Angera
(lat. Vicus Sebuinus; Statio, Scationa, Angleria nei documenti medievali)
Località della Lombardia, in prov. di Varese, situata in un'insenatura naturale all'estremità meridionale della sponda lombarda del lago Maggiore.
Di origine romana - come testimoniano diversi reperti lapidei, un sepolcreto e resti di un santuario mitraico - A. fu saccheggiata e distrutta agli inizi del sec. 5° dai Visigoti di Ataulfo (m. 415), poi conquistata e ricostruita dai Longobardi sul finire del 6° secolo. Nel sec. 9°, in età carolingia, l'antica Scationa assieme a tutto il territorio del Verbano iniziò a gravitare politicamente su Milano, rafforzando tale legame quando il possesso della rocca e del contado fu confermato da Alessandro II, nel 1162, alla Chiesa milanese.
Il piccolo abitato di A. è dominato a N da un promontorio su cui si erge la rocca - baluardo difensivo appartenuto dapprima agli arcivescovi di Milano e ai Torriani (sec. 13°), passata poi in mano ai Visconti nel Tardo Medioevo (1314) e divenuta in seguito feudo dei Borromeo (1449) -, nota artisticamente non solo come pregevole esempio di architettura militare gotica, ma soprattutto per il ciclo di affreschi del primo Trecento ivi conservati.
La rocca di A., forse preceduta da una fortificazione di età longobarda, si venne organizzando come complesso difensivo dopo la metà del Duecento, intorno alla più antica 'torre castellana' degli inizi del sec. 13°, a pianta quadrangolare e caratterizzata esternamente da un elegante paramento in pietra a bugne. A quel periodo, mentre si svolgevano nel suo territorio le lotte tra i Torriani e i Visconti per il possesso di Milano, risale la costruzione, in pietra di A., dell'ala meridionale detta 'viscontea' che, nella disposizione planimetrica e nella soluzione dell'alzato a due piani, è affine ai palazzi comunali lombardi, di poco precedenti (Romanini, 1964). Solo più tardi, intorno al 1350, il complesso fu ampliato dall'arcivescovo Giovanni II Visconti e successivamente da Bernabò Visconti, che dal 1375 al 1385 fece innalzare l'ala settentrionale, detta 'scaligera', in onore della terza moglie Beatrice della Scala; nel sec. 16° i Borromeo completarono la rocca edificando l'ala verso il lago.
L'importante ciclo di affreschi profani sulle pareti della sala di Giustizia nell'ala viscontea - ambiente a pianta rettangolare, bipartito da un'arcata a sesto acuto e coperto da una doppia volta a crociera cordonata - si articola in quattro zone sovrapposte, di cui solo le due fasce centrali accolgono un preciso programma iconografico, inquadrate da una zoccolatura e dalle volte decorate a intrecci geometrici (losanghe, cerchi e quadrati), tralci vegetali e figure mostruose, tali da far ricordare a Toesca (1912) le drôleries dell'arte miniatoria gotica di Oltralpe.
Il tema degli affreschi, la cui lettura è facilitata da iscrizioni poste sotto ogni episodio, è dichiaratamente celebrativo, trattandosi delle imprese dell'arcivescovo milanese Ottone Visconti contro il nobile guelfo Napo della Torre (o Torriani) per la supremazia su Milano nel 1277, secondo il racconto del poema epico Liber de gestis in civitate Mediolani del contemporaneo Stefanardo da Vimercate. L'intero ciclo in origine era molto più ricco di figurazioni, oggi ridotte solo alle prime sei, essendo ormai irrimediabilmente perdute quelle disposte sulla parete a destra dell'entrata, che avrebbero dovuto forse illustrare le gesta di Ottone in qualità di signore di Milano e di pacificatore della Lombardia (Bellantoni, 1987).
Le sei scene conservate sono accompagnate in alto da una serie di raffigurazioni astrologiche - una ogni due episodi - nel seguente ordine: nella prima lunetta, sopra la vittoria su Napo a Desio e la deportazione dei Torriani catturati nel castello comasco di Baradello, campeggia la figura di Saturno con ai lati i segni zodiacali dell'Acquario e del Capricorno; nella lunetta successiva, sopra l'episodio dell'esortazione di Ottone alla truppa e la sua entrata vittoriosa a Milano, è la raffigurazione del Sole e della Luna; infine, sovrastante le scene che vedono l'arcivescovo presente a una celebrazione e mentre guida una processione per le vie di Milano, è un lacerto di affresco con il segno dello Scorpione accanto alla figura di un cavaliere, identificato unanimemente con Marte.
Il rapporto tra il ciclo astrologico e i sottostanti episodi viscontei è indubbio (Blume, 1986), anche se resta poco chiaro l'autentico significato iconologico, spiegabile probabilmente con l'intento di esaltare e giustificare cosmologicamente l'avvento al potere di Ottone Visconti e della sua casata (Blume, 1986; Bellantoni, 1987) e di collocare le singole scene nel preciso periodo dell'anno in cui esse furono compiute. Nello stesso tempo l'artista, dipingendo al centro delle volte l'immagine di una ruota, simbolo dell'instabilità della fortuna, volle ammonire sulla difficoltà della gestione del potere politico e sulla relativa facilità con cui può essere perduto.
