ANICA
Sigla di Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche e Affini, il sindacato nazionale dell'industria cinematografica indipendente italiana, il cui campo di attività si è esteso nel corso del tempo a comprendere anche la produzione audiovisiva e multimediale. Fondata a Roma il 10 luglio del 1944 con la sigla ANIC, come rappresentanza e organo di espressione dei soli produttori cinematografici, si allargò subito ai noleggiatori e agli stabilimenti di sviluppo e stampa, aggiungendo alla sigla la A di 'Affini', e aderì pochi mesi dopo alla Confindustria. Il primo presidente fu Alfredo Proia, sostituito nel 1949 da Eitel Monaco (che dal 1941 al 1944 era stato a capo della Direzione generale per la cinematografia presso il Ministero della Cultura popolare), in precedenza segretario generale, il quale avrebbe conservato la carica fino agli anni Settanta. La figura di Monaco, discussa per una sospetta continuità con l'esperienza fascista, riassume l'ambivalenza della politica sviluppata dall'A. nell'immediato dopoguerra: un insieme di dichiarazioni liberiste ed enfaticamente ostili a ogni atteggiamento protezionistico, e di iniziative e richieste orientate a difendere il cinema italiano dall'invasione dei prodotti statunitensi. Uno dei primi atti dell'associazione era stato infatti un accordo (1946) con l'AGIS sulla programmazione obbligatoria di film italiani per un minimo di 60 giorni all'anno; l'accordo anticipò la legge (alla cui elaborazione partecipò lo stesso Monaco) che nel 1947 aumentò a 80 i giorni riservati alla produzione nazionale. Tuttavia, al di là di misure contingentemente protezionistiche, si trattava di lavorare a un'intesa di più ampio respiro con le majors statunitensi che, dal canto loro, consapevoli dell'importanza del mercato italiano, caldeggiavano l'abolizione di tutti i provvedimenti restrittivi delle importazioni. L'obiettivo fu raggiunto nel 1951 con un accordo tra l'A. e la MPAA (Motion Picture Association of America) che consentiva ai produttori statunitensi di distribuire un numero predefinito di film in cambio del ritiro delle vecchie pellicole che invadevano le sale di terza visione e quelle parrocchiali, e dell'impegno a promuovere i film italiani sia distribuendoli negli Stati Uniti sia reinvestendo in Italia il 40% dei ricavi realizzati sul mercato nazionale. Con alcune modifiche l'accordo fu rinnovato fino ai primi anni Sessanta, e contribuì significativamente a quel trasferimento di produzioni hollywoodiane in Italia (soprattutto a Cinecittà) che costituì un forte incentivo allo sviluppo dell'industria cinematografica nazionale negli anni Cinquanta. La politica dell'A., rivolta a controbilanciare la produzione statunitense e nello stesso tempo a rimuovere in prospettiva ogni misura restrittiva nel commercio dei film, aveva uno dei suoi assi portanti nei rapporti con le altre cinematografie europee. In particolare, nel corso degli anni Cinquanta si tentò di creare una rete di collaborazione basata su accordi di coproduzione con la Francia e la Germania, una sorta di 'mercato comune' cinematografico; ma alla fine del decennio il tentativo fallì, soprattutto per l'atteggiamento assunto dai produttori francesi. Si ottenne comunque un risultato significativo con la firma (1955) di un primo accordo di collaborazione con l'Unione Sovietica.
Sul piano interno, il sostegno dello Stato ‒ necessario per rafforzare con interventi finanziari e fiscali l'industria italiana ‒ fu perseguito anche attraverso l'adeguamento alle politiche messe in atto dai governi democristiani dell'epoca: nel 1954 l'A. costituì una Commissione di autocensura, vincolante per i produttori associati. Alla metà del decennio l'A. riuniva ormai la maggior parte delle case di produzione e distribuzione e degli stabilimenti cinematografici, e nel 1956 cominciò a finanziare la produzione italiana. Il progressivo ampliamento delle capacità associative e del ruolo dell'A. incontrò un ostacolo decisivo nello sviluppo della televisione; la concorrenza messa in atto dal nuovo mezzo nei confronti del cinema fu inizialmente arginata con un accordo, siglato nel 1966 tra l'A. e la RAI, volto a disciplinare la trasmissione televisiva di film prodotti per il mercato cinematografico. Ma nei decenni successivi lo sviluppo delle reti private vanificò ogni tentativo di regolamentazione, e l'A. vide progressivamente scemare il suo controllo sugli stessi associati, che trovavano conveniente svendere ai network i propri magazzini. La reazione alla crisi ha portato l'A. a estendersi alle industrie che operano nel campo della pubblicità e dei nuovi media e nel settore audiovisivo in generale (modificando la denominazione in Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche Audiovisive e Multimediali), a consolidare la cooperazione internazionale con la partecipazione a diversi organismi non solo europei, a sviluppare l'attività di documentazione sui mercati audiovisivi. Tuttavia nel 1988 l'A. non è riuscita a far introdurre a livello legislativo il tax shelter, cioè l'abolizione delle tasse sui redditi delle aziende cinematografiche reinvestiti nella realizzazione di nuovi film, che avrebbe aumentato il grado di autonomia finanziaria dei produttori italiani, liberandoli in parte dalla necessità di ricorrere ai finanziamenti delle reti televisive.Dal 1966 pubblica "Cinema d'oggi", un periodico di informazione cinematografica. *
ANICA, 20 anni dell'Anica per il cinema italiano 1944-1964, Roma 1964; G.P. Brunetta, I cinquant'anni dell'Anica, in "Cinema d'oggi", 1994, 18-19.