ANTEMNAE (Ἄντεμναι, Ἄντεμνα)
Antico centro del Lazio, situato a Ν di Roma, su una collina sovrastante la confluenza del Tevere con l'Aniene, oggi inglobata nella periferia romana.
È ricordata dagli antichi come una delle città più antiche del Lazio, già abitata dai Siculi ai quali l'avrebbero tolta gli Aborigeni (Dion. Hal., I, 16, 5); Virgilio la annovera tra le cinque grandi città che avrebbero preso le armi contro i Troiani (Aen., VI, 629-631) e Silio Italico (VIII, 365-366) afferma che era più vetusta perfino dell'antichissima Crustumerium. Per le remote origini, appare legata alla leggenda e alla storia più antica di Roma: Dionigi (II, 32-35), Livio (I, 9-11) e Plutarco (Rom., XVII) ricordano A. in lotta con Roma per vendicare il ratto delle Sabine; Romolo avrebbe vinto la città, inviandovi, in seguito, trecento coloni romani.
A. è enumerata quindi da Dionigi (V, 21, 3) tra le città che appoggiarono i Tarquini nei loro tentativi di riprendere il trono e in particolare aderirono all'azione di Porsenna contro Roma. Dopo questi fatti, per più di quattro secoli, mancano notizie sulla città, menzionata quindi solo in occasione delle guerre sillane, quando nell'82 a.C. in essa trova rifugio l'esercito sannita, sconfitto a Porta Collina (Plut., Sull., XXX).
In età augustea Dionigi la ricorda ancora abitata (I, 16) e Strabone (V, 3, 2) la enumera tra le città una volta πολίχνια, al suo tempo ridotte a villaggio o proprietà privata. Plinio la pone tra le città del Lazio al suo tempo scomparse (Nat. hist., III, 68-70).
Nonostante l'ubicazione di A. sia ben precisata nelle fonti antiche, che più volte ricordano come il nome sia da porre in relazione alla posizione ante amnem (Fest., p. 17 Müller; Serv., Aen., VII, 631), e che Varrone specifica ulteriormente, indicando il punto ove l'Aniene si getta nel Tevere (Lingua Lat., V, 28), solo all'inizio dell'Ottocento risale la localizzazione della città, a opera di Nibby e di Geli, che nel 1834 ne pubblicò la pianta.
Alcune perplessità espresse nei decenni successivi furono definitivamente fugate dalle scoperte avvenute nel sito, a partire dal 1878, in occasione degli sterri condotti per la costruzione del forte che ne assunse il nome, Forte Antenne. Dopo i brevi rendiconti redatti allora da Lanciani e Borsari, i dati di quegli scavi sono stati oggi in parte recuperati e ripresi in esame (Quilici, 1978), riproponendo all'attenzione il sito, sul quale sono stati aperti dal 1986 nuovi scavi.
A. occupa una collina sovrastante due fiumi, il Tevere e l'Aniene, un tempo navigabili, a lato di una strada, la Via Salaria, di remota origine e grande importanza per tutta la regione centro-tirrenica, che veniva direttamente a controllare in corrispondenza del passaggio sull'Aniene. La collina mostra ripide scarpate naturali su tutto il perimetro, alte intorno ai 40 m, e si lega all'entroterra solo attraverso un istmo che, per difesa, fu tagliato e fortificato. L'orlo delle prime scarpate è risultato munito di poderose mura in blocchi d'opera quadrata di cappellaccio, alzate in struttura pseudoisodoma, che all'epoca della costruzione del forte furono trovate conservate fino a 7 m di altezza. Non datate allora, le mura sono state riprese in esame nei nuovi scavi, che ne hanno evidenziato vari addossamenti e fasi di vita. Per un breve settore sono apparse costituite da due muri paralleli; il riempimento frapposto tra essi, databile al VI sec. a.C., ha permesso di guadagnare un primo terminus post quem per la fortificazione, che andrebbe ricondotta a epoca tardo-arcaica.
