L’Angola ha vissuto una lunga guerra civile, iniziata nel 1961 durante la lotta per l’indipendenza dal Portogallo e continuata dopo l’indipendenza tra le forze del Mpla da un lato e quelle dell’Unita e del Fnla (Frente nacional de libertação de Angola) dall’altro. La presenza di giacimenti petroliferi off-shore e nella piccola enclave di Cabinda in territorio congolese, che quindi non erano toccati direttamente dal conflitto, ha permesso al governo del Mpla di mantenere i livelli di produzione del petrolio anche durante la guerra civile, utilizzando i proventi per finanziare il conflitto. Le forze dell’Unita e del Fnla si sono invece finanziate con i diamanti estratti nelle zone sotto il loro controllo militare. Con la fine della guerra, nel 2002, al governo si è presentata la difficile sfida della ricostruzione post-bellica: da un lato, l’Angola è impegnata in questi anni a ricostruire le proprie infrastrutture (si stima che la guerra civile abbia prodotto 60 miliardi di dollari di danni alle infrastrutture, distruggendo il 98% dei ponti, l’80% delle fabbriche, il 60% degli ospedali e l’80% delle scuole), mentre dall’altro vi è il tentativo di diversificare la struttura economica del paese, sviluppando altri settori oltre a quello estrattivo.