ANKARA
ANKARA (gr. ῎Αγϰυϱα; lat. Ancȳra)
Città dell'Anatolia centrale, capitale (dal 1920) della Rep. di Turchia, sorge sul luogo dell'antica Ancȳra. Situata sull'altopiano anatolico, A. occupava una posizione strategica sul percorso delle principali strade militari e commerciali dell'Asia Minore (Hild, 1977; French, 1981). Città di origine frigia, capitale della prov. romana della Galazia, dal sec. 4° fu metropoli della ridotta Galazia Prima, sede del vicario del Ponto. Nel mutato assetto territoriale e amministrativo del regime tematico, A. fu dapprima capitale del tema degli Opsikion (sec. 7°), poi del tema dei Bucellari (sec. 8°). Era inoltre sede del vescovo metropolitano della Galazia. A. ebbe un periodo d'ininterrotta prosperità fino alla conquista dei Persiani di Cosroe II (620), evento che, oltre a segnare un brusco arresto nella vita urbana, provocò la contrazione dell'abitato; abbandonate le devastate aree pianeggianti, esso si arroccò infatti in una munita cittadella sulla sommità dell'antica acropoli. Dal 641 alla prima metà del sec. 9° si susseguirono, con cadenza quasi annuale, le incursioni arabe che - specie quelle del 654 (assalto del califfo Mu'āwiya), del 797 (spedizione dell'esercito di Hārūn al-Rashīd), dell'838 (assedio del califfo abbaside Mu῾taṣim) - arrecarono gravi danni alla città. Cessato il pericolo dopo la spedizione imperiale dell'859, stroncate le rivolte dei pauliciani (871-873), A. godette di una relativa tranquillità che si concluse con la conquista dei Turchi selgiuqidi, di poco successiva alla battaglia di Manzikert (1071). Da allora, se si eccettua un breve intervallo (1101-1121) quando, riconquistata da Raimondo di Tolosa, fu restituita all'impero bizantino, rimase (con il mutato nome di Engüryie, Angora) in possesso selgiuqide fino al 1354, allorché entrò nell'orbita ottomana (per questi eventi storici si rinvia ai documenti testuali collazionati da de Jerphanion, 1928; Wittek, 1932; Vryonis, 1971; Eyice, 1972; Foss, 1977).Ancora oggi il panorama di A. è dominato dalle torri della cittadella bizantina, uno tra i più completi esempi di architettura militare medievale in Asia Minore. Il nucleo originario del complesso sistema di fortificazioni è la cittadella propriamente detta, che occupa la sommità della collina. Il muro d'ambito (alto m. 8-9 e spesso m. 5), con quarantadue torri pentagonali, in forte aggetto e a brevi intervalli (m. 8-11), racchiude un'area rettangolare di m. 350150-180. L'accesso principale, sul lato sud, è protetto da un bastione quadrangolare (Parmak Kapısı), con due varchi sistemati a gomito; nei lati est e ovest si aprono invece delle posterule (rispettivamente tre e una). L'angolo sud-est è inglobato in un possente bastione poligonale (Şark Kale). Lo spigolo nord-est (il più eminente) è invece rafforzato da una cinta turrita (una sorta di ridotta: Ak Kale). Nelle cortine murarie, a grossi blocchi, è rilevante l'impiego di materiali di spoglio (provenienti evidentemente dagli edifici devastati dai persiani), la cui disposizione riflette in più punti intenti decorativi o apotropaici. Considerazioni di carattere storico suggeriscono per questo complesso una datazione al regno di Eraclio (610-641), dopo il sacco persiano (de Jerphanion, 1928; Restle, 1966), o al regno di Costanzo II (641-668), dopo l'assalto del califfo Mu'āwiya (Wittek, 1932; Foss, 1977; Foss, Winfield, 1986), piuttosto che riconnetterlo alla figura di Leone III (717-741) e alla sua organizzazione dei temi (Mamboury, 1934). Una seconda cinta fortificata, posta m. 1000 ca. più in basso, che raddoppia la difesa dei lati sud e ovest della sovrastante cittadella, sorse in epoca successiva. Il muro spesso m. 3 (l'alzato è stato pesantemente restaurato), rinforzato da torri quadrate (delle quattordici originarie ne restano dodici) e da quattro torri semicircolari che fiancheggiano le due porte di accesso, sviluppava una lunghezza di m. 1500 circa. Anche in queste strutture furono utilizzate (ma con minor ricercatezza) numerose spoglie antiche. L'addizione della cinta inferiore che solo Mamboury (1934) ritiene coeva alla cittadella, viene solitamente attribuita a Michele III (842-867), le cui opere di restauro sono del resto attestate da una serie di iscrizioni (ancora in opera nella cinta superiore) che ne specificano anche l'anno, l'859, e l'esecutore, lo 'spatarocandidato' Basilio, identificato con il futuro imperatore Basilio I (Gregoire, 1927-1928; de Jerphanion, 1928; Restle, 1966). Di recente, invece, riconsiderata la testimonianza di Teofane (Chronographia, 481) che nel terzo anno di regno di Niceforo I (802-811), vale a dire dopo l'incursione araba dell'805, registra