animo
. Rispetto ad ‛ anima ' (v.), che denota principalmente lo spirito o principio vitale, l'essenza dell'uomo e, cristianamente, la parte soprannaturale che sopravvive eternamente al corpo ed è soggetto di premio o di pena, a., nel suo complesso, denota l'insieme delle facoltà psichiche. In questo senso, secondo il suggerimento del Pagliaro (Ulisse 20 n. 12) il termine, in D., indica la spiritualità soggettiva ', cioè le facoltà spirituali che denotano l'individuo come tale. La differenza tra i due vocaboli non è sempre rigorosamente determinabile e in D. si incontrano usi del termine a. coincidenti con quello di anima.
Sia la differenza che la coincidenza dei due termini era già nei latini con la coppia animus-anima. Dice Isidoro (Etym. XI I 11): " anima vitae est, animus consilii. Unde dicunt philosophi etiam sine animo vitam manere, et sine mente animam durare: inde amentes ". Col primo termine quindi (anima=vita) viene indicato ciò per cui l'uomo è, con il secondo (animus=mens) ciò che ne caratterizza l'esistenza, cioè le facoltà spirituali comprese sotto il termine ‛ mente ' e prima fra tutte quella dell'intendere (consilium). Macrobio notava inoltre la divinità della mens rispetto all'anima (Comm. in Somn. Scip. I XIV 3): " animus... proprie mens est, quam diviniorem anima nemo dubitavit: sed non nunquam sic et animam usurpantes vocamus ".
In D. possono venir distinti alcuni usi. Nel senso generale, denotante l'insieme delle facoltà psichiche: così l'animo mio, ch'ancor fuggiva, si volse a retro a rimirar lo passo (If I 25), con valore pregnante; infiammò contra me li animi tutti (XIII 67); L'animo mio, per disdegnoso gusto, / credendo col morir fuggir disdegno, / ingiusto fece me contra me giusto (v. 70, dove la confessione autobiografica conferisce al termine in modo intensivo il valore di coscienza soggettiva, individuale); 'l peccator... non s'infinse, / ma drizzò verso me l'animo e 'l volto (XXIV 131); avvegna che li occhi miei confusi / fossero... e l'animo smagato (XXV 146) Perché l'animo tuo tanto s'impiglia...? (Pg V 10); Di che l'animo vostro in alto galla (X 127); assai più... / che non stimava l'animo non sciolto (XII 75); Già eran li occhi miei rifissi al volto / de la mia donna, e l'animo con essi (Pd XXI 2); tutto mi ristrinse l'animo ad avvisar lo maggior foco (XXIII 90); nel quale... desidero con tutto lo cuore di riposare l'animo stancato (Cv I III 4); la vera amistade, astratta de l'animo (III XI 13); come alcuno lume d'animo in esso [bimbo] appare (IV XXIV 14). Per indicare più particolarmente l'intelletto, cioè la facoltà di capire, di intendere: Vostra apprensiva da esser verace / tragge intenzione, e dentro a voi la spiega, / sì che l'animo ad essa volger face (Pg XVIII 24); l'animo di quel ch'ode, non posa / né ferma fede per essempro ch'aia / la sua radice incognita e ascosa (Pd XVII 139); hai sì pieno l'animo tuo di pensier sì spietati (Rime dubbie XVII 13). In Cv II VIII 2 ha il valore di " memoria ": quello che ultimamente si dice, più rimane ne l'animo de lo uditore.
Altre volte indica la volontà, che desidera o rifugge: la fama nostra il tuo animo pieghi / a dirne chi tu se' (If XVI 31); Lo pudore è uno ritraimento d'animo da laide cose (Cv IV XXV 7); l'animo umano in terminata possessione di terra non si queti (IV 3), e con valore intensivo indica il coraggio, l'audacia: vinci l'ambascia / con l'animo che vince ogne battaglia (If XXIV 53). Dell'a. che ‛ appetisce ' il bene è detto più volte: Ciascun confusamente un bene apprende / nel qual si queti l'animo, e disira (Pg XVII 128; cfr. v. 93); L'animo, ch'è creato ad amar presto (XVIII 19); così l'animo preso entra in disire, / ch'è moto spiritale (v. 31). In tal senso in Cv IV XXI 13 si parla dell'appetito de l'animo, cioè l' ‛ hormen ' in quanto appetito d'animo naturale (XXII 4; v. APPETITO) che nasce dalla bontà divina infusa in noi, per cui l'uomo desidera ‛ naturalmente ' il bene. Tale bene, per essere rettamente perseguito, presuppone la sua vera conoscenza da parte dell'uomo, sicché l'animo... è diritto, cioè d'appetito, e verace, cioè di conoscenza (IV XIII 16; cfr. Le dolci rime 59). In quest'ultimo senso a. indica intelletto e volontà: E non dicesse alcuno che ogni appetito sia animo; ché qui s'intende animo solamente quello che spetta a la parte razionale, cioè la volontade e lo intelletto; sì che se volesse chiamare animo l'appetito sensitivo, qui non ha luogo (IV XXII 10; il termine ricorre tre volte al § 8). Nell'ambito dell'intelletto e della volontà D. indica un doppio uso dell'a.: Veramente l'uso del nostro animo è doppio, cioè pratico e speculativo (XXII 10), e tale uso del nostro animo è massimamente dilettoso a noi (XXII 9). Il termine ricorre ancora in Cv II X 6 e LV XVI 5.
Altre volte la parola indica la capacità di sentire, d'esser ‛ commosso '. Così in Cv II X 3, dov'è tradotto Boezio (Cons. phil. II I 6): " ogni subito movimento di cose non avviene sanza alcuno discorrimento d'animo "; IV XXV 5 lo stupore è uno stordimento d'animo; Pd I 86 a quïetarmi l'animo commosso, / pria ch'io a dimandar, la bocca aprio. L'a. perciò è anche la sede dei sentimenti, che vengono manifestati tramite il volto: e vidi due mostrar gran fretta / de l'animo, col viso, d'esser meco (If XXIII 83); E come fantolin... / tende le braccia... / per l'animo che 'nfin di fuor s'infiamma (Pd XXIII 123). Di qui la designazione dei vari ‛ stati ' d'a.: franchezza d'animo (Cv I V 4, IV IX 17), puerizia... d'animo (I IV 2); nobilitade d'animo (IX 2); bontà de l'animo (IX 5); viltà d'animo, cioè pusillanimità XI 2; v. anche al § 18 e IV II 14); levezza d'animo (III I 11); stabilitade d'animo (I 12); fervore d'animo (XI 16); fatica del suo animo (IV XII 19); malizia d'animo (XV 11, 17); di buono animo (XXVIII 18).