ROMEI, Annibale
– Nacque verosimilmente a Ferrara tra il 1523 e il 1530 da Alfonso e da Marietta Strozzi; ebbe due fratelli: Eleonora (moglie di Giovanni Maria Riminaldi) ed Ercole.
Il suo nome compare in un atto notarile del 1548, in cui risulta minore di venticinque anni (Archivio di Stato di Ferrara, Archivio Notarile Antico, notaio De’ Fabbri Giovanmaria, matr. 564, pacco 2, a. 1548, c. 55v). Il padre, nato nel 1499, era figlio di Borso e nipote di Giovanni, un ferrarese di origini borghesi ma molto legato alla corte estense, tanto da diventare consigliere segreto di Ercole I e quindi conte di Bergantino e Bariano, nonché conte del Palazzo lateranense, per nomina di Pio II nel 1458.
Nulla si conosce della sua formazione, e anche per quanto riguarda i primi anni siamo informati unicamente di un viaggio a Belgioioso e Padova attraverso una lettera spedita proprio da Padova il 27 maggio 1555 ad Alessandro Sacrati.
Il 22 gennaio 1562 sposò a Ferrara Giulia Giglioli, originaria di Adria, da cui ebbe undici figli: Ascanio, morto a quattro anni, Violante (nata il 13 aprile 1563, che il 29 febbraio 1588 sposò Maroncello Maroncelli), Alfonso (4 ottobre 1566, che nell’ottobre 1589 sposò Barbara Monti), Odorico (che ebbe per compadrino Giovan Battista Nicolucci, meglio noto come Pigna), Laura e Marietta (gemelle poi monacate il 28 novembre 1585), Taddea, Ercole, Ottavio, Diana (figlia illegittima morta dopo appena sei giorni) e Camilla. Con il matrimonio entrò in possesso di milleottocento scudi e di diritti su numerosi terreni nelle zone di Gavello e Melara. Inoltre, il 20 dicembre 1565 ottenne l’investitura vescovile della decima di Colombara, e il 12 gennaio 1566 l’uso dell’ospedale di S. Anna; nel febbraio dell’anno successivo acquistò un palazzo nell’attuale via Pergolato a Ferrara. Una serie di investimenti sbagliati rese però sempre più critica la situazione economica di Romei, che soltanto nel 1572, a seguito della morte della madre, poté entrare in possesso dei beni dei genitori e pagare i debiti accumulatisi negli anni precedenti.
Nel 1564 iniziò la sua attività pubblica per la città di Ferrara, entrando a far parte del Consiglio dei XII Savi, in cui rimase in carica fino alla morte con l’eccezione del 1571, quando fu semplice «adiuncto», e del 1589; nel 1567 ricoprì inoltre l’incarico di riformatore dello Studio di Ferrara e nel 1568 quello di riformatore dell’Università. Non mancarono inoltre contatti con la corte estense: nel 1580, in particolare, fu incaricato dal duca Alfonso II di raggiungere Roma per trattare la questione dell’immissione del Reno nel Po di Ferrara, problema al quale Romei si era dedicato fin dall’anno precedente redigendo un Parere, poi seguito nello stesso 1580 da un Discorso in risposta a una relazione dell’incaricato papale Scipione di Castro. Dopo aver rinviato più volte la partenza, raggiunse infine Roma nel gennaio 1581, senza tuttavia che la sua ambasciata sortisse alcun effetto. La materia delle acque fu però sempre al centro dei suoi interessi: nel 1578 si recò a Venezia per discutere della canalizzazione della zona di Gavello, su cui esercitava alcuni diritti; nel 1580 inviò una relazione alla città di Verona a proposito del fiume Tartaro; mentre a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta si occupò della questione della bonifica delle valli di Melara.
Nel 1581 Torquato Tasso gli dedicò Il Romeo, o vero del giuoco, testo che conferma la fama del ferrarese quale abile giocatore di scacchi: in questa veste è, ad esempio, descritto in una lettera di monsignor Grana al cardinale Luigi d’Este del 7 dicembre 1576, in cui si racconta di una partita a scacchi tra Eleonora d’Este, Pigna e appunto Romei. Ricordato dai posteri anche come poeta, benché nessun suo componimento latino o volgare sia venuto alla luce, durante la propria vita dette alle stampe soltanto due opere: i Discorsi, pubblicati prima a Venezia nel 1585 e quindi a Ferrara l’anno successivo, e il Dialogo diviso in due giornate […] sul terremoto, uscito a Ferrara nel 1587.
