CAFFE, Anselmo
Nacque, probabilmente nel 1735, da Pierre e da Louise Seyn (Sayn, Sain). Il padre, di antica famiglia borghese di Chambéry, era avvocato al Senato di Savoia e la madre era imparentata con i Barat, famiglia comitale del Delfinato. Il C. entrò in giovane età tra i benedettini cassinesi di S. Maria di Talloires. Come egli stesso informa (lett. da Talloires, novembre '86) trascorse 19 anni in Italia (1761-80): a Bergamo per un triennio fu professore di teologia, poi fu curato di S. Pietro ad Assisi, penitenziere apostolico a Roma, confessore di religiose ed esaminatore sinodale a Ferrara. Richiamato in Savoia, per un triennio fu priore di S. Maria di Talloires e dall'83 all'86 priore a Saint-Germain, romitaggio alle dipendenze di Talloires. Gli anni tra il 1780 e il 1786 furono particolarmente tormentati: Talloires era in piena decadenza disciplinare ed economica e il C. visse nella tensione tra lo studio delle origini benedettine e le "moineries" dei suoi confratelli, desideroso di riforma e sensibile alle mire territorialiste del vescovo, favorito dalla politica giurisdizionalista sabauda tendente piuttosto alla soppressione di conventi e monasteri. Quando i beni di Talloires furono sequestrati per autorità sovrana (1787), al C., che più volte aveva denunziato i suoi confratelli, era stato intimato di trasferirsi nel monastero di S. Pietro a Savigliano. Fu poi a Bobbio, curato di S. Colombano (1790 c.-1793). Dal '93 al gennaio del '96 visse a S. Giovanni Evangelista di Parma, ridotto ormai, come scrisse a Eustachio Degola, "pelle e ossa" (6 luglio '93) e nel desiderio di ridursi a vita eremitica a fianco del fratello domenicano Jean-Antoine, ospite di mons. Solari presso Noli. Gli ultimi anni segnarono il massimo avvicinamento del C. al giansenismo; anzi nella persuasione di Jean-Antoine il suo "attaccamento alla verità" era recente e non ancora ben solido (a Degola, Noli, 5 dic. '94). In effetti le lettere del C. al Degola mostrano più un'avversione all'antigiansenismo e una adesione all'antimolinismo che una spiritualità giansenista, quale invece si riscontra nelle lettere di Jean-Antoine. Testimonianza tipica di questa posizione è il suo giudizio sugli avvenimenti rivoluzionari in Francia, derivato da un'ingenua analisi teologico-morale in contrapposizione alla propaganda controrivoluzionaria gesuitica: secondo il C. è provato "sin all'evidenza che il molinismo è stato la madre feconda della rivoluzione francese" (a Degola, Parma, 22 luglio '94). Nel gennaio 1796 si trasferì a S. Sisto di Piacenza, dove visse sotto l'incubo dell'antigiansenismo dispiegato dal vescovo Cerati. Qui morì colpito da apoplessia il 14 settembre 1796.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, sez. I, Lettere particolari, C.2 (Saint-Germain, 16 dic. 1783; Talloires, novembre 1786); Annecy, Bibl. du Grand Séminaire, lett. a mons. Biord, 20 luglio 1784; Archivio Segreto Vaticano, Carte Degola, Lettere, fasc. 81 (B. V. Guarnaschelli), 92 (A. C.: 14 lettere a Degola, Parma, 21 maggio 1793 - Piacenza, 21 marzo 1796, edite in parte da P. Savio); Carteggi di gianseniiti liguri, a cura di E. Codignola, Firenze 1941, I, pp. 22, 617; II, pp. 686, 695; V. Brasier, Etude sur Saint-Germain, moine bénédictin d'abord prieurdo Talloires, in Mémoires et documents publiès par l'Académie Salès, I(1879), pp. 61 s., 194; G. Rodet, Talloires et son prieuré, Lyon 1927, pp. 141 ss.; P. Savio, Devoz. di mgr. A. Turchialla S. Sede, Roma 1938, pp. 127 s., 273-275, 279, 873, 877.