TASCA, Angelo. –
Nacque a Moretta, in provincia di Cuneo, il 19 novembre 1892 da Carlo e da Angela Damilano.
Si trasferì a Torino con il padre, dopo la separazione dei genitori. Conseguì la licenza di maturità classica nel 1911. Si iscrisse prima a giurisprudenza e poi passò a lettere e filosofia nel 1912, laureandosi nel 1917 con una tesi su Giacomo Leopardi e la filosofia dell’illuminismo francese. Nel 1916 sposò Lina Martorelli, da cui ebbe tre figli e da cui si divise all’inizio degli anni Trenta.
Nel 1909 iniziò la sua militanza attiva all’interno della sezione socialista di Torino. Dapprima nel movimento giovanile, poi, a partire dal 1912, attivo nel PSI (Partito Socialista Italiano), inizialmente su posizioni antimilitariste vicino a Gaetano Salvemini e a Benito Mussolini.
La fine del conflitto corrispose a una ripresa dell’iniziativa politica. Con Antonio Gramsci progettò e fondò il periodico settimanale L’Ordine nuovo (1° maggio 1919, n. 1 - 24 dicembre 1920, n. 23), convinto che il rinnovamento della politica socialista, sulle linee del confronto pubblico con Mussolini al momento dell’uscita di questi, allora direttore dell’Avanti!, dal PSI (ottobre-novembre 1914) dovesse ripartire da una nuova idea della politica. Una possibile via di uscita dalla crisi del dopoguerra doveva per lui ritrovarsi nelle forme dell’azione sindacale e in una visione non corporativa e solo di classe, come affermava nella relazione tenuta il 13 aprile 1920 alla sezione socialista di Torino (Consigli di fabbrica, 1921), in cui discuteva criticamente l’idea dei consigli come alternativi al partito politico (proposta da Gramsci) e sottolineava la necessità del ruolo del sindacato. L’effetto di quel contrasto sancì la sua emarginazione nel gruppo dell’Ordine nuovo e segnò la fisionomia della sua funzione interna al PCd’I (Partito Comunista d’Italia), di cui fu tra i fondatori a Livorno (21 gennaio 1921).
La maggioranza del PCd’I al momento della nascita era espressa dal gruppo di Amadeo Bordiga, che assorbiva il gruppo dell’Ordine nuovo. L’isolamento di Tasca fece sì che il gruppo fosse privo di un capo politico credibile: Tasca aderì al Pcd’I anche se convinto che il futuro della sinistra fosse nella capacità di agire unitariamente e non contrapponendosi al PSI o alla direzione riformista del sindacato (CGL, Confederazione Generale del Lavoro).
Proprio perché dotato di competenza, esperienza e di una sensibilità che ne facevano l’unico esponente politico del PCd’I in grado di discutere di strategia sindacale e l’unica figura con cui il sindacato era disposto a confrontarsi, Tasca fu nominato responsabile della commissione operaia e sindacale del partito, peraltro in quel momento in minoranza all’interno della Terza internazionale. La situazione cambiò con il IV congresso (novembre-dicembre 1922), dove prevalse la linea dell’unità d’azione politica e sindacale, strategia che rese Tasca il vero referente politico in Italia agli occhi della Terza internazionale, che giudicava la direzione bordighiana espressione di un estremismo privo di fondamento politico. La nuova situazione produsse il lento distacco del gruppo dell’Ordine nuovo dalla segreteria del PCd’I, segnato dalla nomina di Gramsci a rappresentante del PCd’I nella direzione della Terza internazionale.
Iniziò la lenta costruzione di un polo di centro affidato a Gramsci, che da Mosca fu trasferito a Vienna (dicembre 1923-aprile 1924) e che adottò alcuni temi della linea politica di Tasca pur non volendone riconoscere l’origine. Proprio per la pressione e la sollecitudine della Terza internazionale e del suo rappresentante nei Paesi europei di lingua neolatina (Portogallo, Spagna, Francia, Belgio, Svizzera italofona e francofona, Italia), Jules Humbert-Droz, si impegnò a ricomporre un gruppo dirigente alternativo alla segreteria di Bordiga.
