ANSCARIO
Documentato dall'879 all'899, di illustre stirpe borgognona, fu il capostipite dei marchesi d'Ivrea, che, emersi in Italia in seguito alla crisi che si verificò dopo il crollo dell'impero carolingio, ebbero una parte di primo piano nelle travagliate vicende dei primi anni del Regno italico, al quale diedero anche un re, Berengario II (950-962).
Non sono ancora del tutto chiare le origini e la genealogia della famiglia di Anscario. Tuttavia secondo gli ultimi studi sull'argomento il padre fu un Amedeo, conte di Langres, che si unì in matrimonio con una sorella di quel Lamberto conte di Nantes che, venuto in Italia intorno all'863, fu padre di Guido I di Spoleto (841-868) ed avo del futuro protettore di A. in Italia, Guido re (889-894). A. ebbe quindi legami di parentela con Guido re, ma non ne era fratello come per lungo tempo si credette sulla base d'una errata interpretazione d'un passo di Liutprando.
Anscario, che aveva il titolo di conte di Ocheret, piccolo villaggio vicino a Digione, agì perciò dapprima in Francia: nella primavera dell'879 fu tra quanti sollecitarono Lodovico il Giovane ad intervenire nelle cose francesi, dopo la morte di Lodovico il Balbo (10 apr. 879). Ma le sue fortune ebbero inizio allorché, morto Carlo il Grosso (13 genn. 888) e scatenatesi le ambizioni dei grandi franchi ed italiani per il conseguimento delle rispettive corone regie, ragioni di parentela lo portarono a legarsi con Guido di Spoleto: se infatti A. fu con ogni probabilità con quanti caldeggiarono la candidatura del marchese italiano a re di Francia contro Eude conte di Parigi, e riuscirono ad incoronarlo tale a Langres nel febbraio 888, certo lo seguì in Italia, dopo che Guido, constatata la sua debolezza di fronte al rivale, rivolse le sue aspirazioni alla corona d'Italia, in possesso, dal 6 genn. 888 almeno, del marchese del Friuli, Berengario. Presente con ogni probabilità fin dal primo sfortunato scontro che Guido ebbe con Berengario presso Brescia (fine ottobre 888), A. fu tra i protagonisti della successiva battaglia della Trebbia (seconda metà del gennaio 889), che diede a Guido la supremazia nella parte centro-occidentale dell'Italia settentrionale. Il conte A., accompagnato dal fratello Guido, che morì in questa battaglia, era alla testa di 500 uomini venuti di Francia e, secondo quanto attestano le fonti, si comportò da valoroso. La ricompensa non si fece attendere. Guido infatti, probabilmente dopo la sua coronazione imperiale (21 febbr. 891), alla quale A. fu presente, procedette ad un riordinamento della parte del regno su cui direttamente dominava, creando due nuove marche, in aggiunta a quelle preesistenti del Friuli, Toscana e Spoleto: la marca lombarda, in funzione di difesa anti-berengariana, e la marca d'Ivrea per proteggere le frontiere occidentali confinanti con i due regni di Borgogna e di Provenza. Alla seconda fu preposto il nostro A. di Ocheret, "dilectus consiliarius", di Guido.
Quando avvenisse tale istituzione, non è dato di precisare: il 21 febbr. 891 a Roma, A. compare già col titolo di "marchio" in due diplomi emessi dall'imperatore su intercessione appunto del nuovo marchese, a favore della consorte imperatrice Angeltrude. La mancanza di precisa documentazione impedisce una determinazione sicura dei territori della nuova marca d'Ivrea: estendentesi certo per tutto il Piemonte e forse parte della Liguria, abbracciava, secondo alcuni, i comitati di Acqui, Alba, Asti, Bredulo, Auriate, Torino, Ivrea, Vercelli, Pombia, forse Stazzona, Bulgaria, Lomello ed alcuni comitati, forse da Savona a Ventimiglia.
Con l'avvento di A. scompaiono i Supponidi, che in Piemonte, ed in particolare ad Asti ed a Torino, erano stati fautori di Berengario. Le circostanze politiche e le qualità di A. e dei suoi discendenti fecero di questa nuova entità territoriale, a differenza della marca lombarda, qualcosa di solido e duraturo: solo le sfortunate vicende di Berengario II porteranno, nel 945, ad un suo frazionamento.
A., posto in una posizione strategicamente importante - era il guardiano dei valichi tra Italia e Francia, poco sicuri dalla parte provenzale dopo l'avvento dell'ambizioso Lodovico -, si mostrò degno della fiducia riposta in lui, rimanendo costantemente fedele a Guido e, dopo la sua morte (inverno 894), al di lui figlio Lamberto, sia durante le due discese di Arnolfo di Carinzia (inizi 894-maggio 894; ottobre 895-maggio 896), sia durante le varie riprese offensive di Berengario. Difese infatti valorosamente, nell'aprile-marzo 894, Ivrea contro Arnolfo, impedendogli di riguadagnare la Francia passando per la città. È chiamato da Lamberto "marchio noster atque fidelissimus comes", in un diploma da questo emesso il 25 luglio 896 a favore del monastero di Bobbio, su intercessione sua. Solo alla morte di Lamberto (15 ott. 898), all'estinguersi cioè della dinastia spoletina, A. si accostò a Berengario, ne accettò la politica di conciliazione, ne divenne "summus consiliarius", accompagnandolo nel viaggio di ricognizione che il marchese friulano fece nelle contee emiliane alla fine dell'898: il 1º dicembre di quest'anno infatti intercedette presso Berengario a favore del monastero di S. Cristina di Corteleona, come risulta da un diploma emesso in tal data da Reggio Emilia. In relazione a questo riavvicinamento tra il "fidelissimus" di Guido e di Lamberto e l'unico "rex" allora rimasto, è da vedersi con ogni probabilità il matrimonio che Adalberto figlio di A. contrasse con Gisla, figlia di Berengario, da porsi quindi intorno a questi anni (898-899).
A. conservò forse rapporti con i vecchi ambienti borgognoni, se è da identificarsi con quell'"Anscharius comes" che, come risulta da una lettera del papa Giovanni IX del maggio 899, si dichiara pentito d'aver contribuito all'allontanamento del vescovo di Langres Agrino, da porsi intorno all'896-897.
Il 21 apr. 902 A. era già morto, poiché il figlio Adalberto è detto "quondam Anscherii". Oltre a questo egli ebbe con ogni probabilità un altro figlio di nome Amedeo, da alcuni identificato con quell'Amedeo che tra l'896 e il 900 fu conte palatino e conte di Milano.
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