ANGOLA (III, p. 330; App. II, 1, 185; III, 1, p. 96)
La popolazione angolana al censimento del 1970 era costituita da 5.673.046 ab., di cui circa il 5,2% di origine europea, con un tasso d'incremento annuo che in media è dell'1,5% e quindi relativamente basso rispetto ai paesi confinanti. La densità media è di 4,6 ab. per km2 e raggiunge i massimi valori soprattutto sulla costa e verso l'interno esclusivamente lungo la direttrice della ferrovia del Benguela, in corrispondenza del tratto Lobito-Huambo; è infatti nel distretto relativo che si ha la massima densità di popolazione con circa 27 ab. per km2.
L'economia angolana, data la troppo recente definizione politica autonoma, risente tuttora del sistema coloniale, con prevalenti forme di economia distruttiva o di puro e semplice sfruttamento delle abbondanti risorse minerarie; la popolazione attiva è occupata in gran parte nelle piantagioni e nelle prime lavorazioni di prodotti destinati ai paesi più sviluppati, tramite l'intermediazione portoghese.
L'agricoltura costituisce l'attività prevalente ed è praticata soprattutto in piantagioni di grande estensione; scarsa rilevanza assumono i cereali rispetto alle grandi piantagioni di canna da zucchero, di palma da cocco, di caffè e di tabacco che nell'ordine interessano la pianura costiera e quindi le cimose occidentali dell'altipiano. La produzione del caffè, circa 2,2 milioni di q nel 1974, costituisce ormai la maggiore risorsa e quindi la voce più importante delle esportazioni; tra le piante industriali, il cotone (600.000 q di semi) e il tabacco (69.000 q) e quindi la canna da zucchero (800.000 q di zucchero) vengono lavorati localmente nelle industrie di trasformazione di Luanda, Benguela, Lobito e Huambo. Dato il lungo regime coloniale, l'industria manifatturiera è pressoché inesistente e i maggiori prodotti del sottosuolo, come i diamanti del Malanje (2,1 milioni di carati nel 1973), il petrolio di Cabinda, Benfica, ecc. (8,4 milioni di t nel 1975) e i minerali di ferro di Cassinga (3,7 milioni di t nel 1973) sono quasi interamente esportati; discreta è anche la produzione di legname (7,5 milioni di m3 nel 1974), assorbita in gran parte dal Portogallo. Nell'allevamento prevalgono nettamente i bovini con circa 3 milioni di capi nel 1974. La rete ferroviaria, che ha uno sviluppo complessivo di circa 3000 km, è costituita da tre linee di penetrazione, di cui la più importante è quella che da Lobito attraverso Villa Texeira oltrepassa il confine e prosegue per lo Zaire e la Rhodesia fino a Beira, nel Mozambico; in questi ultimi anni discreto è stato lo sviluppo della rete stradale (circa 72.000 km nel 1973), soprattutto nella parte settentrionale dove integra con efficacia la rete ferroviaria.
Il saldo attivo della bilancia commerciale ammontava nel 1973 a più di 5 miliardi di escudos, con gli SUA al primo posto fra i paesi acquirenti e la Germania Federale tra quelli esportatori; gli scambi commerciali con la metropoli ammontavano al 25% del totale, con un saldo attivo per l'A. di 1.360 milioni di escudos; nel 1974 stava per essere completato il saldo dei pagamenti dovuti alla metropoli per gli anni precedenti.
Bibl.: A. Correia de Araujo, Aspectos do desenvolvimento economico e social de Angola, Lisbona 1964; A. Mendes, O trabalho assalariado em Angola, ivi 1966; G. Sendler, Angola und seine Seehäfen, Amburgo 1967; D. L. Wheeler, R. Pélissier, Angola, Londra 1971.
Storia. - L'inizio della lotta armata da parte di gruppi indigeni indipendentistici nel 1961 innescò il processo di dinamizzazione delle strutture amministrative ed economiche dell'A., accentuatosi dopo che a Salazar successe Marcelo Caetano. Concedendo una maggiore autonomia, il paese fu aperto alla penetrazione del capitale internazionale, nel tentativo di portare i tassi di sviluppo a livelli tali che permettessero sia di togliere consensi alle istanze indipendentistiche, sia di reperire i mezzi con cui sostenere le spese della guerra coloniale.
Alcuni importanti risultati furono conseguiti specie nell'industria estrattiva, in mano a compagnie multinazionali (ferro, diamanti e, nel distretto di Cabinda, petrolio), oltre che in quella tessile e delle trasformazioni alimentari, facendo ascendere già nel 1967 il tasso d'incremento dell'industria al 10% annuo, anche se con ingenti spese di gestione e all'interno di una tipica congiuntura inflazionistica di guerra.
Venne intrapresa la realizzazione di grandiosi progetti, come quello del bacino idroelettrico sul fiume Cunene, iniziato nel 1969 da un consorzio luso-sudafricano, che avrebbe dovuto permettere anche l'insediamento di migliaia di coloni bianchi. Accanto allo sforzo economico il governo tentò, nell'ultimo decennio, di migliorare lo stato della popolazione di colore: tali limitate riforme permisero l'incremento della scarsa scolarizzazione, sia primaria (4916 scuole con 547.000 alunni) che superiore (l'università di Luanda, creata nel 1963, aveva dieci anni dopo 2820 studenti), migliorandone anche il livello attraverso l'eliminazione della discriminazione razziale nei testi scolastici e la concessione di una maggiore attenzione alle lingue indigene. Analogamente migliorarono i servizi sanitari, e nel contempo si è verificata una certa crescita dei salari, con un minor numero di trasgressioni delle leggi contro il lavoro coatto.
