ANTARTIDE (A. T.,1-2-3)
L'Antartide costituisce la quarta delle aree continentali isolate. Da varî calcoli fatti della sua area si può ritenere che essa ammonti a 11 e ½ milioni di kmq., mentre l'Australia ne copre circa 7. L'Antartide occupa una larga parte dell'area compresa entro il circolo polare antartico (66°½ S.): a S. dell'Oceano Indiano, la sua linea costiera è infatti notevolmente prossima a questo. Il continente si avvicina di più all'America Meridionale, poiché il Capo Horn si trova a 850 miglia circa dalla estremità della Terra di Graham, mentre l'Australia dista di quasi 1800 miglia e l'Africa circa 2400. Il continente australe non è stato ancora accuratamente rilevato, ma quello che se ne conosce ci può dare un'idea abbastanza chiara del suo contorno. La sua forma è stranamente simile a quella dell'America Meridionale, e, se paragoniamo questa a una pera col gambo rivolto verso il S., anche l'Antartide è simile a una pera col gambo (Terra di Graham) che tocca quasi quello dell'America Meridionale. E anche da notarsi che vi è un forte rialzo sottomarino fra i due continenti, il quale emerge nelle isole della Georgia e delle Orcadi Australi. Altra particolarità notevole è che le coste dell'Antartide più vicine all'Australia sono quasi parallele alle coste di questa, e, come vedremo, anche strutturalmente e geologicamente simili.
La nomenclatura regionale dell'Antartide non è ancora del tutto fissata. Vi sono fra i geografi due tendenze. Un gruppo divide il continente in due parti: Antartide Occidentale (presso l'America) e Antartide Orientale (a S. dell'Oceano Indiano). Questa divisione sarebbe determinata dalle due notevoli insenature del continente: il Mare di Ross e il Mare di Weddell, i quali distano l'un dall'altro soltanto di 1600 km., separando l'area orientale dall'occidenltale. Altri dividono il continente in quattro quadranti uguali, ai quali sono stati dati nomi relativi alle regioni che si estendono a N. di essi. Vi sono però due denominazioni diverse. Qui usiamo i termini più chiari di Quadrante Americano, Africano, Australiano e del Pacifico, i confini dei quali sarebbero i meridiani 0°, 90° E., 180° e 90° O. Questi termini risultano i più pratici, e i vari quadranti vengono così posti in relazione con le aree alle quali, in generale, essi sono prossimi. Rudmose Brown, però, preferisce i termini seguenti: Quadrante Ross, Vittoria, Enderby e Weddell.
Storia dell'esplorazione.
La prima data importante nella storia della esplorazione dell'Antartide è il 17 gennaio 1773, giorno in cui il capitano Giacomo Cook con la nave Resolution varcò per il primo il circolo polare antartico. Egli era stato incaricato di esplorare il gran continente australe, fino ad allora segnato su molte carte del mondo, senza però alcuna giustificazione. Questa traversata storica avvenne sul 40° E., presso quella porzione del continente antartico che fu chiamata in seguito Terra di Enderby. Cook però fu bloccato dai ghiacci, e né allora, né durante i suoi viaggi più a S., vide traccia di alcun continente. Nel dicembre dello stesso anno oltrepassò di nuovo il circolo polare (147° O.), e un mese dopo cercava di penetrare a S. del 71°10 S., latitudine che non fu poi superata in quella parte dell'Oceano australe, nonostante i grandi progressi della navigazione. Dalla cartina qui sopra si può vedere come Cook traversasse le acque più meridionali dell'Oceano Indiano nel 1773, del Pacifico nel 1774 e dell'Atlantico nel 1775: perciò la fama di Cook si deve al fatto che egli circumnavigò il desolato continente antartico, passando attraverso il pack per lunghi percorsi, e provò che la terra, nel caso che vi fosse, doveva essere molto distante dalle altre grandi masse terrestri dell'emisfero australe. Egli approdò nel 1775 nella Georgia Australe, isola coperta di ghiacci ad E. delle Falkland, ma non toccò la Terra di Graham, quella grande penisola dell'Antartide che si stende a N. fin presso il Capo Horn.
Di poi gli esploratori furono tutti cacciatori di balene, più interessati a tenere segreti i loro territorî di caccia che a registrare le loro scoperte e renderle di conoscenza comune. Uno di essi, l'inglese W. Smith (v. Geograph. Journal, ottobre 1913), scoprì nel 1819 le Shetland Australi, isole che si trovano a occidente della lunga penisola della Terra di Graham e furono rilevate nel 1820 da Bransfield (v. Geogr. Journ., marzo 1925) e dal capitano Foster nel 1829. I viaggi del navigatore russo Bellingshausen, dal 1819 al 1821, furono simili a quelli del capitano Cook: egli oltrepassò il circolo antartico in varî punti, specialmente a S. dell'Africa e dell'America, e traversò l'Oceano australe in zone dove le navi di Cook erano rimaste molto più a N.; a SO. del Capo Horn scoprì l'isola Pietro I, e intravide a molti chilometri una costa che egli chiamò Terra Alessandro I.
Nella storia dell'esplorazione antartica segue poi il grande nome di Giacomo Weddell, il quale nel 1823 fece il rilievo delle Orcadi Australi, che giacciono sul grande rialto sottomarino che unisce il Capo Horn alla Terra di Graham. Nel febbraio 1823 egli s'inoltrò nel grande golfo che porta il suo nome, e raggiunse il 74°, ossia si spinse 214 miglia più a S. del punto più meridionale raggiunto da Cook. Un altro baleniere inglese, John Biscoe, fu incaricato di andare verso il S., per conto di Charles Enderby, un grande mercante baleniere, con speciali istruzioni per tentare di rilevare nuove terre. Nel febbraio 1831 egli vide verso S. una terra elevata, alla quale dette il nome di Enderby; essa si stende a SE. della Città del Capo, proprio sul circolo antartico, in una parte dell'Oceano australe della quale non è stata ancora compilata la carta. Anche Biscoe circumnavigò l'Antartide, dirigendosi verso E., e, nel febbraio 1832, scoprì molte piccole isole adiacenti alla Terra di Graham. È dubbio chi effettivamente abbia scoperto, in questa parte dell'Antartide, il vero continente, poiché la Terra di Palmer è un arcipelago. Probabilmente la Terra di Enderby scoperta da Biscoe fu la prima porzione del continente della quale sia stato fatto, un accurato rilievo, benché si debba tener conto dell'esame della Terra Alessandro I fatto da Bellingshausen, per quanto non correttamente fissato sulla carta. Altri capitani inviati da Enderby furono Kempl, che nel 1832 avvistò terra ad oriente della Terra di Enderby, e Balleny, che nel 1839 si avvicinò a quella parte dell'Antartide a S. della Nuova Zelanda, che è stata adesso più completamente esplorata. Quivi a 66° e ½ scoprì un gruppo di cinque isole, alcune delle quali si elevavano di molte centinaia di metri al di sopra del mare; furono chiamate isole Balleny e una di esse, l'isola di Buckle, è vulcanica.
Da D'Urville a Ross - La prima grande era dell'esplorazione dell'Antartide va dall'anno 1838 al 1843. La Francia, gli Stati Uniti e la Gran Bretagna mandarono rispettivamente spedizioni nazionali ad esplorare i mari e le terre australi. La prima fu la spedizione francese comandata da D'Urville, il quale aveva passato parecchi anni nell'Oceano Pacifico, ove si era particolarmente dedicato all'etnologia. Nel gennaio 1838 D'Urville tentò di penetrare nel Mare di Weddell, ma con poco successo; nel mese seguente avvistò parte di quel complicato insieme di arcipelaghi con i quali l'Antartide si avvicina all'America del Sud. Egli le chiamò Terra di Luigi Filippo, navigò poi a N. nel Pacifico, ove passò la maggior parte dei due anni seguenti. Nel 1840 tentò di fare il rilievo delle regioni antartiche in prossimità del polo magnetico. Questo punto era stato teoricamente determinato da Gauss, il quale lo riteneva situato nell'area sconosciuta vicino al circolo antartico, a S. della Nuova Zelanda. La spedizione, comandata dal D'Urville, il 20 gennaio scoprì le coste ghiacciate della Terra Adelia, detta così in onore di madame D'Urville. Questa area doveva essere il campo delle esplorazioni di Mawson, 70 anni dopo. I marinai francesi approdarono su una piccola isola rocciosa, ove poterono raccogliere campioni di roccia eruttiva ed esaminare la vita degli uccelli dell'Antartide. La maggior importanza del lavoro di D'Urville nel S. consiste forse nei disegni belli e accurati delle strutture dei ghiacciai, riprodotti nel suo rapporto. Per diversi giorni le navi poterono seguire la costa verso E., ove incontrarono un brigantino americano appartenente alla spedizione di Wilkes.
Nel 1838 furono impartite al luogotenente Carlo Wilkes, dal governo degli Stati Uniti, istruzioni simili a quelle che guidavano D'Urville. Egli pure doveva esplorare le regioni antartiche, prima di tutto a S. della Terra del Fuoco, e poi a S. della Tasmania; molto del suo lavoro, inoltre, doveva svolgersi nel Pacifico. Wilkes aveva il comando di 5 navi ed era accompagnato da scienziati borghesi. Nel marzo 1839 segnalò parte della Terra di Palmer, ma poco di nuovo aggiunse a quanto già si sapeva. Una delle sue navi fu mandata verso O., per tentare di avvicinarsi al Polo più di quanto fosse riuscito a Cook nel 1774, ma ne fu impedita dalla compattezza del pack; Wilkes prese allora la via di Sydney.
Partì di nuovo per l'Antartide nel dicembre 1839. Il 17 gennaio 1840, dopo aver navigato in vicinanza delle isole Balleny senza ben distinguerle, egli e i suoi compagni avvistarono terre verso il sud. Per molti giorni si diressero lentamente verso O., ma furono spesso bloccati dal ghiaccio; a S. era la terra gelata che appariva con grandi dirupi, interrotta di tanto in tanto da profonde baie; in una di queste, lunga circa 20 miglia, essi rimasero bloccati per più giorni. Il 30 gennaio Wilkes raggiunse le coste che erano già state scoperte da D'Urville e nella seguente settimana navigò lungo la Terra Adelia e la Côte Clarie, così recentemente battezzate dai marinai francesi. Continuò poi verso O., nonostante l'equipaggio malato e le cattive condizioni delle sue navi, fino alla Termination Land a 97° E. Si era al 21 febbraio 1840, e Wilkes decise di tornare verso i mari settentrionali. Questa spedizione americana aggiunse molto più alle conoscenze geografiche di quanto aveva fatto la spedizione di D'Urville. Wilkes navigò lungo la costa del continente dal 160° E. fino al 97°, e, benché vedesse terra raramente, pure la poca profondità degli scandagli e il carattere compatto del pack indicavano che il continente non era molto a S. dalla via da lui percorsa. Rimaneva a Davis di verificare gran parte del suo lavoro con la spedizione australiana.
La terza grande spedizione di questo periodo fu dedicata esclusivamente all'esplorazione delle coste antartiche della regione ove si credeva situato il polo magnetico. Il comando di questa spedizione britannica fu affidato a sir James Ross, che aveva identificato e rilevato il polo magnetico settentrionale nel 1831. I membri della spedizione appartenevano tutti alla marina, e ai chirurghi fu affidata la cura di raccogliere campioni zoologici e geologici. Il più giovane ufficiale, Joseph Hooker, diventò uno dei più famosi botanici. Ross ebbe l'incarico d'impiantare parecchi osservatorî magnetici durante il viaggio verso Sydney: fra gli altri, a S. Elena e a Hobart. Egli doveva passare due estati nell'Antartide, impiantando la sua stazione più settentrionale a Hobart, ove era governatore il famoso sir John Franklin; qui Ross ebbe notizia delle scoperte fatte da Wilkes e D'Urville, e decise di rivolgere i suoi massimi sforzi più ad oriente: decisione questa assai felice, perché egli fu in tal modo il primo a percorrere quella che è, quasi certamente, la meno difficile via per avvicinarsi al Polo Sud. Nel novembre 1840 le sue navi, l'Erebus e il Terror, lasciarono Hobart per l'Antartide. Le navi erano solidamente costruite di legno e pesavano circa 350 tonn. soltanto; la seconda nave, il Terror, era comandata dal luogotenente Crozier. Il primo iceberg fu visto a 63°20' S. il 26 dicembre, e cinque giorni dopo fu incontrato il basso pack, attraversato da Ross in soli quattro giorni. Perfino la spedizione del capitano Scott nel 1910 impiegò con i suoi vapori 3 settimane ad attraversare questa barriera: buona parte del successo dell'esplorazione antartica dipende dalle condizioni del ghiaccio marino che variano assai da un anno all'altro. L'11 gennaio Ross scoprì la caratteristica più spiccata del continente antartico: la grande catena di montagne che si estende quasi dal circolo antartico fino in prossimità del Polo Sud. Egli chiamò questa regione settentrionale Catena dell'Ammiragliato, e il promontorio a N. Capo Adare. La bandiera inglese fu issata sull'isola Possession a 71°56'; via via che le navi procedevano verso S., le montagne diventavano più imponenti. Il M. Sabine (3050 m.), il M. Melbourne (2400 m.) e il M. Lister (3960 m.) sono alcune delle cime più alte di una catena, le cui caratteristiche sono più esattamente descritte più oltre. Il 22 gennaio l'Erebus raggiunse la latitudine più meridionale toccata da Weddell fino dal 1823. Il mare aperto invitò gli esploratori a navigare ancora verso S. per 6 giorni, ma il 28 il loro viaggio fu interrotto dalle pareti di ghiaccio della Grande Barriera. Alla sua estremità occidentale s'innalzava il vulcano del M. Erebus (3900 m.), il quale pare si trovasse in una fase d'attivita maggiore del solito, giacché il suo chiarore fu subito notato da Ross nonostante la luce del giorno. Egli costeggiò per 250 miglia il grande tavolato dì ghiaccio che occupa la parte S. del Mare di Ross. Le pareti di ghiaccio sorpassavano per la maggior parte i 30 m. di altezza, ma, all'estremità orientale della zona da lui percorsa, esse si limitavano a 15 m. di altezza, rendendo possibile la vista dell'immensa distesa dei ghiacci immobili retrostanti. Qui le navi raggiunsero il 78°, quindi, non potendo Ross vedere nessun posto adatto per svernare, tornarono a Hobart verso la metà del febbraio 1841.
