UGGERI, Angelo
UGGERI, Angelo. – Nacque a Gera, presso Pizzighettone (Cremona), il 14 aprile 1754 da Giovanni Battista e da Marianna Raspardi, «ambedue di civile condizione ed agiati anzi che no», che lo avviarono agli studi umanistici presso il Collegio dei gesuiti a Cremona, dove all’età di quindici anni si votò alla vita religiosa (Fabi Montani, 1838, p. 6). Al contempo, preferendo allo studio delle lettere quello dell’architettura, frequentò la Regia scuola tecnica cremonese, in cui ebbe come professore di disegno Giovanni Battista Manfredini, architetto della Fabbriceria del duomo, che lo introdusse alla decorazione e al vedutismo di gusto antiquario (ibid.).
All’inizio degli anni Ottanta, già ordinato sacerdote, raggiunse a Milano il fratello minore, studente di medicina, e frequentò l’Accademia di Brera, dove completò la sua formazione sotto la protezione di Giocondo Albertolli, professore di ornato, e, soprattutto, del segretario perpetuo Carlo Bianconi, di cui fu ospite nel Collegio braidense. Nel 1782 e nel 1783 partecipò per corrispondenza ai concorsi di architettura dell’Accademia di belle arti di Parma, conseguendo, rispettivamente, una menzione e il primo posto, assegnatogli il 13 giugno, quando a causa di una «fortissima malattia» sembrava «quasi all’orlo del sepolcro» (ibid., p. 7; Concorsi dell’Accademia..., 1988, pp. 189-192).
Se il saggio del 1782, sul tema di «una loggia o borsa di cambio», andato disperso, è attestato solo dal commento dei giudici, che lo trovarono «pieno di magnificenza e di grandiosità», ma viziato da una «enorme cupola» e da un tetto troppo sporgente, quello vittorioso del 1783, sul tema di un «pubblico palagio destinato ad accogliere le cariche del governo d’una città», denota l’adesione ai dettami accademici di simmetria e sobria monumentalità considerati propri della «vitruviana architettura» (ibid.).
Nel 1783 l’Accademia Clementina di Bologna lo ascrisse fra i suoi soci onorari, presumibilmente per intercessione dell’influente Bianconi, del quale nel frattempo Uggeri era diventato uno stretto collaboratore, sia nella progettazione architettonica, sia nello studio delle antichità. Sotto la direzione del maestro, nel corso del 1783 Uggeri eseguì i disegni per il progetto della facciata della villa Hercolani a Belpoggio, consegnati in ritardo a causa dei postumi della sua malattia (lettera di Bianconi al marchese Filippo Hercolani del 7 gennaio 1784, in Galeazzi, 2010, p. 76), e inoltre produsse «disegni grandi» del Colosseo con figure di Andrea Appiani (P. F., 1802, p. VIII), e rilevò i resti romani presso la basilica di S. Lorenzo a Milano (Bianconi, 1787).
Sempre nel 1783 egli ricevette la prima significativa commessa autonoma: il progetto del piccolo teatro di Codogno, opera che, nonostante la prescrizione ricevuta di conformarla al modello del teatro nella villa arciducale di Monza di Giuseppe Piermarini, egli cercò di adeguare ai dettami di Vitruvio sul teatro greco, tramite l’allargamento del boccascena e l’adozione di varianti dei trigoni versatiles visibili nei disegni pubblicati dall’amico Luigi Cardinali nel 1826, quando l’edificio risultava già distrutto da un incendio (Cardinali, 1826).
La carriera di Uggeri si andava delineando autonomamente: dall’esecuzione di disegni non meglio specificati per i palazzi Borromeo d’Adda su corso Manzoni e Vidani a porta Orientale (De Boni, 1840), allo studio degli ordini, da cui maturò «il pensiero di pubblicare un libro che contenesse un trattato di tre ordini, come libro elementare di Architettura» (Uggeri, 1823, p. 296), e con esso l’idea di un soggiorno di studio a Roma, messa in atto nel 1788.
