ANGORA (in turco, secondo la nuova grafia, Ankara, nella pronuncia popolare Engürü; A. T., 88-89)
Capitale attuale della repubblica turca, situata nel cuore dell'Anatolia, sopra l'antica Ancȳra ("Αγκυρα). Conta oggi quasi 75.000 abitanti. È situata a 848 m. s. m., ed occupa la sommità di un colle scosceso di natura vulcanica. È capoluogo di vilāyet (237.640 ab., 1927), e unita a Ḥaidar Pascià da una ferrovia lunga 578 km. In alto si eleva il castello, costruito sull'antica acropoli romana; rimangono in piedi i ruderi dell'Augusteum, tempio elevato dai principi galati in onore di Augusto, prezioso per le sue iscrizioni. Oggi la città è stata, in parte, riassettata: vi sono nuove costruzioni, fra le quali il palazzo della grande assemblea, i ministeri, le caserme, il palazzo delle poste. Tuttavia il problema edilizio è ancora più sentito in Angora che non in qualsiasi altra capitale europea. Le campagne che circondano la capitale sono poco fertili e soggette alla malaria. Angora ha importanza locale come centro agricolo di raccolta dei prodotti, che provengono dai territorî di Ciōrūm e Yōzghād. Si esportano i cereali, la frutta, si coltivano il gelso e la vite. La maggior parte dei vitigni è esente da ogni malattia e la coltura si mostra molto rigogliosa, malgrado la mancanza di cure. Con l'uva si fabbrica pure un po' di vino, ma la maggior parte si consuma come frutto secco, che viene molto apprezzato anche per la fabbricazione del raqi (arak). Assai sviluppata è la bachicoltura. Importante è l'allevamento del bestiame, fra il quale primeggia la cosiddetta capra di Angora produttrice del mohair. Com'è noto, per la concorrenza dei caprini d'Angora allevati in America e nell'Africa meridionale, i prodotti delle capre d'Angora originarie sono diminuiti notevolmente di prezzo, cosicché, non essendo più remunerativo, l'allevamento fu molto trascurato (v. angora, razze d'). Altre industrie locali sono quelle della fabbricazione dei sacchi, dei tappeti, del pasturma, che è una specie di prosciutto di vitello affumicato e aromatizzato. Si esportano anche molta lana, il kil (terra saponosa), cereali, mastica, miele, cera, gomma, robbie, pelli, animali vivi. Vi sono miniere quasi del tutto inutilizzate, come quelle di Eluma Ḍāgh di rame e piombo argentifero. Angora ha saline, sorgenti minerali, minerali di cromo.
Storia. - Nell'età antica, Ancyra nell'altipiano centrale anatolico, presso affluenti dell'alto corso del Sangario, fu attribuita, prima alla Frigia, poi alla Galazia. Il nome della città si collegava col nome greco dell'ancora, e si favoleggiava perciò o di un'ancora trovata sul luogo dal re Mida, immaginato primo fondatore della città, o di ancore portate come trofei navali dai Galati che poi la occuparono. Pausania riferisce che ai suoi tempi (seconda metà del sec. II d. C.) si mostrava ancora nel tempio di Giove l'ancora di Mida (Paus., I, 4, 5), come pure, altrove, la fonte che aveva fornito l'acqua mescolata col vino dallo stesso Mida per catturare Sileno. Della storia più antica della città non si sa nulla; nel sec. III a. C. essa fu occupata da alcuna delle orde galliche rovesciatesi attraverso la Tracia sull'Asia Minore, e precisamente dai Tectosagi (Polib., XXII, 22; Liv., XXXVIII, 24). La floridezza e la notorietà della città non comincia però che in tempo romano. Sin dal principio dell'impero ebbe essa quel suo magnifico tempio di Roma e di Augusto che è tuttora per gran parte in piedi, e che ha conservata incisa, sulle ante e sulle pareti, nella redazione greca e nella latina, l'unica copia quasi completa della relazione (detta perciò, ora, Monumentum Ancyranum) che Augusto aveva lasciata scritta della propria opera e che Tiberio lesse in senato dopo la morte di lui (cfr. Tac., Ann., I, 11; Sveton., Aug., 101; Mommsen, Res gestae divi Augusti, Berlino, 1865)
