ANNO
. È un'unità di tempo la cui lunghezza è precisata dall'aggettivo che l'accompagna. Per esempio, per anno tropico s'intende il tempo che passa tra due ritorni consecutivi del Sole allo stesso punto equinoziale, e comprende 365 giorni, 5 ore, 48′, 46″. Questo è anche l'anno adottato da quasi tutti i popoli civili; richiedendo la praticità che sia composto da un numero intero di giorni, la frazione si sopprime negli anni comuni (365 giorni) e si accumula nei bisestili (366 giorni). L'anno siderale è il tempo che la Terra impiega a compiere una rivoluzione esatta intorno al Sole e comprende 365 giorni, 6 ore, 9′, 13″. Per la differenza di questi due anni, v. precessione degli equinozî.
Anno cosmico (in gr. μέγας ἐξιαυτός "grande anno"; fr. grande année; ted. Weltjahr, grosses Jahr; ingl. great year). - Questa concezione degli antichi, che rientra in quella più generale delle età del mondo, consiste (nella sua forma più comprensiva) nella convinzione che la storia dell'universo è costituita da cicli di formazioni e di distruzioni che si ripetono periodicamente, secondo una legge fatale che si crede (non sempre, però) determinata da avvenimenti astronomici. In generale, si ammette in tal caso che un nuovo periodo incominci quando il Sole, la Luna e i pianeti noti agli antichi occupano di nuovo la posizione che avevano insieme nel cielo all'inizio di quello precedente. Siccome tale credenza appare nell'antica Babilonia ove, già in tempi remotissimi, l'astrologia faceva dipendere gli avvenimenti del nostro mondo dai movimenti dei corpi celesti, si è supposto che in quella regione si debba riporre la prima origine delle opinioni simili che ci sono offerte dall'India e dalla Grecia. Però, mentre l'antica India brahmanica e buddistica si limita ad ammettere periodi di formazioni e di distruzioni dell'universo, la Grecia classica svolge variamente questa concezione e le dà la sua espressione più completa.
Anassimandro di Mileto non usa l'espressione grande anno: ma il concetto di esso è implicito nella sua dottrina che ammette un processo infinito di generazioni e di distruzioni di mondi che si succedono perennemente nel tempo, secondo un ordine determinato; la stessa cosa si può ripetere per Empedocle di Agrigento (sec. V a. C.), il quale insegna che la storia del mondo è governata dall'alterno predominio dell'Amore e dell'Odio, che lottano perennemente, l'uno per raccogliere in un tutto solo (lo Sfero) gli elementi, l'altro per separarli completamente. L'espressione "grande anno" è invece usata da Eraclito di Efeso (sec. VI-V a. C.) il quale insegna che in cicli che si ripetono eternamente tutte le cose si svolgono dal fuoco e ad esso ritornano, grazie a un processo di conflagrazione universale (ἐκπύρωσις); e di grande anno parlano sia gli Orfici sia i Pitagorici, i quali credono anche che le stesse cose e gli stessi avvenimenti si ripresentino infinite volte nella storia dell'universo, e collegano queste opinioni con la dottrina della trasmigrazione delle anime.
Dai Pitagorici molto probabilmente deriva Platone la sua teoria del grande anno (che egli chiama anno perfetto), il cui inizio è nel Timeo collegato esplicitamente con le posizioni dei corpi celesti (per i filosofi precedenti invece tale connessione è attestata soltanto da ciò che si dice da fonti recenti sull'anno cosmico in generale). Però Platone, sebbene ponga in rapporto quella teoria con la narrazione delle catastrofi che si verificano nella natura, ammette che queste colpiscano soltanto certe parti della terra e non distruggano tutta l'umanità.
Opinioni simili sono presentate da Aristotele che, facendo dipendere i processi di genesi e di distruzione della sfera sublunare dai movimenti dei corpi celesti che si ripetono all'infinito, concepisce i primi come ciclici, ammette che, compiuto un periodo complessivo, tutto ritorni alle condizioni primitive, ritiene che talvolta certe parti del nostro globo siano state devastate, talché la storia della civiltà debba di nuovo seguire le vie già percorse, ma non crede a distruzioni totali della terra.
Gli Stoici, collegando gl'insegnamenti di Eraclito e dei Pitagorici, dànno alla teoria del grande anno la forma più completa, in quanto insegnano che nei cicli cosmici che si ripetono all'infinito e che hanno per inizio i fenomeni astronomici ricordati, riappaiono gl'identici esseri e gl'identici fatti. Queste dottrine, che, soprattutto per opera del neoplatonismo, ebbero larga diffusione alla fine dell'età antica, furono vivamente criticate dai Padri della chiesa.
Occorre però distinguere le concezioni che ammettono soltanto la periodica ripetizione di cicli cosmici e quelle che, intendendo la teoria del grande anno nel modo più rigoroso, sostengono che ogni cosa si ripresenta infinite volte nel tempo infinito (orfici, pitagorici, stoici, neoplatonici). Nell'età moderna, la teoria dell'eterno ritorno di tutte le cose (resa popolare dal Nietzsche, ma difesa anche recentemente da varî scienziati) si fonda sulla reversibilità dei fenomeni fisici, derivante dalla concezione meccanica della natura. Nell'età classica si è dato il nome di grande anno anche a periodi astronomici (di ampiezza diversa secondo gli autori), includenti un certo numero di anni comuni.
Per la divisione dell'anno presso i varî popoli, il suo significato religioso, il computo, ecc. v. calendario, capodanno, cronologia.
Bibl.: Notizie sull'argomento si possono trovare in J. Hastings, Encyclopaedia of Religion and Ethics, Edimburgo 1908 segg., s. v. Ages of the World; J. Bidez, Bérose et la grande année, in Mélanges Paul Fredericq, Bruxelles 1904, pp. 9-19; P. Duhem, Le Système du Monde, Parigi 1913 segg., I, pp. 65-85, 275-296.