Il nome di Romei resta legato ai Discorsi, il cui testo era già pronto il 20 luglio 1585, come l’autore annuncia in un messaggio ad Alfonso II. L’editio princeps, con lettera di dedica a Lucrezia d’Este, vide la luce lo stesso anno a Venezia per i tipi di Francesco Ziletti; una seconda e definitiva redazione, con importanti aggiunte e revisioni, uscì invece l’anno successivo a Ferrara per Vittorio Baldini. Del testo vennero stampate altre cinque edizioni fino al 1619, nonché due traduzioni, una in francese «traduit par le sieur Du Pré» (La Sepmaine, ou Sept journées, Paris, G. Robinot, 1595) e un’altra in inglese tradotta da J. Kepers (The courtiers academie, London, V. Sims, 1598).
I Discorsi descrivono le conversazioni di cinquantatré personaggi (quarantaquattro nella prima redazione), nobili e cortigiani, che accompagnano il duca e la duchessa di Ferrara, e sono strutturati nella redazione definitiva in sette giornate incentrate su sette temi specifici: la bellezza, l’amore, l’onore, il duello, la nobiltà, la ricchezza, la superiorità delle armi o delle lettere. Ogni giornata presenta una cornice diegetica all’interno della quale si collocano i dialoghi mimetici, che seguono uno schema piuttosto rigido: un personaggio scelto dalla «reina» della giornata offre una definizione del tema preso in esame; tale definizione è quindi contestata da un altro dei presenti; il dibattito si conclude con domande e ulteriori suggerimenti da parte di altri personaggi. Espressione per eccellenza della pratica della conversazione e della cultura di corte nell’Italia della seconda metà del Cinquecento, i Discorsi furono lungamente letti e interpretati come manuale di comportamento e cavalleria, tanto da essere ricordati da Alessandro Manzoni tra i volumi presenti nella biblioteca di Don Ferrante.
Di Romei rimane inoltre un diario autografo che copre i periodi dal 29 marzo 1561 al 12 febbraio 1583, dal 1° giugno 1583 al 21 marzo 1589 e dal 30 aprile 1589 al 12 luglio 1590; e uno zibaldone manoscritto contenente alcune scritture private, la bozza del progetto di bonifica per le valli di Melara, un’apologia e alcune pagine dei Discorsi, un incompiuto Dialogo dell’anima humana, un frammento sul «mirabile» e un trattato sugli scacchi, quest’ultimo tuttavia non di sua mano. Tali testi, oltre a quelli andati in stampa tra il 1585 e il 1587, rivelano un’impostazione di tipo aristotelico-tomistico, non estranea però a venature neoplatoniche. Romei prese inoltre parte alla vita accademica ferrarese, partecipando alle attività delle accademie dei Filareti e dei Tergemini.
Il 2 gennaio 1573 firmò un testamento, poi annullato con un altro redatto in data 14 luglio 1588 (Archivio di Stato di Ferrara, Archivio Notarile Antico, notaio Colorni Angelo, matr. 715, pacco 22, cc. 57v-59r).
Morì a Ferrara il 9 ottobre 1590 e venne tumulato due giorni dopo nella cappella di famiglia nella chiesa ferrarese di S. Francesco.
Opere. Il diario autografo di Romei si conserva nell’Archivio storico comunale di Ferrara, A XII, Libri di memorie; lo zibaldone di testi inediti è conservato nella Biblioteca Ariostea di Ferrara, Cl. I 482. Il Parere […] sopra il partito di rimover il Reno si trova presso l’Archivio di Stato di Ferrara, Archivio Storico Comunale, Serie Patrimoniale, b. 26, f. 15; il testo della relazione sopra le cause della atterratione del Po di Ferrara si conserva presso la Biblioteca Universitaria di Bologna, ms. 163 I 2, ed è quindi stato pubblicato in F. Patrizi, Lettere ed opuscoli inediti, a cura di D. Aguzzi-Barbagli, Firenze 1975, pp. 451-512. Il trattato sugli scacchi, con attribuzione a Romei, è stato pubblicato con il titolo Le fatiche sopra il giuoco degli scacchi, a cura di A. Chicco, Roma 1985. I Discorsi sono stati editi con ampio commento in appendice a Solerti, 1891, che riproduce l’edizione ferrarese del 1586, indicando in nota le varianti rispetto alla princeps veneziana; della traduzione inglese è invece disponibile un’edizione anastatica: The courtiers academie, Amsterdam-New York 1969.