All'interno delle mura, l'abitato occupa un'area di circa 13 ha; le più antiche attestazioni riconosciute risalgono alla metà dell'VIII sec. a.C., per divenire consistenti a partire dal VII. Delle prime fasi di vita sono stati scoperti fondi di capanne e, appartenente al periodo tardo-orientalizzante, una tomba infantile. Della piena età arcaica e di epoca alto-medio repubblicana sono stati portati alla luce resti di abitazioni in muratura, cisterne, pozzi, vasche per attività produttive, fogne, che documentano l'evolversi della vita del centro.
A. dovette rappresentare, fin dall'età «romulea», un sicuro e valido castellum in funzione di Roma, situato sul confine territoriale stabilito dall'Amene: in questo senso una precisa funzione politica dovette assumere anche il tempio eretto nel punto più alto dell'abitato. Se la presenza di un culto vi sembrerebbe attestata da materiale votivo almeno dalla metà del VII sec. a.C., preciso documento dell'esistenza di un edificio è un'antefissa con testa di Iuno Lanuvina (Museo Nazionale Romano, inv. 4461). Non è dato di conoscere se altro materiale architettonico, sempre rinvenuto nei lavori per il forte, provenga dallo stesso o da altri edifici. Una fase di epoca medio-repubblicana è comunque evidenziata da una testa giovanile in terracotta e da un frammento di Minerva seduta (Museo Villa Giulia, inv. 9681, 26716) che potrebbero fare parte di un frontone; due antefisse a testa di Menade (Museo Nazionale Romano, inv, 4457; la seconda nota da un disegno) potrebbero far scendere alla seconda metà del III se non alla prima metà del II sec. a.C. le testimonianze di un edificio di culto ad Antemnae.
Posteriormente al III sec. a.C. la documentazione archeologica sul sito appare scarsa, per riprendere dopo la metà del I sec. a.C., quando nella zona più a Ν del pianoro settentrionale si impiantò una vasta villa. I dati desumibili dai vecchi scavi, pur scarsi e disarticolati, indicano la consistenza dell'intervento, che comportò la realizzazione della parte residenziale vera e propria, la costruzione di aule, camere, corridoi, un ampio criptoportico, terrazzamenti e gruppi edilizi distaccati, vaste cisterne. Pertiene a essa un nucleo di lastre di terracotta, databili a partire dalla seconda metà del I sec. a.C. (Museo Nazionale Romano, inv. 4449, 4460). La presenza della villa permette di istituire un preciso riscontro tra la documentazione archeologica e il passo di Strabone, in un caso di per sé importante e quindi esemplificativo.
Non ancora scavata è la necropoli arcaica di Α., localizzabile nel parco di Villa Ada a Roma a S dell'abitato. Tracce di una strada con poderose sostruzioni in opera quadrata di cappellaccio sono state riconosciute attraverso Villa Ada, a SO di Α.: la via può essere identificata con la Salaria vetus, della quale era già noto il primo tratto, fuori Porta Pinciana, presso Villa Borghese a Roma.
Bibl.: A. Nibby, Viaggio antiquario ne' contorni di Roma, I, Roma 1819, pp. 70-71; W. Geli, The Topography of Rome and Its Vicinity, I, Londra 1834, pp. 114-117; R. Lanciani, in NSc, 1882, p. 415; 1883, pp. 16-17, 82; 1886, p. 24; L. Borsari, ibid., 1887, pp. 64-69; L. Quilici, S. Quilici Gigli, Antemnae, Roma 1978 (con bibl. prec.); S. Quilici Gigli, A proposito dei vecchi scavi ad Antemnae, in BullCom, XC, 1985 (1986), pp. 13-22; E. Mangani, Recenti indagini ad Antemnae, in Archeologia Laziale IX (QuadAEI 16), Roma 1988, pp. 124-131