ANGUILLA (dal lat. anguilla, dimin. di anguis "serpente"; fr. anguille; sp. anguila; ted. Aal; ingl. eel)
L'anguilla (Anguilla vulgaris Cuv., ed anche Anguilla anguilla L.), fu classificata fra i pesci del sottordine dei Fisostomi, aventi la vescica natatoria comunicante, per mezzo di un condotto (condotto pneumatico), con la parte anteriore dell'intestino, e, per la mancanza delle pinne ventrali, fra i pesci Apodi. Ha diversi nomi a seconda delle varie provincie italiane, ad esempio bisatto nel Veneto, ciriola nel Lazio, e in generale capitone quando sorpassa i cinquanta centimetri di lunghezza; i capitoni sono sempre anguille femmine. L'anguilla è caratterizzata da un corpo allungato subcilindrico, dal possedere una pinna impari poco alta, dotata di raggi molli, che partendo, sul dorso, a 5-6 cm. dalla base delle pinne pettorali, circonda la parte posteriore del corpo, formando le pinne caudale ed anale; specialmente dopo l'apertura anale il corpo si fa più compresso. Il capo ha muso più o meno depresso, ottuso od appuntito; ciascuna narice ha due aperture, la mascella inferiore è un po' più lunga della superiore, la lingua è libera, i denti sono numerosi, quasi cilindrici, disposti a spazzola la bocca è ampia; esistono opercoli non visibili e l'apertura delle fessure branchiali è collocata anteriormente poco prima della base delle pinne pettorali. La pelle, munita di numerosissime squamme approfondite nella cute, presenta un colore variabilissimo, in generale superiormente bruno-giallastro o verdastro più o meno intenso, ventralmente biancastro; le pinne sono bruno chiaro, eccettuata quella anale che è piuttosto giallo-rossiccia. Le femmine (capitoni) raggiungono un peso di 5-6 kg., sono molto più grandi dei maschi che non sorpassano quasi mai i 46 centimetri di lunghezza; vivono preferibilmente o in mare o negli stagni d'acqua salmastra. Tuttavia possono anche trovarsi a notevole distanza dal mare, perfino a 200 km. dalla foce dei fiumi che hanno risalito (Petersen).
Il naturalista Yarrel distinse tre varietà, a seconda della forma del muso, e, cioè: A. latirostris, medirostris, acutirostris, alle quali il Blanchard aggiunse l'oblungirostris. Si ricordano, poi, le razze stabilite per le anguille macroftalme, dagli occhi enormi, A. Kieneri, A. Cuvieri, A. Bibroni, A. Savignyi e A. cloacina del Bonaparte ad occhi grandi, ma non enormi.
L'anguilla è comune tanto nel mare quanto nelle acque dolci fino a notevole altezza sul livello del mare (3000 m.); è carnivora, voracissima specialmente di crostacei e lombrichi; mangia però anche le sanguisughe. Ama infossarsi nei fondi fangosi e, per la conformazione ed elasticità delle fessure branchiali che permettono di conservare a contatto con le branchie un residuo d'acqua, può resistere anche per diversi giorni all'asciutto. Le anguille possono uscire dai fossi e strisciar sul suolo, la rettazione loro venendo facilitata dalla viscidità della pelle. Frequentano talora le acque sotterranee oppure le cloache, specialmente a Roma, tanto che il Bonaparte le chiamò anguille cloacine o chiavicarole. Queste anguille somigliano alle anguille argentine per la grandezza degli occhi e per il colore. Furono spesso trovate anche nei pozzi.
Le anguille si riproducono in mare. All'epoca della maturità sessuale, esse lasciano le acque dolci, vestono, come si dice, l'abito di nozze e subiscono tutte quelle trasformazioni necessarie per l'adattamento alla vita marina (Schmidt): le pinne pettorali, specialmente nei maschi, si fanno di un nero intenso, il dorso assume un colore verde oliva, con riflessi bronzini degradanti di intensità. La regione ventrale assume un colore bianco argenteo, donde il nome di anguilla argentina che si dà alle anguille che scendono al mare. Oltre al cambiamento di colore della pelle e delle pinne, degne di nota sono specialmente le mutazioni che avvenġono nell'occhio: la cornea diventa trasparente dove prima non lo era, la lente cristallina aumenta di volume, la retina e il pigmento dell'iride subiscono considerevoli modificazioni. Le migrazioni delle anguille al mare avvengono verso i primi d'ottobre, nelle notti assai burrascose, e proseguono in novembre e spesso anche in dicembre, ma possono avvenire anche in primavera, se non così abbondanti come in autunno, tuttavia abbastanza copiose. Una volta migrate in mare le anguille non tornano più nell'acqua dolce e s'ignora quale sia la fine del loro ciclo evolutivo, poiché finora non furono mai catturati in mare né maschi, né femmine.
L'anguilla sguscia dall'uovo sotto forma d'una larva appiattita, che fa pensare, per il suo aspetto generale, ad una foglia di salice. Si deve al Grassi e al Calandruccio (1892) l'aver rivelato che il Leptocephalus brevirostris, considerato come una specie a sé fin dal tempo di Aristotele, altro non è che la forma larvale dell'anguilla, e l'averne seguito lo sviluppo. Nel leptocefalo la muscolatura si trova separata dalla colonna vertebrale per mezzo di una sostanza gelatinosa che dal Grassi fu denominata ialoscheletro. A poco a poco lo ialoscheletro viene riassorbito, ma nell'anguilla permane forse più a lungo che negli altri murenoidi. Nell'ultimo stadio (il 13° secondo lo Schmidt) le larve diminuiscono di dimensioni e da compresse che erano diventano tondeggianti. Altro fatto notevole è quello che il sangue, non solo nel leptocefalo dell'anguilla, ma anche in quelli di tutti i murenoidi, non assume il suo pigmento rosso che negli ultimi stadî di sviluppo.