Nel 1972 vennero approvati la nuova legge organica sui territori d'oltremare e i relativi statuti, che concedevano all'A. il simbolico titolo di "stato". Diviso in 16 distretti, il paese era amministrato da un governatore portoghese coadiuvato da un'Assemblea legislativa (53 membri eletti) e da una Giunta consultiva; i diritti derivanti dalla cittadinanza portoghese, estesa definitivamente a tutti i nativi nel 1961, rimanevano di fatto limitati a chi possedeva una buona conoscenza della lingua lusitana: esiguo rimase quindi il numero dei rappresentanti di colore eletti nelle consultazioni del 1972/73, inferiore anche a quello di altri territori portoghesi in Africa. L'eliminazione del termine "colonia" permise comunque al Portogallo di sottrarsi alle petizioni dell'ONU sull'esigenza della decolonizzazione; l'appartenenza alla NATO gli concesse altresì di godere dell'appoggio politico-militare di alcuni membri di quell'organizzazione, oltre che dell'alleanza esplicita della Rhodesia e del Sudafrica e della tacita collaborazione di nazioni negre come il Malawi. Ciò nonostante, l'opposizione di colore, cronologicamente la più antica del continente anche se limitata a pochi intellettuali, andò sempre più accentuandosi. Da alcuni raggruppamenti preesistenti era nato, nel dicembre 1956, il MPLA (Movimento Popular de Libertaçao de Angola) che, sotto la guida del dott. Agostinho Neto, si sarebbe posto in contrasto con l'UPA - in seguito FLNA - di Holden Roberto, organizzazione meno politicizzata e più compromessa nelle lotte tribali.
La lotta armata del MPLA, la prima ad essere intrapresa nelle colonie portoghesi, iniziò il 4 febbraio 1961 con l'attacco alle prigioni di Luanda, mentre l'UPA, a seguito della concessione dell'indipendenza al Congo belga, scatenava una sanguinosa lotta razziale e tribale nel nord del paese. Dopo una stasi temporanea dovuta alla concorrenza del FLNA - il quale, fonte dell'appoggio dello Zaire in cui vivevano migliaia di profughi angolani, costituì un governo in esilio (GRAE) conseguendo il riconoscimento della Organizzazione dell'unità africana -, il MPLA si riorganizzò nel 1964 attaccando il distretto di Cabinda dalle basi di partenza situate nel Congo Brazzaville e poi nello Zambia, e ottenne il controllo, a partire dal 1968, di 1/3 del territorio (gli effettivi del MPLA ascendevano, secondo fonti portoghesi, a 7000 uomini). Lo sforzo di Lisbona per eliminare la guerriglia non diede esito nonostante la riorganizzazione militare del 1970 - comandante in capo era il gen. Costa Gomes - e i costanti aumenti delle spese militari (nel 1973, 2 miliardi di escudos per 70.000 soldati). Mentre nel 1966 era nato un nuovo gruppo indipendentistico, l'UNITA di Jonas Savimbi, il parziale riavvicinamento operatosi alla fine del 1970 fra il MPLA e il FLNA s'intrecciò ai tentativi di eliminare fisicamente Agostinho Neto e di arrivare a una pace negoziata.
La rivoluzione del 25 aprile 1974 in Portogallo aprì una nuova era di rapporti. Il gen. António de Spínola tentò di elaborare una soluzione di compromesso, ma la legge del 10 luglio 1974 e gli accordi di Alvor del 10/15 gennaio 1975 tra il nuovo presidente portoghese, gen. Costa Gomes, e i rappresentanti delle tre forze di liberazione stabilirono la piena indipendenza del paese, fissandola per l'11 novembre 1975. Nella fase di transizione è stata in carica un'amministrazione mista; gravi incidenti hanno interessato sia la popolazione di colore che quella bianca, mentre i contrasti tra il MPLA, il FLNA e l'UNITA - che si differenziano per caratteristiche etniche e tribali, credenze religiose, opzioni politiche e sostegni internazionali - hanno causato dall'aprile 1975 scontri armati con migliaia di vittime, cui si è cercato invano di porre fine attraverso un patto di pacificazione stipulato in Kenia nel giugno. Precipitata la situazione a causa della rinuncia delle forze armate portoghesi a intervenire attivamente, iniziò l'esodo della popolazione bianca, mentre la guerra civile si estendeva a seguito degli aiuti militari stranieri ai belligeranti. L'11 novembre si ebbero due dichiarazioni d'indipendenza simultanee, del MPLA a Luanda, e del FNLA e dell'UNITA a Huambo (ex Nova Lisboa): nei primi mesi del 1976 il MPLA ha finito per imporsi, anche grazie al più deciso sostegno avuto dall'URSS, da Cuba e da altri paesi socialisti, ottenendo di essere riconosciuti dall'Organizzazione dell'unità africana come l'unico e legittimo governo dell'Angola. Nel maggio 1976 il governo di A. Neto ha interrotto le relazioni diplomatiche con il Portogallo.
Bibl.: ONU, Un principe en péril. Les Nations Unies et les territoires sous administration portugaise, New York 1970; MPLA, Angola: una rivoluzione in marcia, Milano 1972; Anuário Comercial de Portugal, Portugal Exporter, Lisbona 1974; A. Humbaraci, N. Muchnik, Portugal's African Wars, Londra 1974.