garibaldi, ancora poco noto agli Italiani. Stabilitosi a Firenze dopo un breve soggiorno in Belgio e in Francia, il L. fece stampare a sue spese 6000 copie del decreto del governo di Montevideo che rendeva speciali onori a Garibaldi, e provvide a farle distribuire nella penisola. Fece poi ritorno nella natia Barletta, ove rimase, sorvegliato dalla polizia, fino ai moti del 1848.
Nel concitato frangente seguito alla concessione della costituzione, il L. contribuì alla organizzazione nella propria città della guardia nazionale, di cui fu eletto tenente. Recatosi a Napoli per ricevere istruzioni e armi, combatté sulle barricate nella drammatica giornata del 15 maggio 1848. Tornato a Barletta, tentò coraggiosamente di coordinare le fila del movimento liberale per contrastare la restaurazione borbonica: fu arrestato una prima volta all'inizio del 1849, e tenuto in carcere dal novembre dello stesso anno al luglio 1850, con l'accusa di mantenere corrispondenza con l'estero. In seguito, insieme con il tranese G. Iacobi, il L. diede vita alla società segreta "Landwer", cui aderirono in massima parte giovani studenti. L'attività cospirativa venne stroncata nell'aprile 1851 da un nuovo arresto del L., che fu detenuto nei bagni penali delle città di Chieti, Bari, Pescara e Campobasso, fino a quando, nell'ottobre 1857, fu espulso dal Regno.
Il L. si recò dapprima a Corfù, poi a Malta, ove incontrò N. Fabrizi, R. Pilo, G. Fanelli e fece pubblicare in alcuni quotidiani locali la tormentata storia degli ultimi nove anni da lui trascorsi nelle Due Sicilie. Dopo un nuovo viaggio a Londra, si spostò nel Regno sardo, e qui (grazie ad alcuni articoli pubblicati nel mazziniano Giornale di Genova) fece opera di propaganda contro il dispotismo borbonico. Allontanato dal Piemonte nel marzo 1859, a quanto sembra su ordine di C. Cavour, dimorò per un breve periodo a Lugano, ove conobbe C. Cattaneo. Si recò poi in Brasile, a Bahia, in qualità di medico di una società ferroviaria inglese, fronteggiando validamente, durante la sua breve permanenza, una rovinosa epidemia di febbre gialla. Risale inoltre al periodo brasiliano l'ingresso del L. nella massoneria.
Appena ebbe notizia della imminente insurrezione nelle Due Sicilie, il L. decise di far ritorno in Italia: dopo un breve soggiorno a Genova (luglio 1860), ove si tenne in contatto con Mazzini tramite A. Bertani, si diresse a Napoli e, non appena giuntovi, si presentò al Comitato insurrezionale mazziniano, presieduto da G. Libertini. Si recò quindi in Terra di Bari, con il compito di dare vita a un vasto movimento insurrezionale che precedesse il passaggio di Garibaldi sul continente. Insieme con il maggiore F. Gaston e il capitano G. Acerbi, organizzò in Foggia un battaglione di volontari, che prese il nome di Cacciatori dell'Ofanto ed ebbe il battesimo del fuoco a Canosa, contro le truppe del generale borbonico F. Flores. Promosso maggiore da Garibaldi l'8 ott. 1860, il L. prese parte con i suoi uomini, nel frattempo inquadrati nella divisione "Bixio", al fatto d'armi di Capua del successivo 21 ottobre.
Sciolto l'esercito meridionale, il L. fu destinato al deposito militare di Vercelli. Incorporato nel marzo 1862 nell'esercito nazionale col grado di capitano, il L. vi sarebbe rimasto sino al 1871, partecipando anche (nel 47° reggimento fanteria) alla guerra del 1866. Negli anni in cui prestò servizio nell'esercito regolare, fu più volte accusato di svolgere propaganda repubblicana fra gli ufficiali: in particolare, fu direttamente coinvolto, in qualità di finanziatore, nella cospirazione organizzata da Mazzini in Sicilia all'inizio del 1870, poi miseramente fallita.
Dopo il collocamento a riposo, il L. visse a Milano, e quindi (dal 1874) a Napoli. Negli ultimi anni della sua vita, fu organizzatore e presidente della Società dei reduci garibaldini, e appartenne anche, insieme con G. Avezzana e M.R. Imbriani, all'Associazione in pro dell'Italia irredenta. Astensionista convinto, rifiutò più volte la candidatura al Parlamento nazionale, offertagli da vari collegi d'Italia. Come attestano i contatti epistolari con O. Gnocchi Viani, che vide in lui un possibile punto di appoggio per la penetrazione del socialismo nel Meridione, il L. si mantenne sino alla fine un tenace assertore del pensiero mazziniano.
Il L. morì a Napoli il 30 dic. 1889.
Fonti e Bibl.: Presso il Museo centrale del Risorgimento di Roma si conservano 33 lettere (in qualche caso con le relative risposte) del periodo 1859-88, inviate al L. da personaggi quali N. Bixio, G. Mazzini, G. Avezzana, M. Amari, M. Quadrio, G. Garibaldi, O. Gnocchi Viani, A. Saffi, N. Fabrizi, L. Carpi, J. White Mario, L. Kossuth, G. Bovio. Notizie interessanti in G. Assergio, Biografia di R. L., Torino 1862, e, soprattutto, in G. De Ninno, Biografia di A.R. L., maggiore garibaldino da Barletta, Bari 1913 (rilevante l'appendice documentaria alle pp. 77-127). Si veda inoltre Scritti editi e inediti di G. Mazzini (per la consultazione: Indici, II, ad nomen).
Qualche riferimento storiografico al L. in P. Tisci, Gli avvenimenti del 1860 nel circondario di Barletta, Trani 1881, p. 12; G. Petroni, Storia di Bari (1860-1895), Bari 1898, p. 19; S. Daconto, La provincia di Bari nel 1848-49. Narrazione storica, Trani 1908, pp. 157, 165-170; M. Mazziotti, La reazione borbonica nel Regno di Napoli: episodi dal 1849 al 1860, Milano 1912, p. 416; C. Cesari, Corpi volontari italiani dal 1848 al 1870, Roma 1921, p. 99; A. Lucarelli, La Puglia nel sec. XIX, Bari 1927, p. 145; M. Viterbo, Gente del Sud, III, Il Sud e l'Unità, Bari 1966, pp. 58, 78, 107 s., 332 s., 335.
Brevi profili del L. in: L. Carpi, Il Risorgimento italiano, II, Milano 1886, pp. 520-526; e Diz. del Risorgimento nazionale, III, sub voce.