FERRERO, Annibale
Nacque a Torino l'8 dic. 1839 da Carlo e da Palmira Alasia. Compiuti i primi studi ed entrato giovanissimo all'università di Torino nella facoltà di scienze matematiche, dal 1857 completò la sua formazione presso l'Accademia militare della capitale subalpina dalla quale, il 26 apr. 1859, uscì con il grado di sottotenente del genio.
Terminata l'Accademia in piena guerra d'indipendenza, partecipò alle campagne del 1860 e 1861 come aiutante del gen. L. F. Menabrea, combattendo nelle Marche e poi in Italia meridionale, meritando una menzione onorevole per l'assedio di Ancona e due medaglie d'argento nelle operazioni per l'assedio di Capua e quello di Gaeta e ottenendo, nel novembre 1860, il grado di capitano. Dal 1864 nell'ufficio tecnico dello stato maggiore, visse i problemi dell'organizzazione dell'esercito del nuovo Stato unitario nei suoi primi anni, problemi di cui poté valutare tutta la gravità partecipando alla disastrosa guerra del 1866. In particolare si occupò della formazione dei servizi tecnici e logistici, mentre la sua carriera procedeva con le nomine a maggiore nel maggio 1869, tenente colonnello nel 1876, colonnello nel 1878.
Non aveva tuttavia in quegli anni trascurato la ricerca scientifica nel campo della topografia e in quello della geodesia. Studioso ed estimatore dei metodi introdotti nella geodesia dalla scienza tedesca nella prima metà dell'Ottocento, fondati sulla teoria dei minimi quadrati del francese A. M. Legendre, ne introdusse l'applicazione nei lavori dell'ufficio tecnico e più tardi, con la nascita a Firenze nel 1872 dell'Istituto topografico militare (dal 1882 Istituto geografico militare), nella sezione geodetica di quest'ultimo da lui diretta.
Nel 1874 uscì la prima parte di uno studio che il F. aveva dedicato appunto al metodo dei minimi quadrati ed alla sua applicazione alla geodesia. Questo fu poi incluso nella più ampia trattazione della materia che egli completò con la Esposizione del metodo dei minimi quadrati (Firenze 1876). Dal 1873 si era anche dedicato allo studio del metodo di proiezione più conveniente per la Carta topografica d'Italia: scrisse sui vantaggi della proiezione policentrica che, tra l'altro, consente che ogni foglio costituente l'insieme della Carta stia a sé, e non dipenda dai contigui. La grande Carta dell'Istituto geografico militare al 100.000 venne realizzata in base a tale metodo di proiezione e le indicazioni del F. vennero rigorosamente seguite nella realizzazione dei suoi 227 fogli (cfr. A. Ferrero, Sulsistema di proiezione più conveniente per le carte topografiche d'Italia, Roma 1873, estr. dalla Rivista militare italiana).
Dal 1874 il F. fu inoltre segretario della Commissione italiana per la misurazione del grado, poi Commissione geodetica italiana, espressione nazionale della Commissione europea per la misurazione del grado, voluta dal gen. J. J. Baeyer, fondatore dell'Istituto geodetico di Berlino. Il F. divenne presidente della Commissione geodetica italiana nel 1884.
Gli istituti retti dal F. - la Commissione geodetica italiana, l'Istituto geografico militare, il Consiglio superiore dei lavori geodetici dal 1887 al 1889 e, sempre dal 1887, la giunta superiore del Catasto italiano presso il ministero delle Finanze - si collegano e si completano vicendevolmente e le Norme emanate all'epoca dalla giunta del Catasto sui rilievi particellari, sui lavori trigonometrici e su altri specifici argomenti rivelano l'unità di concetto e il rigore di metodo caratteristici del Ferrero.
Ma l'attività e gli interessi del F. non si limitarono al campo scientifico; la sua posizione, la sua stessa formazione e le sue responsabilità lo portarono ad occuparsi del problema militare italiano e delle implicazioni e dei riflessi che questo aveva sulla sicurezza del giovane Regno. Il nocciolo del suo pensiero politico-militare è riassunto nella corrispondenza che nel 1882 tenne con A. Blanc, allora segretario generale del ministero degli Affari esteri. Il Blanc, alla ricerca di un'intesa con gli Imperi centrali, si servi del suo amico F. come consigliere per gli aspetti prettamente militari della trattativa.