Nel novembre dello stesso anno le due navi mossero di nuovo verso il S. dalla Nuova Zelanda; il loro percorso era molto più ad E. di quello del primo viaggio, tanto che, nel giorno di Natale, oltrepassarono il circolo antartico a circa 160° ovest. Le navi furono obbligate ad attraversare 800 miglia di pack galleggiante, ma il i febbraio raggiunsero verso S. il mare aperto. Quivi si trovarono di fronte al pack immobile, ma, dirigendosi a S., entrarono nel Mare di Ross (180° circa) e, procedendo direttamente in questa direzione fino alla Grande Barriera, la raggiunsero il 28 febbraio (78° 9' S.). Questo fu il punto più vicino al Polo, raggiunto da Ross all'estremità orientale della barriera, vicino alla terra che fu più tardi chiamata Terra di re Edoardo VII. Sembra che egli vedesse realmente terra, ma era così coperta di ghiaccio, che Ross la prese per una parte della barriera stessa. Questo fu in ogni modo l'unico tratto di costa visto durante il faticoso percorso; Ross si diresse allora verso N. e verso E. per il suo lungo viaggio alle isole Falkland. Il più drammatico momento della sua crociera si verificò il 12 marzo, quando il Terror cozzò contro l'Erebus nel tentativo di evitare un iceberg. Fortunatamente il disastro fu evitato, e le Falkland furono raggiunte il 6 aprile.
Ross partì per la sua terza crociera antartica nel dicembre 1842. Egli sperava di poter esplorare le terre a S. del Capo Horn e di penetrare nel Mare di Weddell; poté fare il rilievo di nuove zone vicino alla Terra di Joinville, ma corse il pericolo di rimanere imprigionato nel pack. Così egli abbandonò questo suo tentativo per proseguire il viaggio nel Mare di Weddell. La compattezza del pack gl'impedì di seguire l'itinerario del Weddell, ma progredì verso S. e ancora più verso E., e a 15° O. raggiunse il limite di navigazione molto vicino alla Terra di Coats, scoperta molti anni dopo da Bruce. Dopo questo viaggio, non molto ben riuscito, Ross fece vela per l'Inghilterra, ove arrivò nel settembre 1843.
Le navigazioni della fine del sec. XIX. - Per circa sessant'anni poco ìnteresse pratico fu rivolto all'Antartide, benché molti progetti fossero formulati per la sua più completa esplorazione. Nel 1874 la famosa nave inglese Challenger, sotto il comando del capitano Nares, raggiunse il circolo polare verso l'80° E., e quindi si diresse ad oriente verso la regione che fu più tardi esplorata dalla spedizione tedesca. Il lavoro scientifico fatto nei campi della biologia marina e della meteorologia fu di grande valore, ma la navigazione poco poté aggiungere a quanto già si sapeva dell'Antartide. Verso il 1880 il luogotenente Giacomo Bove cercò di raccogliere in Italia il denaro sufficiente a effettuare una spedizione italiana; ma non riuscì, e quindi procedette verso la Patagonia, ove propose di fare l'esplorazione per conto del governo argentino; ma la sua nave naufragò, ed egli non raggiunse i mari antartici.
La possibilità di cacciare balene attirò una quantità di navi verso i mari a S. del Capo Horn. Nel 1893 alcune baleniere scozzesi mossero verso il Mare di Weddell, e su una di esse il ben noto esploratore W. S. Bruce fece il suo primo viaggio. Esse non avanzarono molto verso il S., né riuscirono a trovare molte balene. Un viaggio simile, organizzato nel 1892 da Amburgo sotto la guida del capitano Larsen, ebbe un'importanza molto maggiore: questi trovò molti fossili nella parte orientale della penisola antartica. Queste furono le prime testimonianze dell'età delle rocce sedimentarie del nuovo continente. Un secondo viaggio fatto nel dicembre 1893 fu ancora più importante, perché la spedizione trovò la parte nord-occidentale del Mare di Weddell relativamente libera dal ghiaccio e penetrò lungo la costa della Terra di Graham fino al 68° sud. Larsen chiamò le coste meridionali Terra di Foyn, dal famoso baleniere norvegese. Un altro bastimento della stessa spedizione si avvicinò alla Terra Alessandro I, molto più di quanto avesse fatto ogni precedente esploratore. Le esplorazioni di queste due navi ampliarono perciò molto la nostra conoscenza della Penisola di Graham. Tentativi commerciali analoghi fatti nel Mare di Ross, a S. dell'Australia, aggiunsero poco a quanto già si sapeva. Il norvegese Foyn inviò la nave Antartide sotto il comando del capitano Kristensen. Era a bordo un giovane australiano di origine norvegese, chiamato Borchgrevink, la cui opera doveva riuscire più tardi di grande importanza. Una parte dell'equipaggio scese a terra al Capo Adare, e un primo approdo fu così fatto sulle rocce del continente stesso. Ma la spedizione tornò senza aver ottenuto alcun successo nella caccia delle balene, né tentò di avanzare a S. del 74°.
Si può dire che la seconda grande èra dell'esplorazione dell'Antartide cominci nel 1897, quando vi s'impiantarono i primi accampamenti invernali. Nel caso dell'esplorazione belga, ciò fu involontario; ma la seconda spedizione, diretta da Borchgrevink, aveva portato il materiale per costruire un ricovero in cui passare l'inverno. Il luogotenente De Gerlache comandava la Belgica, e la sua spedizione fu notevole sotto due aspetti: cioè, che l'intero lavoro fu compiuto con la tenue spesa di 12.000 lire sterline, e che l'equipaggio della nave fu probabilmente il più cosmopolita che mai abbia visitato le regioni polari: ne facevano parte molti uomini che più tardi divennero celebri. L'aiutante era un norvegese: Roald Amundsen; dottore un americano: Frederick Cook; meteorologo il polacco Arctowski e naturalista il romeno Racovitza. La Belgica procedette a S. della Terra del Fuoco e traversò un lungo stretto, fra l'arcipelago di Palmer e la parte principale della Terra di Graham. Quivi gli scienziati fecero osservazioni di grande valore, quali non erano state fatte da nessuna spedizione precedente. Il 15 febbraio 1898 essi traversarono il circolo polare, navigando verso O., e il giorno seguente erano al largo della Terra di Alessandro. Benché la stagione fosse avanzata, De Gerlache si spinse avanti, verso SO., finché il 3 marzo rimase bloccato dal pack verso il 71°30' S. e fu costretto a passare l'inverno in tali disgraziate condizioni. Il pack seguì una deriva irregolare durante tutto l'inverno e la primavera; nell'estate seguente la nave fu trasportata molto ad ovest. Però, il 14 gennaio, De Gerlache e i suoi compagni riuscirono a liberarsi al 100° O., e raggiunsero l'Europa dopo aver trascorso alcuni mesi sulle coste dell'America Meridionale.
Nel 1898 Borchgrevink riuscì a indurre sir George Newnes ad equipaggiare la Croce del Sud, per intraprendere più ampie esplorazioni nella regione del Mare di Ross. Il capitano Jensen fu messo al comando della nave, mentre il luogotenente Colbeck e Luigi Bernacchi furono due dei membri scientifici della comitiva. Essi navigarono verso S., partendo da Hobart il 19 dicembre, ma, a causa delle difficoltà dovute al pack, non raggiunsero il Capo Adare fino al 17 febbraio. Là fu costruita una capanna sulla riva, e il 2 marzo la nave vi lasciò il gruppo che doveva restare a terra. Poco fu esplorato dell'interno, perché il Capo era circondato da grandi ghiacciai. Però le osservazioni magnetiche e meteorologiche furono di considerevole importanza. Hansen, lo zoologo, morì di una malattia simile allo scorbuto; alla fine di gennaio, il gruppo fu raccolto dal capitano Jensen. La Croce del Sud partì poi verso il S., seguendo lo stesso tragitto percorso da Ross. Gli esploratori fecero un accurato rilievo della grande barriera di ghiacci, che risultava aver retrocesso di 30 miglia da quando era stata scoperta. L'11 febbraio si trovavano vicino al Polo Sud più di quanto fosse stata ogni spedizione precedente. Il 19 febbraio 1900, Borchgrevink e Colbeck percorsero in slitta un breve tratto a S., fino alla latitudine di 78°50'. La Croce del Sud tornò poi felicemente alla Nuova Zelanda.
Le esplorazioni del sec. XX: 1901-1909. - Tre spedizioni partirono nella seconda metà dell'anno 1901: quella inglese, diretta dal capitano Scott; la tedesca, comandata dal dottor Drygalski, e la svedese, guidata dal dottor Nordenskiöld. Noi esamineremo prima il lavoro compiuto da quella inglese, spedizione navale questa, resa possibile specialmente per un largo sussidio dato dal governo e per la munificenza del dottor Longstaff. Al capitano Robert Falcon Scott dev'essere riconosciuto l'onore di essere stato il primo ad esplorare il vero continente antartico. Come risultato di questa spedizione, il mondo acquistò una soddisfacente conoscenza dei caratteri essenziali della regione polare del sud. Tali informazioni riguardano l'area dell'enorme altipiano, la grande estensione della barriera di ghiaccio e la lunghezza e altezza della grande catena di montagne dell'Antartide Orientale. La nave di Scott fu appositamente costruita per le ricerche antartiche e fu chiamata Discovery. Essa aveva un tonnellaggio di 485 tonnellate ed era fornita di macchine capaci di produrre una forza di 500 cavalli. Il comandante in seconda era il luogotenente Armitage, che era stato uno dei membri della recente spedizione alla Terra di Francesco Giuseppe; il dottor Köttlitz aveva pure appartenuto alla stessa spedizione. Bernacchi era l'unico ufficiale che avesse un'esperienza precedente dell'Antartide. Gli altri ufficiali di marina erano Shackleton, Mulock, Skelton e Royds, mentre il dottor Wilson, Hogdsone Ferrar erano scienziati; Scott era incaricato di studiare particolarmente la Grande Barriera di ghiaccio incontrata da Ross, e di ampliare, nel maggior modo possibile, le osservazioni magnetiche e meteorologiche. La nave lasciò Londra il 31 luglio 1901 e viaggiò verso la Nuova Zelanda, seguendo la via dell'Oceano Indiano meridionale. Il 15 novembre Scott era a 200 miglia dalla Terra Adelia a 62° e ½ sud. Egli e i suoi compagni visitarono poi l'isola Macquarie e raggiunsero Lyttelton il 29 novembre; quivi si rifornirono e ripartirono per l'Antartide il 24 dicembre. Avvistarono il primo iceberg a 65° e ½ S., e traversarono molto rapidamente la striscia di pack disgregato, dal 4 al 9 gennaio. Forti venti di prua ritardarono il loro viaggio attraverso l'aperto Mare di Ross, ed essi furono obbligati a ripararsi presso il Capo Jones. Gran parte di questa costa meridionale venne allora rilevata per la prima volta, poiché la Discovery navigò molto più vicino alla terra di quanto avevano fatto le altre navi. Raggiunta Granite Harbour (77° S.), gli esploratori piegarono verso E., dirigendosi lungo l'isola Ross fino alla Grande Barriera, e trovarono che le pareti di ghiaccio variavano notevolmente in altezza, elevandosi a volte fino a 70 m., e poi di nuovo a solo 9 al di sopra del livello del mare. Alla fine di gennaio l'avevano percorsa per tutta la sua lunghezza, e avevano avvistati i pendii coperti di ghiaccio della Terra Edoardo VII a 158° ovest. Tornando lungo la barriera, Scott, per mezzo di un pallone, salì sopra i ghiacci fino all'altezza di 250 m., e prese belle fotografie. Penetrarono poi nello stretto Mac Murdo, e il 9 febbraio si accamparono per svernare sul fianco SO. del M. Erebus, in una baia posta fra la barriera di ghiaccio e il Capo Armitage, sul quale venne costruita la capanna che non fu poi usata, giacché gli esploratori trovarono miglior ricovero nella nave. Furono intrapresi brevi viaggi verso il S. e verso l'E., durante i quali fu esplorata l'Isola Bianca e fu raggiunto il Capo Crozier. L'11 marzo, Vince, uno dei marinai, si smarrì in una tormenta e cadde in mare da un pendio di ghiaccio. Dopo la metà di marzo le condizioni del mare impedirono l'attuazione di qualsiasi esplorazione con le slitte, e gli esploratori aspettarono pazientemente il ritorno del sole d'agosto. Fu deciso che Armitage avrebbe dovuto viaggiare verso O. e Royds verso SO., mentre Scott stesso sarebbe andato in slitta verso S., per acquistare esperienza per più lunghi viaggi. Sintomi di scorbuto apparvero in alcuni; fu combattuto in parte, coltivando del crescione entro la capanna. Il 2 novembre avvenne la partenza per il viaggio, che ampliò molto la nostra conoscenza del continente. Scott era accompagnato da due dei più famosi viaggiatori: il dottor Wilson e Ernesto Shackleton; impiantarono un deposito di viveri al largo del Minna Bluff, il lungo promontorio che si proietta nella Barriera di Ross; quindi proseguirono in slitta a S. e SO., fino ad avvicinare la grande catena di montagne al Capo Selborne (80° ½ S.), dove furono bloccati da un grosso crepaccio del ghiaccio, e impiantarono un altro deposito. Una serie di montagne, a picco e tabulari, innalzantesi a volte fino a 3300 m., si stendeva per circa 16 km. ad O.; i cani tiravano con molta fatica, e Shackleton sembrò essere affetto dallo scorbuto. Via via che gli esploratori camminavano verso S., le montagne diventavano più alte: il M. Markham a duplice vetta fu calcolato alto 4500 metri: il 30 dicembre raggiunsero il Capo Wilson (82° 16' S.), e quivi la mancanza di viveri e le cattive condizioni di salute li costrinsero a tornare indietro. Tutti i cani erano morti, quando essi avevano raggiunto il deposito del Capo Selborne, e Shackleton si sentiva molto male. Fortunatamente i venti del S. aiutarono i viaggiatori che avevano applicata una vela alle slitte. Il 28 gennaio tornarono al deposito di Minna Bluff, seguendo una strada più ad O., e il 3 febbraio raggiunsero la capanna. Erano stati fuori 93 giorni, e avevano percorso 960 miglia. Intanto Armitage guidava un altro gruppo ad affrontare le montagne occidentali; egli e i suoi compagni avanzarono sul Ghiacciaio Azzurro, pensando che il ghiacciaio più grande del Ferrar (a nord) non fosse adatto per le slitte; trascinarono la slitte fino a 1800 m. sotto il M. Lister, discesero per un ghiacciaio laterale (al Descent Pass) alla metà del Ferrar, ad un'altezza di 600 metri. Risalirono poi questo grande ghiacciaio fino a Knob Head, ove il ghiaccio si divide sullo spartiacque a 1300 metri. Partendo il 23 dicembre dalla vicina vallata, essi risalirono il Ghiacciaio Taylor fra pareti alte parecchie centinaia di metri, e trovarono un passaggio possibile per il grande altipiano di ghiaccio, che raggiunsero il giorno di Capodanno ad un'altezza di 2200 metri. Sempre salendo, avanzarono verso O., e il 5 gennaio, dopo aver raggiunto 2700 m., si fermarono al 158° est. Di ritorno per la stessa strada, trovarono molta difficoltà nella traversata del Descent Pass, impresa inutile che avrebbero evitata, se avessero saputo che quella del più basso Ghiacciaio Ferrar è una via straordinariamente facile, come trovò il prof. Taylor 8 anni dopo. Il 24 gennaio la nave di soccorso Morning, comandata dal capitano Colbeck, arrivò al Capo Armitage. La nave tornò verso i paesi civili il 2 marzo; ma, giacché la Discovery non poté liberarsi dai ghiacci, Scott rimase un altro inverno nell'Antartide.