Tasca collaborò a questo rilancio non chiedendo cariche di partito, e anzi per certi aspetti mettendosi in disparte (è di questo periodo la sua nuova iscrizione all’università per il conseguimento di una laurea in giurisprudenza) e scegliendo di trasferirsi a vivere da Torino ad Asti presso i suoceri. Il primo passaggio di questa nuova condizione fu sancito dalla Conferenza di Como (maggio 1924). Tra il 1924 e il 1925 Tasca continuò a tenersi al margine del partito. Lentamente nell’autunno del 1925 riprese il suo impegno diretto (Soave, 2005, p. 80) collaborando, pur con discrezione, alla preparazione dei materiali e dei documenti per il III Congresso del PCd’I (Lione, gennaio 1926).
Il Congresso di Lione, se portò a un riavvicinamento non sancì tuttavia un suo coinvolgimento in prima persona: Tasca era ancora diffidente verso una segreteria politica che non sapeva quanto convinta della sua stessa scelta, ma soprattutto iniziò a guardare con diffidenza a quanto si stava svolgendo a Mosca nella discussione che contrapponeva Stalin e Nikolaj I. Bucharin a Lev Trockij e Grigorij E. Zinov´ev. Tasca condivise le proposte di Bucharin in merito all’economia, ma non il suo consenso a Stalin in merito alla polemica interna al Partito comunista russo. Per questo fu completamente solidale con la lettera che Gramsci inviò a nome del Comitato centrale del PCd’I il 14 ottobre 1926 al Comitato centrale del Partito comunista russo (PCUS) che per primo rese pubblica nell’aprile del 1938 sulle pagine del periodico Problemi della rivoluzione italiana. L’arresto di Gramsci l’8 novembre 1926, nel pieno del confronto interno su questa questione, e la necessità di dare un nuovo assetto alla direzione del partito lo indussero a sciogliere le sue riserve e a impegnarsi in prima persona per il consolidamento e la definizione della linea politica uscita dal Congresso di Lione. All’inizio del 1927 si trasferì dapprima in Svizzera e poi a Parigi.
Il triennio che si aprì con il 1926 e si chiuse nel settembre del 1929 con la sua espulsione formale dal PCd’I fu un periodo cruciale per la definizione sia della sua personalità politica sia della cultura politica del partito. Si tratta del suo contributo al mensile Lo Stato operaio (1927, n. 1 - 1943, n. 4) che contribuì a definire nei contenuti e nella fisionomia insieme a Palmiro Togliatti e che diresse e coordinò fino all’inizio della sua divergenza con il partito sullo stalinismo (febbraio 1929). La rilevanza del suo contributo è individuabile in tre aspetti.
Il primo riguarda la lettura della congiuntura politica ed economica che poi il grande crollo dell’ottobre 1929 rese evidente. Tasca si impegnò nella discussione privata con Piero Sraffa (1898-1983) in parte pubblicata sulla rivista, ma soprattutto nella sua lettura della trasformazione del capitalismo: proponeva una linea politica che rifuggiva dal catastrofismo politico ed economico sostenuto dalla componente staliniana della Terza internazionale e in sintonia con la lettura delle trasformazioni del capitalismo proposta da Bucharin; guardava con interesse alle interpretazioni proposte dalla componente dell’austro-marxismo e in particolare da Rudolf Hilferding e dalle sue tesi sul capitalismo organizzato presentate al Congresso di Kiel della socialdemocrazia tedesca nel maggio del 1927.
Il secondo aspetto, in conseguenza della sua lettura non catastrofista della congiuntura politica ed economica, è rappresentato da un’interpretazione del fascismo su cui aveva già iniziato a lavorare e a riflettere a metà degli anni Venti (durante, e ancor più dopo, la crisi Matteotti, nel 1924). Una lettura che fu anche sostenuta dall’analisi del fattore economico italiano successivo alle scelte avviate dal fascismo con ‘quota 90’.
