ANSELMO
Della famiglia Raimondi, secondo una tradizione accolta da alcuni autori, ma già posta in forse dal Cantù, A. appare documentato come vescovo di Como nel 1170 in una sua relazione inviata ad Alessandro III, anche se succedette certamente ad Enrico nel 1163.
Il 3 giugno 1170 riferiva, come si è detto, ad Alessandro III sulla lite tra i Piuresi e i canonici di Chiavenna circa l'elezione del sacerdote che avrebbe dovuto officiare nella chiesa di S. Cassiano di Pruso. La richiesta del sacerdote fatta dai Piuresi ad A. era osteggiata dai canonici di Chiavenna, che avocavano a sé il diritto di nominare il parroco di S. Cassiano. A. risolse la questione in favore dei canonici di Chiavenna cui per l'avvenire fu affidato il compito di nominare il sacerdote a S. Cassiano, anche in considerazione del fatto che i Piuresi s'erano scelti un parroco scismatico ed eretico: di quale eresia, peraltro, è difficile dire. Sulla questione, Piuresi e canonici di Chiavenna raggiungevano un accordo nel 1176.
Nel 1178 Alessandro III ingiungeva ad A. di indurre i suoi fedeli ad abbandonare le terre di Pietro di Pavia da loro occupate perché Guglielmo di Monferrato non aveva loro pagato una certa somma.
Il 25 aprile dello stesso anno Alessandro III confermava ai canonici della collegiata di S. Eufemia dell'Isola Comacina le concessioni loro fatte da Litigeno, vescovo di Como, nel 1031.
Nel 1179 A. partecipava al terzo concilio lateranense. Di data imprecisata (anche se, non si sa su qual fondamento, il Turazza lo voglia nel 1193) è un importante documento con il quale A. interveniva contro gli usurai e i frodatori delle decime ecclesiastiche, nella linea di un vasto programma di riforme nella diocesi.
Nel 1180 A. concedeva un campo al monastero di S. Abbondio; nel 1186 era a Verona, in occasione dell'investitura da parte di Federico I Barbarossa a Eriprando vescovo veronese "de toto honore et districtu quod imperium habebat in episcopatu et comitatu Veronae"; nel novembre del 1187, nella disputa che aveva con Ambrogio, abate del monastero di S. Ambrogio di Milano circa i diritti della Chiesa comasca su altre località nella valle di Loano e in Valtellina, disputa la cui soluzione era stata commessa da Urbano III prima e da Gregorio VIII poi ad Adelardo, cardinale del titolo di S. Giorgio in Velabro, A. si vide imporre "perpetuum silentium". Nel luglio 1192 Enrico VI confermava ad A. i diritti e la giurisdizione della Chiesa di Como su Lugano, i cui cittadini avrebbero potuto contestarli sulla base di privilegi accordati in nome dell'imperatore dai consoli.
Dopo questa data, non si posseggono altri documenti di A.: si sa che egli morì un primo di aprile, da un epigrafe sulla sua tomba nella cattedrale di Como e, poiché il successore Ardizzone compare come vescovo nel 1195, si può fissare la morte di A. al 1193 o al 1194.
Fonti e Bibl.: Codice diplomatico della Rezia, a cura di F. Fossati, in Periodico della Società Storica per la provincia e antica diocesi di Como, V (1885), pp. 393 ss.; ibid., VI(1888), pp. 113 n.; P. F. Kehr, Italia Pontificia, VI,1, Berolini 1913, p. 402; I. D. Mansi, Sacror. Concil. Nova et Ampliss. Collectio, XXII, Venetiis 1778, col. 463; F. Ughelli-N. Coleti, Italia Sacra..., V ,Venetiis 1720, pp. 295-297; C. Cantù, Storia della città e diocesi di Como, I, Como1829, pp. 314-316; G. Turazza, La successione dei Vescovi di Como dal 379 al 1930, Como1930, pp. 101-105.