Nella primavera seguente le esplorazioni con slitte ricominciarono; e Barne, durante un viaggio all'Isola Bianca, riscontrò temperature di −55°. Un altro gruppo di esploratori visitò i nidi rocciosi del pinguino reale, all'estremità orientale dell'isola Ross, e riuscì ad impossessarsi di molte uova di questa specie. Il 12 ottobre 1903 Scott partì per il suo secondo grande viaggio, risalì il ghiacciaio Ferrar senza difficoltà, ma il 18 ottobre le slitte si ruppero ed egli decise di tornare alla nave per averne delle migliori. Raggiunse coi suoi compagni la prima posizione alla fine del mese, e Ferrar, il geologo, rimase lì vicino per studiare le interessantissime formazioni che si presentano sulla fronte e sulle pareti del ghiacciaio. Il 14 novembre Scott oltrepassò il punto raggiunto da Armitage, proseguì indefessamente verso O., ed in breve attraversò l'interessante regione che si stende fra il polo magnetico e il polo matematico, dove la deviazione della bussola ammontava a 180°. I forti venti dell'O. costituivano un grave ostacolo su questo altipiano, il quale per 200 miglia aveva mantenuto sempre lo stesso aspetto. Il 1° dicembre la spedizione tornò indietro dopo aver raggiunto il 146° est. Il viaggio di ritorno fu assai difficile, poiché erano state perdute le tavole logaritmiche, e Scott poteva solamente indovinare la sua latitudine in questo paesaggio uniforme. Comunque, il 12 dicembre giunsero ad un declivio, e con grande gioia riconobbero il passo per il quale essi avevano lasciato la regione montuosa. Lì presso Evans e Scott caddero insieme in un crepaccio, lasciando Lashly solo nella slitta, la quale fortunatamente li trattenne, finché Scott poté arrampicarsi lungo la corda e soccorrere poi Evans. Discesero quindi il ghiacciaio Taylor e camminarono per alcune miglia lungo la deserta vallata, sotto la bocca del ghiacciaio. (Questa regione fu minutamente esplorata dal gruppo geologico nel 1911). Ritornarono dal ghiacciaio Ferrar inferiore, e raggiunsero la nave il 24 dicembre: erano stati assenti 59 giorni e avevano percorso 725 miglia. Giacché 9 giorni erano stati trascorsi nelle tende a causa della tormenta, questo viaggio segnò lo splendido record per le slitte di 14 ½ miglia al giorno.
Barne e Mulock avevano fatto una ricognizione verso SO., ma furono bloccati da un grande crepaccio presso il Capo Selborne e aggiunsero poco alle informazioni raccolte da Scott durante il suo viaggio verso sud. Royds si era spinto verso SE. sulla Barriera di Ross, e il 28 novembre aveva raggiunto il 176° e il 79° sud. Bernacchi aveva fatto importanti osservazioni magnetiche sulla Grande Barriera. Al ritorno di Scott si tentò di aprire un passaggio attraverso il mare ghiacciato, per liberare la Discovery. Poiché il ghiaccio misurava uno spessore di 2 m., si riuscì a segarne solo 10 m. al giorno: era dunque ovvio che solo il naturale rompersi delle 20 miglia di ghiaccio nell'estate avrebbe potuto liberare la nave. Il 5 gennaio 1904 apparvero due navi di soccorso, il Morning e il Terra Nuova e ancorarono sull'orlo del pack. Il ghiaccio fu rotto per un certo tratto per mezzo di esplosivi, ma fino al 14 febbraio non cominciò la sua deriva verso N., in modo da lasciar libera la nave. Pochi giorni dopo la Discovery veniva trasportata su di un basso fondo vicino all'accampamento, e per poco non naufragò. Il 17 la nave venne rifornita di carbone e partì per la Nuova Zelanda. Avvistate le isole Balleny e notata l'inesistenza dell'isolotto di Ringgold, il 1° aprile le tre navi raggiunsero Lyttelton, e il 10 settembre 1904 erano di nuovo in Inghilterra.
Nell'ottobre 1901, la spedizione svedese diretta da Otto Nordenskiöld partì da Göteborg, sperando di poter impiantare le basi nell'isola Seymour, nella parte orientale della Terra di Graham. Uno degli scopi importanti della spedizione era quello di cooperare con le spedizioni inglese e tedesca agli studî meteorologici e magnetici. Gunnar Anderson, C. Larsen e C. Skottsberg facevano parte della spedizione; essi passarono dalle isole Falkland e dall'Isola degli Stati (presso il Capo Horn), e il 10 gennaio raggiunsero le Shetland Australi. Di qui, andando verso S., trovarono acque libere e poterono migliorare molto le carte già esistenti, dimostrando che la Terra di Graham era in continuazione con quella di Luigi Filippo. Fra questa e la Terra Joinville si estende un vasto passaggio a cui fu dato il nome della nave Antartic. Vicino all'isola di Seymour essi incontrarono, il 17 gennaio, un pack molto compatto. Quivi furono raccolti fossili di valore, e Nordenskiöld v'impiantò un deposito. Avanzatisi a S. fino all'isola Robben ("delle Foche") ove incontrarono ghiacci impenetrabili, egli e i compagni si diressero verso E. attraverso il Mare di Weddell, e raggiunsero il 2 febbraio il 44° O. e il 63° sud. Tornarono all'isola Snow Hill, ove impiantarono il loro accampamento invernale (64° S., 57° O.), e trovarono, in una collina dietro il loro rifugio, molte ammoniti fossili. Un grande ghiacciaio copriva buona parte dell'isola e li provvedeva dell'acqua necessaria. Rimasero in questa regione fino al 10 novembre 1903, ossia per 21 mesi, facendo una quantità di gite e ricavandone una carta particolareggiata dei dintorni. Esplorarono anche la Terra di Re Oscar, circa 100 miglia distante verso SO., e fecero ricognizioni verso O. intorno all'isola James Ross. Nell'isola Cockburn, verso N., Anderson trovò fossili di grande interesse per l'antica storia dell'Antartide. Quando la nave tornò, l'anno successivo, le fu impossibile avvicinarsi all'isola Snow Hill; Anderson e Duse tentarono di avanzare con una slitta verso S., ma furono costretti a costruirsi un ricovero alla Baia della Speranza (circa 100 miglia a N.) e a svernarvi. In questa località furono trovate importanti piante giurassiche. Essi raggiunsero il gruppo principale della spedizione nell'ottobre, a Snow Hill. Il 12 febbraio 1903 la nave fu presa fra i ghiacci e distrutta a 50 miglia a N. del maggiore accampamento invernale. L'equipaggio si costruì una rozza capanna nell'isola Paulet, di là dall'isola di Joinville. Il 10 novembre 1903 tutti i gruppi venivano raccolti dalla nave argentina Uruguay (comandata dal capitano Irizar) e riportati a Buenos Aires.
La spedizione tedesca si svolse pure sotto l'egida del governo. Una nave chiamata Gauss fu costruita appositamente, all'incirca sul tipo del Fram. Il capo era l'eminente scienziato Drygalski, che aveva già attivamente lavorato nella Groenlandia e durante la crociera della Valdivia. La spedizione raggiunse, l'ultimo giorno del 1901, l'isola Kerguelen (nella parte meridionale dell'Oceano Indiano), ove fu installata una stazione permanente, e quindi la Gauss si diresse a S. lungo il 90° est. Furono fatti molti scandagli esatti, e il 19 febbraio si trovò che il fondo del mare era a soli 244 metri. Due giorni dopo gli esploratori avvistarono terra e la Gauss rimase bloccata. Passarono l'inverno a circa 50 miglia dalla costa: gruppi con slitte raggiunsero i pendii ghiacciati del continente, e, inoltrandosi, trovarono un nero nunatak (isola), che chiamarono M. Gauss; esso si trova proprio sul circolo polare, al 90° E., e fu quasi il solo punto in cui la spedizione tedesca vide rocce antartiche. La Gauss esperimentò durante tutto l'inverno violentissimi temporali, e tutti i tentativi per liberare la nave furono inutili fino all'8 febbraio 1903; Drygalski tentò anche di esplorare la costa verso O., ma inutilmente, e il 9 giugno era di ritorno alla Città del Capo. Il principale risultato della spedizione consisteva negl'importanti dati meteorologici, magnetici e idrografici ottenuti, ai quali contribuì largamente la stazione delle Isole Kerguelen.
Due spedizioni francesi condotte dal dott. J. B. Charcot ampliarono molto la nostra conoscenza della parte occidentale della Terra di Graham, in prossimità della Terra Alessandro I. È questa la costa avvistata da prima da Bellingshausen nel 1820. La prima nave di Charcot fu il Français di 245 tonn., di proprietà del condottiero stesso. Egli era accompagnato da alcuni scienziati, fra i quali Rey, Turguet e Gaurdon. Nel novembre dell'anno 1903 essi raggiunsero Buenos Aires, ove Charcot incontrò Nordenskiöld e Bruce. Al principio di febbraio raggiunsero l'arcipelago Palmer, fecero il rilievo della costa dello Stretto di Gerlache, e impiantarono il loro quartiere d'inverno all'isola di Wandel (64° O.). Fecero poi una ricognizione su di una baleniera all'isola di Biscoe, ma la nave non fu liberata prima del 17 dicembre; si diressero poi verso il SO., e l'11 gennaio 1904 avvistarono la Terra Alessandro I, ove la nave urtò contro un iceberg ma fortunatamente senza rimanerne danneggiata nelle sue parti vitali; tornarono quindi indietro verso NE., raggiungendo felicemente il mare aperto.
Nel 1908 Charcot costruì un'altra nave, la Pourquoi pas?, e partì accompagnato da molti membri della spedizione precedente e anche dal meteorologo signor Rouch. Essi trovarono un buon passaggio all'isola di Wandel, dove avevano antecedentemente svernato; esaminarono minutamente le coste verso il S. e specialmente gli stretti che separano la grande Isola Adelaide dalla Terra Loubet. Questa si prolungava nella Terra Fallières, e la Terra Alessandro può realmente essere una grande isola. Gli esploratori svernarono all'isola Petermann (poche miglia a S. dell'isola Wandel) a 65° sud. Nell'estate seguente un più lungo viaggio permise loro di oltrepassare il limite delle esplorazioni precedenti, lungo questa costa, e di raggiungere la Terra di Charcot e l'isola Pietro dei Russi. Charcot avanzò verso O. fino al 124° senza avvistare nessuna terra e poi voltò a NE. per raggiungere Punta Arenas il 12 febbraio.
Al principio del 1903 entrò nel Mare di Weddell la spedizione scozzese guidata da W. S. Bruce. Il 22 febbraio la nave fu imprigionata dai ghiacci al 70°25' S., ma poté in seguito farsi una strada per uscirne e raggiungere le Orcadi Australi ove gli accampamenti invernali furono impiantati. Nel febbraio 1904 la nave fece un secondo tentativo verso l'E. del Mare di Weddell, e scoprì una nuova terra, a 71° ½ S., che fu chiamata Terra di Coats. Era circondata da una barriera di ghiaccio che Bruce costeggiò per 150 miglia. La spedizione riuscì poi ad avanzare fino al 77° S., dove la nave fu bloccata di nuovo. Fortunatamente il 13 marzo riuscirono a liberarla e la Scotia tornò nuovamente verso le acque libere.
Nessun uomo ha contribuito più di Ernesto Shackleton a svelare i segreti del Polo Sud. Dei suoi quattro viaggi, il primo, sotto il capitano Scott, è già stato narrato; il secondo fu molto più ricco di risultati geografici. Lo Shackleton sperava di poter fissare la sua base di operazione alla Terra Re Edoardo (all'estremità orientale della Barriera di Ross), ma giudicò più opportuno tornare alla più sicura stazione, nello stretto di Mac Murdo, ove egli aveva svernat0 nel 1902. Qui sul Capo Royds costruì la sua capanna nei pressi del vulcano Erebus. Nel marzo 1908 un gruppo, guidato dal professor David dell'Università di Sydney, fece l'ascensione del vulcano e trovò che esso era alto 4054 metri. All'altezza di 3300 m. vi era un gruppo di fumarole e sulla cima un cratere profondo 280 m. e largo 800. Al principio del novembre 1908, Shackleton, con Wild, Marshall e Adams, partì per il suo arduo viaggio verso il Polo Sud. Essi si servirono di ponies siberiani, che trascinarono le loro slitte alla base del grande ghiacciaio Beardmore, a circa 700 km. dall'accampamento principale. Quivi i ponies furono fucilati, e Shackleton cominciò la sua marcia, dai piani della Barriera di Ross verso il grande altipiano di ghiaccio, alla sommità del ghiacciaio. Questo colossale fiume di ghiaccio è lungo 200 km. e largo a volte 65 chilometri. Alla sommità, esso si confonde con l'altipiano a circa 2100 m. di altezza. Shackleton e i suoi compagni camminarono sull'altipiano per circa 320 km., salendo gradatamente a 3300 metri di altezza. Il 9 gennaio 1909 si trovarono a meno di 100 miglia geografiche dal Polo, ma qui (a 88°23' S.) furono obbligati a tornare indietro, portando seco alcuni interessanti campioni di carbone e di coralli del Cambrico raccolti sulle rocce terminali del ghiacciaio Beardmore. Nel viaggio di ritorno essi dovettero in gran parte la loro salvezza all'aiuto di una vela e dei costanti venti del sud. Nessun altro viaggio con slitte aveva mai superato difficolta pari a quelle incontrate da Shackleton, poiché egli non aveva trovato per tutta la zona percorsa né combustibili né cibo, e nessuna pattuglia di soccorso era stata incaricata di lasciare depositi per il ritorno. Intanto un piccolo gruppo, guidato da Armitage, tra cui il geologo Priestly, aveva compiuto un lavoro molto utile lungo le coste occidentali dello Stretto Mac Murdo. Inoltre il prof. David fece un'esplorazione che può essere messa quasi alla pari di quella del "più lontano sud" di Shackleton. Egli era accompagnato da Mawson e da Mackay, e aveva per mèta il polo magnetico del S. che era indicato dal campo magnetico come situato un po' ad O. dell'isola Coulman. Al principio dell'ottobre 1908 questo gruppo partì per il pericoloso viaggio lungo la costa; per due mesi furono trascinate le slitte, finché fu raggiunta la lingua del ghiacciaio Drygalski, la quale si presenta come un largo molo galleggiante che si protende per 60 km. sul mare. Quindi la comitiva piegò verso l'interno e risalì il ghiacciaio Larsen, verso l'altipiano, percorrendolo da prima ad un'altezza di circa 1000 metri sul mare, e innalzandosi poi gradatamente fino a 2100. Ogni giorno l'ago magnetico prendeva una inclinazione sempre maggiore, finché il 15 gennaio 1909 esso segnò 89°45'. Mawson dichiarò allora che egli ed i compagni dovevano trovarsi a sole 13 miglia dal polo magnetico. Proseguirono ancora in quella direzione, e il prof. David dichiarò la regione possesso britannico. Tornarono quindi verso la costa e, per una fortunata coincidenza, furono raccolti dalla Nimrod, proprio il giorno in cui raggiungevano il mare.
