ARCIERO, Aniello
Nacque a Gallipoli nel 1573. Sacerdote professo della Congregazione dei ministri degli infermi, fu uno dei principali protagonisti del famoso processo celebrato nel 1614-15 dal S. Offizio contro il circolo quietista napoletano, che faceva capo alla monaca Giulia De Marco. Dal 1605 sino all'arresto la De Marco, ritenuta santa e chiaroveggente non soltanto dalla plebe, ma anche dalla nobiltà napoletana e spagnola, godette a Napoli di grande popolarità, cui contribuì non poco il favore che i gesuiti largamente le dimostrarono: la stessa viceregina Caterina de Sandoval, moglie del conte di Lemos, le era assai devota. L'A., che fu confessore della De Marco dal 1605 al 1607, partecipò di questa popolarità, incontrando, come pare, molta stima nell'ambito della sua stessa Congregazione, come è attestato dal fatto che il generale Francesco Antonio Nelio raccomandava ai confratelli dell'A. di seguirne le pratiche e le opinioni.
In che poi queste precisamente consistessero non è dato di sapere, perché i soli documenti rimastici sull'attività del gruppo quietista sono le confessioni, che gli interessati fornirono sotto tortura, e le deposiziom, non meno sospette, dei testimoni a carico. Sembra certo, comunque, che l'arresto, in base a turpissime accuse, della De Marco e dei suoi "complici" fu un episodio della rivalità e della lotta senza quartiere combattuta a Napoli tra i teatini e i gesuiti.
I teatini riuscirono ad ottenere nel 1614 dal S. Offizio l'arresto della De Marco, dell'avvocato Giuseppe de Vicariis, altro importante esponente del gruppo, e dell'A., il quale sino dal 1607 si era trasferito a Roma nel convento della Maddalena. I gesuiti, la nobiltà napoletana, l'ambasciatore spagnolo presso la Santa Sede Francisco de Castro, fratello del viceré di Napoli, si prodigarono tenacemente, ma invano, a favore degli accusati, rinunciando ai tentativi soltanto quando si seppe che essi, sottoposti a tortura, avevano reso una piena confessione.L'A., la De Marco ed il de Vicariis dichiararono, con grande ricchezza di particolari, di aver commerciato carnalmente tra loro e con altri aderenti al gruppo, nella convinzione che gli atti venerei potessero rendersi puri e meritori con la contemporanea elevazione della mente a Dio. In particolare l'A. affermò che la pretesa chiaroveggenza della De Marco era in realtà basata S rivelazione, che egli sistematicamente le faceva, dei segreti uditi in confessione. Il 12 luglio 1615 nella chiesa della Minerva il collegio cardinalizio, la nobiltà romana e napoletana, prelati e popolo assistettero alla lettura delle dettagliatissime confessioni od alle abiure dei tre. Per decisione dello stesso pontefice Paolo V analoga cerimonia venne compiuta dinanzi al clero ed al popolo napoletano, il 9 agosto successivo, ad opera dell'arcivescovo cardinale Carafa. L'A. ed i suoi compagni, condannati al carcere perpetuo e alle pene salutari, "furono fabricati tutti e tre nel muro sopra un'alta stanza nella Piazza del Vaticano" (Scipione Guerra).
Fonti e Bibl.: Diurnali di Scipione Guerra, a cura di G. De Montemayor, Napoli 1891, pp. 90 s.; L. Amabile, Il Santo Officio della Inquisizione a Napoli, II,Città di Castello 1892, pp. 23 ss.;V. Spampanato, Sulla soglia del Seicento. Studi su Bruno, Campanella ed altri, Milano-Roma-Napoli 1926 pp. 211 ss.; L. v. Pastor, Storia dei Papi, XII, Roma 1930, p. 224; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d'Italia, IV, p. 142.