ANNIBALDI, Annibaldo
Nobile romano, figlio maggiore di Riccardo "de Rota" o "de Coliseo". Nella divisione delle terre del padre fatta nel 1301, il "castrum" di Molara, possedimento principale della famiglia, fu assegnato al figlio dell'A., Niccolò. Aveva sposato Giovanna, figlia di Giacomo Napoleone Orsini e sua zia, Golizia di Mattia Annibaldi, era anche maritata ad un Orsini. Questa parentela con gli Orsini tendeva a spingere gli Annibaldi della Molara verso il campo papale, come anche la circostanza che la famiglia Da Ceccano, nemica degli Annibaldi, nella lotta per il predominio a Terracina, era alleata dei Colonna, ostili al papa.
L'A. svolse una parte minore ma non meno drammatica durante l'occupazione di Roma da parte di Enrico VII nel 1312; per un breve periodo dal 1312 al 1313 fu proscritto dal governo popolare di Iacopo Arlotti. Ma dopo che il vicariato su Roma fu affidato da Giovanni XXII a Roberto d'Angiò nel 1317, l'A. divenne uno degli strumenti della politica angioina a Roma. Egli fu dapprima eletto senatore, insieme con il cugino Riccardo di Fortebraccio Orsini, da parte del Comune e del popolo romano alla fine del 1320. L'elezione fu confermata da Carlo di Calabria e più tardi la scadenza dell'ufficio fu prorogata da Roberto così che l'A. rimase probabilmente in carica sino alla primavera del 1322. Fu così coinvolto nelle dispute con il rettore del patrimonio in Tuscia, a proposito delle aggressioni compiute dai Romani contro Sutri, Toscanella e Viterbo. Giovanni XXII più volte intervenne nella disputa. Nel maggio del 1324 l'A. è ancora uno dei due senatori nominati dall'Angioino. I sindaci illegalmente eletti, Poncello Orsini e Stefano Colonna, quando s'impadronirono del potere nel 1324-25 iniziarono un processo contro di lui per le azioni compiute in questo periodo del suo ufficio. Nel marzo del 1327, al momento della discesa di Ludovico di Baviera, l'A. era ancora in carica come senatore e vi rimase con poteri legali sino alla sua definitiva espulsione da Roma ad opera dei ghibellini nel luglio del 1327.
I poteri effettivi dell'A. durante questo periodo rivoluzionario furono probabilmente modesti. Sciarra Colonna e Iacopo Savelli effettuarono un "colpo di stato" contro il governo angioino in Roma, nell'aprile 1327, e come risultato molti del partito papale furono espulsi, le loro fortezze furono occupate e presi degli ostaggi. Di nuovo, prima che l'A. abbandonasse definitivamente Roma, la debolezza delle sue posizioni fu dimostrata, nella città, dall'elezione di cinquantadue "consules super pacifico statu urbis". L'A. raggiunse l'esercito angioino al comando di Giovanni di Gravina, che nel settembre fu sanguinosamente sconfitto nel suo tentativo di rientrare a Roma. Si deve notare che, in questa circostanza, un Annibaldi di un altro ramo, Niccolò di Madonna Bartolomea, fu ucciso combattendo contro gli Angioini. Nel giugno 1328, dopo che Ludovico di Baviera era entrato a Roma e vi era stato incoronato, truppe tedesche e romane assediarono 800 Angioini nella più importante fortezza degli Annibaldi, la Molara, e li costrinsero alla resa. Per circa una decina d'anni l'A. continuò ad essere un importante esponente del partito angioino. Dal novembre 1334 all'aprile 1335 fu di nuovo senatore, preceduto, e seguito nell'incarico da Paolo di Niccolò Annibaldi, probabilmente suo nipote. Ma nel frattempo le relazioni tra il papato e Roberto d'Angiò s'erano molto deteriorate, a causa in parte dei mutamenti diplomatici del 1332 ma anche a causa degli eccessi compiuti dai filoangioini della turbolenta nobiltà romana. L'A. fu infatti l'ultimo senatore angioino a Roma e come tale è menzionato per l'ultima volta nel marzo 1337. Nel luglio 1337 a Benedetto XII fu concesso il controllo delle magistrature superiori di Roma dal Comune e la serie di senatori angioini cessò. È interessante notare come segno della decadenza dell'influenza angioina a Roma il fatto che l'A. e la sua famiglia non ebbero parte nella complicata lotta per il potere combattutasi a Roma tra il 1337 ed il 1341.
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