Il leptocefalo si arrotonda poi gradualmente e va pigmentandosi sul dorso, e si trasforma così in ceca o capillare, diminuendo notevolmente di volume, per la considerevole perdita di acqua da parte dei tessuti.
Raggiunto l'ultimo stadio, cioè allo stato di ceca, le larve migrano alle foci dei fiumi e ne risalgono la corrente passando dal mare all'acqua dolce, trasformandosi completamente in anguilline, che vengono poi catturate per le cosiddette semine nei laghi e nelle valli (v. piscicoltura).
Dibattuta per lungo tempo e non ancora del tutto chiara è la biologia dell'anguilla, specialmente per quanto si riferisce alla deposizione delle uova. Secondo lo Schmidt, il luogo di riproduzione dell'anguilla, sarebbe il mare dei Sargassi, ove egli riuscì a raccogliere larve di dimensioni piccolissime, quali non si era mai riusciti a pescare altrove, e venne alla conclusione che in quella regione si dovesse circoscrivere l'area in cui l'anguilla europea (A. anguilla L.) e l'anguilla americana (A. rostrata Le Sueur, A. chrysypa Rab.) converrebbero per compiere la loro riproduzione, e donde poi si irradierebbero le larve alla ricerca delle acque dolci.
A parte il fatto che, se effettivamente l'anguilla europea provenisse dall'Atlantico, si dovrebbe verificare nello stretto di Gibilterra, in autunno e in primavera, rispettivamente, un grande passaggio di anguille e di ceche (il che non si è mai osservato), nel Tirreno vengono raccolte moltissime uova galleggianti di murenoidi, fra le quali una forma che si può, se non con assoluta certezza, con grande probabilità, ritenere appartenente all'anguilla (Sanzo), e nelle acque messinesi si pescano abbondantemente i Leptocephalus brevirostris. La mancata cattura di stadî larvali molto giovanili non è argomento sufficiente (Raffaele) per concludere che l'anguilla si riproduca necessariamente fuori del Mediterraneo, poiché anche di altre specie del Tirreno, che hanno uova e larve pelagiche (sardine, acciughe, triglie, sogliole, naselli), cioè in condizioni da essere sparpagliate irregolarmente dai movimenti delle acque, i primi stadî si pescano molto raramente. Soltanto dopo una certa età tali forme larvali cominciano ad eseguire migrazioni attive in luoghi determinati, sospinte dalla medesima causa; il che potrebbe avvenire anche per le anguille (Raffaele).
A Comacchio e al lago di Bolsena la pesca delle anguille e il loro allevamento costituisce da molto tempo un'industria fiorente e redditizia. Mediante particolari impianti dei cosiddetti lavorieri, (v. vallicoltura) a Comacchio e altrove, sono catturate migliaia di anguille argentine, che pescate in seguito, a tempo opportuno, vengono lanciate sul mercato.
Al genere Anguilla vanno riferite numerose specie fossili del Luteziano di M. Bolca presso Verona (A. branchiostegalis Agassiz, A. leptoptera Agassiz, ecc.), dell'Oligocenico della Provenza (A. multiradiata Agassiz), del Miocenico della Baviera (A. elegans Winkler), ecc.
L'Anguiha elettrica, o del Surinam, (Gymnstus electricus L) ravvicinata all'anguilla propriamente detta per la forma allungata del corpo, appartiene alla fimiglia dei Gimnotidi, nei quali la pinna dorsale manca, o è ridotta ad una striscia adiposa, mancano le ventrali, la pinna anale è lunghissima, e la caudale, quando esiste, è anch'essa rudimentale. Caratteristica di queste forme è la posizione dell'apertura anale, che viene a trovarsi proprio sotto la testa, oppure a breve distanza dalla gola. L'anguilla elettrica, che raggiunge una lunghezza di 2-3 metri, vive nelle acque dolci dell'America centrale e meridionale; è così chiamata per la presenza di un potente organo elettrico, collocato nella parte posteriore del corpo, capace di fulminare anche a distanza animali di considerevoli dimensioni.
Nell'uso continuato l'organo esaurisce la propria energia, ma la riacquista con il riposo.
Fisici (Matteucci) e naturalisti (Humboldt) fecero esperimenti e studî su questo singolare animale.
Bibl.: G. B. Grassi, Metamorfosi dei Murenoidi. Ricerche sistematiche ed ecologiche; Calandruccio, in Grassi, l. c., p. 23; J. Schmidt, The breeding places of the Eel, in Philosoph. Trans. of the Royal Soc. of London, s. B., CCII, pp. 179-208; Petersen, in Grassi, l. c., p. 19; F. Raffaele, A proposito dei presunti viagig delle Anguille, in Rassegna delle scienze biologiche, IV (1923); Yarrel (1836), in Gassi, l. c., p. 9; Sanzo, in Grassi, l. c., p. 91.