DI NEGRO, Ansaldo
Figlio di Enrico, nacque nella seconda metà del sec. XII a Genova.
Il padre Enrico, autorevole esponente del Comune negli anni di passaggio dal regime consolare a quello podestarile, fu più volte console (1193, 1207, 1209), console di Giustizia verso il borgo (1182) e nobile incaricato di affiancare il podestà (1202). Fu presente alla ratifica dell'accordo tra Genova e Pisa, sottoscritto nel 1188, e alla firma della pace tra il suo Comune e Savona, avvenuta nel 1202. Fratelli di Enrico furono Nicolò e Guglielmino; insieme con quest'ultimo e con altri genovesi, Enrico nel 1200 concluse un accordo con la Comunità di Arras. È probabilmente da identificare col padre del D. l'Enrico Di Negro incaricato di recarsi a Pisa insieme con Lanfranco Rosso allo scopo di protestare per l'aiuto concesso dagli uomini di Piombino ad alcuni corsari; tale ambasceria, però, non fu portata a termine per il cattivo tempo e venne sostituita con un'altra (1218). Enrico morì in data non posteriore al 1223.
I documenti genovesi ricordano per il sec. XII un omonimo del D., che fu console delle Compagne verso il borgo nel 1174. Nel 1190 alla terza crociata partecipò un Ansaldo Di Negro, che a Tiro fu testimone all'atto con cui l'arcivescovo della città, Ioscio, su intercessione del marchese del Monferrato, concesse ai Genovesi la facoltà di erigere una cappella; l'identificazione di questo personaggio col D. è probabile, ma non certa.
Il D. fu grande uomo d'affari, attivo nel commercio di tessuti, specialmente oltremontani, che costituivano il prodotto più richiesto dai mercati orientali, dove venivano scambiati con altri (spezie, seta) assai apprezzati in Occidente. Nel 1200 i documenti genovesi lo ricordano acquistare tele di Reims. L'anno seguente vendette ad un gruppo di mercanti due pezze di tela di Amiens, comprandone nello stesso giorno altre tre. Davanti alla sua torre, simbolo della potenza economica e del prestigio politico da lui raggiunto, si incontravano mercanti attivi nel commercio di tessuti. Nel 1206 insieme col padre fu presente alla stesura del testamento di Enrico Bufferio. Tre anni dopo assistette all'acquisto di una casa fatto dal monastero genovese di S. Siro. Nel 1210 fu testimone alla concessione di un mutuo a favore del marchese Delfino Del Bosco. L'anno successivo, a nome di un altro uomó d'affari, consegnò una somma al priore della chiesa di S. Maria d'Albaro.
La sua partecipazione alla vita politica del Comune genovese è attestata a partire dall'anno 1204, quando egli accompagnò a Gavi Ligure il podestà, Guifredo Qrassello, per ricevere il giuramento di fedeltà dagli uomini di quel castello. Nel 1217 fu presente alla cessione fatta dal marchese Ottone Del Bosco al Comune genovese dei castelli di Ovada, Rossiglione, Masone e Campoligure, restituiti poi in feudo allo stesso marchese. Tre anni dopo fece parte dell'ambasceria inviata dal podestà al conte Manuele di Ventimiglia, col compito di chiedergli, in cambio di un cospicuo riscatto, la restituzione dei cittadini di Ventimiglia da lui catturati. Nel 1223 venne scelto dall'arcivescovo di Genova, cui spettava la signoria su San Romolo (oggi Sanremo), come suo vicario, per porre termine alle lotte 'violente che insanguinavano il borgo; in tale veste, nell'aprile il D. ordinò a tutti gli uomini a lui soggetti di non commettere ingiurie reciproche. Due anni dopo fece parte del Consiglio del suo Comune, e in tal veste fu presente alla ratifica dell'accordo commerciale stipulato tra Genova e Montpellier. Nel 1226 fu eletto nella magistratura degli Otto nobili, incaricati di controllare le finanze del Comune. L'anno successivo, insieme con alcuni tra i più importanti membri della aristocrazia genovese, svolse un delicato incarico.
Diventata pericolosamente estesa la coniuratio strettasi intorno a Guglielmo De Mari, grazie alla copertura ad essa fornita dal podestà in carica, il lucchese Lazzaro di Gerardino di Giandone, e all'appoggio dei populares e degli uomini del distretto, l'aristocrazia genovese fu colta alla sprovvista dal carattere legale assunto dal movimento; tuttavia, quando questo sfuggì al controllo del podestà e divenne incerta l'adesione di alcuni nobili tra cui lo stesso De Mari, gli aristocratici reagirono, obbligando i loro seguaci a giurare un nuovo breve da loro formulato e occupando le torri che erano state prese dal De Mari; tale compito fu affidato ad un gruppo di illustri personaggi, tra cui il D. ed il figlio di questo, Enrico.
Sempre nel 1227, nel giugno, come membro del Consiglio genovese, sottoscrisse la ratifica dell'arbitrato pronunciato dal Comune di Milano sulle controversie tra le alleate Genova ed Asti, da un lato, e le loro avversarie Alba ed Alessandria, dall'altro. Ancora in questo anno, insieme col fratello Nicolò, assistette alla stesura della quietanza che Enrico "Baraterius" rilasciò ad Oberto Doria per una commenda concessa a quest'ultimo. Nel 1231fece parte dell'ambasceria che accompagnò il podestà genovese alla Dieta di Ravenna, convocata dall'imperatore Federico II: ad essa il Comune genovese era stato invitato per ricevere l'ordine di non nominare podestà appartenenti a città della Lega lombarda. L'anno dopo assistette alla lettura della sentenza di arbitrato, poi risultata falsificata, che era stata pronunciata da Sardo, vescovo eletto di Alba, circa il possesso del castello di Capriata, conteso fra Genova e Alessandria. Nel 1233fu ancora chiamato a far parte della magistratura degli Otto nobili.
Il D. morì prima del 1244, perché in quest'anno la curia del podestà si tenne nel palazzo dei suoi eredi.
Aveva sposato Beatrice Lomellini, da cui ebbe Enrico, Pietro, Giacomo, Guido, Inghetto, Pastone, Nicolò, Bonifacio, Simonetto e Lanfranco.
I documenti genovesi ricordano anche un Ansaldo Di Negro, figlio di Guglielmo, che nel 1248 fu inviato, insieme con altri due ambasciatori, al re Ferdinando III di Castiglia, il quale aveva da poco tolto ai Morì Siviglia, città in cui erano attivi mercanti genovesi. La legazione, finanziata da privati cittadini (tra cui lo stesso Di Negro), doveva protestare per i danni provocati ad una nave genovese da un suddito del re; doveva chiedere inoltre una diminuzione dei diritti che i mercanti genovesi avevano sin'allora dovuto pagare ai Mori. Nel 1251 Ansaldo di Guglielmo assistette come testimone a numerosi atti: alla composizione delle liti tra i consoli dei mulattieri genovesi e i colleghi di Asti (20 giugno); alla stipula dell'accordo commerciale tra Genova e Firenze, in qualità di membro del Consiglio (13 settembre); alla lega stretta tra Genova, Firenze e Lucca contro Pisa, sempre come consigliere (20 settembre). Ancora in quest'anno, fu chiamato a far parte della magistratura degli Otto nobili, sottoscrivendo l'accordo commerciale tra Genova e Marsiglia. Non si conosce l'anno della sua morte.
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