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DROSTE-HÜLSHOFF, Annette baronessa von

di Giuseppe Gabetti - Enciclopedia Italiana (1932)
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DROSTE-HÜLSHOFF, Annette (Anna Elisabeth) baronessa von

Giuseppe Gabetti

Poetessa tedesca, nata nel castello di Hülshoff il 10 gennaio 1797, morta il 24 maggio 1848. Fra il castello avito presso Münster e, dal 1826, il Rüschaus, fattoria signorile fra Wallecken e Ackerkämpfen, e, infine, quando si manifestò la malattia che doveva condurla alla morte, il castello di Meersburg sul lago di Costanza, trascorse, assistita da pochi amici - il cognato Lassberg, germanista e bibliofilo, il filosofo Schlüter, il poeta Junkman - un'esistenza solitaria e meditativa, nella quale alcuni viaggi a Colonia e a Bonn, una giovanile vicenda d'amore, e, più tardi, l'attaccamento, fra l'innamorato e il materno, per L. Schücking, tristemente conchiuso in una rottura dopo che lo Schücking si sposò, furono i grandi avvenimenti. Ma di rado il fascino della natura e della solitudine ha saturato di sé un'anima e riempito così un'esistenza, come avvenne alla D. davanti alla deserta landa rossa d'eriche e alle paludi acquitrinose della sua Vestfalia.

La poesia dei suoi Heidebilder, morbida e ricca di colore, netta nel segno e minuta, è al tempo stesso avvolta in un'atmosfera pesante e misteriosa. Vi è come un traboccamento di sensazioni immediate, percepite, pur nella loro natura composita, unitariamente. La tensione della sensibilità è tale che, attraverso le notazioni realistiche, la poesia giunge a sviluppi di visionaria, quasi allucinata potenza (Der Knabe im Moor, ecc.). Il diretto rapporto dell'individuo con Dio, che domina tanta poesia post-romantica giù fino al simbolismo della fine del secolo, è attuato in una forma ingenua e semplice, percepito senz'altro come realtà presente. E, in quella sua pienezza di abbandono, dà impressione come di una liberazione, quando si confrontino i Heidebilder con le poesie scaturite da quella che è l'altra grande sorgente dell'ispirazione della D., il sentimento religioso. Cattolica convinta, ma moralmente preoccupata, la D. trae dalle proprie inquietudini di coscienza, specialmente nel Geistliches Jahr - ciclo di poesie religiose per tutte le feste dell'anno - una poesia stranamente scarna, che ha fatto ricordare a qualche critico la sentenza di Ibsen, secondo cui "poetare è tenere giudizio sopra sé medesimi".

Talune fra le liriche - in altre la programmaticità della composizione si lascia troppo chiaramente avvertire - raggiungono, nella linearità dello sviluppo e nello squallore della visione, una medievale implacabilità da Dies irae (Der letzte Tag des Jahres). La solitudine, in cui affondò l'esistenza della D., si sente in queste poesie, nel mancato abbandono alla vita, che guidò la D. in profondità, ma verso un mondo a cui l'eco delle bellezze della terra non può più giungere. E dalla stessa considerazione si spiega anche il carattere della sua poesia narrativa, nella quale l'arte della D. trova la sua efficacia precisamente per quell'intuito semplificatore che è proprio di coloro i quali, vivendo in disparte dal mondo, conservano intatto il senso delle essenzialità della vita. Le figure dei personaggi ne risultano individuate con forza, nei tratti salienti della loro natura; e in modo inconfondibile, ma senza interni svolgimenti. Lo svolgimento è un contorno d'idillio come quello che circonda e potenzia la drammatica vicenda della Judenbuche. Oppure è uno svolgimento lirico, in cui il senso dell'unità degli uomini e delle cose nel comune indefinibile mistero esplica in sé direttamente le vicende dell'azione, come nelle tetre impressionanti ballate (Die Schlacht von Loener Bruch, Der Geierpfiff, ecc.) e nei poemetti (Des Arztes Vermächtnis, ecc.). La veemente immediatezza dell'emozione e l'intensità dell'evocazione costituiscono la loro forza.

Natura compatta, refrattaria e, per così dire, autoctona, la D. resta nella storia della poesia tedesca del secolo in una sua posizione appartata, come fu nella vita. I legami che la congiungono alla poesia che la precede e a quella che la segue esistono e sono anche numerosi, ma sono tutti parziali, collaterali: non giungono alla sostanza della sua opera. Persino il suo linguaggio è intensamente personale: fuori di ogni convenzionalità di gusto e di ogni letteratura. La sua opera, quando non giunge alla poesia, è informe, persino scorretta, sgrammaticata. Ma quando la sua ispirazione riesce a chiarirsi, la sua poesia ha una sua vergine forza, quasi di natura, che fa di lei la poetessa più grande che la Germania abbia avuto.

