MALATESTA, Annibale
Figlio di Gaetano e di Flaminia Orlandi, nacque intorno al 1754, probabilmente a Roma.
Nel 1771 risiedeva in questa città in via Vittoria con la moglie Caterina Valentini - dalla quale ebbe i figli Vincenzo, nel 1772, e Giuseppe, nel 1774 (Roma, Arch. stor. del Vicariato, S. Lorenzo in Lucina, 33, Battesimi, 1771-76, cc. 39v, 144r) - in un appartamento adiacente a quello della madre vedova, che viveva con i suoi due fratelli (ibid., 139, Stati d'anime, 1771, c. 41v).
Il M. risulta attivo come restauratore durante gli anni Settanta del Settecento, allorché intervenne sui pezzi della raccolta di Giovanni Battista Piranesi, secondo la testimonianza del figlio di questo, Francesco (1778).
Negli anni Ottanta vendette un busto di Mercurio (1783), forse da identificare con quello oggi conservato nella sala dei busti del Museo Pio-Clementino in Vaticano (inv. 648). Nel dicembre 1788 venne pagato per l'edicola sacra, posta sul palazzetto di Francesco Barazzi, al cantone tra vicolo del Lupo e via Bocca di Leone.
In quest'opera il M. si rivelò pittore e scultore. Dipinse, infatti, l'immagine della Madonna della Concezione secondo la consueta iconografia mariana e scolpì un putto alato che, librato in volo, apriva un pesante tendaggio per presentare l'immagine religiosa ai fedeli come fosse un quadro, racchiuso da una cornice ovale tra i volti dei putti modellati, sull'esempio berniniano, con delicata sensibilità luministica.
In quegli stessi anni il M. lavorava nel cantiere di villa Borghese.
Tra il 1778 e il 1784 restaurò 19 piccole statue, destinate alla decorazione della "loggia scoperta del casino de' Giochi d'acqua" (Campitelli, 2003, p. 304 n. 153); nel 1789 intervenne sulle 13 statue e su 2 bassorilievi che ornavano il giardino del Lago. Per volere dell'architetto Antonio Asprucci seguì anche gli operai delle cave di Tivoli, addetti all'estrazione del travertino per la fontana dei Cavalli marini, a cui lavoravano Vincenzo Pacetti e Cristoforo Unterperger (1790). Nel 1792 ripristinò 3 statue trovate negli scavi di Gabii (ibid.), realizzò le 12 colonne di cipollino destinate al portico della chiesa di villa Borghese, di cui oggi solo 8 si trovano in situ, e gli elementi decorativi del tempio di Faustina. L'anno seguente restaurò un bassorilievo e modellò sempre a bassorilievo due ippogrifi in stucco nella prospettiva nuova della mostra dell'acqua Felice, accanto al giardino dei Cedrati, addosso al muro nuovo che sosteneva la terra della confinante villa Doria (ibid.).
Scultore attivo presso Giovanni Volpato, secondo quanto riferiva Francesco Piranesi in una sua lettera diretta alla corte svedese (Leander Touati, p. 53), il M. svolse inoltre un'intensa attività di antiquario, come attesta la società stretta a tal fine con il mercante Carlo Giorgi, che aveva effettuato scavi nei dintorni di Roma (Carloni, 1999), e del quale scolpirà l'epigrafe funebre nella chiesa dei Ss. Giovanni e Paolo (1803; Id., 2001).
Nel 1795 acquistò 4 rare colonne di porfido nero dal duca Pio Bonelli (Caira Lumetti, p. 359) e due anni dopo presentò una richiesta al camerlengo per esportare una statua di marmo venato, raffigurante un giovane nudo, alta 10 palmi (Capoduro, pp. 522 s.). All'inizio del secolo il M. conservava nel suo studio, posto in via della Croce, di fronte al palazzo Poniatowski, ben 12 cippi Giustiniani, provenienti da Porto, la cui vendita all'architetto Léon Dufourny, commissario del governo francese, fu bloccata dall'abate Carlo Fea. Nel 1803, anno in cui offriva invano le proprie antichità alla Camera apostolica e conservava nel suo laboratorio anche quelle del padre somasco Giovanni Maria Cassini (M.A. De Angelis, Il primo allestimento del Museo Chiaramonti in un manoscritto del 1808, in Boll. dei monumenti, musei e gallerie pontificie, XIII [1993], p. 91 n. 14), il M. proponeva la vendita di una colonna di porfido al cardinale Giuseppe Fesch, registrata con preoccupazione da Fea (Ridley, p. 118), che poi passò al Museo del Louvre dopo la segnalazione che ne fece Pierre-Adrien Paris nel 1808 (Boyer). Tra il 1803 e il 1805 collaborò con l'architetto Giuseppe Camporese ai lavori di restauro del tempio della Sibilla a Tivoli (Ridley, p. 129).
