BUCCI, Anselmo
Figlio di Vincenzo e di Domenica Silvagni, nacque a Faenza il 6 maggio 1887. Artigiano ceramista nel senso più pieno della parola, fu allievo di Virginio Minardi che, al principio del secolo, aveva portato un forte impulso al rinnovamento dell'arte della maiolica in Faenza. Alla scomparsa del Minardi, l'anno 1913, il B. e i colleghi assunsero la conduzione in società della fabbrica che era stata di lui e del fratello Venturino, reggendola insieme sino alla chiamata alle armi per la prima guerra mondiale. Smobilitato l'anno 1918, il B. si associò per pochi mesi col pittore A. Calzi nella conduzione di uno studio che ebbe breve vita per l'improvvisa morte del socio. Alla fine del 1919 G. Ballardini, che riorganizzava, sotto l'egida dello Stato, la Scuola di ceramica da lui fondata alcuni anni prima a lato del Museo, lo chiamò fra i docenti, affidandogli l'officina di produzione e la cattedra dell'insegnamento tecnico pratico. Sulla cattedra il B. rimase fino al 1957, quando, colpito da un grave malore, dovette abbandonare la scuola e il proprio studio.
Morì a Faenza il 21 febbr. 1959.
Per i suoi meriti e le sue conoscenze, il B., replicatamente premiato a mostre e concorsi, fu chiamato a capo dell'Arte nazionale della ceramica presso l'Ente naz. fascista dell'artigianato e della piccola industria, e nominato consigliere nazionale alla Camera delle corporazioni.
Decoratore esperto, seppure un po' duro, nelle realizzazioni di istoriati di stile classico, il B. si mostrò sensibilissimo verso le nuove espressioni dell'arte ceramica. Nella scuola fu felice reintroduttore della tecnica quattrocentesca della pittura a zaffera in rilievo, con cui si realizzarono appositamente modelli approntati dallo scultore D. Rambelli; fu anche efficace docente nelle tecniche della pittura policroma, tanto a grande che a piccolo fuoco, e nell'applicazione dei lustri metallici.
Desideroso di approfondire le ricerche e di realizzare indipendentemente invenzioni proprie, il B. si era creato un laboratorio-studio, dove collaborò la figlia Giulia (Faenza, 19 dic. 1915-ivi 21 genn. 1939). Ne uscirono vasi, piatti e servizi da tavola, oltre che piccole plastiche o complessi di grandi dimensioni. Realizzatore superbo, sicuro del risultato, conoscitore dei più intimi valori delle materie sia nel campo della maiolica sia nel campo del grès d'arte, tendenzialmente portato più all'amore della perfetta esecuzione che al volo della fantasia, di gusto educato e raffinatissimo, il B. è stato, oltre che esecutore di cose proprie, prezioso, ambito collaboratore di architetti pittori e scultori. Negli ultimi tempi, l'approntamento in ceramica di grandi complessi plastici per chiese e altri edifici lo aveva assorbito totalmente, contribuendo ad accelerare il processo di sviluppo del male che doveva stroncarlo.
Opere sue si conservano al Museo internazionale delle ceramiche di Faenza, nel Castello Sforzesco di Milano nel Museo di Stoccolma, al convento delle Grazie a Rimini.
Fonti e Bibl.: V. necrologio di G. Liverani in Faenza, XLV (1959), p. 15.Oltre ai vari cataloghi dei concorsi nazionali della ceramica si veda: G. L[iverani], Per la mostra permanente della moderna ceramica ital. d'arte, in Faenza, XVI (1928), p. 144; A. Minghetti, Ceramisti, Milano 1939, p. 87; Ceramiche moderne, in Domus, n. 161, (1941), pp. 56-59 passim; Galleria dei ceramisti,A. B., in La ceramica, III (1941), n. 3, pp. 83-87.