Secondo le fonti biografiche, il principale fautore del trasferimento di Uggeri a Roma fu il conte Gian Rinaldo Carli, uomo politico ed erudito antiquario, conosciuto nello studio di Bianconi. Grande estimatore dei suoi studi sull’ordine dorico, costui ne pubblicò alcuni disegni del Colosseo, non firmati (Carli, 1788), che il maestro ritenne frutto di plagio delle proprie ricerche e di quelle del fratello Gian Ludovico, morto nel 1781. Bianconi imputò tale plagio alla condotta sleale di Uggeri in una lettera scrittagli il 18 febbraio 1789: «Ho saputo poi ch’Ella gli ha fatto i disegni senza dirmene una parola, come doveva. Cosa debbo dirle se non che, quod tibi non vis, alteri ne feceris. I dolori maggiori mi sono venuti dal far bene ad altri. Non per questo lascierò il mio cammino. Ella mi dee intendere... Stia bene, si faccia onore, ma non così» (P. F., 1802, p. XXII).
La lettera di Bianconi fu pubblicata nel 1802 all’interno della prefazione della versione originale della Descrizione dei circhi particolarmente di quello di Caracalla... del fratello Gian Ludovico. Questo testo, firmato da un non meglio identificato P. F., ma evidentemente ispirato dallo stesso Carlo (morto il 15 agosto di quell’anno), conteneva altre veementi accuse a Uggeri per avere curato, insieme all’archeologo Carlo Fea, la prima edizione dell’opera di Gian Ludovico nel 1789, millantando la totale revisione dei disegni che l’autore aveva commissionato nel 1772 a un architetto imprecisato, recentemente identificato in Pierre-Adrien Pâris, allora pensionnaire dell’Académie de France, il quale a sua volta accusò Uggeri di plagio (Pinon, 2007).
Anche se effettivamente la pianta del circo di Massenzio, allora detto di Caracalla, pubblicata da Uggeri ricalcava quella di Pâris, le sue ricostruzioni degli alzati erano sostanzialmente diverse, e denotavano il primo esito della febbrile attività di studio delle antichità che da subito lo indusse a stabilirsi definitivamente a Roma.
A partire dal 1793 egli cominciò a produrre vedute dei più importanti monumenti romani entro contesti pittoreschi, disegnate al tratto e trasposte in incisioni a contorno acquerellate a mano, fino a quando, nel 1800, non ne intraprese la pubblicazione nell’ambito di una collana di volumi, in edizione bilingue francese e italiana, dal titolo Journées pittoresques des édifices de Rome ancienne (Giornate pittoriche degli edifici antichi di Roma e de’ suoi contorni), venduti nella sua casa-bottega in via Sistina 82.
Secondo quanto enunciato da Uggeri ai suoi «associati», il piano dell’opera prevedeva inizialmente la pubblicazione di sei volumi: il quinto e sesto dedicati alle vedute vere e proprie, il primo alle loro descrizioni storiche, il secondo ai rilievi e alle ricostruzioni in pianta tratte prevalentemente da altri autori, il terzo alle tecniche e ai materiali costruttivi, il quarto a un «manuale de’ tre ordini greci, dorico, jonico e corintio» concepito come un «libro elementare di Architettura» e pubblicato nel 1804 con il titolo Les trois ordres grecs d’après les monumens de Rome antique. Negli anni seguenti l’impresa si estese grandemente, interessando anche i dintorni di Roma, con una serie di supplementi, tra cui diversi sull’ornato architettonico, fino al 1834, quando arrivò a contare trenta volumi, illustrati complessivamente da più di seicento piante e circa trecento vedute (molte altre rimaste inedite sono conservate in collezioni private e pubbliche: Debenedetti, 2014, e 2015).
La duplice natura divulgativa e scientifica dell’opera, rivolta a un vasto pubblico di «amatori delle Belle Arti», «studiosi delle Antichità», studenti e «professori dell’Architettura», consentì a Uggeri di accreditarsi come architetto e archeologo presso i protagonisti del grand tour e gli esponenti della cultura antiquaria. Egli attrasse l’attenzione di personaggi come Lord Elgin, che nel 1799 gli offrì invano di aggregarsi alla sua spedizione alla riscoperta delle antichità di Atene (Kannès, 1982), il facoltoso architetto Lewis Wyatt, che nel 1820 lo volle come consulente per le sue acquisizioni artistiche (lettera di Uggeri a Wyatt del 1° agosto 1820, in Colini, 1973, p. 158), Massimiliano, Antonio e altri membri della casa di Sassonia, con i quali intrattenne una lunga corrispondenza epistolare, e perfino l’imperatore Francesco I, che incontrò in uno dei suoi soggiorni a Milano (Moreschi, 1837, p. 3; Fabi Montani, 1838, p. 14). Contestualmente guadagnò la stima di artisti e letterati come Antonio Canova, Angelika Kauffmann, Giuseppe Antonio Guattani, Jörgen Zoega, Ennio Quirino e Filippo Aurelio Visconti, Jean-Baptiste-Louis-Georges Seroux d’Agincourt, Giovanni Gherardo De Rossi e Luigi Cardinali, citati dalle fonti come suoi amici e più volte richiamati nelle sue pubblicazioni, a cominciare da Kauffmann, dedicataria del primo volume delle Journées.
