RAIMONDO, Annibale
- Nacque a Verona nel 1505.
Poco si conosce della sua vita: l’unica fonte di un certo rilievo, per quanto povera di informazioni, è quella riferita da Scipione Maffei nella sezione dedicata ai matematici della suaVerona Illustrata (Maffei, 1732).Informazioni sulla vita e l’opera di Annibale Raimondo si ricavano principalmente dalle sue pubblicazioni, che rivelano una notevole varietà di interessi.
Nel 1525, «come giovane, e ancora più inchinato al mestier dell’arme, ch’all’esercitio de gli studij delle lettere», abbandonò l’Università di Padova per arruolarsi nell’esercito dell’allora duca d’Urbino, Francesco Maria della Rovere, generale delle truppe di terra della Repubblica di Venezia. Per quattro anni attraversò l’Italia, prendendo parte a numerose operazioni militari, nel momento in cui la penisola era teatro delle lotte politiche tra i maggiori Stati europei.
È lui stesso a narrare esperienze giovanili, nella dedica al della Rovere, nel Trattato utilissimo et particolarissimo sul flusso e riflusso del mare (In Venetia, appresso Domenico Nicolini, 1589), opera con la quale Raimondo si inseriva nel vivace dibattito sulla dottrina delle maree e sulla questione della grandezza della Terra e dell’acqua. Vi proponeva una ricostruzione storico-critica e una sintesi dettagliata delle principali teorie formulate per indagare le cause del fenomeno delle maree.
Interrotta la carriera militare, Raimondo riprese gli studi, seguendo, prima a Padova e poi a Bologna, corsi di filosofia, astrologia e medicina. Nelle sue pagine è frequente il richiamo al ruolo determinante dell’astrologia nella gerarchia delle scienze e alla pratica di redigere pronostici e predizioni, nella speranza di prevedere eventi futuri (Pronostico per l’anno 1553, s.l., s.e., 1553; Pronostico per gli anni 1563,1564, 1565, Pesaro, per gli heredi di Bartolomeo Cesano, 1563). Fu un’attività che lo impegnò per tutta la vita. Prima ancora di dedicarsi alla diffusa consuetudine di scrivere pronostici annuali, nel 1549 Raimondo dette alle stampe, a Venezia, per Iouita Rapirio, & compagni, uno scritto dal titolo Opera dell’antica et honorata scientia de Nomandia, nella quale descrisse se stesso come «Astrologo, geomante, chiromante e fisionomo».
«Ma chi vuol conservare il credito di questo Matematico non bisogna che guardi la sua Opera dell’antica et onorata scienza di Nomandia, o sia Onomanzia, stampata a Venezia nel 1549, e che fu tradotta in Franzese, perché in essa intorno all’arte d’indovinar e di predir da i nomi, vanità e chimere accumulò moltissime». Così Maffei stigmatizzava l’esperimento di Raimondo di scuotere dallo stato di torpore in cui versava un’antica dottrina, le cui origini richiamavano alla memoria le metafisiche esoteriche e mistiche dell’ebraismo e la matematica pitagorica. L’‘onomanzia’, o scienza dei nomi, pretendeva di desumere gli accadimenti umani partendo dall’analisi dei nomi, assegnando alle lettere valori numerici che esprimevano una diretta relazione con il numero dei pianeti e con la simbologia astrale delle costellazioni del firmamento.
Raimondo non si occupò esclusivamente di astrologia. Fenomeni naturali che attenevano alla sfera della ricerca astronomica, dalle eclissi lunari a quelle solari (Introduttione d’Annibale Raimondo veronese, sopra l’eclisse della Luna […], 1581; Pronostico […] sopra la dispositione dello eclisse del sole, per gli anni del 1567,68 et 69 […],Verona 1566), dalla nova del 1572 (Discorso sopra la stella nova, Venezia,1572) alla grande cometa del 1577 (Discorso sopra la nobilissima cometa,In Venetia, appresso Gratioso Perchacino, 1577), furono oggetto di opuscoli e trattati, i cui contenuti, pur non portando un apprezzabile e originale contributo al dibattito cosmologico, non passarono totalmente inosservati. Furono, infatti, al centro di alcune controversie che oltrepassarono i confini della penisola e danno un’idea della vivacità culturale e scientifica di ambienti veneziani e padovani che animarono la vita delle accademie con discussioni e polemiche.
Raimondo si occupò anche di riforma del calendario (Il restante del ricordo d’Annibale Raimondo veronese. Per stabilire l’equinottio, la quantità dell’anno et conservar longamente la Pasqua al suo vero luogo e tempo, Venezia, Domenico Nicolini da Sabbio, 1579; De Annibale Raimondo veronese Dichiaratione del Calendario Gregoriano […], In Verona, Per Sebastiano Dalle Donne, 1582) e di ricerca medica, con la pubblicazione di un attacco ai ‘medici razionali’ e di un resoconto sulle origini e le cause fisiche dell’epidemia di peste che colpì Venezia fra il 1575 e il 1576 (Discorso de Annibale Raimondo veronese nel quale chiaramente si conosce la viva et vera cagione, che ha generato le fiere infermita, che tanto hanno molestato l’anno 1575, et tanto il 76 […] il popolo de l’invittissima citta di Vinetia, In Padoa,1576).