La conquista del Polo - Il norvegese Roald Amundsen (v.) era stato uno dei membri della spedizione belga del 1897 e aveva contribuito molto allo studio delle regioni artiche con la nave Gjöa. Il suo piano di raggiungere il Polo Nord era stato prevenuto da Pear ed egli decise allora di tentare il Polo Sud. Lasciate sul Fram le acque europee nell'agosto del 1910, egli impiantò la sua base a Framheim (164° O.), sul limite orientale della Grande Barriera di Ross, che risultò essere una base molto adatta, poiché vi fu riscontrato un tempo relativamente calmo durante tutto l'anno; era più vicina al Polo di qualsiasi altra base, e la via da seguire per raggiungere il Polo stesso era meno elevata. Durante la prima estate furono impiantati parecchi depositi di viveri verso il Polo, e fu raggiunto l'82° sud. Dopo un inverno privo di eventi, l'8 settembre gli audaci esploratori partirono per il Polo, ma il freddo era troppo intenso e tornarono indietro per ripartire definitivamente il 19 ottobre. La comitiva era formata da cinque uomini: Amundsen, Bjaaland, Wisting, Hassel e Hansen; essi si servirono sempre di cani, mantenendo la notevole velocità di 7 km. all'ora. Il 10 novembre raggiunsero le grandi montagne che limitano l'altipiano di ghiaccio, e risalirono uno dei grandi ghiacciai di sbocco, molto simile al ghiacciaio Beardmore, più a N., e trovarono l'altipiano come lo aveva descritto Shackleton. Il 6 dicembre si trovavano a 3300 m., e il giorno seguente oltrepassavano il punto massimo raggiunto da Shackleton, raggiungendo il Polo il 14 dicembre 1911. Dopo una serie di osservazioni, iniziarono il ritorno e il 6 gennaio erano di nuovo sulla Barriera di Ross. Furono di ritorno a Framheim il 25 gennaio, con soli 11 cani sopravvissuti. dei 50 coi quali erano partiti. Il percorso di 2700 km. fu compiuto in 99 giorni, e, come l'ammiraglio Markham ha osservato, l'impresa "fu un miracolo di previsione e di organizzazione, contribuendo tuttavia notevolmente al successo di essa le favorevoli condizioni atmosferiche e la circostanza che gli esploratori eran tutti esperti sciatori". Tornarono tutti in perfetta salute.
La spedizione più tragica fu quella condotta dal capitano Scott nel 1910. Essa aveva due scopi: prima di tutto, oltrepassare il punto raggiunto da Shackleton nel suo viaggio e arrivare fino al Polo; in secondo luogo, essendovi fra i mermbri della spedizione molti scienziati, eseguire studî particolareggiati in tutte le regioni costiere eventualmente incontrate. Tutti questi scopi furono raggiunti, ma costarono la vita dei cinque uomini diretti al Polo, cioè di Scott, il comnandante, di Wilson, direttore della parte scientifica, di Oates, ufficiale incaricato del trasporto, di Bowers, ufficiale incaricato del vettovagliamento e del sottufficiale Evans. La spedizione lasciò Lyttelton, nella Nuova Zelanda, alla fine del novembre 1910: al 50° incontrò un forte vento che fece quasi affondare la già sovraccarica Terra Nuova; la nave impiegò circa 3 settimane ad attraversare il pack, così che l'accampamento invernale sul Capo Evans, nell'Isola Ross, non fu raggiunto fino al 4 gennaio. Il gruppo più settentrionale comandato dal Campbell fu sbarcato al Capo Adare, ove doveva compiere il suo lavoro scientifico. Prima dell'inverno, Scott aveva fatto un viaggio verso S. e lasciato depositi di approvvigionamenti che avrebbero dovuto essergli di aiuto per il viaggio più importante della primavera successiva.
Un altro gruppo, ad O., sotto la guida del prof. Griffith Taylor (che aveva per compagni gli scienziati Frank Debenham e Charles Wright), fece il rilievo particolareggiato dei grandi ghiacci di sbocco che discendono dall'altipiano, e così per la prima volta la topografia glaciale fu esattamente studiata. Nell'estate seguente questo stesso gruppo avanzò per mezzo di slitte verso N., ed esaminò il ghiacciaio di sbocco Mackay e il grande ghiaccio pedemontano Wilson. Dei risultati ottenuti è trattato nei capitoli concernenti la topografia e la geologia.
Il 31 ottobre 1911, cioè nella seconda estate, Scott lasciò il Capo Evans per il suo ultimo viaggio. Egli doveva percorrere circa 1500 km., dei quali 560 ad un'altezza di quasi 3000 m.; altri 250 km. dovevano essere percorsi per risalire il ghiacciaio Beardmore, e 650 km. sulla Barriera di Ross, quasi al livello del mare. Le slitte a motore non furono di grande aiuto nel trasporto delle provvigioni, né, sfortunatamente, Scott poneva molta fiducia nel trasporto per mezzo di cani. La maggior parte del carico fu trasportata dai ponies fino ai piedi del ghiacciaio Beardmore, ma a S. dell'83° le slitte furono trascinate dagli uomini. Gruppi di soccorso rifornirono ancora i depositi di viveri e poi tornarono indietro. Il luogotenente Evans tornò dall'87° ½, e per poco non morì di scorbuto durante il suo viaggio verso l'accampamento principale. Il 18 gennaio 1912 la bandiera inglese sventolava sul Polo Sud. Gli ardimentosi esploratori trovarono il segnale lasciato da Amundsen e, al ritorno, raggiunsero felicemente la sommità del ghiacciaio Beardmore. Quivi accadde un grave incidente: Evans morì ai piedi del ghiacciaio, e ciò causò un forte ritardo a tutta la comitiva; più a N. poi, essa dovette lottare contro un tempo terribile. Il capitano Oates perdeva rapidamente le forze, onde, per tema di essere un ostacolo alla salvezza degli altri, si lanciò nella tempesta. I superstiti rimasero per più giorni nella loro tenda, bloccati da una forte tormenta, e ivi (a soli 17 km. a S. del deposito) Scott, Wilson e Bowers morirono, probabilmente il 26 marzo. Nonostante le grandi peripezie, Wilson era riuscito a portare con sé una importante serie di fossili dalle regioni del Beardmore, e questi furono trovati nella primavera seguente, nella slitta, dalla comitiva incaricata di ricercare la sfortunata spedizione. Il gruppo del N., che non si era potuto allontanare molto con le slitte dal Capo Adare, fu ricondotto più a S. dalla Terra Nova, al principio del 1912 e sbarcato presso il M. Melbourne (a circa 75°): ivi, per parecchie settimane, i suoi componenti poterono eseguire importanti ricerche. Però la nave non poté raccoglierli come era stato fissato, ed essi dovettero passare un inverno molto pericoloso, sprovvisti dei viveri necessarî e degl'indumenti, in una buca scavata nella neve. La primavera seguente proseguirono verso S., per mezzo di slitte, e raggiunsero felicemente il gruppo principale della spedizione al Capo Evans. Il lavoro meteorologico compiuto dal dottor Simpson, al rifugio, è l'opera più completa che sia mai stata eseguita nell'Antartide.
Le spedizioni più recenti. - Nel 1911 il dottor Mawson riuscì a raccogliere fondi necessarî per una spedizione diretta alla parte dell'Antartide più vicina all'Australia; questa dava la maggior parte dell'aiuto, e la spedizione era formata quasi esclusivamente da giovani australiani. Il Mawson aveva un programma grandioso, che fu in gran parte attuato, e comprendeva fra l'altro l'impianto di una stazione meteorologica nell'isola Macquarie (piccola isola sotto il controllo della Tasmania, a S. della Nuova Zelanda, a 54° Sud). Questa comitiva dipendeva dal signor Ainsworth del Commonwealth Weather Service.
Il giorno di Natale Mawson lasciava l'isola di Macquarie sull'Aurora e ben presto raggiungeva lo spesso ghiaccio al largo delle isole Balleny. La sua meta era la costa vicina all'isola sulla quale D'Urville era sbarcato nel 1840. Quivi incontrò acque libere e senza grande difficoltà raggiunse, ai primi del gennaio 1912, una costa emergente dal ghiaccio. L'estensione rocciosa dietro la Baia Commonwealth (così chiamata da questa spedizione) era lunga poco più di un chilometro e ancor meno larga. Quivi Mawson stabilì la sua base principale, dalla quale fece ricognizioni nelle aree circostanti. Egli diresse la sua energia allo studio delle coste, ove si può imparare probabilmente molto più che non nelle necessariamente rapide escursioni al Polo. Intanto l'Aurora, sotto il comando del capitano J.K. Davis, si dirigeva verso O., per tentar di fare il rilievo di nuove coste e per trovare un posto ove stabilire la base occidentale. Il 24 gennaio Davis avvistò una terra elevata, alla quale fu appropriatamente dato il nome di Terra di Wilkes. Il pack molto compatto impedì di verificare la posizione di certe coste, quali la Terra Sabrina e la Terra Budd; ma fu scoperto che la posizione assegnata sulle carte alla Terra Totten era erronea, giacché l'Aurora vi avrebbe navigato sopra. L'8 febbraio Davis raggiunse la Termination Land; il 15 dello stesso mese il gruppo occidentale, comandato da Franck Wild, fu sbarcato sul tavolato di ghiaccio, e quivi, a circa 12 miglia a N. del circolo antartico e quasi a 1200 miglia ad O. della base principale di Mawson, costruì la capanna. Il 9 novenbre Mawson, Ninnis e Mertz partirono per esplorare le coste verso E., portandosi con le slitte sul grande altipiano di ghiaccio, e traversando numerosi crepacci fino alla sommità del grande ghiacciaio di Mertz senza incidenti; ma, a circa 1600 km. dalla baracca, raggiunta la parte superiore del ghiacciaio Ninnis, questi vi perdé la vita il 13 dicembre, cadendo con la sua slitta e col suo cane in un crepaccio. La maggior parte dei viveri per gli uomini e per gli animali si trovavano su quella slitta e andarono quindi perduti. I due sopravvissuti tornarono indietro, e per poter vivere furono costretti a uccidere i cani. Mertz però si ammalò e morì il 7 gennaio. Mawson rimase così solo, e le sue relazioni sono fra i più tristi ricordi delle esplorazioni polari; infine, l'8 febbraio, dopo quattro settimane, poté raggiungere la capanna. Il gruppo diretto al polo magnetico, guidato da Bage, avanzò per 300 miglia a SE. sull'altipiano ghiacciato, osservando che esso si eleva fino a circa 2000 metri. Poiché verso il termine del viaggio si osservò che l'inclinazione dell'ago magnetico era di 89°43', il gruppo si era avvicinato al polo magnetico quasi quanto Davis e i suoi compagni nel 1909.
Alla base occidentale, Wild comandava un gruppo che aveva l'intento di cercare ed esplorare la costa verso la base principale; quivi però ogni progresso fu reso impossibile dai grandi crepacci del ghiacciaio Denman, uno dei quali era profondo 120 m. e largo 300. Verso O. il traino delle slitte fu molto più facile, e Jones poté raggiungere il M. Gauss, già esplorato dai tedeschi guidati da Drygalski. All'intera zona costiera fu dato il nome di Terra Regina Maria. Gli esploratori furono raccolti il 22 febbraio dall'Aurora, Mawson invece non tornò in tempo per essere preso a bordo, e passò un altro anno nell'Antartide insieme con sei compagni, compiendo il lavoro scientifico iniziato durante il primo anno.
Negli stessi anni si svolgeva nel Mare di Weddell la spedizione tedesca, comandata dal dottor Filchner. Questa spedizione lasciò la Georgia Australe l'8 dicembre 1911, e una settimana più tardi il Deutschland entrava nel pack al 59° S. Dopo aver lottato per settimane contro il ghiaccio, movendo gradatamente verso S., finalmente il 29 gennaio 1912 Filchner ed i suoi compagni trovarono acqua relativamente libera nella zona riparata dalle terre circostanti, alle quali fu dato il nome di Terra Principe Luitpoldo. Essi si spinsero a S. fino a 77°45', ma qui furono fermati dalla Barriera. L'8 marzo il Deutschland fu preso fra i ghiacci, e per 4 mesi seguì una deriva verso N. lungo il 440 ovest. Si mosse poi verso NO., ma non rimase libero fino al 26 novembre 1912: era così rimasto imprigionato per 263 giorni. Una breve ricognizione in slitta parve mostrare l'inesistenza della Terra Morell.
Nel 1912, anche una piccola nave giapponese, il Cainan Maru, entrò per la prima volta nelle acque antartiche, portando la spedizione di Shiraze, che ottenne risultati interessanti. Essa raggiunse il 16 gennaio la Baia della Balena, e proseguì poi sino alla Terra Re Edoardo, scesi a terra nella Baia di Biscoe gli esploratori ascesero il M. Alessandra. Una pattuglia su slitte, dalla Baia della Balena, in direzione SE., raggiunse 80°15' S. (a 156°27' O.), mostrando che fino a quel punto continuava la Terra Re Edoardo. Il 14 febbraio la spedizione iniziava il ritorno, e il 19 giugno 1912 rivedeva Yokohama.