Sul filo del comune interesse per l’archeologia si fondarono anche i duraturi rapporti di Uggeri con colleghi frequentati a Milano, come Giovanni Antonio Antolini, Giacomo Albertolli e Pietro Taglioretti, e altri conosciuti durante i loro soggiorni romani, tra cui Giuseppe Del Rosso, Leopoldo Pollack, Pietro Nobile, Giuseppe Bovara e, specialmente, Giuseppe Nadi, Luigi Rossini e Luigi Canina, che collaborarono con lui nell’attività editoriale.
Durante l’occupazione napoleonica, dal maggio 1810 al dicembre 1813, Uggeri ricoprì la carica di secondo conservatore dell’Imperiale Biblioteca Vaticana (Colini, 1973, p. 150). Nel 1811 fu aggregato come socio ordinario alla rinnovata Accademia romana di archeologia, dove svolse un ruolo molto attivo, tenendo diverse dissertazioni. Al contrario, il suo rapporto con l’Accademia di S. Luca fu segnato nel novembre del 1810 dal mancato conferimento della cattedra di storia, mitologia e costumi (Racioppi, 2002, p. 80) e, soprattutto, nel settembre 1812, dalla ricusazione dell’esibizione di una sua «opera ornamentale» (Lodico, 2008, p. 331 nota 20). Del resto, anche per lo status sacerdotale, egli era rimasto sostanzialmente estraneo alla corporazione professionale. La sua attività progettuale era circoscritta e contingente: il cenotafio nella chiesa di S. Lamberto (St. Lamberti-Kirche) a Oldenburg ideato nel 1791 per il conte Friedrich Leopold zu Stolberg-Stolberg e realizzato nel 1792-93 con la collaborazione degli scultori Luigi Acquisti e Christopher Hewetson (Deuter, 1989; Riccomini, 2004), i propilei presso la porta Orientale a Milano in onore di Napoleone, al quale presentò personalmente i disegni, non eseguiti, in occasione dell’incoronazione a re d’Italia il 26 maggio 1805 (lettera di Uggeri a Pietro Nobile del 18 febbraio 1822, in Consoli, 2007, p. 222 nota 11), il «tempio monoptero» dorico in miniatura dedicato ad Apolline-Sole creato nel 1808 per la contessa milanese Teresa Olgiati Crivelli, in occasione della sua visita a Roma (Descrizione d’un tempio monoptero ad uso di dessert per la signora d. Teresa Crivelli nata Olgiati, Roma 1808; Colini, 1973, pp. 148 s.; Lodico, 2008, pp. 329 nota 32, 332).
Descrivendo tutte le ascendenze letterarie ed estetiche del tempietto, l’amico Guattani rivendicava l’impiego dei «non ordinari talenti» dell’autore «in opere grandi, in lavori di consistenza» (Colini, 1973, p. 149). Ma la reputazione di Uggeri come architetto era ancora essenzialmente legata alla rassegna compilativa dei tre ordini greci nel quarto volume delle Journées, da lui esplicitamente destinata agli studenti per affrancarli dall’intermediazione dei loro maestri, acriticamente fondata sull’autorità di Iacopo Barozzi, detto il Vignola, e di Andrea Palladio. Si trattava di un concetto potenzialmente destabilizzante del sistema didattico e formativo romano, per di più accentuato dal contestuale apprezzamento per le teorie eterodosse di Francesco Milizia (confidenzialmente evocato come «il nostro Milizia» in una lettera a Pietro Nobile del 1812: Consoli, 2007, p. 223 nota 19). Ciò ne spiegherebbe il difficile approccio con la corporazione accademica di S. Luca almeno fino a quando uno dei supplementi al suddetto volume, significativamente intitolato I tre ordini greco-romani dorico jonico e corintio di Vignola e Palladio, recante la dedica del primo luglio 1822 a Giuseppe Valadier, ne favorì l’ammissione come professore di merito, avvenuta il 26 dicembre 1822 (Lodico, 2008, p. 326).