la sua ricostruzione di A., nonché attraverso una rilettura delle tecniche murarie caratterizzanti le strutture del complesso delle fortificazioni, è stata proposta una interessante distinzione cronologica: a) prima fase, post 659, cittadella superiore; b) seconda fase, 805, cinta inferiore ed erezione della piccola fortezza nell'angolo nord-est della cittadella; c) terza fase, 859, ampio restauro delle sovrastrutture di entrambe le cinte e ricostruzione del bastione poligonale (Foss, 1977; Foss, Winfield, 1986). Completa il sistema delle fortificazioni una serie di addizioni di epoca turca che, sulle ripide pendici settentrionali della collina, si agganciano a un preesistente sbarramento fluviale (de Jerphanion, 1928; Wittek, 1932).All'esterno della cittadella, sulle pendici sudoccidentali della collina, sorgeva la chiesa di S. Clemente (gli ultimi resti furono abbattuti nel 1930), forse sul luogo denominato Cryptus, dove il santo fu martirizzato sotto Diocleziano e dove già nei secc. 4°-5° doveva esistere una chiesa a lui dedicata (Vita Clementis; PG, CXIV, col. 833). In assenza di documenti testuali, l'edificio, una basilica di tipo compatto (nucleo quadrato di m. 1420, interno cruciforme, con gallerie), coronata da una cupola a ombrello, già datato al sec. 6° (de Jerphanion, 1928) o al sec. 7° (Buchwald, 1969) come esempio precoce dello schema cupolato a croce inscritta, può collocarsi piuttosto nel maturo sec. 9°, sia perché ubicato all'esterno delle fortificazioni, sia soprattutto per il tipo di cortina muraria esterna (fasce alternate di laterizi e conci di pietra) equiparabile a quella delle sezioni di muro restaurate nell'859 (Weigand, 1932; Krautheimer, 1965; Foss, 1977). Anche lo stile delle sculture in funzione architettonica (pilastrini, capitelli, cornici) suggerisce del resto una datazione tarda (Wulff, 1903).È attestata invece da un'iscrizione la sopravvivenza nel sec. 9° di quel monastero la cui chiesa (a pianta basilicale, con tre navi divise da colonne e cripta sotto il bema) si era installata fin dal sec. 5° nella cella del tempio di Augusto (Gregoire, 1929; Krencker, Schede, 1936).
Bibl.:
Fonti. - Vita Clementis, in PG, CXIV, coll. 816-893; Teofane, Chronographia, a cura di C. de Boor, 2 voll., Leipzig 1883-1885.
Letteratura critica. - O. Wulff, Die Koimesiskirche in Nicäa und ihre Mosaiken nebst verwandten kirchliken Baudenkmälern, Strassburg 1903, pp. 52-66; C. Karalevsky, s.v. Ancyre, in DHGE, I, 1914, coll. 1538-1543; H. Gregoire, Inscriptions historiques byzantines. Ancyre et les Arabes sous Michel l'ivrogne, Byzantion 4, 1927-1928, pp. 437-453; G. de Jerphanion, Mélanges d'archéologie anatolienne, Mélanges de l'Université Saint-Joseph 13, 1928; H. Gregoire, Michel III et Basile le Macédonien dans les inscriptions d'Ancyre, Byzantion 5, 1929, pp. 327-346; E. Weigand, rec. a de Jerphanion, 1928, BZ 32, 1932, pp. 371-373; P. Wittek, Zur Geschichte Angoras im Mittelalter, in Festschrift für G. Jakob zum siebzigsten Geburtstag, Leipzig 1932, pp. 329-354; E. Mamboury, Ankara turistique, Ankara 1934; D. Krencker, M. Schede, Der Tempel in Ankara (Denkmäler Antiker Architektur, 3), Berlin-Leipzig 1936, pp. 32-34; A.M. Mansel, s.v. Ankara, in EAA, I, 1958, pp. 398-400; R. Krautheimer, Early Christian and Byzantine Architecture (The Pelican History of Art, 24), Harmondsworth 1965 (trad. it. Architettura paleocristiana e bizantina, Torino 1986, p. 313 ss.); P. Verzone, s.v. Turchia, in EUA, XIV, 1966, coll. 172-173; M. Restle, s.v. Ankyra, in RbK, I, 1966, coll. 170-177; H. Buchwald, The Church of the Archangels in Sige near Mudania (Byzantina Vindobonensia, 4), Wien-Köln-Graz 1969, p. 57ss.; S. Vryonis, The Decline of Medieval Hellenism in Asia Minor and the Process of the Islamization from the Eleventh through the Fifteenth Century, Berkeley-Los Angeles 1971; S. Eyice, Ankara'nın Eski bir Resmi [Un'antica rappresentazione di A.], Ankara 1972; F. Hild, Das byzantinische Strassensystem in Kappadokien-Tabula Imperii Byzantini 2 (Österreichischen Akademie der Wissenschaften. Philosophisch-historische Klasse, Denkschriften, 131), Wien 1977, pp. 33-35; C. Foss, Late Antique and Byzantine Ankara, DOP 31, 1977, pp. 29-87; D. French, The Roman Roads System of Asia Minor, in ANRW, II, 7.2, Berlin-New York 1980, pp. 698-729; id., Roman Roads and Milestones of Asia Minor, I, The Pilgrim's Road (BAR International Series, 105), Oxford 1981; A. Lawrence, A Skeletal History of Byzantine Fortification, The Annual of the British School at Athens 78, 1983, pp. 171-277: 207-209; C. Foss, D. Winfield, Byzantine Fortification. An Introduction, Pretoria 1986, pp. 133-135, 143-145.C. Barsanti