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ANSIA

di Virginio PORTA - Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)
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ANSIA (III, p. 432)

Virginio PORTA

I concetti di ansia e di angoscia sono entrati in psicopatologia tardivamente, posteriormente alle speculazioni filosofiche di S. Kierkegaard (per le quali v. angoscia, in questa App.): nel 1866 il Morel parla di délire émotif, accennando fra i primi a una patologia mentale autonoma della sfera affettiva, ma solo nel 1893 E. Ecker descrive per primo l'angoscia allo stato puro, nella neurastenia. Due anni dopo S. Freud, definendo la neurosi d'a. e l'isterismo d'a., dà all'a. autonomia nosografica. Queste distinzioni sono ormai superate, ma da allora l'ansia e l'angoscia hanno permeato ampiamente la psicopatologia, costituendo non solo dei sintomi mentali, ma dei punti di vista, o addirittura un elemento chiave di alcune concezioni patogenetiche.

I due termini di ansia e di angoscia vengono spesso usati indifferentemente, come sinonimi, tanto più che presso i popoli di lingua sassone il linguaggio corrente e l'uso psichiatrico sogliono adoperare un solo termine (ted. Angst; ingl. anxiety) per indicare lo stesso stato d'animo. Ma le lingue neolatine posseggono termini differenziati di uso corrente, ai quali è bene riservare significati distinti. Recentemente (Congresso Soc. It. di Psichiatria, 1959) seguendo suggerimenti di studiosi e trattatisti moderni, è stato proposto di definire: l'ansia o ansietà come stato effettivo (sentimento) di tonalità sgradevole, paranormale o francamente patologico, continuo o subcontinuo, caratterizzato da una inquietudine psichica, da una incertezza penosa e da una previsione pessimistica, analoghe a quelle proprie del timore e della paura, ma priva di una giustificazione evidente e sufficiente sul piano della causalità psicologica; l'angoscia come uno stato d'animo parossistico, di breve durata, ma che finché dura occupa con la sua tonalità ansiosa tutto il campo della coscienza, non permettendo più di riconoscervi uno sfondo e dei contenuti (come è invece possibile nell'ansia). Caratteristici dell'a. sono il vuoto ideico, il blocco del pensiero, e lo stato emotivo intenso, avvertito come senso di morte o confronto col nulla, con tutte le concomitanti neurovegetative e somatiche delle più intense emozioni. Mentre l'ansia, così intesa, è paragonabile a un sentimento nel senso di M. Scheler, l'angoscia è un'emozione, anzi emozione allo stato puro, senza nulla di apparente che la provochi.

Sul piano clinico, l'ansia è l'espressione di una personalità neurotica (in gran parte identificabile con la neurosi d'angoscia di Freud, e con la costituzione iperomotiva di Dupré). Si tratta cioè di una condizione di lunga durata, e anzi in gran parte legate al temperamento fisio-psichico individuale. Invece l'angoscia può comparire per crisi isolate o ripetute, anche in persone perfettamente normali e bene adattate sul piano affettivo e sociale; ma per l'intensità e per il ripetersi entra nel campo della patologia, identificandosi praticamente con l'isteria d'angoscia di Freud. Vi sono poi stati misti, sia perché il malessere dell'ansioso abituale può raggiungere parossisticamente intensità angosciosa, sia perché chi ha sofferto di crisi d'angoscia può vivere nell'aspettazione ansiosa che abbiano a ripetersi (per quanto in tal caso si tratti piuttosto di timore o paura, che di ansia).

Moltissime condizioni psicopatologiche sono impregnate di ansia o di angoscia: le allucinazioni angosciose del delirium tremens, l'ansia legata ai fenomeni fobici e ossessivi, o concomitanti con le depressioni dell'umore; gli stati ansiosi della dissociazione mentale (schizofrenia) iniziale, l'angoscia del tossicomane in carenza, e via aggiungendo. Ma se si vuole definire correttamente le due condizioni psicopatologiche, conviene riferirsi a dove esse si presentano allo stato puro, come sopra indicato.