Una traccia della sua esperienza nell'ambito della lavorazione e del commercio di pietre è la compilazione di due elenchi (presso l'Archivio di Stato di Roma: Pettinau) che trattano delle stime l'uno dei marmi moderni e l'altro di quelli antichi. Ricordato da Guattani come abile restauratore, coadiuvò Fea nell'ufficio di commissario delle Antichità di Roma (1809, 1814), guadagnandone la stima, tanto che quest'ultimo, nel 1815, chiese alla Camera apostolica un aumento a suo favore sulle percentuali delle valutazioni delle antichità esaminate (Ridley, p. 83). Ciò non gli impedì di proseguire la sua attività di antiquario per cui molte sculture antiche, tra cui il Fauno in riposo (Monaco, Glyptothek, n. 228), furono offerte, tramite il pittore Friedrich Müller, a Luigi principe ereditario di Baviera che le acquistò.
Apprezzato stimatore delle antichità Albani (1803, 1817) e di quelle Giustiniani (1811), fu coinvolto da Fea nella querelle sulla statua chiamata "Pompeo Spada" (1813), in quanto già nel 1799 egli aveva rimosso il capo della scultura e, dopo aver esaminato il giunto di legno all'interno, aveva avanzato l'ipotesi che la testa non appartenesse a quel corpo (Ridley, p. 161). Il suo nome compare in altre perizie di singole statue, tra cui quella (gennaio 1825) del Fauno dormiente (Monaco, Glyptothek, n. 218) nell'ambito della causa che vide contrapporsi Pacetti, i suoi eredi e i Barberini (Carloni, 2003).
Non si conosce la data di morte del M. del quale non si hanno notizie dopo il gennaio 1825.
La sua produzione scultorea si attestò nel solco della tradizione settecentesca, mostrandosi il M. particolarmente sensibile ai valori luministici del modellato. Attivo in anni in cui ferveva il vivace dibattito sull'identificazione delle statue antiche e proliferava il commercio antiquario, praticò il restauro integrativo, inserendosi a pieno titolo in quella scuola romana che, stimolata dal cantiere di villa Borghese e dalla creazione del Museo Pio-Clementino, applicò interventi funzionali a una corretta identificazione delle figure antiche.
Fonti e Bibl.: G.A. Guattani, Memorie enciclopediche sulle antichità e belle arti di Roma, IV (1809) p. 149; F. Boyer, Le monde des arts en Italie et la France de la Révolution et de l'Empire, Torino 1969, p. 205; Il cardinale Alessandro Albani e la sua villa, in Quaderni sul neoclassico, V (1980), p. 387; B. Pettinau, Prezzi di marmi preziosi e tariffe dei lavori di muratori: 1805, in Xenia, VI (1983), pp. 90, 93, 95; C. Pietrangeli, La provenienza delle sculture dei Musei Vaticani, in Boll. dei monumenti, musei e gallerie pontificie, IX (1989), p. 115 n. 68; R. Caira Lumetti, La cultura dei lumi tra Italia e Svezia. Il ruolo di F. Piranesi, Roma 1990, pp. 240 (nn. 12, 14), 241 (nn. 18, 20, 24), 243 (nn. 34, 37), 247 (n. 72), 248 (n. 91), 359; I. Sattel Bernardini, Friedrich Müller, detto Maler Müller, e il commercio romano d'antichità all'inizio dell'Ottocento, in Boll. dei monumenti, musei e gallerie pontificie, XIII (1993), pp. 157 s.; M. Zinzi, Casa Barazzi al vicolo detto dell'Olmo secco, in Studi sul Settecento romano, 10, Roma borghese, I, Case e palazzetti d'affitto, a cura di E. Debenedetti, Roma 1994, p. 222; A.-M. Leander Touati, Ancient sculptures in the Royal Museum: the eighteenth-century collection in Stockholm, I, Stockholm 1998, pp. 50, 53 s., 57 s.; R. Carloni, G. Franzoni tra restauri e perizie d'arte: dalla Pallade alla collezione Giorgi, in Pallade di Velletri: il mito, la fortuna. Atti della Giornata internazionale di studi, Velletri, 1997, Roma 1999, pp. 75, 82; G. Spinola, Il Museo Pio-Clementino, II, Città del Vaticano 1999, pp. 103 s. n. 68; R. Ridley, The pope's archaeologist: the life and times of Carlo Fea, Roma 2000, pp. 83, 116, 118, 129, 161; R. Carloni, Giorgi, Carlo, in Diz. biogr. degli Italiani, LV, Roma 2001, p. 310; A. Campitelli, V. Pacetti e la committenza Borghese, in Studi sul Settecento romano, 18, Sculture romane del Settecento, II, La professione dello scultore, a cura di E. Debenedetti, Roma 2002, pp. 238 s., 240, 248 s.; Id., Villa Borghese. Da giardino del principe a parco dei Romani, Roma 2003, pp. 265, 304, 329, 369, 377; L. Capoduro, in S. Danesi Squarzina, La collezione Giustiniani. Inventari, II, Torino 2003, pp. 522 s., 536; R. Carloni, Scultori-restauratori nella Roma di Thorvaldsen: G. Franzoni e L. Moglia, in Analecta Romana Instituti Danici, XXIX (2003), p. 189 nn. 5a, 5c.