animismo
La credenza che tutto abbia un'anima
Gli esseri umani percepiscono in sé stessi, oltre al corpo, un elemento spirituale che si manifesta nei sentimenti, attraverso i sogni, nelle visioni e negli stati febbrili con delirio. La mente ha esperienze di gioia, paura, amore, ansia, vede luoghi diversi, incontra persone. L'animismo è nato dall'idea dell'anima, cioè di una parte immateriale e immortale dell'essere umano
Nella notte il corpo giace inerte nel sonno, ma la mente ‒ attraverso i sogni ‒ no. Durante il sonno c'è qualcosa che abbandona temporaneamente il corpo e vaga nel mondo a suo piacimento: a questo qualcosa è stato dato il nome di anima. Molte malattie sono state viste come il distacco dal corpo dell'anima, che resta imprigionata in luoghi inaccessibili, incontra demoni e spiriti, e che deve essere liberata e ricondotta nel corpo con cure e rituali. Con la morte l'anima si distacca definitivamente dal corpo e vive di vita propria.
In tutte le società primitive è presente l'idea di anima e si dà molta importanza ai sogni. Inoltre l'idea della sopravvivenza dell'anima dopo la morte fisica ha dato origine al culto dei morti e degli antenati, presente fin dagli albori della civiltà umana. I primitivi attribuiscono un'anima anche agli elementi naturali: i monti, i laghi, i fiumi, il mare, gli alberi, la terra, le stelle: insomma, tutto l'Universo è dotato di un'anima e spiriti invisibili vegliano sulla natura. Quando si dette un nome a questi spiriti o potenze si arrivò al politeismo, ossia alla religione con molti dei. In realtà, non si è verificata un'evoluzione così lineare dall'animismo al politeismo e poi al monoteismo (religione con un solo Dio).
Molti popoli primitivi adorano un Essere supremo, creatore del mondo, che affida la creazione a suoi ministri o divinità minori. Così gli africani Yoruba credono che il dio del cielo abbia degli aiutanti a cui bisogna rivolgersi con le preghiere. Gli allevatori e cacciatori come i Masai del Kenya e della Tanzania adorano Enkai, l'Essere supremo, anche se credono alle anime e agli spiriti. Anche per i Maori della Nuova Zelanda all'origine non esistono gli spiriti, bensì gli dei. Racconta il mito che prima degli dei del Cielo e della Terra, esistevano "Colui che genera, colui che si espande, colui che pensa". Il Cielo e la Terra erano a quel tempo uno vicino all'altra: dal loro abbraccio sono nate le molte divinità maori. "Quando nacquero questi figli, la Madre Terra fu avvolta nelle tenebre e l'unico segno di luce era l'incerto barlume di una lucciola. Cielo e Terra erano strettamente uniti, il Padre Cielo abbracciava infatti stretta la Madre Terra". Il Dio Tane, uno dei figli nati da tale accoppiamento e progenitore della specie umana, propose ai fratelli di separare i genitori: il Cielo avrebbe dovuto essere spinto verso l'alto così essi si sarebbero potuti muovere liberamente. Solo dopo nacquero gli spiriti.
Il concetto di animismo fu elaborato dall'antropologo inglese E.B. Tylor. Egli pubblicò nel 1871 un libro intitolato Cultura primitiva, nel quale studiava le idee religiose dei popoli primitivi. L'origine delle forme religiose, a suo parere, andava rintracciata nella credenza dell'anima e degli esseri spirituali in genere. Secondo Tylor l'uomo avrebbe avuto fin dall'inizio, attraverso il sonno e il delirio, la percezione di un dualismo corpo-anima nel suo stesso essere. Questa autonomia del livello spirituale o dell'anima determinò la credenza in un mondo di esseri invisibili, da cui lentamente sarebbe poi venuta una visione più complessa della religiosità. Tylor cercò di determinare le tappe dello sviluppo della religione, rintracciandole nel culto dei morti, nel culto dei feticci o di oggetti ritenuti sacri, nel politeismo e infine nel monoteismo. Oggi gli antropologi hanno in parte abbandonato il concetto di animismo, avendo compreso che anche le religioni primitive sono molto complesse e assai differenti le une dalle altre.