anglicum, mare
È considerato da D. come il confine della lingua d'oïl a nord e a ovest, in VE I VIII 9 Sed loquentes oïl quodam modo septentrionales sunt respectu istorum. Nam ab oriente Alamannos habent et a septentrione et occidente an[glico sive] gallico mari vallati sunt, et montibus Aragoniae terminati; a meridie quoque Provincialibus et Apenini devexione clauduntur.
Nel Dicionary del Toynbee l'a. mare è " the English Channel ", cioè la Manica; tale limitazione sarebbe giusta se D. non parlasse di un limite occidentale oltreché settentrionale. Secondo il Marigo l'a. mare di D. è l' " Oceanus ", che prende il nome di " gallicus " in Tacito (Agr. XXIV), in Plinio (Nat. hist. IV 19) e in Solino (Collect. XXIII 5), di " britannicus " nelle carte medievali, e che comprende la Manica e il golfo di Guascogna (nel planisfero di Isidoro, invece, il golfo di Guascogna è l' " Oceanus cantabricus " e la Manica è l'" Oceanus gallicus "). La terminologia dantesca an[glico sive] gallico deriverebbe, sempre secondo il Marigo, da Brunetto Latini il quale, nel Tresor, parafrasando Solino, nomina " la mer de Gales, c'est d'Engleterre ", aggiungendo " c'est d'Engleterre " a causa della denominazione in uso nel suo tempo.
Per il Casella, invece, D. ebbe come guida una carta terrestre secondo la descrizione geografica di Orosio; questi diceva, infatti, che le Isole Britanniche " ad prospectum Hispaniae sitae sunt " (I II 75), e che tra la Britannia e la Spagna, con orientamento da SO a NE, si allungava la Hibernia (Irlanda; cfr. Tacito Agr. XXIV), da dove si poteva scorgere la città di Briganzia (oggi La Coruña, celebre nell'antichità per il suo faro). Quindi D. poteva estendere l'a. mare lungo le coste occidentali dell'Aquitania e includervi anche il " sinus Aquitanus ".
Bibl. - M. Casella, Questioni di geografia dantesca, in " Studi d. " XII (1927) 76.