Il terzo aspetto riguarda l’attenzione a una storia del socialismo e del movimento operaio in Italia. Nelle pagine di Lo Stato operaio tra il 1927 e il giugno del 1930, attraverso il recupero della funzione culturale di Antonio Labriola, Tasca avviò una riflessione sulla storia e sulle origini del socialismo in Italia, che solo la storiografia del secondo dopoguerra (anche in forza delle suggestioni di Nello Rosselli) provò a ripercorrere, rivolgendo la sua attenzione soprattutto alla tradizione associativa, cooperativa, alla storia delle culture e non solo a quella delle ideologie.
Questi tre temi contribuirono in forma determinante a definire una cultura politica che con diffidenza guardava al crescente consolidamento dello stalinismo. Il risultato, anche in forza della sua presa diretta del crescere del fenomeno, quando si trovava a Mosca tra l’estate del 1928 e il febbraio del 1929 in qualità di rappresentante del PCd’I alla segreteria della Terza internazionale, riaprì il confronto con il suo partito.
Nel febbraio del 1929 Tasca stese una relazione sul suo operato a Mosca e sul suo giudizio relativo al processo politico in atto nella Terza internazionale. La richiesta di recedere dalle sue critiche, presentata dal partito e poi dall’Internazionale, lo trovò assolutamente contrario e l’effetto fu la sua espulsione, al termine di una sessione del Comitato centrale che ebbe toni non solo polemicamente forti, ma anche emozionalmente drammatici, sia in chi lo attaccava sia nella sua autodifesa (3 settembre 1929).
I tre temi che costituivano il nerbo della sua riflessione politica e culturale in quel periodo definiscono la sua personalità anche successivamente, ovvero nei trent’anni intercorsi tra la fine della sua esperienza politica nel Partito comunista italiano (PCI) e la sua morte.
Espulso dal PCI e ormai trasferitosi definitivamente a Parigi, Tasca iniziò a collaborare al settimanale Monde (1928-35) diretto da Henri Barbusse. Dal 1930 al 1933 svolse funzioni di redattore capo firmandosi A. Rossi, pseudonimo adottato per tutte le sue pubblicazioni in lingua francese. Nell’estate del 1933 fu allontanato per le sue critiche all’URSS. Su Monde Tasca intervenne sistematicamente sui temi della crisi economica, sulla crisi della sinistra comunista e socialdemocratica, su alcuni temi di politica estera, sulla crisi del marxismo.
Con l’avvento di Adolf Hitler in Germania (30 gennaio 1933), Tasca pubblicò su Monde, tra l’aprile e l’agosto del 1933, tredici interventi radunati sotto il titolo Marxisme 1933 (i primi dieci furono pubblicati nel volume De la démocratie au socialisme nel 1934), sostenendo la necessità che il marxismo e il movimento socialista assumessero la democrazia come terreno imprescindibile nella propria proposta politica.
In De la démocratie au socialisme Tasca proponeva una rilettura della riflessione di Karl Marx tenendo conto anche dei suoi inediti giovanili e degli scritti di Engels sul tema della democrazia. Negli stessi mesi avviò la scrittura della monografia dedicata alle origini del fascismo (Naissance du fascisme, 1938), che in Italia fu tradotta nel 1950. Sul piano politico furono questi gli anni in cui Tasca si impegnò a fianco di Carlo Rosselli, convinto della necessità di un profondo rinnovamento politico e culturale del socialismo, ma da cui poi si distaccò in seguito alla crisi della Concentrazione antifascista (aprile 1934), privilegiando un lavoro di impegno e di presenza a fianco del PSI, al quale aveva aderito nel marzo del 1935. In quel periodo fondò il periodico Politica socialista (1934-35) e con Giuseppe Faravelli coordinò il lavoro con il Centro socialista interno (1934-39), il gruppo di giovani socialisti operanti in Italia intorno alla figura di Rodolfo Morandi (1901-1955).
Contemporaneamente, proprio per le sue posizioni sul rinnovamento del socialismo e per la vicinanza al riformismo socialista del Partito socialista francese (SFIO, Section Française de l’Internationale Ouvrière) iniziò a collaborare, dal giugno del 1934, con la componente politica vicina al leader socialista Léon Blum e a tenere una rubrica di politica estera sul quotidiano del Partito socialista Le Populaire (che curò fino al giugno del 1940). Erano gli anni in cui Tasca sentiva la Francia non più solo come suo Paese ospitante, ma anche come Paese di cui condividere le sorti, tanto da chiedere e ottenere la cittadinanza francese nel giugno del 1936.