Un vivo spirito antifrancese innanzitutto, ed una certa simpatia per la Germania, accompagnata naturalmente dall'ammirazione per il suo sistema militare, emerge dalla corrispondenza. Il F. sottolineava poi la necessità per l'Italia di uscire da un pericoloso stato di impreparazione militare, che egli individuava non solamente in problemi immediati e concreti, ma anche nella mancanza di spirito militare della popolazione cui si poteva porre rimedio solo con decisi provvedimenti, per poter garantire al paese la posizione di potenza di primaria importanza cui doveva aspirare. Come il Blanc, il F. insisteva per una impostazione offensiva della strategia militare italiana, il che comportava, ad esempio, accordi precisi sulla partecipazione diretta di reparti italiani ad operazioni sul confine franco-tedesco in caso di conflitto. Accordi che in quell'anno non vennero raggiunti per la posizione piuttosto prudente e realistica del ministro degli Esteri, P. S. Mancini, e di quello della Guerra, il generale E. Ferrero.
Nominato maggior generale nel 1885 e ottenuti l'importante riconoscimento della nomina a socio nazionale della Accademia dei Lincei (12 nov. 1883) e, nel 1891, il grado di tenente generale, venne, nel novembre 1892, nominato senatore.
Il 2 febbr. 1895 il Blanc, dal dicembre 1893 ministro degli Esteri, e che perseguiva in quel momento una politica di riavvicinamento alla Gran Bretagna, portò al Consiglio dei ministri la nomina del F. in missione temporanea a Londra con le credenziali di ambasciatore.
Fra le possibili motivazioni della scelta possiamo elencare l'amicizia di lunga data con il Blanc e l'identità di vedute che il F. aveva con questo e con il Crispi, ma anche la necessità di disporre di un esperto di problemi geografici, topografici e militari per uno specifico negoziato su una eventuale azione italo-inglese nell'Alto Nilo o per altre particolari questioni coloniali in Africa.
Il carattere della missione del F. fu però radicalmente modificato dal disastro di Adua e dal fallimento della politica crispina in Africa, politica dalla quale egli apparve distaccarsi sin dai primi contatti con il nuovo ministro degli Esteri, O. Caetani. Quando pochi mesi dopo E. Visconti Venosta sostitui il Caetani ed iniziò il faticoso riequilibrio della politica estera italiana ed il difficile gioco politico e diplomatico sul futuro della presenza in Africa del nostro paese, il F., nella delicata situazione, si trovò in non poche difficoltà, a causa principalmente della sua inesperienza. Rientrato in Italia nel giugno del 1898, dopo un breve periodo ad Alessandria, venne destinato nel marzo '99 al comando del III corpo d'armata a Milano.
Richiamato nella seconda metà del gennaio 1902 allo stato maggiore a Roma, il F. vi morì il 7 agosto dopo una breve malattia.
Fonti e Bibl.: Necr., in Riv. geogr. ital., IX (1902),pp. 507-515;in Boll. d. Soc. geogr. ital., s. 4, XXXVI (1902), 9,pp. 751 ss.; Roma, Archivio del Ministero degli Affari esteri, Carte Blanc, fasc. 22, 44; I documenti diplomatici ital., s. 3, 1896-1908, I-II,Roma 1963-64, ad Indices; S.Sonnino, Diario, a cura di B. F.Brown, I, (1866-1912),Bari 1972, p. 185;R. De Cesare, Roma e lo Stato del papa, II,Roma 1907, pp. 465, 471;A. Loperfido, Il generale A. F.,in Bull. géodèsique, 1927,pp. 125 s.; E. Serra, L'accordo italo-francese del 1896 sulla Tunisia, in Riv. stor. ital.,LXXIII (1961), pp. 473 ss.;F.Minniti, Esercito e politica da Porta Pia alla Triplice Alleanza, Roma 1984, ad Indicem; Encicl. militare, III, p. 706; Diz. del Risorg. naz., III, p. 75.