Discordanti sono le opinioni sulla datazione del ciclo pittorico. Beltrami (1904) pone la sua esecuzione all'epoca dell'arcivescovo Giovanni II Visconti (1342-1354); Toesca (1912) per motivi stilistici l'anticipa al 1314, anno in cui Matteo Visconti tolse definitivamente la rocca ai Torriani. Gran parte della critica ha seguito in parte la proposta di Toesca, propendendo per una collocazione posteriore al 1314 (Carotti, 1913; Salmi, 1954; Matalon, Mazzini, 1958; Matalon, 1964; Pirovano, 1986), ma non mancando di rilevare le caratteristiche molto arcaiche del ciclo, tali da evocare assonanze con l'arte tardoromanica padana (Pirovano, 1986).
A queste ipotesi si contrappone Bologna (1962), che nega una datazione agli inizi del Trecento; egli suppone invece che il ciclo risalga agli anni tra il 1290 e il 1295, momento di massimo apogeo della prima signoria Visconti e periodo in cui sono documentati dal Libellus dell'Anonimo milanese (RIS2, I, 2, 1942, p. 107) restauri ad A. promossi da Ottone (Toesca, 1912; Pirovano, 1986). In tal caso sarebbe difficile però spiegare la sopravvivenza del ciclo, in quanto la rocca, possesso dell'arcivescovado di Milano, dopo la morte di Ottone nel 1295, tornò in mano ad arcivescovi ostili ai Visconti quali Francesco Fontana e Cassone Della Torre.
Se l'ipotesi di datazione di Bologna, ripresa in tempi più recenti da Blume (1986), da Segre Montel (1986) e da Bellantoni (1987), può essere ritenuta difficilmente conciliabile con le vicende storiche della rocca, essa ha però dato inizio a seri tentativi di ricostruzione della carriera pittorica dell'anonimo maestro di A. e della sua bottega (Matalon, 1984; Romano, 1985; Bellantoni, 1987), cui si attribuisce una serie di pitture murali quali una Madonna con il Bambino in S. Eustorgio a Milano (Matalon, 1984; Bellantoni, 1987), un'altra Madonna con il Bambino e due donatori e un S. Alberto di Vigna d'Ogna nella chiesa bergamasca di S. Michele al Pozzo Bianco, nonché una Deposizione in S. Lorenzo a Milano (Bellantoni, 1987), opere eseguite tra il 1270 e il 1290 circa.
Nella sala di Giustizia, inoltre, si conserva un affresco, strappato dalla cappella della rocca, raffigurante la Madonna in trono con il Bambino fra i ss. Agnese, Bartolomeo e Ambrogio, pittura contemporanea al ciclo profano e attribuita a un collaboratore del maestro di A. (Matalon, 1964), più legato a formule bizantineggianti.
Bibliografia
Fonti:
Stefanardo da Vimercate, Liber de gestis in civitate Mediolani, in RIS2, IX, 1, 1910, pp. 53-59.
Letteratura critica:
L. Beltrami, Angera e la sua Rocca. Arona e le sue memorie d'arte, Milano 1904.
P. Toesca, La pittura e la miniatura in Lombardia, Milano 1912, pp. 156-170.
C. Carotti, Storia dell'Arte. L'arte regionale italiana nel Medioevo, Milano 1913, p. 116.
Toesca, Trecento, 1951, p. 756.
M. Salmi, La pittura e la miniatura gotica in Lombardia, in Storia di Milano, IV, Milano 1954, pp. 547-556.
S. Matalon, F. Mazzini, Affreschi del Tre e Quattrocento in Lombardia, Milano 1958, pp. 12-13.
F. Bologna, La pittura italiana delle origini, Roma 1962, p. 91.
L. Zipoli, Angera, la Città, la Rocca, Milano 1963.
A. M. Romanini, L'Architettura Gotica in Lombardia, Milano 1964, I, pp. 48, 197-200, 206, 345.
S. Matalon, Affreschi lombardi del Trecento, Milano 1964, pp. 357-358 (con bibl.).
F. Bologna, I pittori alla corte angioina di Napoli 1266-1414, Roma 1969, pp. 47-48.
L. G. Boccia, Armi e Armature Lombarde, Milano 1980, tavv. 5-6 (con didascalie).
E. Battisti, Cicli pittorici. Storie profane, Milano 1981, p. 52.
A Vincenti, I castelli viscontei e sforzeschi, Milano 1981, p. 41 ss.
S. Matalon, La pittura dal Duecento al Quattrocento, in La basilica di S. Eustorgio in Milano, Milano 1984, p. 134.
G. Romano, Per i Maestri del Battistero di Parma e della Rocca di Angera, Paragone 36, 1985, 419-423, pp. 10-16.
D. Blume, Planetengötter und ein christlicher Friedensbringer als Legitimation eines Machtwechsels: Die Ausmalung der Rocca di Angera, in Europäische Kunst um 1300, "Akten des XXV. Internationalen Kongresses für Kunstgeschichte, Wien 1983", VI, Wien 1986, pp. 175-185.
C. Segre Montel, Pittura del Duecento in Piemonte, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, I, pp. 41-48: 46, 48.
C. Pirovano, Pitture del Trecento in Lombardia, ivi, pp. 71-92: 71-72, 86.
E. Bellantoni, Gli affreschi della Sala di Giustizia nella Rocca di Angera, AC 75, 1987, pp. 283-294 (con bibl.).