A Venezia Raimondo visse trent’anni. Frequentò i cenacoli di eruditi che, fra Padova e Venezia, aprivano le proprie dimore e organizzavano dibattiti e confronti, nei quali le ‘dotte conversazioni’ spesso riguardavano argomenti di filosofia naturale e problemi di carattere astronomico come pure di astrologia giudiziaria applicata a questioni mediche e alla compilazione di almanacchi, calendari e pronostici annuali. La prossimità di Raimondo con alcuni cenacoli intellettuali è da lui stesso testimoniata in un dialogo del 1564 nel quale descriveva l’incontro avvenuto nella abitazione del poeta e letterato Domenico Venier con l’astrologo toscano Francesco Giuntini, alla presenza del noto matematico Giovanni Battista Benedetti.
L’incontro in casa Venier e l’acredine con la quale Raimondo rammentava l’episodio era probabilmente la coda polemica di un precedente confronto nel quale Giuntini aveva scritto una Risposta (1562) al pronostico dell’astrologo veronese del 1562. In mancanza di fonti attendibili, sembra plausibile l’ipotesi avanzata da Ventrice, secondo cui nel corso del dibattito si fosse discusso di «astrologia giudiziaria e del suo indispensabile uso nell’ambito dell’attività medica», oltre che «dell’uso di differenti tavole astronomiche: Raimondo preferiva infatti le Alfonsine, Giuntini quelle Pruteniche che si ispiravano ai calcoli effettuati da Copernico» (Ventrice, 1989, p. 91). Entrambi erano astrologi di professione, compilatori di pronostici e calendari anche su commissione; Raimondo, applicava le sue nozioni di astrologia anche all’arte medica. La polemica tra i due si protrasse per almeno un decennio arrivando a toccare anche le diverse interpretazioni della stella nova apparsa nella costellazione di Cassiopea nel 1572.
L’attività prevalentemente astrologica svolta da Raimondo trova riscontro anche nel giudizio espresso da Girolamo Diedo, senatore e oratore della Repubblica di Venezia e consigliere a Corfù durante la battaglia di Lepanto. In un passo della sua Anatomia celeste (In Venetia, appresso Damiano Zenaro, 1593), Diedo riferì ulteriori vicende ed episodi militari nei quali Raimondo si era trovato coinvolto ed evidenziò come, nel corso della sua vita, avesse ripetutamente dato prova di saper usare sia la spada che la penna. Le parole di Diedo evocano l’immagine di un uomo energico e deciso, incline alla tenzone accademica e determinato nel difendere le proprie convinzioni scientifiche anche in età avanzata. L’inclinazione alla polemica, non sempre civile e cortese, spesso mordace, è un tratto del carattere di Raimondo che emerge, oltre che dal già citato episodio con Giuntini, anche, e soprattutto, dalle vicende che lo videro contrapposto al medico e astronomo boemo Tadéaš Hájek e dallo sferzante giudizio cui il celebre astronomo danese Tycho Brahe sottopose le tesi dell’astrologo italiano sulla nova del 1572 e la cometa del 1577. Una circostanza riferita anche da Maffei, il quale attribuiva, erroneamente, a Raimondo la paternità della prima osservazione della stella del 1572 e la correzione di errori presenti nelle tavole Alfonsine.
«Astrologo famoso lo chiama il Bovio nel Flagello, e tocca delle brighe ch’ebbe per la Stella di Cassiopea. Quella nuova stella comparve nel 1572, e scomparve due anni dopo, e siccome nell’antiche età altra simile ne fu osservata da Ipparco, come abbiam da Plinio, così questa prima d’ogn’altro fu osservata dal Raimondi. Corresse con tal’occasione quell’asterismo, e in altre scritture alcuni errori delle tavole Alfonsine. Per la detta occasione diede fuori un’amara operetta, contra Taddeo Agesio […]» (Mafferi, 1732, pp.391-393).
Com’è noto nel 1572 si verificò l’apparizione di una nova nella costellazione di Cassiopea, che fu osservata e successivamente descritta e identificata correttamente da Brahe. In Italia le osservazioni di Raimondo sollecitarono l’interesse di Benedetti, personalità di spicco della cultura scientifica italiana della seconda metà del secolo XVI. Quest’ultimo, nel suo Diversarum Speculationum Liber gli dedicò un’epistola, citata per esteso da Brahe nell’operaAstronomiae Instauratae Progymnasmata. Proprio in quest’opera, l’astronomo danese ricordò quanto diffuse, in ambiente veneto, fossero le posizioni sostenute da Annibale Raimondo (portando a esempio il caso di Cornelio Frangipane, letterato e giurista, autore anch’egli di un Discorso sulla nova del 1572, che non mancava di criticare) e discusse ampiamente l’argomento della polemica svoltasi tra l’astrologo veronese, Tadéaš Hájek e Cornelio Frangipane.
Morì nel 1591.
Fonti e Bibl.: S. Maffei,Verona Illustrata, parte III, l. IV, in Verona, Jacopo Vallarsi e Pierantonio Berno, 1732, pp. 391-393. Un conciso ritratto dell’astrologo veronese si trova in P.Ventrice, Astronomia e meccanica nella teoria delle maree e l’aristotelismo veneto del secolo XVI, tesi di dottorato, Università degli Studi di Padova, 1989, pp. 27-29, n.15. Si vedano inoltre: G. Coradeschi, Contro Aristotele e gli aristotelici: Tycho Brahe e la nova del 1572 in Italia, in Galileana, VI (2009), pp. 89-122; S. K. Cohn, Cultures of plague. Medical thinking at the end of the Renaissance, Oxford, 2011.