Il terzo viaggio di Shackleton nell'Antartide fu fatto durante la grande guerra. Egli sperava di traversare l'intero continente, e a questo scopo un secondo gruppo di uomini, guidati da Mac Intosh, sbarcò sul Quadrante Australiano col proposito di collocare depositi verso il Polo. Il 5 dicembre 1914 gli esploratori lasciarono la Georgia Australe e navigarono nella parte orientale del Mare di Weddell, facendo il rilievo di una considerevole estensione di terra chiamata Costa di Caird; fu raggiunto un punto circa 60 miglia a N. della Baia di Vahsel, ove Shackleton aveva sperato di svernare, ma il 18 gennaio 1915 l'Endurance rimase bloccata dal ghiaccio dinanzi all'estremità settentrionale della costa Luitpoldo, a 76°30'. Quivi un forte vento spingeva i blocchi di ghiaccio galleggianti contro la nave, imprigionandola, e nessuno sforzo riuscì a liberarla. Durante la deriva verso N. e verso NO. furono fatti degli scandagli che dettero, dal 77° al 720 S., una profondità di circa 370 m.; dal 72° il fondo si abbassava rapidamente fino a 2000 metri. Ciò proverebbe che la deriva della nave si compiva a non grande distanza dalla costa sconosciuta. In seguito la deriva della nave continuò verso N. fino al 69°, e quivi il 27 ottobre l'Endurance rimase schiacciata fra i ghiacci, affondando a poco a poco. I membri della spedizione si accamparono allora sul pack che continuava a spostarsi, rimanendovi fino al 6 aprile 1916; quando cioè, essendosi rotto il ghiaccio, a 62° S. poterono prendere posto in tre barche e raggiungere l'Isola Elefante il 13 aprile. Shackleton, con la barca in condizioni migliori, si diresse verso la Georgia Australe, mentre Frank Wild fu lasciato al comando del gruppo rimasto sull'isola. La comitiva fu raccolta dal bastimento chileno Yelcho, e salvata.
Il gruppo dell'Aurora guidato da Mac Intosh prese terra a Capo Evans nel gennaio 1915 e compì il faticosissimo lavoro di collocare depositi di viveri durante le due estati, compreso un grande deposito al M. Hope a 83°30', ma durante il disastroso viaggio di ritorno, Spenser-Smith morì. Mac Intosh e Hayward perirono in un tentativo di traversare il mare ghiacciato fra le due capanne, sull'isola Ross. L'Aurora fu bloccata nel Mare di Ross e gravemente danneggiata, ma, dopo essere andata alla deriva per molti mesi, fu riportata felicemente alla Nuova Zelanda. Una spedizione diretta da J. K. Davis raccolse nel gennaio 1917 i dieci uomini rimasti sull'isola Ross.
Un gruppo di quattro uomini, guidati da J. L. Cope, fra i quali l'esploratore artico G. H. Wilkins, sbarcò sulla Terra di Danco (nella Penisola di Graham) il 12 gennaio 1921: vi erano stati condotti da alcuni balenieri norvegesi, i quali avevano tenuto per parecchi anni delle basi per la pesca delle balene nell'arcipelago Palmer, e poterono studiare minutamente la costa a S. della Terra di Danco e la costa dallo Stretto di Gerlache a quello di Bismarck, ed esplorare l'isola Deception, base dei pescatori di balene.
L'ultima spedizione di Shackleton partì alla fine del 1921. Egli sperava di esplorare le coste sconosciute a S. dell'Africa e poi dirigersi ad O. verso la Georgia Australe. A tale scopo noleggiò una piccola nave di 125 tonnellate, alla quale diede il nome di Quest; ma durante tutto il viaggio alla Città del Capo e alla Georgia Australe furono riscontrati guasti al macchinario e agli ingranaggi. Nella Georgia Australe sir Ernest Shackleton morì improvvisamente, e la sua tomba fu scavata sui pendii ghiacciati prospicienti la stazione di pesca di Grytviken, nell'isola omonima. Il capitano Frank Wild prese allora il comando della spedizione: il 17 gennaio 1922 egli fece vela verso E., e il 4 febbraio, a 15°21' E., incontrò il pack. Erano allora circa a metà strada fra l'isola Enderby e la Terra di Coats, ove neppure una nave si era avventurata dopo Biscoe nel 1831, quando la Quest fu spinta a S. contro il pack molto compatto, finché il 12 febbraio fu raggiunta la latitudine di 69°17'. Quivi lo scandaglio misurò una profondità di 1993 metri: la minore profondità del mare rendeva probabile che la terra verso S. non dovesse essere molto lontana. Però non ne fu notata alcuna traccia e, durante il viaggio verso occidente, la nave fu spinta dal pack più lontana dal Polo; essa traversò quindi l'imboccatura del Mare di Weddell e raggiunse la Georgia Australe il 6 aprile.
Nel 1926 alcuni rilievi idrografici e importanti ricerche biologiche furono condotte nella Georgia, nelle Orcadi e nelle Shetland Australi da due navi inglesi, la Discovery della spedizione Scott, sotto il comando di S. Kemp, e la William Scoresby con J. E. Hamilton. Ma, all'inizio dell'estate australe del 1928, due nuove spedizioni, ambedue americane, segnano l'inizio di un nuovo periodo nell'esplorazione antartica, con lo sfruttamento dei mezzi aerei. I comandanti sono uomini già provati nell'esplorazione aerea delle regioni artiche: sir H. Wilkins e R. L. Byrd.
La spedizione Wilkins, allestita dalla Società geografica americana, lasciò ai primi di novembre del 1928 Montevideo, sul vapore baleniere Hektoria, e stabilì la sua base nell'isola-cratere Deception (Shetland Australi). Il 19 dicembre, con un volo di 9 ore, Wilkins ed Eielson, pilota, si spinsero per circa 1000 km. sopra la Terra di Graham, sino al 70° S. È risultato che questa terra è un arcipelago, diviso, poco oltre il circolo polare, dal Canale di Crane in due maggiori masse e separato da un più largo canale (Stefansson Strait) dal continente antartico (Hearst Land): questo sembra presentare una struttura ad altipiano. Un secondo volo intrapreso il 10 gennaio fu interrotto per la nebbia. La spedizione è ritornata in patria, con l'intenzione di riprendere le esplorazioni nell'estate del 1929.
Con più larghi mezzi la spedizione del comandante Byrd si propone di esplorare le terre circostanti al Mare di Ross. Partita da Dunedin (Nuova Zelanda) sulla City of New York, essa traversò faticosamente il pack galleggiante del Mare di Ross, e giunse nel dicembre 1928 alla Gran Barriera, nella Baia della Discovery. La base, un vero villaggio di solide capanne, con ingenti materiali e provviste e 80 persone, cui è stato dato il nome di Little America, è stata fissata sul tavolato di ghiaccio dietro la Baia della Balena, poco discosto da Framheim, la vecchia base di Amundsen. Nuovi materiali sono stati portati all'accampamento dalla Eleanor Bolling, che ha raggiunta la Gran Barriera il 27 dicembre. Nello stesso giorno un'esplorazione aerea del comandante Byrd verso la Terra Re Edoardo accertava la natura insulare di essa, scopriva più a S. la Terra di Scott, un'altra massa insulare attraversata da una catena montuosa di mediocre altezza (M. Rockefeller), e al di là, oltre l'80° parallelo, l'incerto profilo di un'altra terra (Terra di Mary Byrd). Un secondo viaggio aereo, nel marzo, portava alla Terra di Scott il geologo Harry Gould, per compiere osservazioni sulle numerose pareti di roccia emergenti dalla cappa gelata: perduto l'aeroplano in una tempesta, dopo l'atterramento, la comitiva è stata poi ricondotta a Little America con due altri fortunati voli, gli ultimi che si potessero eseguire prima dell'inizio della notte polare. Le navi hanno potuto riattraversare il pack, e hanno lasciata la spedizione raccolta nei suoi accampamenti invernali, in attesa della nuova estate per proseguire le esplorazioni.
Il continente.
Coste. - Dalla storia della esplorazione antartica si può rilevare che poco più della metà della linea costiera dell'Antartide è conosciuta. Dalla Terra Re Edoardo (150° O.), lungo la Barriera di Ross e la Terra Vittoria, il tilevamento è accurato; è incerto da Capo Adare alla Terra di Re Giorgio, per quanto la Terra Oates sia approssimativamente conosciuta; abbastanza nota torna ad essere dalla Terra Adelia al M. Gauss (90° E.). Di qui, per 4500 km. fino alla Terra di Coats (20° O.), si conosce solo, per la scoperta di Biscoe, la Terra di Enderby (a circa 50° E.). La riva occidentale del Mare di Weddell è sconosciuta, benché la scarsa profondilà del mare indichi che essa non può essere lontana dalla zona traversata da Shackleton con l'Endurance. La Terra di Graham è stata abbastanza ben rilevata da ambedue i lati, ad O. fino alla Terra Alessandro I a 75° O. Segue poi forse il maggior tratto di costa sconosciuta del mondo (circa 2500 km.), finché si raggiunge di nuovo la Terra Re Edoardo.
La Gran Bretagna è l'unica potenza che abbia specialmente accampato diritti sui territorî antartici. Il Mare di Weddell e la Terra di Graham fra i meridiani 20° e 80° O., furono dichiarati, nel 1908 e nel 1917, parte delle dipendenze delle isole Falkland. La plaga del Mare di Ross, fra il 160° E. e il 150° O., fu annessa alla Nuova Zelanda nel 1923, sotto il nome di Diipendenza di Ross. La Francia ha reclamato diritti sulla Terra Adelia, la quale è vagamente annessa alle Isole Kerguelen, e amministrata dal Madagascar. Ma nessuna espressa sanzione internazionale di questi diritti è ancora avvenuta.
Struttura. - I caratteri salienti del continente, per quanto ci è noto, sono dati dalle differenze fra l'Antartide orientale e l'Antartide occidentale. La prima è costituita da un enorme altipiano ricoperto di ghiaccio, di estensione probabilmente maggiore delle aree riunite degli altri tre grandi altipiani del mondo: Tibet, Groenlandia e Bolivia. Pare sia dovuto ad un sollevamento di massa di carattere alquanto simile a quello dell'Africa meridionale e dell'Australia occidentale. Si sa naturalmente poco della sua struttura, eccetto lungo le coste del Mare di Ross, dove il continente è stato studiato da molti. L'Antartide occidentale, d'altra parte, è quasi certamente simile in struttura alle Ande, e consta di montagne piuttosto fortemente piegate, riproducenti, a S. della Patagonia, lo stesso tipo di ripiegamento che si presenta nella porzione settentrionale delle Ande. Probabilmente il tipo andino di struttura continua attraverso l'Antartide occidentale fino alla Terra Re Edoardo, e si ricollega infine alla Nuova Zelanda. È probabile che l'estremità dell'Antartide occidentale nel Mare di Ross (presso il Polo) tenga la chiave di uno dei principali problemi strutturali del mondo. Un'altra probabilità molto interessante è che, per tutto il tratto interposto fra il Mare di Weddell e il Mare di Ross, possa estendersi un basso banco di ghiaccio galleggiante. Questo almeno è stato più volte suggerito, ma la più recente osservazione pare con traddirvi. Il prof. Taylor rilevò, nel 1914, che il Mare di Tasman (a O. della Nuova Zelanda), il Mare di Weddell, e probabilmente anche il Mare di Ross, avevano posizione e struttura alquanto simili, estendendosi tra coste di frattura da una parte e coste di ripiegamento dall'altra. Ma la scarsa profondità del mare e lo spessore del pack sarebbero indizî che il Mare di Weddell è chiuso a SO. da terre, quantunque Filchner abbia quivi trovato la ghiacciata Barriera Guglielmo molto simile a quella di Ross, dall'altra parte del continente. Inoltre Amundsen vide piuttosto indistintamente delle terre elevate, che parevano confinare nella parte sud-orientale con la Barriera di Ross. Solo due zone di questo grande continente sono del tutto libere dalla cappa di ghiaccio e dalla barriera bassa, cioè i ripidi pendii della Terra di Graham e le meravigliose valli scoperte nell'angolo sud-occidentale del Mare di Ross. In queste due aree si è raccolta la maggior parte delle nostre conoscenze scientifiche. Altrove, lo stesso grande mantello di ghiaccio costituisce le rive più spaventevoli del mondo: per centinaia di chilometri pareti di ghiaccio alte 30 e più metri e la larga banchisa galleggiante sul mare sono quanto l'osservatore può vedere del continente. Qua e là un piccolo promontorio roccioso, o nunatak, sporge dal ghiaccio, ma nell'interno è l'immensa monotonia del ghiaccio continentale, che gradatamente s'innalza fino a un'altezza di circa 3400 m., presso il polo geografico.
Mari Antartici. - L'influenza del continente antartico sulle acque circostanti, e quindi sulla circolazione di tutti gli oceani a S. dell'Equatore, è considerevolissima. Nelle latitudini calde l'acqua superficiale raggiunge una temperatura di 27° mentre presso il continente antartico scende fin a quasi −2°. Naturalmente la prima ha importanza molto maggiore, poiché la fascia di acque tropicali è tanto più larga. Ma Drygalski, nella spedizione della Gauss, mostrò che le acque australi vengono raffreddandosi sino ad una profondità media di circa 350 metri. Nelle acque antartiche si presenta una curiosa serie di strati: cioè, il mare polare ha acqua fredda alla superficie e al fondo, e un largo strato di acqua più calda in mezzo. Per es., a S. delle Isole Kerguelen, uno strato superficiale di acque fredde profondo circa 500 m. sovrasta ad un largo strato caldo (mesotermico) di circa 3000 m. di spessore; sotto ancora, l'acqua torna ad essere fredda per una profondità di circa 1000 metri, cioè fino al fendo dell'oceano. La differenza di temperatura è naturalmente di 2 o 3 gradi. Quest'acqua più calda, di salinità maggiore della fredda, raggiunge lo zoccolo continentale dell'Antartide, ma solo raramente tocca il margine galleggiante della grande banchisa. Lo strato freddo superiore si trova nelle aree dei venti occidentali e scorre parallelo alla costa antartica, senza interruzione, tutto intorno al continente; esso tende a girare a sinistra, obbedendo alla legge di Ferrel, e mantiene in larga misura il ghiaccio galleggiante contro il continente. Sopra a quest'acqua fredda in deriva, il ghiaccio del pack galleggia talora irregolarmente, ma si tratta di un fenomeno puramente locale. Grande importanza ha invece lo strato freddo profondo, poiché il suo costante insinuarsi verso l'equatore ha probabilmente provocato la bassa temperatura delle acque dense profonde in tutti gli oceani (l'Oceano Artico, quasi interamente separato dagli altri grandi oceani da rilievi sottomarini, vi contribuisce molto meno). Esso deriva largamente dal raffreddamento dello strato mesotermico.