Ciò spiega anche il profilo dei suoi interventi di politica estera nella sua rubrica, laddove insisteva particolarmente sul tema della costruzione di un’alleanza democratica internazionale che facesse dell’asse Francia, Regno Unito e URSS – poi Francia, Regno Unito, Stati Uniti con l’appoggio esterno dell’URSS – la proposta di una opposizione politica e militare al fascismo europeo e all’asse italo-tedesco che iniziava a delinearsi con il colpo di Stato in Austria (luglio 1934), la guerra civile spagnola (1936-39) e l’Anschluss (12 marzo 1938). La prevalenza all’interno della SFIO della componente pacifista, favorevole all’Accordo di Monaco (30 settembre 1938) lo convinse ad abbandonare la collaborazione a Le Populaire, che riprese nel marzo del 1939. Allo stesso tempo l’espandersi dello stalinismo, con i grandi processi di Mosca tra il 1936 e il 1938, lo convinsero dell’impossibilità di una reale lotta antifascista con i comunisti, temi su cui scrisse sia sulla rivista Esprit sia sul periodico Problemi della rivoluzione italiana (1937-39). La crisi dell’estate 1939 e la firma del patto Molotov-Ribbentropp (23 agosto 1939) confermava questa sua valutazione, che nel PSI italiano lo contrappose a Pietro Nenni, convinto della indispensabilità dell’unità d’azione PSI-PCI. Tra lo scoppio della guerra (3 settembre 1939) e il crollo della Francia, Tasca coordinò l’ufficio politico del PSI.
Il crollo militare della Francia nel giugno del 1940 lo convinse sia della profondità della crisi sia della necessità di impegnarsi per la rinascita della democrazia, convinto che ci fosse da attraversare un lungo ‘purgatorio’, in cui la cultura del cattolicesimo democratico doveva incontrarsi con il socialismo democratico ed esprimere una nuova sintesi politica. Il profilo di questa riflessione era influenzato in particolare dal suo rapporto, intellettuale e privato, intrattenuto dal 1935 con Liliane Chomette (1901-1985), già coniugata con Ramon Fernandez e che poi egli sposò in seconde nozze nel 1946.
Nel novembre del 1940 perse la cittadinanza francese, che chiese e riottenne il 4 aprile 1941. Tra settembre e novembre del 1940 partecipò al gruppo (coordinato da Charles Spinasse) che diede vita al quotidiano L’Effort (1940-44), da cui si dimise nel novembre del 1940, con la svolta collaborazionista del quotidiano. La sua convinzione che il governo Pétain fosse, oltre alla sua natura collaborazionista con l’occupante, anche un’esperienza capace di costruire con lentezza la rinascita di una nuova Francia democratica, finì presto, tanto che nel febbraio del 1941 entrò in contatto con una parte della resistenza belga, con la quale si impegnò mantenendo la sua posizione di addetto al ministero della Propaganda del governo di Vichy.
In quel periodo scrisse sulla ricostruzione di un’identità nazionale della Francia, sulla necessità di una cultura democratica europea fondata sul principio di fraternità e non solo su quello di libertà e di eguaglianza, e sensibile al tema della civiltà europea come civiltà cristiana.
All’indomani della liberazione di Parigi (23 agosto 1944) fu arrestato (3 settembre 1944) per sospetto collaborazionismo, ma rilasciato il successivo 12 ottobre per infondatezza dell’accusa.
Riprese la sua attività di pubblicista accanto ai gruppi gollisti. Il secondo dopoguerra lo vide impegnato nell’attività di pubblicista e di storico su tre temi in particolare: la ricostruzione dell’attività del Parti communiste français nel periodo del patto Molotov-Ribbentropp e nel periodo della neutralità fino alla scelta antinazista solo in seguito all’invasione tedesca dell’URSS (22 giugno 1941); la difesa della denuncia dello stalinismo e in particolare di Ignazio Silone dopo l’uscita del volume Il dio che è fallito (1950); la sua ricostruzione delle origini e dei primi anni del PCI, su cui scrisse dettagliatamente sul settimanale Il Mondo tra il 1952 e il 1953.