L’associazione all’Accademia di S. Luca, seguita a quella alle accademie di Bologna e di Vienna come membro onorario, e all’Accademia italiana di scienze lettere ed arti di Livorno come membro ordinario (1808), finalmente accreditò Uggeri anche nell’élite degli architetti romani. Come tale, subito dopo l’incendio che il 15 luglio 1823 devastò la basilica di S. Paolo fuori le Mura, egli pubblicò un volume nel quale propose di ricostruirla nella forma originaria, ossia conservando l’arco di Placidia e ripristinando le colonne romane di reimpiego della navata centrale a sostegno di una trabeazione rettilinea in sostituzione delle arcate preesistenti che esaltasse le affinità formali con la basilica Ulpia nel foro Traiano, oggetto privilegiato dei suoi studi (A. Uggeri, Della basilica di S. Paolo sulla Via Ostiense, Roma 1823). Nominato da papa Leone XII segretario della commissione speciale per la riedificazione della basilica nel 1825, negli anni seguenti Uggeri svolse un importante ruolo di intermediazione tra le istanze di pura conservazione del papa e quelle più aperte alla ricostruzione in forme moderne espresse da Valadier nell’ambito dell’Accademia di S. Luca, e confluite nei progetti esecutivi di Pasquale Belli e Luigi Poletti (Docci, 2006; Pallottino, 2012; Bagnarini, 2015; Fiumi Sermattei, 2017).
Il duplice interesse, storico e progettuale, per le basiliche di S. Paolo e Ulpia conclamato dalla pubblicazione del volume Della basilica Ulpia nel foro Traiano, istoria e ristaurazione agli amanti delle antichità romane (Roma, s.d., ma 1832), contenente paralleli tra le due basiliche frutto della collaborazione con Canina, connotò l’ultima fase della carriera di Uggeri, insieme alla direzione del Collegio liegese conferitagli nel 1831 dal neocardinale protettore Luigi Lambruschini (Fabi Montani, 1838, p. 14) e al progetto per due altari delle navate laterali del santuario del Buon Consiglio a Genazzano, del 1835-36 (Lodico, 2008, p. 329). Ma il consultivo della sua lunga carriera coincise con la dissertazione tenuta il 17 novembre 1835 nella prediletta Accademia di archeologia sulla sovrapposizione degli ordini, «ampliando e confermando quanto avea di già stampato» presso la medesima istituzione circa la rivisitazione dei dettami di Vitruvio sulla rastremazione delle colonne e gli intercolumni (Uggeri, 1823).
Morì nella notte dell’11 ottobre 1837, all’età di ottantatré anni, in una casa dei minimi di S. Andrea delle Fratte dove si era trasferito nel 1831 (Fabi Montani, 1838, p. 15; Debenedetti, 2015, pp. 504-507); nella stessa chiesa furono celebrati i funerali, alla presenza dei colleghi delle accademie di S. Luca e di Archeologia e dei membri della Commissione per la riedificazione della basilica ostiense, che ne finanziò la lastra tombale effigiata nella cappella del Campo Verano (Fabi Montani, 1838, p. 15).
