NETREBKO, Anna
Cantante lirica russa, nata a Krasnodar, nella Russia meridionale, il 18 settembre 1971. È un soprano capace di sfoggiare non soltanto una voce fuori dal comune – per il timbro luminoso, la tecnica eccellente, la musicalità perfetta – ma anche un’avvenenza fisica particolare, con un modo di stare in scena dai pochi confronti possibili.
Dopo aver studiato al conservatorio di San Pietroburgo e aver lavorato come inserviente al teatro Mariinskij, è stata notata dal direttore Valery Gergiev, che l’ha fatta debuttare in quel teatro come Susanna nelle Nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart, iniziando in breve ad affermarsi nel repertorio di soprano lirico-leggero (Pamina in Die Zauberflöte, Ilia in Idomeneo re di Creta e Zerlina in Don Giovanni di Mozart, Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, La sonnambula, Capuleti e Montecchi e I puritani di Vincenzo Bellini, L’elisir d’amore, Don Pasquale e Lucia di Lammermoor di Gaetano Donizetti, Rigoletto e Falstaff di Giuseppe Verdi, Carmen di Georges Bizet, Roméo et Juliette di Charles Gounod, Benvenuto Cellini di Hector Berlioz, Antonia in Les contes d’Hoffmann di Jacques Offenbach, Musetta in La bohéme di Giacomo Puccini), e in particolare quelli del repertorio russo (l’appassionata Natasha in Guerra e pace e la scatenata Luisa in Matrimonio al convento, entrambe di Sergej Prokof′ev, la struggente Ljudmila in Ruslan e Ljudmila e l’impegnativa Marfa in La fidanzata dello zar, entrambe di Nikolaj Rimskij Korsakov).
Acclamata sui più importanti palcoscenici del mondo, è divenuta la beniamina del pubblico della Staatsoper di Vienna, tanto da ottenere anche la cittadinanza austriaca nel 2006. D’altro canto, è ancora in Austria e al Festival di Salisburgo che sono avvenuti alcuni degli eventi più significativi della sua carriera, prima, nel 2002, Donna Anna in Don Giovanni, poi, l’apoteosi nel 2005 con La traviata di Verdi per la regia di Willy Decker (v.), in cui Violetta, peraltro molto ben cantata, stava sulla scena come un’attrice da Oscar, imponendola fra quegli artisti lirici che alle soglie del nuovo millennio hanno mutato radicalmente il modo di interpretare nel teatro lirico.
Con il maturare della carriera la sua voce è andata irrobustendosi senza nulla perdere in termini di qualità timbrica, morbidezza, fluidità e compattezza. Proprio l’evoluzione della voce le ha consentito di aggiungere prima ruoli più lirici – Mimì in La bohème, cui dona, come nel magnifico spettacolo salisburghese del 2012 con la regia di Damiano Michieletto, striature di disperata tragicità; Manon nell’opera di Jules Massenet, come nella sua interpretazione berlinese del 2007 con Daniel Barenboim in una produzione di Vincent Paterson ambientata nel mondo dello spettacolo negli anni Cinquanta, dove Manon compariva come una giovane Leslie Caron e via via si mutava in una tragica Marilyn Monroe – e poi quelli più drammaticamente esigenti, come Anna Bolena di Donizetti, Lady Macbeth nel Macbeth, Leonora in Trovatore e Giovanna d’Arco di Verdi e Manon Lescaut di Puccini, personaggi che le hanno valso autentici trionfi. A questi ruoli ha affiancato poi due personaggi di Pëtr I. Čajkovskij spesso appannaggio di voci più leggere, come Tatiana in Eugenio Onegin e Iolanta, che lei rende di bruciante tragicità attraverso un capillare lavoro di sfumature.