Fonti e Bibl.: La lettera autografa ad Alessandro Sacrati del 27 maggio 1555 è in Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea, Cl. I 172, insieme a una lettera a Orazio Ariosto, con correzioni a un esemplare dei Discorsi; un’altra lettera autografa, del 2 agosto 1585, con cui Romei annuncia al duca di Mantova di aver completato i Discorsi, è conservata presso l’Archivio Gonzaga di Mantova, E XXXI, b. 1257, a. 1585; lettere e biglietti di e ad Annibale, insieme a documenti relativi alla famiglia Romei, sono conservati a Ferrara, Archivio storico comunale, Archivio Romei, B XXIII, f. 8: Libri d’entrata e uscita e conti diversi; ulteriori materiali si conservano nell’Archivio di Stato di Ferrara, Archivio Bentivoglio, bb. 40 ins. 44; 52 ins. 50; 57 ins. 50; 14 lettere a e di Romei sono presso l’Archivio di Stato di Modena, Cancelleria ducale, Archivio per materie, Letterati, b. 58, ibid., Particolari, ad nomen. I buoni rapporti con la corte di Mantova sono testimoniati da una lettera di Scipione Sacrati al duca, nella quale si afferma che Romei forniva fagiani alla corte gonzagesca (ibid., E XXXI, b. 1257, a. 1585, 16 marzo); la lettera di monsignor Grana al cardinale Luigi d’Este del 7 dicembre 1576 è in G. Campori - A. Solerti, Luigi, Lucrezia e Leonora d’Este. Studi, Torino 1888, p. 109; vedi inoltre Ferrara, Biblioteca comunale Ariostea di Ferrara, Cl. I 644: N. Baruffaldi - G. Baruffaldi, Compendio di famiglie distinte che sono tumulate nelle chiese di Ferrara dal 1425 al 1770; Coll. Antonelli, 202: Notizie delle Accademie ferraresi, c. 10r; ibid., 343: G.A. Barotti, Biblioteca delle opere stampate dagli scrittori ferraresi, c. 230r; ibid., 362: G. Faustini, Biblioteca degli scrittori ferraresi, II, c. 313.
A. Superbi, Apparato de gli huomini illustri della città di Ferrara, Ferrara 1620, p. 86; G. Recalchi, De similarium corporum natura […] commentarii duo, Ferrara 1621, pp. 84-86; A. Libanori, Ferrara d’oro imbrunito, I-III, Ferrara 1665-1674, III, pp. 34-36; E. Gamurrini, Istoria genealogica delle famiglie nobili toscane et umbre, I-V, Firenze 1668-1685 (rist. anast. Bologna 1972), III, pp. 27-41; A. Borsetti, Supplemento al compendio istorico di M.A. Guarini, Ferrara 1670, pp. 86 s.; G.M. Crescimbeni, Dell’istoria della volgar poesia, V, Venezia 1730-1731, p. 234; L. Ughi, Dizionario storico degli uomini illustri ferraresi, Ferrara 1804, pp. 138-139; F. Conti, Illustrazioni delle più cospicue e nobili famiglie ferraresi tanto estinte quanto viventi fino all’anno 1800, Ferrara 1852, p. 402; V.A. Arullani, I «Discorsi» di A.R., in Vita nuova, II (1890), pp. 112-114; A. Solerti, Ferrara e la corte estense nella seconda metà del secolo decimosesto. I Discorsi di A.R., Città di Castello 1891; T.F. Crane, Italian Social Customs of the Sixteenth Century, New Haven 1920, pp. 219-239; M. Maylender, Storia delle accademie d’Italia, I-V, Bologna 1926-1930, II, pp. 260 s.; V, p. 309; W. Gundersheimer, Burle, generi e potere: i «Discorsi» di A.R., in Schifanoia, 1986, n. 2, pp. 9-21; S. Prandi, Una testimonianza inedita del dibattito tardorinascimentale sul ‘meraviglioso’, in Studi di Estetica, s. 2, XVII (1989), pp. 93-108 (con la trascrizione del Frammento sulla meraviglia, pp. 101-108); Id., Il «Cortegiano» ferrarese. I “Discorsi” di A.R. e la cultura nobiliare nel Cinquecento, Firenze 1990; P. Pizzamiglio, L’astrologia in Italia all’epoca di Galileo Galilei, 1550-1650. Rassegna storico-critica dei documenti librari custoditi nella Biblioteca Carlo Viganò, Milano 2004, pp. 114-117.