Nessuna area molto grande dell'oceano meridionale è stata ancora adeguatamente scandagliata. Drygalski ed altri hanno rilevato che lo zoccolo continentale è più profondo intorno all'Antartide di quello che avvenga in altri continenti, dove il suo orlo si trova generalmente fra 75 e 200 metri. Gli scandagli fatti intorno all'Antartide hanno dato i risultati seguenti: Belgica 516, Gauss 386, Scotia 294, Deutschland 572 e Endurance 342 metri. Nel Mare di Weddell e sulla costa occidentale del Mare di Ross, è probabile che queste profondità sieno dovute a fratture; inoltre, come Nordenskiöld ha notato, la pressione esercitata dalla grande calotta glaeiale può aver provocato l'abbassamento di questo zoccolo di formazione probabilmente preglaciale. I due grandi golfi del Mare di Ross e del Mare di Weddell sono poco profondi verso le loro estremità; gran parte del Mare di Ross ha una profondità minore di 915 m. e la nave Endurance, nella sua deriva nel Mare di Weddell, si trovò quasi sempre in acque ugualmente basse. La massima profondità dell'oceano australe si trova nell'Atlantico meridionale, love gli scandagli della Meteor hanno dato oltre 8000 metri. La ben nota dorsale mediana dell'Oceano Atlantico è collegata per mezzo del rialto della Scotia al sollevamento della Georgia Australe già nominato. Così anche il rilievo sottomarino a S. della Tasmania continua con profondità non grandi verso la Terra Adelia. Di questa dorsale, il rialto di Mill è a soli 1000 m. sotto il livello del mare. Riguardo ai depositi abissali, vi è tra il 40° ed il 55° S. una larga zona di melma a globigerina con un po' di argilla rossa nelle parti più profonde; a S. della detta zona, tra il 55° e il 60° S., si trova una striscia di melma a diatomee. Ancora a S. di questa s'incontra una zona continua di melma azzurra, il deposito caratteristico associato alle coste continentali. Grossi ciottoli angolosi si trovano abbondantemente in esso intorno all'Antartide, e sono, naturalmente, detriti glaciali depositati dai numerosi icebergs.
Geologia. - Le caratteristiche geologiche dell'Antartide orientale hanno rassomiglianza piuttosto intima con quelle dell'Australia. ln ambedue i casi gli elementi paleontologici più notevoli sono i coralli ad Archeocyathinae di età cambrica e la flora a Glossopteris del periodo permico. Così pure i graniti e gli gneiss di base della Terra Vittoria sono simili a quelli dell'Australia Meridionale, mentre i grandi filoni-strati doleritici della regione del ghiacciaio Ferrar hanno una fortissima rassomiglianza con quelli costituenti la caratteristica principale della Tasmania. La tavola seguente mostra le formazioni della Terra Vittoria (secondo Priestly e Tilley):
Le caratteristiche geologiche della regione del Mare di Ross pare siano alquanto uniformi dappertutto. Alla base della gigantesca scarpata di 3300 m., che è di rimpetto all'Isola Ross, sembra vi sia una grande diffusione di rocce gneissiche apparentemente di età arcaica. Il marmo si trova lungo la costa associato anche a larghi strati di calcare, ma ambedue appaiono notevolmente alterati. Si credono molto più antichi dei calcari fossiliferi del ghiacciaio Beardmore, dai quali il prof. Taylor descrisse varie forme di Archeocyathinae. Fossili simili furono, qualche anno dopo, dragati dal Mare di Weddell. Un alto strato di granito copre generalmente gli gneiss ed è a sua volta rivestito dalla formazione arenacea nota col nome di Beacon Sandstone. È probabile che il granito sia più antico delle altre formazioni e che sia traversato da dicchi provenienti dai filoni-strati di dolerite dell'altura di Kukrì. Secondo Debenham, l'arenaria coprirebbe una superficie livellata di granito, come se fosse ad essa concordante. L'arenaria di Beacon ha probabilmente uno spessore di oltre 1000 metri: essa forma la serie di rocce predominanti nella Terra Vittoria ed è stata riscontrata dal circolo antartico verso S. fino alla testa del ghiacciaio Beardmore. La sua età non è determinata, ma la comitiva del Taylor trovò nel M. Suess pesci devonici (Bothriolepis, ecc.), e quindi gli strati inferiori possono ritenersi appartenenti a tale epoca. In questa stessa arenaria sono stati segnalati alcuni giacimenti carbonici, a; quali sono associate piante fossili dell'età permica. Il dottor Wilson riportò dall'isola Buckley (a 85° S.) esemplari di Glossopteris, e questi sarebbero i fossili finora trovati a maggior latitudine. Essi collegano l'Antartide all'Australia, all'Africa meridionale e ad altre regioni della Terra di Gondwana. Più a N., nella baia di Terranova (75° S.), Priestlv trovò, in tali strati orizzontali di arenaria, del legno fossilizzato, che, secondo A. Seward, daterebbe dal Mesozoico inferiore. Così l'arenaria di Beacon si estende forse dai tempi devonici fino all'epoca triassica. Presso il Capo Adare s'incontra una serie di ardesie assegnate al Paleozoico superiore, e quindi ptobabilmente più antiche dell'arenaria di Beacon. La dolerite quarzosa si presenta sotto forma di enormi filoni-strati nell'arenaria di Beacon. L'iperstene è il minerale in essa predominante, molto simile a quello degli analoghi filoni-strati della Tasmania, generalmente attribuiti al Cretacico; questa età può essere provvisoriamente accettata anche per le doleriti antartiche. Le rocce vulcaniche componenti il M. Erebus sono di varî tipi. Si trovano in posto trachiti fonolitiche e basalti a magnetite, ma il vulcano è in prevalenza costituito di kenite, una varietà di dolerite trachitica, caratterizzata da grossissimi cristalli di anortoclase in una massa più fina. Poiché nella lava kenitica si trovano frammenti dell'arenaria di Beacon è probabile che il vulcano si sia eretto in una porzione sprofondata della massa continentale adiacente, come è raffigurato nella sezione geologica inserita nella colonna precedente.
Secondo le relazioni di Nordenskiöld, l'Antartide occidentale è costituita da una catena montuosa ad O. e da un altipiano orientale parzialmente vulcanico; struttura, questa, che corrisponde strettamente a quella delle Ande. Le rocce sono costituite da granodiorite, la parte orientale contiene strati fossiliferi giurassici leggermente piegati; qui ancora risulta intima l'analogia con l'America Meridionale. La ricca flora giurassica della Baia della Speranza comprende Fquisetum, Sagenopteris, Todites, Thinnfeldia, Sphenopteris, Taxites, ecc. A Snow Hill, a 64° ½ S., si trovano giacimenti abbondantemente fossiliferi del Cretacico superiore, i quali includono numerose ammoniti. La regione, a quanto pare, durante il Terziario inferiore sarebbe emersa dal mare, ma nel Miocene inferiore si sarebbe depositata all'isola Seymour una nuova serie di strati fossiliferi. In essi Nordenskiöld trovò un'importante flora di circa 70 specie, molto affini all'attuale flora dell'America Meridionale (Notofagus, Lomatia, Araucaria e varie felci). Anche la fauna di molluschi di questi strati indica che nell'Antartide occidentale esisteva in tale epoca una temperatura relativamente calda. Tra gli altri fossili vi erano anche ossa di pinguini primitivi. Nell'isola Cockburn fu scoperta una serie di strati ancora più recenti, appartenenti al Quaternario più antico o di poco anteriori. Questa serie è chiamata Conglomerato a Pecten e ci aiuta a determinare il tempo in cui il ghiaccio cominciò a ricoprire la regione. La stratigrafia dell'Antartide occidentale può essere rappresentata dalla tavola seguente (dalla memoria di David e Priestly, p. 314):
Topografia glaciale. - Uno dei più importanti rami di ricerca nell'Antartide è lo studio delle forme del suolo modellate da una intensa glaciazione, analoga a quella che ha ricoperto durante l'epoca glaciale larghe porzioni dell'Europa e dell'America Settentrionale. Soltanto in pochi luoghi dell'Antartide vi sono le condizioni adatte per tale ricerca, e pare che la regione migliore sia fra il 76° e il 77° di lat., nella parte sud-occidentale del Mare di Ross, cioè dove quattro grandi ghiacciai di sbocco portano il ghiaccio dal grande altipiano al mare. Le loro dimensioni sono date dalla tavola seguente (v. Geogr. Journal, ottobre 1914):
Questi ghiacciai rappresentano quattro stadi dello sviluppo di un grande ghiacciaio sboccante al mare. Il più attivo, che reca al mare maggior contributo, è il Mackay; il Ferrar è meno attivo; il Köttlitz è del tutto stagnante e in gran parte solcato da torrenti superficiali, pure giunge fino al mare. Quello di Taylor termina ora a 40 km. da esso, lasciando libera una valle che è forse il miglior campo per lo studio topografico dell'Antartide. Una descrizione di questi ghiacciai mostrerà i caratteri morfologici principali delle coste orientali del continente. Essi saranno considerati nell'ordine nel quale furono esplorati dal drappello del prof. Taylor nel 1911 e 1912.
La grande valle del Ferrar è racchiusa tra pareti parallele distanti circa 6 km., che s'innalzano da 600 a 1200 m. sul ghiacciaio stesso. La fronte di questo consiste in una lingua di ghiaccio asimmetrica, che si distende lungo il portale meridionale. La parte principale del ghiacciaio è qui a soli 5 o 6 m. sul livello del mare. È da notarsi che il grande ghiacciaio fu trovato quasi del tutto libero da morena superficiale; solo furono notati degli accumuli di sedimenti e di pietre nelle parti più basse, mentre i grandi ghiacciai delle regioni temperate sono generalmente ricoperti di detriti rocciosi. Sui pendii argillosi a S. di questo ghiacciaio, il prof. Taylor osservò una piccola zona di muschio, lunga circa 20 m. e larga 5, di gran lunga la maggior area di vegetazione finora registrata a tale latitudine. Un largo crepaccio separava il ghiacciaio dalle pareti rocciose laterali, mostrando che scarsa pressione è esercitata attualmente dal grande ghiacciaio contro di esse. Molti piccoli ghiacciai sospesi si trovano sulle ripide pareti, ma solo pochi di essi giungono fino al ghiacciaio principale. A circa 54 km. dalla fronte, vi è uno spartiacque glaciale a 1000 m., da dove è molto facile passare al prossimo ghiacciaio, quello del Taylor, che rimane per conseguenza congiunto al preeedente con la sua estremità superiore. Il ghiacciaio Taylor è notevolmente in diminuzione, tanto che ora giunge a soli 21 km. dallo spartiacque, lasciando libera per circa 40 km. la sua valle inferiore, che è quindi molto adatta per lo studio del fondo di un ghiacciaio dell'Antartide. Un grande lago glaciale (lago Bonney) ed uno sbarramento roccioso alto più di 600 m. sono le caratteristiche più notevoli di questa valle, unica nel suo genere. In passato il Taylor ricopriva le Rocce Solitarie, ma ora anche queste formano una barriera attraverso di esso. È evidente inoltre che il ghiacciaio ha quivi ricolmato una serie di circhi che furono le prime valli glaciali modellatesi all'inizio del periodo glaciale. Il prof. Taylor ha dato il nome di "topografia a palinsesto" a questa combinazione di struttura di circo e di ghiacciaio vallivo. I Kukri Hills, coperti di ghiacci, s'innalzano a 1800 m. tra il Ferrar e il Taylor, mentre nella larga valle a N. scendono grandi ghiacciai sospesi.
Il Köttlitz, il più grande dei quattro ghiacciai, è stagnante e presenta una superficie di struttura molto varia. La parte occidentale è stata fortemente intaccata dalla erosione delle acque prodotte dalla fusione estiva. I lunghi margini del ghiacciaio sono erosi e formano sporgenze che prendono da prima strutture tabulari, mentre in seguito l'azione del sole ne foggia piramidi con le superficie lisce rivolte verso nord. I torrenti estivi, gelando, formano lunghi canali di ghiaccio serpeggianti, la parte inferiore dei quali è spesso del tutto vuota. La fronte del ghiacciaio è parzialmente coperta di polvere e di ghiaia provenienti dalle isole vulcaniche a S., e quindi molto scabra. Ad E. il Köttlitz si confonde con la grande superficie ghiacciata della Barriera di Ross.
Il ghiacciaio Mackay è il più attivo dei quattro, tanto che in estate la sua parte inferiore si muove di un metro in 24 ore; esso è molto largo e comprende molti Nunatakker (isole rocciose che non hanno subito l'azione glaciale) e Nunakoller (sporgenze rocciose arrotondate dall'azione glaciale). Il M. Suess è il maggiore nunatak, e alla sua base sono stati trovati frammenti di carbone e scisti con inclusi pesci devonici. Alcune sue grandi facce troncate dimostrano che il ghiacciaio, al suo massimo sviluppo, aveva uno spessore maggiore, uguale a 300 metri. Anche qui piccoli circhi sono stati ricolmati dal grande ghiacciaio.
I ghiacciai pedemontani (marginali), che si stendono nella bassa regione costiera tra le ripide pareti delle montagne e il mare, sono relativamente numerosi nella Terra Vittoria. Il ghiacciaio Wilson misura 60 km. da N. a S. ed è largo circa 6 km.; esso è alimentato da tre ghiacciai minori, che defluiscono dall'altipiano sovrastante. Il Bowers (tra il Blue ed il Ferrar) non riceve invece il tributo di alcun ghiacciaio; si può quindi dedurre che questi ghiacciai pedemontani sono in parte composti di ghiaccio molto antico, e in parte dovuti ad accumuli di neve di origine recente. Un deposito lasciato sul Bowers fu ricoperto in 4 anni da 70 cm. di neve, e questo probabilmente indica la quantità di neve che contribuisce al mantenimento del ghiacciaio stesso. Anche il Bowers ha un leggiero flusso verso il mare, poiché in esso si notano molti piccoli crepacci. Il Wilson, dove ha invaso la topografia irregolare della costa, presenta molte cupole e avvallamenti; esso è molto crepacciato, e, poiché queste fenditure corrono parallele alla costa, sono molto più difficili ad essere evitate da una pattuglia di slitte che si diriga in quella direzione di quello che non siano i crepacci trasversali di un ghiacciaio vallivo.
In nessuna parte del mondo vi è un migliore esempio di circhi di erosione di quello mostrato dalla grande scarpata sotto il M. Lister. Essa è a circa 3000 m. di altezza, è lunga 65 km. dal ghiacciaio Köttlitz superiore al Ferrar, e l'intera sua struttura è modellata dall'incisione di circhi. Poiché attualmente il complesso di essa si trova sempre ad una temperatura inferiore a 0°, si può concludere che questi circhi siano stati scolpiti durante un periodo più caldo dell'attuale. Il circo meridionale, la cui parete posteriore è pure all'altezza di 3000 m., misura da parte a parte 13 km., e prende il nome dal geologo americano dottor Walcott. Circhi minori si presentano a gradinata sul versante settentrionale della scarpata, mentre la parte più alta della montagna mostra assai bene la topografia a cesellatura minuta, caratteristica delle ultime fasi dell'incisione dei circhi. L'esistenza di queste valli brevi, a pareti ripide, che limitano a NO. il grande ghiacciaio Köttlitz, dimostra che la nivazione (erosione prodotta dal gelo e dal disgelo) ha avuto nell'Antartide la stessa intensità che nelle altre regioni soggette a un periodo glaciale. Molti dei circhi ad altitudini minori sono liberi dal ghiaccio, o ne hanno solo una lastra circolare alla testata della valle.