Fonti e Bibl.: C. Bianconi, Nuova guida di Milano, Milano 1787, p. 234; G.R. Carli, Delle antichità italiche, II, Milano 1788, pp. 158, 161-248; Descrizione dei circhi, particolarmente di quello di Caracalla e dei giuochi in essi celebrati. Opera postuma del consigliere Gio. Lodovico Bianconi ordinata e pubblicata con note dall’avvocato Carlo Fea, Roma 1789; P. F., Prefazione alla Descrizione de’ circhi, particolarmente di Caracalla, e dei giuochi in essi celebrati, in Opere del consigliere Gian Lodovico Bianconi bolognese, ministro della corte di Sassonia presso la S. Sede, IV, Milano 1802, pp. I-XXIV; A. Uggeri, Dissertazione sulla soprapposizione degli ordini nella civile architettura (letta il 2 luglio 1818), in Atti dell’Accademia romana di archeologia, t. I, parte 2, Roma 1823, pp. 289-299; L. Cardinali, Di un teatro architettato a Codogno nel Cremonese di Angiolo U., in Memorie romane di antichità e di belle arti, III (1826) , pp. 321-324, tavv. X-XII; L. Moreschi, Articolo necrologico in lode del chiarissimo signor don A. U., in Diario di Roma, n. 83, martedì 17 ottobre 1837, appendice, pp. 3 s.; F. Fabi Montani, Elogio storico di A. U., Roma 1838 (versione ampliata del necrologio pubblicato in L’Album, IV (1837), 39, pp. 309-311); F. De Boni, Biografia degli artisti, Venezia 1840, p. 1032; A.M. Colini, L’abate A. U., architetto, antiquario e vedutista milanese a Roma, in Studi offerti a Giovanni Incisa della Rocchetta, Roma 1973, pp. 139-161 (con elenco di opere a stampa di Uggeri, pp. 157-159); G. Kannès, Un acquerello per il foro Bonaparte in Milano ed altri inediti di Giovanni Antonio Antolini, in Storia della città, VII (1982), 22, pp. 84-87 (in partic. p. 87 nota 14); Concorsi dell’Accademia Reale di belle arti di Parma, dal 1757 al 1796, a cura di M. Pellegri, Parma 1988, pp. 189-192; J. Deuter, Rom von Oldenburg aus gesehen: Friedrich Leopold Graf Stolberg und die Kenotaphe für St. Lamberti, in Niederdeutsche Beiträge zur Kunstgeschichte, 1989, vol. 28, pp. 161-193; P.P. Racioppi, «Per bene inventare e schermirsi dalle altrui censure»: Giuseppe Guattani e l’insegnamento di storia, mitologia e costumi all’Accademia di San Luca (1812-1830), in Scuole mute e scuole parlanti. Studi e documenti sull’Accademia di San Luca nell’Ottocento, a cura di P. Picardi - P.P. Racioppi, Roma 2002, p. 79-98; A.M. Riccomini, Gli anni romani di Luigi Acquisti. Nota su un inedito restauro per il Museo Gabino, in Antologia di belle arti, n.s., 2004, n. 67-70, pp. 113-119 (in partic. p. 113); M. Docci, San Paolo fuori le Mura: dalle origini alla basilica delle origini, Roma 2006, pp. 145-166; G.P. Consoli, La «nuova architettura del nuovo secolo»: temi e tipi, in Contro il barocco. Apprendistato a Roma e pratica dell’architettura civile in Italia, 1780-1820 (catal.), a cura di A. Cipriani - G.P. Consoli - S. Pasquali, Roma 2007, pp. 151-230 (in partic. pp. 222 nota 11, 223 nota 19); P. Pinon, Pierre-Adrien Pâris (1745-1819), architecte, et les monuments antiques de Rome et de la Campanie, Roma 2007, pp. 201-211; D. Lodico, A. U., in Studi sul Settecento Romano, 2008, vol. 24, monografico: Architetti e ingegneri a confronto: l’immagine di Roma fra Clemente XIII e Pio VII, III, a cura di E. Debenedetti, pp. 325-332; G. Galeazzi, Le trasformazioni architettoniche ed artistiche di Villa Hercolani a Belpoggio, in Il Carrobbio, XXXVI (2010), pp. 69-92; E. Pallottino, La ricostruzione della basilica di San Paolo fuori le Mura, in Roma moderna e contemporanea, XX (2012), 2, pp. 681-701; E. Debenedetti, Le antichità romane dell’abate U. nei manoscritti Lanciani, in Studi sul Settecento romano, 2014, vol. 30, monografico: Antico, città, architettura, I. Dai disegni e manoscritti dell’Istituto nazionale di archeologia e storia dell’arte, a cura di E. Debenedetti, pp. 255-281; N. Bagnarini, La basilica di San Paolo fuori le Mura: storia di una committenza pontificia. Le sculture degli altari della “Nave traversa” e i Ss. Pietro e Paolo dell’arco di Placidia, in Annali della Pontificia Accademia di belle arti e lettere dei Virtuosi al Pantheon, XV (2015), pp. 241-263; E. Debenedetti, Una nota su A. U., in Curiosa itinera. Studi per Daniela Gallavotti Cavallero, a cura di E. Parlato, Roma 2015, pp. 501-514; I. Fiumi Sermattei, Il reimpiego degli antichi marmi superstiti dall’incendio della basilica di San Paolo fuori le Mura, in Antico, conservazione e restauro a Roma nell’età di Leone XII, a cura di I. Fiumi Sermattei - R. Regoli - M.P. Sette, Ancona 2017, pp. 147-173.