MALAGUZZI (Malaguzzi Valeri), Annibale
Nacque a Reggio nell'Emilia nel 1482 dal conte Valerio (circa 1443-98) e da Antonia Taccoli. Il padre di Valerio, Gabriele, fu dottore in medicina e poeta; sorella di Valerio fu Daria, la madre di Ludovico Ariosto. Il M. ebbe due sorelle e quattro fratelli: Giulio, Giovan Maria, Cesare Antonio e Sigismondo, dottore in legge, che fu giudice delle Appellazioni a Modena dal 1505 al 1507 e podestà a Carpi fra il 1519 e il 1522.
Il M. e i fratelli avevano nel palazzo di famiglia, nella vicinia di S. Maria Maddalena a Reggio, varie botteghe, alcune date in affitto (in una esercitava l'arte di libraio Sigismondo de' Medici), altre condotte direttamente vendendo tessuti e drappi di seta, almeno dal 1504. Proseguivano così l'antica tradizione mercantile di famiglia, ma innovandola, dato che l'arte della seta era stata da poco introdotta in città per interessamento di Lucrezia Borgia, sposatasi con Alfonso d'Este nel 1502. Il M. godeva di una posizione sociale ed economica fra le più rilevanti in città: era proprietario di estesi possedimenti terrieri infeudati dagli Estensi e dai conti di Albinea e Montericco e godeva di benefici ecclesiastici, come quello nella cattedrale di Reggio, sotto il titolo di S. Giovanni Battista, e quello di S. Valentino.
"Sei de' primi / e di sangue e d'aver ne la tua terra", scrive di lui l'Ariosto nella Satira V indirizzata al M., così come pure la III; un ricordo del M. è anche nel Furioso (XLVI, 18, 5-6: "Annibal Malaguzzo, il mio parente, /veggo"). Al fratello Sigismondo è dedicata la Satira IV, in cui l'Ariosto ricorda i luoghi natii e la villa suburbana del Mauriziano, dove aveva trascorso felici primavere, con una punta di invidia per il cugino al quale l'elevata condizione economica garantiva maggiori libertà.
L'amicizia del M. con l'Ariosto fu sempre affettuosa: il M. ebbe un ruolo importante nella questione del controverso beneficio di S. Maria dell'Oliveto in Montericco, nel Reggiano, del quale ebbe nel 1512 il compito di gestire l'affidamento o l'affitto. Curò, inoltre, la causa degli Ariosto contro Antonio Guidi da Bagno, nobile mantovano che aveva sposato Lucrezia, figlia di un cugino dell'Ariosto, Rinaldo, il quale alla morte del suocero nel 1524 aveva avviato causa per entrare in possesso dei beni dotali, giungendo persino a un'azione di forza contro Gabriele Ariosto, fratello del poeta. Dal 1523 il M. fu anche amministratore dei beni dei figli di Laura Ariosto, sorella di Ludovico. L'Ariosto si prestava ad acquistare nelle botteghe di Ferrara eleganti vesti per la moglie del M., e ancora nel 1539 la sua vedova Alessandra le inviava in dono due "scoffiotti". In una lettera del 23 luglio 1533, ringraziando il cancelliere ducale Pietro Antonio Acciaiuoli dell'ode da lui composta in morte del poeta, il M. si dichiarava "tanto smarrito del caso del mio Ariosto che per ancho non sono ritornato in me" (Catalano, II, p. 341).
A Reggio il M. ricoprì numerose ed elevate cariche pubbliche, come molti membri della sua famiglia: fu più volte eletto fra gli Anziani e nel Consiglio dei quaranta, fu tesoriere della Comunità, fece parte del magistrato della Sanità e fu presidente del Monte di pietà. Fu spesso inviato dagli Anziani come ambasciatore presso il duca di Ferrara a trattare varie cause di interesse per la città, come si legge anche nelle lettere da lui inviate al segretario ducale Bartolomeo Prosperi, o per porgere condoglianze o felicitazioni, come quando nel 1534 si recò a congratularsi col nuovo duca Ercole II, ottenendone parecchie grazie per i concittadini.
Nel gennaio 1509 tentò di entrare al servizio del cardinale Ippolito d'Este come cancelliere, ma senza risultati, nonostante le calde raccomandazioni dell'Ariosto, che era già al servizio presso il porporato. In realtà più che aver perso un'occasione aveva scampato un pericolo, a sentire il poeta che, nella Satira III a lui indirizzata, si dichiarava ben contento di essersi liberato del giogo di Ippolito per passare nel 1518 al più agevole servizio del duca Alfonso I, del quale anche il M. divenne cortigiano. Il M. fu anche fra i corrispondenti di Isabella d'Este, marchesa e poi duchessa di Mantova, che gli affidava volentieri commissioni per "gl'industri artefici di Reggio" (Id., I, p. 526).
Il periodo in cui il M. esercitò incarichi pubblici a Reggio fu caratterizzato dal lungo braccio di ferro fra il duca Alfonso I e papa Giulio II, che nell'agosto 1510 lo scomunicò come feudatario ribelle per non avere voluto sospendere la belligeranza contro Venezia, decretandone la decadenza dal Ducato di Ferrara. Nello stesso anno Modena cadde in mani papali, Reggio resistette ancora due anni, poi il Consiglio degli anziani decise per la resa. Le complesse vicende politiche di quegli anni a Reggio si intrecciavano con faide di antica data fra consorterie cittadine rivali: i Bebbi e gli Scaioli. I Malaguzzi erano alleati dei Bebbi, e l'amicizia rischiò di costare la vita al M., scampato a un agguato nel 1510. I Bebbi furono tra i fedelissimi di casa d'Este e quando Reggio passò allo Stato pontificio tentarono senza successo di ordire una congiura per restituirla al duca. Dovettero infine abbandonare la città e rifugiarsi presso Alfonso quando, nel 1517, il governatore pontificio Giovanni Gozzadini fu ucciso.