Nel 1948 collaborò al periodico del Partito socialdemocratico italiano La Giustizia. Nel 1950 vinse una causa contro il periodico comunista francese La France nouvelle, che lo aveva accusato di collaborazionismo, grazie anche alla testimonianza a suo favore di Gaetano Salvemini. Tra il 1953 e il 1955 collaborò all’ufficio studi della NATO con rapporti sulla cultura delle sinistre in Europa occidentale. Tra il 1956 e il 1957 pubblicò e curò l’edizione in lingua francese e poi in lingua italiana del ‘Rapporto segreto’ Khruscev al XX Congresso del PCUS (23 febbraio 1956). Tra la fine del 1957 e l’inizio del 1958, in seguito alle sue precarie condizioni di salute, decise di vendere il suo ricco archivio di monografie, periodici e note manoscritte, che fu acquistato da Giangiacomo Feltrinelli nella primavera del 1958.
Morì a Parigi il 3 marzo 1960.
Opere. I Consigli di fabbrica e la rivoluzione mondiale, Torino 1921; De la démocratie au socialisme, s.l. 1934; La naissance du fascisme, Paris 1938 (trad. it. Scandicci 1950, 1995); Physiologie du Parti communiste français, Paris 1948; Deux ans d’alliance gérmano -soviétiques, Paris 1949 (trad. it. Firenze 1951); Le cahiers du Bolchevisme pendant la champagne 1939-1940, Paris 1951; Les communistes français pendant la drôle de guerre, Paris 1951; In Francia nella bufera, Modena 1953; La guerre des paillons. Quatre ans de politique communiste (1940-1944), Paris 1954; Autopsie du stalinisme, Paris 1957 (trad. it. Milano 1958); Politica russa e propaganda comunista, Roma 1957.
Fonti e Bibl.: Milano, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Archivio Angelo Tasca; Documenti inediti dell’archivio Angelo Tasca, in La rinascita del socialismo italiano e la lotta contro il fascismo dal 1934 al 1939, a cura di S. Merli, Milano 1963; I primi dieci anni di vita del Pci. Documenti inediti dell’archivio Angelo Tasca, a cura di G. Berti, Milano 1967; Problemi del movimento operaio. Scritti storici e inediti di Angelo Tasca, a cura di G. Berti, Milano 1969; L’azione svolta dal Partito comunista in Italia durante il fascismo, 1926-1932. Ricordi, documenti iediti, testimonianze, a cura di P. Secchia, Milano 1970, 1973; G. Salvemini - A. Tasca, Il dovere di testimoniare. Carteggio, a cura di E. Signori, Napoli 1996; La France de Vichy. Archives inédits d’Angelo Tasca, a cura di D. Bidussa - D. Peschanski, Milano 1996; Vichy 1940-1944. Contrôle et exclusion, a cura di D. Peschanski, Bruxelles 1997; Il fascismo in tempo reale. Studi e ricerche di Angelo Tasca sulla genesi e l’evoluzione del regime fascista: 1926-1938, a cura di G. Vacca - D. Bidussa, Milano 2014.
F. Trocchi, A. T. e “L’Ordine Nuovo”, Milano 1973; L’analisi economica dei comunisti italiani durante il fascismo, a cura di G. Sapelli, Milano 1978; A. Riosa, A. T. socialista. Con una scelta dei suoi scritti (1912-1919), Venezia 1979; La politica economica del fascismo nell’analisi de “Lo Stato Operaio” (1927-1932), a cura di S. Marconi - S. Massaroni Nesti, Roma 1980; A.J. De Grand, A. T. Un politico scomodo, Milano 1985; Un eretico della sinistra. A. T. dalla militanza alla crisi della politica, a cura di S. Soave, Milano 1995; S. Soave, Senza tradirsi, senza tradire. Silone e T. dal comunismo al socialismo cristiano (1900-1940), Torino 2005; C. Rancon, A. T. (1892-1960). Biographie intellectuelle, Paris-Viterbo 2011; E. Rota, A pact with Vichy. A. T. from Italian socialism to French collaboration, New York 2013.