ANITE ('Ανύτη, Anãte) di Tegea
Poetessa epigrammatica vissuta probabilmente sul finire del sec. IV a. C. Fu molto onorata in patria: per incarico dei suoi concittadini gli scultori Euticrate e Cefisodoto le avevano innalzato una statua (certo prima del 290 a. C.); ai suoi libri furono attribuite virtù miracolose. Anite imita Erinna, Saffo, Simonide (la cui silloge si fa risalire al principio del sec. IV) ed è stata il modello di tutta la epigrammatica ellenistica da Nicia, Simmia, Leonida Tarantino, Mnasalca, ecc., fino all'età bizantina. Di lei rimangono ventuno epigrammi (17 nell'Antologia Palatina, tre nella Planudea ed uno in Polluce, V, 48), pieni tutti di vivo senso d'arte e di una profonda dolcezza d'affetti. Anite si può considerare quasi caposcuola dell'epigrammatica bucolica che trae inspirazione dalla natura e dalla vita reale. Anche nella cura della metrica precorre i grandi ellenisti. Meleagro ne raccolse i gigli nella sua Corona; Antipatro di Tessalonica la pone fra le nove muse terrene (Anth. Pal., IX, 26). Nulla abbiamo delle sue poesie liriche.
Bibl.: R. Reitzenstein, in Pauly-Wissowa, I, 2654-55 ed in Epigramm und Skolion, Giessen 1893, pp. 123 seg., 132 seg.; G. Knaack, in Susemihl, Geschichte d. gr. Litt. in d. Alexandrinerzeit, Lipsia 1891-92, II, 529; C. Cessi, Poesia ellenistica, Bari 1912, pp. 233-235; M. J. Baale, Studia in Anytes poetriae vitam et carm. reliq., Haarlem 1903; M. Boas, Anytes und Simonides, in Rh. Mus., 1907; F. Colangelo, Anite di Tegea, in Studi it. di filol. cl., 1915, pp. 280-337; E. Bignone, L'Epigramma greco, Bologna 1921, pp. 20 segg.; A. Annaratone, Gli epigr. di Anite da T., in N. Cultura, 1913.