Riavuta Reggio, Alfonso I, sospettando le mire di Clemente VII, vi ricevette nel 1527 le truppe imperiali guidate dal duca Carlo di Borbone, e il M. ebbe dagli Anziani il mandato di placare l'animo del condottiero con l'offerta di preziosi doni, e di salvaguardare il territorio dalle prepotenze della soldataglia, ma con poco successo, come lo stesso M. lamentava nelle lettere inviate al Prosperi. Nel 1530, recandosi l'imperatore Carlo V a Bologna per esservi incoronato dal papa, spettò al M. il compito di accogliere e ospitare il maggiordomo cesareo per predisporre al meglio i festosi apparati e l'accoglienza, tributata in Reggio dal duca Alfonso, che si aspettava un aiuto per la definizione della situazione di Modena.
Il M. continuò a frequentare la corte estense anche sotto Ercole II, pur preferendo rimanere a Reggio a curare gli interessi di quella Comunità, come scrisse al Prosperi il 27 dic. 1536: "Se io fossi più giovine o meglio qualificato di quello ch'io sono V.S. può esser certa ch'io non ricuserei di essere col mio Signore etiam usque ad exstremos Indos [(] ma non essendo la presentia di un par mio per honorar così florida corte, me ne resterò con sua buona gratia" (Arch. di Stato di Modena, Particolari, b. 798, c. n.n.).
La data della morte del M. non è certa: il testamento fu rogato il 24 luglio 1543, ma nel dicembre di quell'anno il M. scriveva ancora lettere al Prosperi. Francesco Maria Signoretto, teste in un processo per questioni di eredità del 1585, lo dice morto nel 1545, anno al quale risale anche l'ultima citazione del suo nome nei libri delle Riformagioni del Comune di Reggio, in data 17 aprile. Il M. era certamente morto nel 1550, perché il 16 agosto il conte Giulio Manfredi rinnovava l'investitura di terre feudali in Albinea e Montericco ai figli Orazio e Flaminio.
Il M. aveva sposato Lucrezia Pio da Carpi, figlia di Manfredotto (da cui ebbe origine il ramo dei marchesi di Trentino) e di Francesca di Gregorio Gonzaga. La data del matrimonio è da situarsi fra il 1519, anno in cui sembra si possa collocare la composizione della Satira V dell'Ariosto, che dava consigli al cugino sulle qualità della moglie ideale, e il 1521, anno in cui Lucrezia compare come madrina in un battesimo celebrato in Reggio; quelli sono gli anni in cui il fratello del M., Sigismondo, era podestà a Carpi. L'Ariosto fu anche testimone della propensione del M. per le avventure galanti, che gli rimproverava ancora in una lettera del 1541 Ludovico Parisetti iunior, invitandolo, data l'età, a "omnes linquere delitias, deliramentaque amoris" (Bellocchi, p. 36).
Dopo la nascita di due figlie, morte in tenera età, nacquero Flaminio (1536-52) che, pur morendo a soli quindici anni mentre era allo Studio di Padova, ebbe fama di erudito e compose una commedia, Teodora (Venezia 1572) e Orazio.
Orazio (1531-83) fu creato conte palatino dall'imperatore Massimiliano II e decorato dell'aquila imperiale nel 1563, e conte di Monte Obizzo per investitura di Alfonso II d'Este nel 1576. Orazio svolse delicate mansioni per la corte estense, come l'ambasciata in Spagna presso Filippo II fra il 1576 e il 1580. Il papa Pio V lo volle suo cameriere segreto e in breve divenne uno dei suoi più intimi confidenti. Si interessò di letteratura, teologia e filosofia e scrisse, fra l'altro, Discorso sopra i cinque maggiori potentati del mondo (in R. de Lucinge, Dell'origine, conservatione et decadenza de gli stati, Ferrara, B. Mammarello, 1590; dedicata a Filippo II di Spagna); De Turcico imperio Dissertatio (in Turcici imperii status, Leida 1634).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Reggio nell'Emilia, Arch. Malaguzzi Valeri, filze I, III-V, IX; f. XXXI: I. Malaguzzi Valeri, Memorie storiche della mia famiglia, ad nomen; filza XIX; Arch. di Stato di Modena, Particolari, bb. 798-800; Arch. per materie, Letterati: L. Ariosto; Rettori dello Stato, Reggio, bb. 153-154; Carteggio Referendari, bb. 8a, 9; L. Ariosto, Satire, a cura di C. Segre, Torino 1987, III, pp. 22-33; V, pp. 42-53, 85 nn.; G. Panciroli, Storia della città di Reggio, Reggio nell'Emilia 1846, pp. 99, 210, 218, 226; R. Malaguzzi Valeri, La famiglia Malaguzzi. Note d'arte e di storia, Milano 1908, pp. 26, 35, 40; M. Catalano, Vita di Ludovico Ariosto, Ginevra 1931, ad ind.; U. Bellocchi, Il Mauriziano, Reggio nell'Emilia 1967, pp. 36, 86 s.