La sensazione dell'angoscia, col suo corredo emotivo e neurovegetativo, compare anche in caso di sofferenza di struttura dell'organismo, e in primo luogo nell'angina pectoris. Questa è sempre l'espressione di una malattia di cuore, per lo più di una certa gravità; però si accompagna con un dolore fisico con caratteristiche e sede ben definite, che non mancano mai, mentre la componente angosciosa dell'angina pectoris può anche mancare. Il differenziare clinicamente, cioè in base ai soli sintomi avvertiti dal malato e riscontrati dal medico, la crisi d'angoscia da quella di angina pectoris non è di solito difficile. Nell'angoscioso un accurato esame cardiologico, corredato dal tracciato elettrocardiografico, permetterà sempre di trovare qualche segno di sofferenza cardiaca, che manca invece, specie nell'intervallo fra le crisi, nel soggetto a crisi d'angoscia.

La terapia medica dell'ansia oggi ha possibilità notevolmente ampie, perché ai già cospicui sussidî terapeutici attivi in questo campo e già noti da tempo, si sono aggiunte nuove categorie di farmaci, nell'ambito dei cosiddetti psicotropi (v. Psicofarmaci, in questa App.) che, se usati secondo schemi terapeutici ben adattati al singolo caso, e pertanto sotto controllo medico, sono suscettibili di brillanti risultati. L'intervento del medico non si esaurisce però nella somministrazione di famarci: l'opera del medico si deve portare anche sul piano psicoterapeutico.

Nate e cresciute nel profondo della psicologia individuale, ansia ed angoscia risultano reperibili, enucleabili e neutralizzabili mediante un'analisi psicologica adatta al singolo caso. Analisi che ora potrà limitarsi a superficiali pratiche esortative, suggestive e persuasive; ora invece dovrà approfondirsi nei meandri dell'inconscio, per portare a galla le cause recondite del disturbo della personalità, e permetterne una ristrutturazione su basi più solide e sicure. Oggi poi non si vede ragione di un contrasto fra psico- e farmacoterapia: entrambe possono e devono entrare in considerazione nel trattamento dell'ansia e dell'angoscia, di questi che sono fra i più diffusi e significativi malesseri dell'epoca tormentata che stiamo vivendo.

Bibl.: M. Loosli-Usteri, De l'anxieté enfantine, Berna 1943; J. Boutonnier, L'angoisse, Parigi 1945; L. Bini - T. Bazzi, La psiconeurosi, Roma 1949; H. Ey, in Études psychiatriques, 2, II, n. 15, Parigi 1949; S. Freud, Hemmung, Symptom und Angst, Vienna 1926; trad. ital., Torino 1951; V. Porta, C. L. Cazzullo, A. Rubino, Relazioni al XXVI Congr. della Soc. Ital. Psichiatria, Genova 1959. Cfr. inoltre la bibliografia citata alla voce angoscia (v. anche neurosi e psicoterapia, in questa Appendice).

Vedi anche
paura Stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario o dinanzi a cosa o a fatto che sia o si creda dannoso; più o meno intenso secondo le persone e le circostanze, assume il carattere di un turbamento forte e improvviso quando il ... angoscia Stato tormentoso di ansietà e di sofferenza. Filosofia L’a. è uno dei temi fondamentali dell’esistenzialismo, che l’intende come una delle situazioni affettive rivelatrici attraverso cui l’esistenza si rende consapevole di alcuni caratteri costitutivi del proprio essere. Per S. Kierkegaard, l’a. è a ... nevrosi Condizione di sofferenza della psiche provocata da disturbi, a condizionamento psichico (cioè psicogeni), per lo più di decorso cronico, che si estrinsecano con diversi sintomi, per es. ansia, paure, coazioni, sintomi isterici, e con diverse caratteristiche, per es. inibizione, insicurezza, labilità ... tossicodipendenza Condizione caratterizzata dall’incoercibile bisogno di far uso continuato di sostanze psicotrope in senso lato, senza alcun riguardo per il danno che ne deriva. A seconda che si faccia uso abitualmente di una sola droga o di più droghe, si parla rispettivamente di monotossicodipendenza e di politossicodipendenza. ...
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Vocabolario
ànsia
ansia ànsia s. f. [dal lat. tardo anxia, der. di anxius «ansioso»]. – 1. Stato di agitazione, di forte apprensione, dovuto a timore, incertezza, attesa di qualcosa: essere, stare in a. per qualcuno, per qualche cosa; quando dopo tanto tempo...
ansiare
ansiare v. intr. [dal lat. anxiari; cfr. ansare] (io ànsio, ecc.), ant. e letter. – Ansare; stare in ansia. ◆ Part. pass. ansiato, anche come agg., pieno d’ansietà, o anche ansioso, tormentato da veemente desiderio.
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