La città fu occupata dalle truppe del califfo ‛abbāside al-Muktaṣim nell'838; ripresa dai Bizantini, poi dai Selgiuchidi, quindi dai Crociati, a metà del sec. XII fu conquistata dal selgiuchide Muḥyī ad-Dīn Mas‛ūd, figlio di Qiliǵ Arslān II. Alla fine del secolo XIII vi si affermò una speciale confraternita detta degli Akhī, che vi instaurò una sorta di governo repubblicano. Due di questi Akhī, di nome Shararf ad-Dīn e Ḥusein, fratelli, sono sepolti presso le moschee da essi fondate. Il sultano ottomano Murād I prese Angora nel 762 dell'ègira, 1362 d. C., e nelle sue vicinanze, nella pianura di Cibuq Abad, si svolse nel 1402 la battaglia famosa tra Bāyazīd I e Timūr Lenk (Tamerlano), che eclissò per qualche decennio la potenza ottomana. La città godette fama di fortezza imprendibile per la munita cittadella, elevata sopra un'altura difficilmente accessibile e munita di salde mura. I rappresentanti del sultano vi poterono perciò resistere agli attacchi frequenti di ribelli che infestarono l'Anatolia nei secoli XVI e XVII. Ewliyā Celebi, un viaggiatore e geografo turco, che vi passò nel 1648, ricorda che al dizdār (l'incaricato della difesa della fortezza interna o cittadella, ič qal‛ah) era fatto divieto di uscirne. Sotto l'altura già nel sec. XVII s'era estesa la città con molte moschee e fontane, 3066 case ed alcuni palazzi (serāy).
Nel 1833 Angora fu per breve tempo occupata dalle truppe di Moḥamed ‛Alī, pascià d'Egitto, ribelle al sultano. Nell'ultimo decennio essa ha acquistato rinomanza e importanza eccezionali in relazione con gli avvenimenti politici della Turchia. Alla fine del 1919 (27 dicembre) Muṣṭafà Kemāl pascià, capo del movimento nazionale in Anatolia, vi trasportò la sede del Comitato rappresentativo eletto dal Congresso nazionalista di Sīwās; il 23 aprile 1920 vi fu inaugurata la 1a grande assemblea nazionale (büyük millet méglisī). Angora fu da allora sede del governo kemālista che condusse le vittoriose operazioni contro i Greci e decise gl'importanti provvedimenti che condussero all'abolizione del sultanato (I novembre 1922) e alla proclamazione della repubblica (29 ottobre 1923), di cui diventò la capitale.
Angora, collegata con Costantinopoli dal 1893 mediante la ferrovia di Eskishehir, ora congiunta con gli altri centri dell'Anatolia con nuove ferrovie, alla costruzione delle quali il governo dedica cura particolare, si trova in posizione centrale molto opportuna per la direzione degli affari dello stato. Le nuove esigenze hanno sollecitato la fondazione di una nuova città (Yenī Shehir) accanto alla vecchia per gli edifici governativi, le abitazioni dei funzionarî, le rappresentanze diplomatiche, che per la maggior parte sono restate però finora a Costantinopoli, limitandosì all'invio di segretarî, quando non è necessario il viaggio degli stessi ambasciatori. A Cian Qaya, nei pressi di Angora, sorge la villa dove risiede il presidente della repubblica.
Angora è una tra le città dell'Asia minore che conservano il maggior numero di monumenti romani e bizantini. Tra i primi ricordiamo, oltre il già citato tempio di Augusto, una colonna onoraria probabilmente elevata a Gioviano, le rovine di un vasto edificio distrutto quando fu costruito l'odierno Ministero della guerra, molti frammenti architettonici e iscrizioni greche e latine.