Opere: Dichtungen, 1838; Die Judenbuche, 1842; Gedicńte, 1844; Das Geistliches Jahr, 1852; Letzte Gaben, 1860. La maggior parte delle lettere è raccolta in Sämmtliche Briefe, ed. H. Cardauns, Lipsia 1909: da completarsi con un gruppo di lettere edite da M. Schneider, Stoccarda 1923. Del Geistliches Jahr è stata fatta da F. Jostes un'edizione critica, Berlino 1920. E un'edizione critica della Judenbuche è stata curata da K. Schulte-Kemminghausen, Berlino 1926. L'ed. delle opere, criticamente migliore, è quella curata da K. Schulte-Kemminghausen, insieme con B. Badt e K. Pinthus, Monaco 1925.

Bibl.: L. Schücking, A. v. D. H., ein Lebensbild, 2ª ed., Hannover 1871: H. Hüffer, A. v. D. H. und ihre Werke, 3ª ed., Gotha 1911; W. v. Scholz, A. v. D. H. als Westfälische Dichterin, 2ª ed., Stoccarda 1923; C. Busse, A. v. D. H., 3ª ed., Bielefeld 1923; E. Behrens, A. v. D. H., Parigi 1913; M. Schilling, A. v. D. H., Lipsia 1920. Fra le indagini particolari cfr. I. Werle, Der Gotteskampf der D., Magonza 1925; A. Weldemann, Die religiöse Lyrik d. d. Katholizismus, in der ersten Hälfte der 19. Jhs. unter besonderer Berücksichtigung der D. H., Lipsia 1911; G. P. Pfeiffer, Die Lyrik der D. H., Berlino 1914; B. Badt, A. v. D. H., ihre dichterische Entwicklung und ihre Beziehung zur engl. Literatur, Breslavia 1909; F. Heitmann, A. v. D. H. als Erzälerin, Münster 1914; L. Bianchi, Novelle und Ballade in Deutschland, 2ª ed., Lipsia 1924.

Vedi anche
Chamisso, Adalbert von Poeta e naturalista (castello di Boncourt, Champagne, 1781 - Berlino 1838). Per sfuggire alla Rivoluzione, la sua famiglia nel 1790 emigrò dalla Francia in Germania, e Ch. entrò nell'esercito prussiano. Costituì con gli amici un piccolo cenacolo letterario per il quale redasse un Musenalmanach (1804-1806); ... Hölderlin, Friedrich Poeta tedesco (Lauffen am Neckar 1770 - Tubinga 1843). Ebbe vita infelice: aveva due anni quando gli morì il padre; qualche anno più tardi la madre sposò in seconde nozze il borgomastro della non lontana Nürtingen, e ivi si trasferì; ma già nel 1779 era di nuovo vedova. Avviato agli studî teologici, ... Rilke, Rainer Maria Poeta boemo di lingua tedesca (Praga 1875 - Muzot, Svizzera, 1926). Indirizzato dal padre alla carriera delle armi, tradizionale nella famiglia, a 16 anni abbandonò l'accademia militare. Passando da Linz a Praga, di qui ancora a Monaco e a Berlino, fece studî irregolari. La certezza di una vocazione ... letteratura In origine, l'arte di leggere e scrivere; poi, la conoscenza di ciò che è stato affidato alla scrittura, quindi in genere cultura, dottrina. Oggi s'intende comunemente per l. l'insieme delle opere affidate alla scrittura, che si propongano fini estetici, o, pur non proponendoseli, li raggiungano comunque; ...
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    Poetessa tedesca (castello di Hülshoff, Münster, 1797 - castello di Meersburg, Lago di Costanza, 1848). Trascorse un'esistenza solitaria interrotta solo da brevi viaggi e da uno sventurato amore per L. Schücking. La sua produzione lirica (riunita in un primo volume di Gedichte, 1838, che passò quasi ...
Vocabolario
baronéssa
baronessa baronéssa s. f. [femm. di barone1]. – 1. Consorte del barone o titolare di baronia. 2. ant. Nobile signora: passò quindi cavalcando una grande b. d’Alessandria (Cavalca). ◆ Dim. baronessina, la figlia di un barone.
annèttere
annettere annèttere v. tr. [dal lat. annectĕre, comp. di ad- e nectĕre «congiungere, intrecciare»] (pass. rem. annettéi, meno com. annèssi, annettésti, ecc.; part. pass. annèsso). – 1. a. Congiungere, unire una cosa a un’altra, e spec....
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