Vedi Angola dell'anno: 2012 - 2013 - 2014 - 2015 - 2016
Per la prima volta nella sua storia, l’Angola sta sperimentando negli ultimi anni un periodo prolungato di pace e stabilità. Teatro di una delle più sanguinose guerre di liberazione del continente (1961-1974), piombata all’indomani dell’indipendenza, in una prolungata guerra civile, l’Angola ha visto cessare dal 2002 le ostilità che opponevano l’Unita, (União Nacional para a Independência Total de Angola) al Mpla (Movimento Popular de Libertação de Angola). La vita politica interna così come le relazioni internazionali sono fortemente legati alla rendita petrolifera, che ha permesso all’Angola di avere accesso a una crescita economica molto rapida. Mentre all’interno i proventi dell’estrazione hanno favorito lo sviluppo di un nazionalismo economico e di una classe borghese legata al potere politico, in ambito internazionale la ricchezza petrolifera è servita a rafforzare l’immagine del paese, favorendo – dopo una prima fase rivoluzionaria – buone relazioni internazionali con tutte le maggiori potenze, dagli Usa alla Cina, dalla Russia al Brasile. Gli Usa sono stati per lungo tempo il principale partner commerciale di Luanda. Dal 2007 tuttavia questa posizione è occupata dalla Cina, che ha concluso con l’Angola accordi estremamente vantaggiosi in termini finanziari, basati sulla costruzione di infrastrutture in cambio di estrazione e fornitura di petrolio a prezzi favorevoli. Particolarmente significativi sono anche i rapporti con la ex madrepatria coloniale, il Portogallo. Ciò non solo per effetto del comune retaggio storico, culturale e linguistico, ma anche perché oggi l’Angola rappresenta un terreno ricco di opportunità sia per gli investitori angolani che per i lavoratori portoghesi. Viceversa, l’ex madrepatria si è trasformata in un attraente mercato per i capitali angolani: secondo i dati della Banca del Portogallo, tra il 2010 e il 2014, gli investimenti angolani in Portogallo sono passati da 645 milioni di euro a 1,53 miliardi di euro. In particolare gli investimenti si sono concentrati nel settore bancario e nei media. L’Angola beneficia anche di fondi di investimento e aiuti allo sviluppo provenienti dal Brasile. Le relazioni con il Sudafrica sono ambivalenti: pur essendo migliorate rispetto agli anni dell’apartheid (durante i quali il Sudafrica aveva sostenuto l’Unita, per contrastare l’appoggio del Mpla, all’African National Congress), restano elementi di competizione tra i due paesi, legati soprattutto al tentativo di Luanda di proiettarsi come potenza regionale concorrente.
I risultati delle elezioni presidenziali del 2012, che hanno confermato la preminenza di José Eduardo Dos Santos e del Mpla, seppure in relativo calo rispetto alle elezioni precedenti, hanno suscitato dubbi sul peso effettivo del processo elettorale. Gli altri partiti sono praticamente ininfluenti e non hanno mai conquistato una vera legittimazione come opposizione politica. La crisi di credibilità e rappresentatività è scontata soprattutto dall’Unita, il principale movimento di opposizione, che nel corso della guerra civile è stato l’antagonista politico e militare del Mpla, e che ha mischiato populismo e comunitarismo, senza però nascondere le collusioni con il regime segregazionista del Sudafrica. L’Unita, dopo l’uccisione del suo fondatore Jonas Savimbi nel 2002 e l’abbandono della lotta armata, ha perduto di peso (anche se nelle presidenziali del 31 agosto 2012 ha migliorato il risultato rispetto all’elezione precedente, con circa il 19% dei voti). Già nel 2010 l’abolizione delle elezioni presidenziali, attese per l’anno precedente, aveva riconfermato la gestione autocratica del potere. Allo stesso modo, le elezioni municipali programmate per il 2015 e già lungamente posticipate, sono state ulteriormente rimandate al 2018.
Secondo le nuove regole costituzionali approvate dal parlamento, il presidente Dos Santos, che ha 72 anni ed è al potere dal 1979, potrebbe rimanere in carica fino al 2022. Il presidente, inoltre, non è più eletto direttamente dalla popolazione, ma scelto tra le file del partito politico che ottiene la maggioranza dei seggi in parlamento. In tal senso il Mpla può certamente considerarsi come il principale partito favorito alle prossime elezioni, anche se Dos Santos ha pubblicamente riconosciuto il bisogno di individuare un proprio successore prima del 2017. Tra i possibili delfini ci sarebbe l’attuale vice presidente Manuel Vicente, la cui ascesa alla poltrona presidenziale potrebbe però essere complicata da altri rivali, primo fra tutti il figlio maggiore di Dos Santos, José Filomeno.
La società civile angolana, soprattutto i giovani, sembrano tollerare sempre meno il mix di clientelismo politico e nepotismo che caratterizza la vita politica. Le proteste si moltiplicano e creano sempre più allarme nel governo, che ha risposto con una dura repressione, arrestando alcuni membri del Movimento Revolucionário Angolano (Mra), all’origine delle dimostrazioni più imponenti. In particolare il processo contro l’attivista per i diritti umani José Marcos Mavungo, arrestato a marzo 2015 in relazione ad alcune proteste anti-governative, si sta rivelando un vero catalizzatore del malcontento popolare.
Nel 2014 il governo angolano ha realizzato un nuovo censimento dopo oltre 44 anni dal precedente, avvenuto nel 1970, quando l’Angola era ancora una colonia portoghese. Secondo quanto emerso dai risultati preliminari dell’indagine statistica, l’Angola avrebbe visto quintuplicarsi la propria popolazione tra il 1970 e oggi.