Appartengono all'epoca bizantina le rovine della chiesa di San Clemente, costruzione in mattoni, probabilmente del sec. VI: è una basilica a cupola, affine a S. Sofia, a cui è forse anteriore. Nonostante i rimaneggiamenti selgiuchidi e turchi, la cittadella molto ben conservata è bizantina; la cinta primitiva risale al secolo VII o all'VIII, fu restaurata e rinforzata con una seconda cinta circa il sec. IX. La parte antica offre un esemplare perfetto di fortificazione bizantina, tanto per la costruzione delle mura, formate in basso da grandi blocchi tratti da altri monumenti, in alto da strati alternati di conci e mattoni, quanto per la pianta, la disposizione delle porte, la forma delle torri pentagonali.
Tra gli edifici pubblici e i monumenti dell'epoca musulmana e turca in particolare ricordiamo una moschea edificata dal selgiuchide ‛Alā 'ad-Dīn, l'Arslānkhāneh Giāmi‛ī (detta così da uno dei leoni dell'epoca frigia che vi si conservano) riedificata da Akhī Sharaf ad-Dīn, l'Emīrler Mesgidī, costruita nell'847 dell'ègira entro la cinta della fortezza interna, la moschea di Ḥāǵǵī Bayrām (venerato santo che vi è sepolto) edificata per ordine di Solimano I dall'architetto Sinān, e appoggiata al tempio d'Augusto, detto Aq Medreseh, la Qurshunlū Giāmī‛ eretta da Aḥmed Pascià nel 972 dell'ègira (1564-1565 d. C.). Nel 1927 sono state inaugurate ad Angora due statue, una delle quali equestre, rappresentanti Muṣṭafà Kemāl, opera dello scultore italiano Pietro Canonica.
Angora fu già capoluogo del grande vilāyet omonimo e in tempi anteriori fu sede di un sangiaqbey, raramente di un pascià a tre code. Dal 1924, oltre ad essere la capitale della repubblica, è capoluogo dell'omonimo vilāyet. La popolaz. era valutata verso il 1890 a 27.825 abit., di cui 17.922 musulmani, 1565 greci ortodossi, 2704 armeni gregoriani, 5042 armeni cattolici, 109 armeni protestanti, 413 ebrei. Il censimento del 1927 ha registrato 75.000 abitanti per la città e 237.640 per l'intero vilāyet. (V. tavv. LXXV e LXXVI).
I concilî - Dall'oscurità, interrotta solo per un momento (vi udì parlare del montanismo l'anonimo scrittore utilizzato da Eusebio, Hist. Eccles., V, 16, 4), la sede di A. esce solo dopo la morte di Massimino Daia (313), con un concilio tenuto dopo una Pasqua, probabilmente nell'anno successivo. I venticinque canoni, tramandati in greco e in collezioni latine (di Isidoro, Prisca, di Dionigi), rispecchiano bene la situazione della Chiesa all'indomani della persecuzione, trattando della riconciliazione dei lapsi (1-9), di questioni disciplinari (matrimonio, specialmente dei dialtoni; autorità dei chorepiscopi, ecc.) e della penitenza: questi ultimi hanno particolare importanza. Il secondo concilio, presieduto da Basilio di Ancira, vi emanò nel 358 una formula di fede semiariana; un terzo, ariano, depose nel 375 varî vescovi cattolici, tra cui Gregorio di Nissa (v. arianesimo).
Bibl.: Per la parte storica: G. Perrot, De Galatia provincia romana, Parigi 1867; W. M. Ramsay, Studies in the Roman Province Galatia, in Journal of Roman studies, 1918; Ewliyā Celebi, Siyāḥetnameh, Costantinopoli 1315 ég. (1898), III, p. 427 segg.; Ch. Texier, Asie Mineure, Parigi 1862; Sālnāmeh (Annuario ufficiale turco), 1926-1927, pp. 478-479; Oriente moderno, I-VII (1921-1927), passim; Alex. M. Raymond, Angora, Parigi 1906 (compilazione di scarso valore); R. Hartmann, Im neuen Anatolien, Lipsia 1928, pp. 88 segg.
Per i concilî di Angora, cfr.: Hefele Leclerq, Histoire des Conciles, I, pp. 298-326, 903-908, 983.
Per i mon., v. Ierphanion, Mélanges d'archéol. anatol., 1928, p. 115 segg.