È stato osservato che nella maggior parte dei ghiacciai la morena superficiale è quasi mancante; esiste solo, in questa regione dell'Antartide, una morena terminale di piccole dimensioni. Alcuni ghiacciai terminano naturalmente nel mare, ma è opinione del prof. Taylor che l'Antartide abbia clima troppo freddo perché possa esercitarvisi una forte erosione glaciale. Regioni quali l'Islanda meridionale o la Nuova Zelanda, con temperature costantemente oscillanti intorno a 0°, sono molto più favorevoli a tale erosione, che non queste terre a 78° S., dove la temperatura media del mese più caldo è di -3°,9. Nell'estate, l'acqua che scorre sotto i ghiacciai è generalmente quasi limpida e priva di sedimenti glaciali. I più notevoli esempî di deposizione sono i coni detritici, alcuni dei quali furono osservati nell'Isola Ross e consistevano in cumuli simmetrici di detriti alti da 1 metro e mezzo a 8. Poiché si è potuto osservarli in tutte le fasi della loro trasformazione, si è riconosciuto che essi sono gli ultimi stadî della decomposizione dei grandi blocchi erratici formati di lava vulcanica e di arenaria.
È inoltre da notare il fiume che ha origine presso il circo Walcott e che scorre per 32 km. sotto il ghiacciaio Köttlitz fino al mare; fu trovato che esso scorreva anche nel marzo 1911, quando la temperatura dell'aria si abbassava, a volte, a −27°,8.
L'Antartide è ricoperta dalla più grande massa di ghiaccio continentale del mondo, a forma di cupola o calotta, la cui area non può essere di molto inferiore a quella dell'intero continente. Fu percorsa per la prima volta dal capitano Scott per un tratto di 240 km., ad O. dell'Isola Ross. Anche Amundsen, Shackleton, David e Bage (con la spedizione di Mawson) hanno compiuto lunghi viaggi sull'altipiano, ma le loro osservazioni si limitano tutte alle condizioni dei mesi estivi. L'altipiano si eleva a 3300 m. presso il Polo, e la sua altezza media può essere di circa 2100 m. Poiché le traversate si sono tutte svolte nella regione della Terra Vittoria, la nostra conoscenza è troppo ristretta per trarne calcoli più esatti. La cappa di ghiaccio deve ricevere una quantità di neve tale da compensare l'ablazione (evaporazione) e le perdite marginali dovute al distacco degli icebergs. La superficie si presenta ondulata e indica quindi qualche leggiero movimento. Gli avvallamenti superficiali contengono spesso neve soffice, mentre i punti emetgenti sono spazzati costantemente dai venti. Amundsen trovò, in alcuni punti del suo percorso, neve soffice per una profondità di oltre un metro. È significativo il fatto che lo spartiacque corra considerevolmente ad occidente della catena montuosa, che costituisce il grande horst antartico della Terra Vittoria; probabilmente i ghiacci fluiscono verso O. (cioè verso l'Antartide occidentale), ma nessun viaggio è stato quivi compiuto per darcene testimonianza. I ghiacciai vallivi sembrano aver lasciato tracce lungo l'intero horst montuoso, indicando che, non molto indietro nei tempi geologici, essi avevano uno spessore di 600 m. maggiore dell'attuale. Questo implicherebbe naturalmente che anche l'altipiano di ghiaccio fosse più alto. Dalle osservazioni fatte da Drygalski e Wild sulle coste dei quadranti australiano e africano, risulterebbe in essi una maggior caduta di neve e più vento. L'intera topografia glaciale è illustrata a pp. 445 e 448
L'esempio più tipico finora conosciuto di tavolato di ghiaccio o ice-shelf è presentato dalla Barriera di Ross. Il Ross, quando ne scorse la fronte prospiciente sul mare, la denominò barriera ma questo termine non è soddisfacente per l'intera struttura. Essa è costituita da uno strato di ghiaccio ricoperto di neve, lungo circa 800 km. e largo 600, la cui porzione terminale, che galleggia sul mare, presenta una fronte alta da 2 a 50 m. sopra il livello delle acque. L'area totale è probabilmente di circa 390.000 kmq. Come lo Scott rilevò, la caratteristica maggiore di questo strato galleggiante è il suo spessore relativamente basso; paragonato ai ghiacciai prima descritti, esso si può quasi dire un foglio di carta. Shackleton determinò che la barriera si sposta verso N. di circa 500 m. all'anno. Lateralmente, dove questo strato di ghiaccio preme sulla terra, si sono prodotti vari rilievi e crepacci notevoli, specie nelle vicinanze dell'Isola Ross e del Minna Bluff. La Barriera di Ross è probabilmente in gran parte galleggiante, per quanto la base di Amundsen a Framheim, come quella, prossima, di Byrd (1928-29), appaiano fissate su una parte stabile di essa. Ogni anno una certa quantità di neve si aggiunge alla barriera; un deposito fu trovato, dopo 6 anni e mezzo, ricoperto da m. 2,50 di neve, equivalenti ad una piovosità annua di 190 mm. Inoltre, dalle tracce lasciate sui pendii rocciosi adiacenti alla grande barriera, risulterebbe che essa fu, in epoca geologica recente, circa 250 metri più alta. Attualmente, si può calcolare il suo spessore medio (sopra e sotto il livello del mare) a circa 230 m. Anche la spinta dei grandi ghiacciai, che ad essa si uniscono lungo tutto il suo margine interno, contribuisce indubbiamente a muoverla verso N. Un simile tavolato, chiamato da Filchner Barriera Guglielmo, occupa l'estremità meridionale del Mare di Weddell, ma è molto poco conosciuto.
Una caratteristica del Quadrante Australiano sono le lingue di ghiaccio, che rappresentano le propaggini galleggianti dei grandi ghiacciai di sbocco. Una delle più grandi è quella di Denman, che si spinge attraverso il tavolato di Shackleton, nella Terra Regina Maria (95° E.); meglio conosciute però sono quelle di Drygalski (75° S.), di Nordenskiöld (76° S.) e di Mackay (77° S.), tutte nella parte O. del Mare di Ross; la prima è lunga 50 km., la seconda 15, la terza 10. Generalmente esse si assottigliano a punta nella fronte; la Drygalski, per esempio, è larga 25 km. nella sua porzione terrestre, ma finisce in una punta. La Mackay però, larga circa 3 km., si espande leggermente alla sua estremità, formando 3 propaggini piatte. Queste lingue degradano leggermente verso il mare, e, dal punto in cui galleggiano totalmente, la loro superficie diventa orizzontale. Presso terra sono abbondanti i crepacci, in parte cementati dal congelamento delle acque superficiali, ma vanno a mano a mano diminuendo verso l'estremità. La lingua termina con ripide pareti di ghiaccio che s'innalzano da 3 a 60 m. sul livello delle acque; tra la lingua e il ghiaccio marino, in corrispondenza alla base di quella, vi è generalmente un canale dovuto alla marea, ma, all'estremità galleggiante, la lingua e il ghiaccio marino si alzano ed abbassano con la marea stessa.
Il Taylor ha calcolato il movimento della lingua glaciale Mackay a circa un metro al giorno, nei mesi estivi.
Il pack (letteralmente "ammasso [di ghiaccio]") è naturalmente formato in prevalenza dal ghiaccio del mare; ma anche una discreta quantità di ghiaccio costiero e continentale si unisce alla massa in deriva. Esso è continuamente alimentato dai tributi che riceve dal S.; la sua deriva verso N. è arrestata dalla zona dei forti venti costanti occidentali, che soffiano verso il 40°, 50° e 60° S. Nel precedente paragrafo sull'esplorazione è già stato detto della deriva di alcune navi prese tra i ghiacci, i quali si muovono evidentemente da E. a O., o nei grandi golfi, da SE. a NO. La formazione del ghiaccio avviene dapprima in cristalli, galleggianti orizzontalmente, se l'area è grande, verticalmente invece nei lunghi canali (leads) tanto caratteristici del pack. Nelle latitudini maggiori, una notevole quantità di ghiaccio è aggiunta dalla neve che cade abbondantemente sopra di esso, quantità che Drygalski calcolò ammontasse, presso il M. Gauss, a 7 metri. Nel Mare di Ross la caduta di neve però è scarsa, e il mare, gelando, dà origine ad uno strato di ghiaccio di soli 2 metri di spessore. Priestly e Wright dànno una interessante tabella, indicante la posizione occupata dal pack nel Mare di Ross nel dicembre e gennaio di parecchi anni. Il limite medio settentrionale risulta a 66° S., e quello meridionale a 72° S.: la zona dei ghiacci galleggianti traversata durante questi mesi estivi risulta quindi larga in media circa 460 km. La Croce del Sud nel dicembre 1898 ne incontrò per un percorso di 920 km.; la spedizione Scott nel 1910, per 790, mentre Shackleton nel 1915 ne incontrò solo per poco più di 1 km. Il pack molto compatto costituisce l'ostacolo maggiore per l'esplorazione delle coste dell'Antartide; tanto che finora nessuna nave è riuscita a penetrare nella grande zona compresa fra la Terra di Charcot e la Terra Re Edoardo, ove per conseguenza le coste sono del tutto sconosciute. Dato che i ghiacci si spostano verso O., la parte sottovento di parecchi promontorî è naturalmente la parte occidentale, e da ciò derivano il mare aperto di Davis presso Termination Land (Terra della regina Maria) e le acque libere lungo la costa di Caird nel Mare di Weddell. La parte occidentale dei mari, come nel Mare di Weddell e in quello di Ross, è soggetta per contro a forti pressioni, prodotte dall'accumularsi del pack, che rendono la costa molto pericolosa, sia per le navi che possono rimanervi schiacciate (come nel caso dell'Endurance), sia per le pattuglie in slitta che possono essere bloccate, come avvenne alle pattuglie orientale e occidentale delle spedizioni di Scott, nel gennaio 1912.
Caratteristica dei mari australi sono quegli enormi blocchi tabulari di ghiaccio galleggiante (icebergs "montagne di ghiaccio") che si staccano dalla gran cappa continentale, là dove essa raggiunge l'attuale livello del mare. Nell'Artide questo fatto si presenta raramente, anche nel caso del grande altipiano della Groenlandia, e quindi nel N. gli icebergs provengono generalmente dalle fronti deipiccoli ghiacciai; gli icebergs di tale provenienza hanno dimensioni minori, sono irregolari, e presentano una forma generalmente piramidale; essi sono comuni anche nell'Antartide. La più alta montagna di ghiaccio, osservata dalla spedizione Scott, s'innalzava a 43 m. sopra il livello del mare. Alcune di queste montagne di ghiaccio misurano anche 50 m.; moltissime ve ne sono di una lunghezza di 1600 m. circa. Esse, in genere, si spingono considerevolmente a N. della banchisa prima di sciogliersi nelle acque più calde dei mari temperati; sono costituite per la maggior parte interamente di ghiaccio, mentre quelle formate di neve sono relativamente rare. Sono molto frequenti in esse i crepacci verticali, fessure che portano naturalmente ad una rapida disintegrazione del blocco stesso. Nelle pareti del iceberg, al livello delle acque, si vengono spesso formando delle caverne, e a volte l'erosione della parte superiore lascia una specie di sprone sottomarino, molto pericoloso per la navigazione in quei pressi. A volte il ghiaccio (proveniente da un ghiacciaio) presenta delle gallerie prodotte dalle acque di disgelo: queste gallerie e altre strutture consimili conferiscono grande varietà e bellezza agl'icebergs che hanno tale provenienza. Una grandissima porzione del ghiaccio si trova naturalmente immersa, poiché l'acqua gelando aumenta solo di 1/10 del suo volume; quindi, se un iceberg s'innalza per 30 metri sopra il livello del mare, è sommerso per parecchie diecine di metri. Spesso la superficie è ricoperta di sedimenti e ciottoli. Questi icebergs sono stati presi a volte per isole, ma successive indagini ne hanno rivelato al vera natura.
Meteorologia. - Il clima e le condizioni meteorologiche dell'Antartide sono naturalmente molto diverse da quelle delle regioni temperate, in primo luogo a causa della differente posizione del sole nelle latitudini polari. Nessun esploratore può dimenticare l'aspetto del sole, moventesi lungo l'orizzonte come una gran palla dorata, verso la fine e verso il principio della lunga notte polare. A causa della sua altezza minima, il calore estivo è moderato, per quanto la continua esposizione al sole dia, durante l'estate, un notevole totale di calore. Ma, per l'assenza del sole all'orizzonte per settimane e mesi, il freddo invernale si stabilisce presto e rimane relativamente costante durante l'inverno, mentre in primavera la temperatura s'innalza molto rapidamente. Per tali ragioni la sua escursione annua è, nelle terre polari, molto notevole. Le temperature dominanti in varie stazioni antartiche sono date nella seguente tabella. Le carte delle isoterme, disegnate da Rudmose Brown, mostrano che le zone costiere del continente sono traversate, presso il circolo polare, dall'isoterma di −17°,8 nel luglio e da quella −1°,1 nel gennaio. Le condizioni differiscono tuttavia notevolmente da luogo a luogo: così il Capo Evans è soggetto a forti bufere provenienti dal SE., che, incontrandosi con l'aria fredda stagnante, producono generalmente un aumento di temperatura, spesso financo di 10-11°; Framheim, sul tavolato aperto, si mostrò generalmente libero dalla neve, ma con temperature molto più basse di quelle della stazione inglese, stabilita più ad O., con una differenza in meno di circa 11° nell'inverno e di 2° nell'estate. Sull'altipiano, verso il polo, le temperature osservate nel dicembre 1911 si aggiravano intorno a una media di −22°,6, e nel gennaio 1912 di −28°,2. Simpson calcola che al Polo Sud la temperatura (ridotta al livello del mare) sia, in gennaio, di 13°,2 inferiore a quella del Polo Nord in luglio.