L’agenzia dell’Un per i rifugiati, l’Unhcr, ha dichiarato conclusa la situazione di emergenza in Angola il 30 giugno 2012, dando un anno di tempo agli ex rifugiati per rientrare in patria attraverso un programma di assistenza. Il programma di rimpatrio volontario ha riportato in Angola decine di migliaia di ex rifugiati, soprattutto dal Botswana e dalla Repubblica Democratica del Congo. I rifugiati angolani all’estero sono dunque passati da quasi 130.000 nel 2012 a poco più di 10.000 nel 2013.
Il tasso di crescita della popolazione è piuttosto elevato (3,1%), ma in linea con quello di diversi paesi dell’Africa sub-sahariana. In Angola vivono circa 90 gruppi etnici. Il principale è costituto dagli ovimbundu (circa il 40% della popolazione totale), che costituivano la base etnica dell’Unita durante la guerra civile. Seguono i mbundu (25%) e i bakongo (14%). Numericamente poco significativi, ma rilevanti dal punto di vista dell’influenza economica e politica, sono i mestiços, gruppi di popolazione mista di origine africana, europea e asiatica, concentrati soprattutto nelle città, che costituiscono il 3-5% circa della popolazione totale. Più della metà della popolazione è di fede cristiana, mentre gli abitanti rimanenti praticano culti tradizionali, a parte un’esigua minoranza di fedeli islamici. Gli indici relativi alle libertà civili, politiche e di espressione sono assai bassi, e il tasso di corruzione percepita è molto elevato, tanto che la stessa comunità internazionale ha chiesto più volte al governo di rendere pubblici i dati sui proventi del petrolio e di impegnarsi maggiormente per la trasparenza.
Lo sviluppo dell’economia è fortemente condizionato dal settore petrolifero. L’Angola è il secondo produttore continentale dopo la Nigeria e il petrolio costituisce il 45% del pil e il 90% delle esportazioni, impiegando solo lo 0,2% della popolazione economicamente attiva. La maggioranza della popolazione lavora nel settore informale, mentre l’agricoltura contribuisce a meno del 10% del pil, anche perché il settore risente ancora delle conseguenze della lunga guerra civile. L’Angola è stata fra i paesi africani a più rapida crescita economica, ma nel 2009 la crisi internazionale ha provocato un brusco arresto. Dal 2010 il pil ha ricominciato a crescere e nel 2015 il tasso si è assestato al 3,5%. Luanda ha iniziato ad attrarre negli ultimi anni un notevole flusso di investimenti diretti esteri. Nell’agosto 2014 l’Angola, insieme ad altri sei paesi della Comunità di sviluppo dell’Africa meridionale, ha firmato gli accordi di partenariato con l’Eu, ponendo le basi per una cooperazione economica più stretta.
Due sono le sfide principali per l’economia angolana. Il paese dovrà cercare di costruire un modello di crescita sostenibile che, partendo dai proventi dell’industria petrolifera, permetta la ricostruzione del sistema infrastrutturale e una diversificazione produttiva che sfrutti appieno le grandi risorse (diamanti e ferro, coltivazioni di caffè, agave sisalana e cotone). Tuttavia, nel 2015 l’abbassamento dei prezzi del greggio ha influenzato negativamente le entrate statali derivanti dal settore, ponendo a dura prova anche alcuni progetti di investimento infrastrutturale ipotizzati dal governo. In secondo luogo, l’Angola deve distribuire in modo più equo i benefici derivanti dal petrolio: mentre il pil cresce a un ritmo vertiginoso, più della metà della popolazione vive con meno di due dollari al giorno, la speranza di vita è ferma a 51 anni e solo il 54% delle persone ha accesso all’acqua potabile. Lo sviluppo di un efficiente sistema privato di investimenti continua ad essere ostacolato inoltre dalla carenza di infrastrutture, dalla corruzione e dalla scarsa regolamentazione. Il costo della vita resta molto alto: nel 2015 la capitale Luanda è stata la più cara al mondo per gli expat, secondo uno studio della società di consulenza Mercer.
L’Angola, che può mettere in campo un esercito di 107.000 soldati con una lunga esperienza di combattimenti, è riconosciuta come una potenza militare regionale. Le forze armate comprendono anche l’Aviazione e una piccola Marina. Molte delle forniture di armi vengono dalle ex repubbliche sovietiche. L’esercito angolano è intervenuto in Congo (1998) e nella Repubblica Democratica del Congo (1998-2003), nel quadro della strategia di contenimento della guerriglia dell’Unita, e, più recentemente, in sostegno al governo di Kinshasa nel Nord Kivu. La partecipazione di Luanda alle missioni internazionali è limitata.
Dal 1963 sono attivi vari movimenti armati, che derivano dal troncone principale del Flec (Frente para Libertação do Enclave de Cabinda) e che rivendicano l’indipendenza di Cabinda, una provincia di 300.000 abitanti situata a nord del territorio angolano, una vera exclave nello spazio congolese, da cui tuttavia provengono i due terzi del petrolio angolano. Nel 2010 una di queste formazioni ha attaccato la nazionale di calcio del Togo durante lo svolgimento della Coppa d’Africa, organizzata in Angola, provocando tre morti. Sebbene si siano fatti più rari, gli attacchi continuano periodicamente a verificarsi. Nel 2006, uno di questi gruppi, il Flec-Renovada, ha firmato un cessate il fuoco col governo angolano. Attualmente continuano i tentativi di mediazione tra le forze governative e le altre fazioni del movimento indipendentista.