Per la temperatura media dei mesi estremi e per la media annua possono valere i dati delle stazioni seguenti (dal Mecking):
La pressione diminuisce rapidamente avvicinandosi al 60° S., ma aumenta poi verso il Polo. Nell'area del Mare di Ross le isobare corrono da NO. a SE.; nella sua parte centrale la pressione media annuale è di circa 739 e a Framheim è di 740, aumenta poi verso SO., poiché a Capo Adare e anche a Capo Evans è di 741. Nell'Antartide occidentale le stazioni di osservazione sono state tutte impiantate a latitudini molto minori. Dal 50° al 60° la pressione vi decresce di 1 mm. circa per ogni grado di latitudine, progressione che diminuisce notevolmente oltre il 60° S.; ma le condizioni dell'area più meridionale, con alte pressioni, non sono state sufficientemente esaminate. La caratteristica principale del clima antartico è presentata dall'anticiclone del Polo Sud. Esso è indicato già dalla fascia di venti costanti provenienti dall'E., che sono un carattere così notevole degli orli del continente. Hobbs lo ha descritto sotto il nome di "scopa antartica", poiché il suo effetto è quello di spazzar via dal polo australe, in tutte le direzioni, la neve e il ghiaccio. Vi sono opinioni diverse intorno alla natura di questo anticiclone; Simpson crede che la circolazione anticiclonica (a direzione contraria a quella delle lancette di un orologio) sia limitata ad uno strato basso, proprio a contatto dell'altipiano di ghiaccio, e che sopra a questo strato vi sia un ciclone polare recante la neve alla grande ghiaccia antartica. Intorno all'anticiclone centrale permanente, vi è una serie di 6 o 8 cicloni che si muovono più o meno costantemente verso l'E., lungo una fascia situata a circa 60° S rendendo gli oceani meridionali i più tempestosi del mondo. Con la loro porzione più settentrionale essi dànno origine alla maggior parte delle piogge invernali nell'Australia meridionale. Kidson, applicando la teoria di Bjerknes del "fronte polare" alle regioni antartiche, ritiene che tali cicloni si sviluppino ai margini delle correnti fredde, che soffiano dal Polo e si alternano alle correnti calde moventisi verso di esso.
Nell'Antartide i venti soffiano di frequente e con violenza, specialmente in inverno, quando vi è il maggior gradiente di temperatura fra l'altipiano di ghiaccio e l'oceano relativamente caldo. Le cifre seguenti dànno le loro velocità orarie in km. per i 4 mesi più freddi di maggio, giugno, luglio, agosto. A Framheim 12,9, a Capo Evans 34,4, a Capo Adare 10,9, a Snow Hill 33,1. La direzione del vento dominante varia considerevolmente con la posizione della stazione. A Capo Evans (Isola Ross) il vento di gran lunga più frequente apparve essere quello di SE.; molto meno importante era il vento di NO. A Capo Adare i venti soffiavano più frequentemente dal S. e dal SE. A Capo Evans i venti più alti (a circa 3000 m. dal suolo) provenivano principalmente dal NO., cioè in direzione quasi opposta a quelli sulla superficie. A 4000 m. di altezza essi spiravano da tutte le direzioni eccetto che da E., mentre all'altezza dei cirri si osservarono venti sia di NO. sia di SE. Nell'Antartide occidentale, alle Orcadi Australi, il vento è molto minore nell'estate che nelle altre stagioni; aprile e settembre sono i mesi più ventosi. È strano che a Snow Hill le peggiori burrasche provengano dal SO. accompagnate da un innalzamento del barometro, mentre presso l'isola Petermann esse sono tutte provenienti dal NE. ed accompagnate da abbassamento barometrico. Questo dimostra come per la meteorologia antartica sia ancora difficile dare norme generali.
Flora. - Alcuni richiami alla flora fossile dell'Antartide sono già stati dati nella sezione relativa alla geologia. Pare che l'Antartide sia stata soggetta a condizioni climatiche più fredde durante i periodi pleistocenico e recente, di quanto non fosse durante la maggior parte delle epoche geologiche precedenti; e ciò si può affermare quasi certamente per quei lunghissimi periodi geologici, in cui sembra esistesse quasi da polo a polo un clima relativamente uniforme.
La povertà della flora attuale è sorprendente, paragonata all'abbondanza delle piante che crescono a uguali latitudini nelle regioni artiche. Rudmose Brown riferisce che nelle regioni del Polo Nord vi sono 400 piante a fiori, mentre l'Antartide ne presenta solo 2, cioè: un'erba (Deschampsia antartica) e una piccola pianta cariofillacea (Colobanthes crassifolius). Esse crescono rade, con esemplari nani, nella parte occidentale della Terra di Graham, tra il 65° e il 68° S. Non è stata trovata alcuna felce e i muschi costituiscono la forma principale della flora antartica. A Granite Harbour, a 67° S., il prof. Taylor trovò muschio in tale abbondanza da poterlo usare per tappare i buchi nelle pareti di granito di un rozzo rifugio che aveva costruito a Botany Bay; quivi il muschio formava nei passaggi tra i massi uno strato alto 25 cm. Nelle ife furono trovati centinaia d'insetti, principalmente Collemboli, viventi normalmente in un rivestimento di ghiaccio, eccetto per pochi giorni dell'anno quando ne sono liberati dal disgelo. Si è già detto dell'area di muschio lungo il portale meridionale del ghiacciaio Ferrar. Nella Terra di Graham i muschi formano una piccola tundra estesa per circa 2000 mq. Le epatiche sono rare, mentre i licheni sono forse più comuni dei muschi. Usnea e Placodium sono comunissimi. A Granite Harbour furono osservate, attaccate a massi, vegetazioni di licheni lunghi 1 metro e mezzo. Se ne conoscono dell'Antartide più di 100 specie. Le alghe d'acqua dolce sono abbondanti e anche più le marine. La "neve rossa" dovuta alla Sphaerella non è rara. Torba formata da alghe si trova di frequente nei laghi anche fino al 78° S., mentre la caratteristica maggiore dei mari è la ricchezza delle diatomee (R. Brown).
Fauna. - La fauna antartica è notevolmente ricca; benché nelle terre emerse viva un numero di specie non troppo grande, nei mari peraltro la vita animale è assai intensa. Mancano i mammiferi schiettamente terrestri; ma le coste di tutto il continente antartico sono abitate da quattro diverse specie di foche: la foca mangiagranchi (Lobodon carcinophagus), la foca di Weddell (Leptonychotes Weddellii), il leopardo di mare (Hydrurga leptonyx) e la foca di Ross (Ommatophoca Rossi), che sono tipi di quattro diversi generi, di cui la prima giunge durante l'inverno fino alle coste patagone e talvolta a quelle australiane, e l'ultima sembra assolutamente sedentaria ed esclusiva delle terre antartiche. Le otarie non si spingono a S. della Terra del Fuoco e delle isole Falkland, e l'ormai raro Macrorhinus leoninus non sopravvive che presso la Georgia Australe, le isole Kerguelen e qualche altra isola della stessa latitudine.
Fra i cetacei solo una grossa balenottera (Megaptera Lalandei) e la Balaenoptera intermedia frequentano le coste del continente antartico, mentre varie altre specie si tengono a latitudini più basse.
Fra gli uccelli più caratteristici dobbiamo segnalare gli Spheniscidae o pinguini, proprî dell'emisfero australe, di cui si distinguono sette generi (Aptenodytes, Eudyptes, Pygoscelis, Spheniscus, Microdyptes, Endyptula, Dasyramphus), che si ritrovano in tutta la regione antartica. Dei numerosi altri uccelli presenti in questa regione, la maggior parte sono meno caratteristici; fra le procellarie notiamo l'ossifraga (Macronectes gigantea), che vi è esclusiva, ma che nidifica alquanto a N., soprattutto nelle Falkland, nella Nuova Zelanda e alle Kerguelen; fra i caradriidi la Chionis alba, che nidifica nel continente antartico, mentre gli altri due congeneri nidificano nelle Kerguelen, nelle isole Principe Edoardo, Marion e Crozet. Mancano i passeracei, i rapaci e le anitre.
Mancano anche i rettili, gli anfibî e i pesci d'acqua dolce; ma i pesci marini presentano varie forme ben caratteristiche. Comuni lungo le coste dell'Antartide sono i Nototheniidae col genere Notothenia, ricco di specie (una ventina) e coi generi Trematomus, Gymnodraco, Gerlarhia, Racovitzaia, ecc. I Leptoscopidae posseggono il genere Pleuragramma, e i Condropterigi il genere Euprotomicrus.
Fra i crostacei marini non mancano i decapodi e gl'isopodi, ma sono soprattutto da ricordarsi gli abbondanti Euphausia, un grosso misidaceo (Antarctomysis maxima), dei grossi anfipodi (Paraceradocus miersi, Bovallia gigantea), un copepode (Phyllopus turqueti), di cui il congenere (Ph. bidentatus) abita le profondità del Pacifico e dell'Atlantico. I Picnogonidi, notevoli per la loro mole, sono rappresentati da varie specie, di cui Decolopoda australis e D. antarctica raggiungono a zampe distese 20 cm. di lunghezza.
I tunicati sono ben rappresentati: alcuni di essi, come Corelila antarctica, Ascidia charcoti, Molgula maxima, Styela flexibilis, sono lunghi fino a 18 cm. Tra i molluschi sono notevoli alcuni nudibranchi (Notacolidia gigas, Marseniopsis antarctica, Archidoris tuberculata). Rappresentante di una famiglia speciale di echinodermi è una stella marina, Cryaster antarcticus, e di una famiglia di attinie sono i generi Glyphostylum e Glyphoperidium.
Sulla neve rossa vive un acaro particolare alla regione, Gainia nivalis. Varî collemboli (Achorutoides, Cryptopygus, Isotoma) abbondano tra i muschi e i licheni; a questi insetti vanno aggiunti dei ditteri con ali rudimentali (Belgica e Jacobsiella) della famiglia degli Sciaridi.
Collegata con la fauna dell'Antartide è quella di alcune isole che guardano la calotta antartica; degne di speciale menzione sono le Kerguelen. Queste isole non posseggono mammiferi terrestri, ma sono abitate da numerosi uccelli oceanici, molti dei quali vengono a nidificarvi migrando dal continente antartico, e posseggono in comune con le isole Crozet un palmipede particolare (Querquedula Eatoni). Vi è un solo mollusco terrestre, l'Amphidoxa Hookeri, ed un lombrico speciale del genere Acanthodrilus. Oltre a un ragno (Miro kerguelensis), sono state rinvenute 35 specie d'insetti, la maggior parte dei quali atteri o con ali rudimentali: collemboli, coleotteri con elitre, ma privi di ali (Ectemnorhinus viridis, Phytosus atriceps, Cannonopsis), farfalle inette al volo (Embrionopsis halticella), ditteri atteri o subatteri (Anatalanta aptera, A. formiciformis, A. gracilis, Calycopteryx Moseleyi, Aptenus litoralis, Halirytus amphibius, Amalopteryx maritima).
Anche in altre isole antartiche vivono insetti privi d'ali. A Crozet si trovano Anatalanta crozetensis e Siphlopteryx antarcticus; a Heard le medesime due specie più Anatalanta aptera e Calvcopteryx minor.
Notevole importanza economica ha la fauna dei mari antartici e sub-antärtici per la caccia ai cetacei, che è condotta oggî con mezzi perfezionati, anche eccessivamente distruttivi, e con una larga partecipazione della marina norvegese. Essa si spinge verso le terre propriamente antartiche soltanto nel Quadrante Americano, ove ha i suoi centri, regolarmente frequentati durante l'estate, nella Georgia Australe e nelle Shetland Australi; la prima è il massimo centro odierno della pesca argentina e norvegese della balena (Gritviken), le seconde hanno nell'isola Deception, già base della caccia americana alle foche, il centro principale di raccolta delle baleniere chilene e norvegesi. Negli altri quadranti antartici le basi sono nelle isole Bouvet, recentemente cedute dalla Francia alla Norvegia, Kerguelen e Macquarie (v. queste voci).
Bibl.: Storia dell'esplorazione: H. R. Mill, The Siege of the South Pole, Londra 1905 (il miglior resoconto dei viaggi nell'Antartide fino al 1905); C. Markham, The Lands of Silence, Cambridge 1921 (tratta anche delle esplorazioni antartiche fino al 1912 e contiene la bibliografia relativa); J. Rouch, Le Pôle Sud. Histoire des voyages antarctiques, Parigi 1921. Per le spedizioni più moderne: v.: E. von Drygalski, Deutsche Südpolarexpedition: 1901-1903, Berlino 1909-1911; O. Nordenskiöld, Antarktic, Berlino 1904; id., Le terre antartiche e la natura polare, in Boll. Soc. Geogr. It., 1910; R. F. Scott, Voyage of the "Discovery", Londra 1905; G. Charcot, Autour du Pôle Sud: I, Expédition du "Français" 1903-1905; II, Expédition du "Pourquoi-Pas?" 1908-1910, Parigi 1910 (relazione popolare); id., Documents scientifiques, Parigi 1912; E. Shackleton, The Heart of the Antarctic, Londra 1909, vers. it.: Alla conqusita del Polo Sud, Milano 1909; W. Filchner, Zum sechsten Erdteil: die Zweite Deutsche Südpolarexpedition, Berlino 1922; D. Mawson, The Home of the Blizzard, Londra 1915; J. K. Davis, With the "Aurora", Londra 1920; R. Amundsen, Sydpolen, Cristiania 1912, vers. franc. Au Pôle Sud, Parigi 1913, vers. it., La conquista del Polo Sud, Milano 1913; R. F. Scott, Scott's Last Expedition, Londra 1913, vers. it.: L'ultima spedizione del cap. Scott, Milano 1914; G. Taylor, With Scott: The Silver Lining, Londra 1916; H. G. Pouting, The Great White South, Londra 1922; E. Shackleton, South: The Story of Shackleton's Last Expedition, 1914-17, Londra 1919; F. Wild, Shackleton's last Voyage. The Story of the "Quest", Londra 1923; J. M. Wordie, Sir Hubert Wilkins Discoveries in Graham Land, in Geographical Journal, LXXIII (marzo 1929).
Geologia e geografia: K. Fricker, Antarktis, Berlino 1898; K. Aretowski, Die antarktischen Eisverhältnisse, in Peter. Mitt., suppl. n. 144, Gotha 1903; O. Nordenskiöld, Antarktis, in Handb. d. region. Geol., VIII, fasc. 15, Heidelberg 1913; Priestly e Wright, Antarctic Glaciology, Londra 1922; David e Priestly, Geology (Shackleton Expedition), Londra 1914; Problems of Polar Researches (G. Taylor e J. Rouch, Meteorologia; Drygalski, Oceanografia; Priestly e Tilley, Geologia; Rudmose Brown, Botanica), new York 1928; G. Simpson, Meteorology (British Museum), 1919; W. H. Hobbs, Glacial Anticyclones, New York 1926; L. Mecking, Die Polarländer, Lipsia 1925; Rudmose Brown, Polar Regions, Londra 1927.